Il libro si intitola Fogli di via: 20 storie di clandestini, bambini (tecnicamente immigrati di seconda generazione), di uomini venuti dall’est che spuntano come funghi nei cantieri che costruiscono le nostre città: irregolari dall’arrivo alla morte, che li trascina giù dal ponteggio. C'è pure Mohamed di 13 anni promessa del calcio imbrigliato nelle traversie burocratiche del permesso di soggiorno del padre e poi quella volta in cui i turisti milanesi finirono in Romania mentre il gruppo di prostitute da rimpatriare approdò sulle spiagge caraibiche. Ma la vera sorpresa è sapere che l’autore non è un sociologo né un religioso tanto meno un buonista.
Chi ha scritto Fogli di via (edito da Emi) è un poliziotto; un alto graduato di pubblica sicurezza di Verona. Sì: la città del sindaco leghista Flavio Tosi, strenuo difensore della normativa che consente ai medici di denunciare gli stranieri irregolari, lo stesso che considera necessario dividere la "buona comunità" dei "nativi" dalle contaminazioni straniere e dal virus dei rom "per definizione delinquenti". Quello insomma condannato, dalla Corte di Cassazione, a due mesi con sospensione condizionale per propaganda di idee razziste.
Ma l’autore del libro, invece, si chiama Gianpaolo Trevisi, già vicequestore, oggi capo della squadra mobile della questura di Verona che ha scritto un libro di testimonianza diretta del suo lavoro. Per la verità leggendo i racconti non si sa mai dove finisca la realtà e inizi la fantasia. Si sorride leggendo dell’ispettore che strilla al senegalese cercando di fargli capire che non può diventare cittadino italiano solo perché tifoso della Juventus o di quello che tenta di spiegare ad una ragazza russa innamorata di un italiano (che neanche conosceva) che non esiste il permesso per "attesa amore" ma al massimo quello per "attesa occupazione".
Ma nel racconto dal titolo Il cantiere in un sacco si viene sbalzati dentro quel sacco nero dell’ immondizia dove è stato sigillato il corpo di un 18enne venuto dall’est morto a causa dei traumi da caduta da chissà quanti metri. E c’è un padre che si incatena ad un cantiere minacciando di darsi fuoco se non scopre chi ha buttato quel corpo coperto di sangue e sporco di terra e sudore. "Trevisi, badate, non è un poliziotto debole di stomaco che piange le sue vittime - scrive Gad Lerner nella sua bella, appassionata, presentazione del pamphlet - è un ufficiale che ha capito come sia necessario, per fare davvero il proprio dovere, entrare in relazione con l’interlocutore, tanto più là dove s’instaura una relazione di potere". Trevisi "lo sbirro" nel primo racconto L’Africa in un cassonetto ci mette l’ironia nel raccontare i blitz ai venditori ambulanti.
"Immediatamente dopo la nostra uscita fatta da falchi che però non riescono bene a volare, i vucumprà, come gazzelle nere, rincorsi dai leoni, iniziano a correre come non mai. E poi c’è Il mondo capovolto di quel cinese che doveva rinnovare il permesso di soggiorno e che si era presentato il venerdì, a ridosso dell’orario di chiusura, all'ufficio immigrazione; gli mancava solo la marca da bollo. "Solo" è l’eufemismo che scandisce l’intero racconto. "...Praticamente, il basso e giovane cinese, circa trent'anni, prenotò un meraviglioso posto in prima fila per un suicidio, perché, fra l'altro si aggiunse il fatto di non capire neanche una parola d'italiano e di saperne pronunciare, con schizofrenica ripetitività e ad alta voce, solo due lettere: S e I, attaccate l'una all'altra". Ore di sfinimento da parte dei poliziotti, per spiegargli che mancava solo quella marca da bollo. Fino a quando "si videro due manine aggrappate con forza al marmo bianco e subito dopo il faccino tondo di un bellissimo bambino con gli occhi a mandorla". Il figlio dell’uomo cinese, un bimbo di sei anni che come ogni "immigrato di seconda generazione" parla entrambe le lingue e ha fatto da interprete. "Chiusi il fascicolo, non prima di aver passato un dito su quella marca da bollo, come una carezza, felice di aver visto, per qualche secondo, un mondo capovolto a testa in giù, un mondo in cui i bambini spiegano ai grandi quello che manca alla loro vita".
Ecco perché la Bossi-Fini crea irregolari
Non è affatto normale che un clandestino delinqua, come vuol far credere il sindaco di Milano, Letizia Moratti. Normale è invece che per diventare regolare un immigrato debba passare per la clandestinità, dal momento che la legge Bossi-Fini non ammette un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro nel nostro paese. E' allora realistico scegliere una badante ucraina o una colf tuttofare, trasferendola direttamente da Kiev, senza averla mai vista all'opera? E' normale fare lo stesso per avere un operaio di una piccola impresa? No? E allora appare come un macroscopico bluff l'obbligo di legge che uno straniero varchi i confini del nostro paese già da regolare, con il suo bravo contratto di lavoro in tasca. Non sono forse le norme in vigore che di fatto creano clandestini?
Interrogativi molto semplici, che però raramente i giornalisti pongono ai loro interlocutori, ai quali viene invece concessa la possibilità di "buttarla in caciara", che così "fa titolo". Senza controllo dei media, c'è una gara a chi la spara più grossa. Il ministro dell'Interno Roberto Maroni, ad esempio, lascia intendere agli italiani che la gloriosa politica di respingimento dei barconi abbia inferto un colpo letale alla clandestinità. Ma per mare arriva una quota minima di immigrati e per quasi la metà si tratta di richiedenti asilo politico. A loro sbattiamo la porta in faccia, delegando a Gheddafi il rispetto della Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati. Nemmeno questo sembra fare scandalo. Ma i clandestini non diminuiscono come vorrebbe il ministro.
E' vero il contrario: aumentano, ancorché la crisi economica abbia rallentato gli arrivi. Secondo la stima di Vincenzo Blangiardo, dell'Università Cattolica di Milano, al 1° gennaio del 2010 erano cresciuti di 125 mila unità rispetto all'anno precedente, e sarebbero oggi 550 mila, in gran parte, come abbiamo visto, forzati della clandestinità. Chissà perché si è fatta una sanatoria a metà, solo per le badanti. Cambiare la Bossi-Fini è considerato un sacrilegio e guai, poi, a favorire la cittadinanza dei bimbi stranieri nati in Italia. Avanti a tutto respingimento, allora, che televisivamente rende assai bene.
Da il Fatto Quotidiano del 13 maggio
fonte:http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2487081&yy=2010&mm=05&dd=13&title=la_vita_dei_clandestinibrracco
2 commenti:
Al seguente link potrete vedere il servizio sulla giornata di studio dal titolo "Io sono, io scorro", promossa dall'Università Sapienza di Roma.
http://www.uniroma.tv/?id_video=16114
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grazie della segnalazione.
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