di PIETRO SCARNERA
La figura del manager classico è in crisi: l’uomo duro, inflessibile, armato di sigaro e pronto a tutto pur di portare a casa l’utile trimestrale non funziona più. Torna di moda invece il manager che ascolta, capace di rischiare, innovare e valorizzare le differenze. Un profilo che si adatta molto spesso a quello di chi appartiene alla comunità Glbt (gay, lesbiche, bisessuali e transessuali). Ecco allora che le imprese, soprattutto a livello internazionale, cominciano a diventare gay-friendly, danno più spazio alle donne e alle differenze in generale, insomma scoprono il loro “lato B”.
“Una tendenza che abbiamo chiamato, fra il serio e il faceto, Abbabusiness”, spiega Andrea Notarnicola, autore del libro omonimo (Edizioni Libreria Croce) insieme a Giampaolo Colletti. “In questa fase di crisi economica la capacità di cambiare è fondamentale per molte aziende, e l’attitudine al cambiamento è tipica di molte persone gay o lesbiche, proprio per il loro vissuto personale. La situazione che ne deriva sul posto di lavoro è quello che chiamiamo Abbabusiness (dal nome della celebre band svedese), una cultura d’impresa molto particolare”.
Perché le aziende cominciano a includere nei team manager persone di tutti gli orientamenti sessuali? Secondo lo studioso Kirk Snyder il motivo è il “quoziente G”, ovvero un ingrediente personale nella gestione dei progetti e delle persone che permette di arrivare a risultati originali e innovativi. E non è un caso se la maggior parte dei manager Glbt si trova nelle 500 imprese di successo segnalate da Fortune. Abbabusiness, per molti versi una parodia dei classici libri manageriali, si basa in realtà su una semplice verità: “si lavora meglio quando si ha la possibilità di essere autenticamente se stessi”. Ma c’è anche qualcosa di più. “La filosofia del ‘si è sempre fatto così’, dominante in molte aziende, non funziona più – spiega Notarnicola –: la crisi impone di cambiare, innovare e osare”. Servono quindi coraggio, vitalità e creatività: doti che non mancano nella comunità Gblt. “Questo non significa che gli omosessuali siano più bravi, ma una persona che trova il coraggio di fare outing è anche più disponibile a rischiare sul lavoro”.
Fra le imprese che si stano rapidamente convertendo all’Abbabusiness ci sono anche la British Petroleum (“Vogliamo assumere le persone migliori, ovunque, sul solo criterio del merito” dice il direttore esecutivo Lord Browne) e la Royal Bank of Canada. In Italia il libro riporta il caso di Mario Siclari, che un giorno si presenta nel suo ufficio alle Generali dichiarando di essere Mara. Ma non seguono offese o prese in giro, anzi la società adotta un codice etico che vieta qualsiasi discriminazione. Ma la tendenza è internazionale, tanto che la Hrc, organizzazione Usa che si batte per i diritti della comunità Glbt, ha creato un indice che misura l’inclusione in azienda: il Corporate quality index, che nel 2009 ha “premiato” con il punteggio massimo le aziende più importanti del mondo, da Apple a Google, da Unilever a Toyota.
Anche alcuni elementi che in sé non sarebbero positivi, come l’impossibilità di avere una famiglia o dei figli, sul lavoro possono diventare dei vantaggi. “Fra i manager spediti dalle imprese in Cina la componente omosessuale è sempre stata molto forte, così come in tutti i settori ‘internazionali’ – aggiunge Notarnicola –. Il motivo? Molti non hanno una famiglia da portare con sé, o comunque si tratta di famiglie nomadi e molto più semplici da ‘spostare’”. Anche la dedizione al lavoro diventa più forte per questo motivo. “Io, così come molti miei amici – spiega nel libro Marco, manager gay di una multinazionale farmaceutica – investo molto nel lavoro perché i progetti sono i nostri veri figli”. Anche in tutte le professioni che richiedono capacità di ascolto e di relazione gay e lesbiche sembrano avere una marcia in più. E’ quello che autori di Abbabusiness chiamano “spirito aloha”, un misto di adattamento, gentilezza e capacità di mediazione tipico della comunità Glbt. Non è un caso che gay e lesbiche siano presenti “con percentuali bulgare” nei ruoli di venditori business to business o fra gli store manager.
Il maggiore spazio che la comunità Gblt trova sul lavoro, e soprattutto un contesto sociale che pian piano comincia ad essere più favorevole, si traduce anche nella possibilità di fare outing sul posto di lavoro. “E’ una tendenza molto accentuata a livello internazionale – spiega Notarnicola –, mentre l’Italia rimane un caso a parte: qui la situazione è a macchia di leopardo”. Le differenze emergono chiaramente nel corso delle presentazioni del libro (la prossima è in programma oggi a Milano). “Alcuni si ritrovano nella realtà che descriviamo, ma per molti è ancora un’utopia”.
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