Napoli PRIDE 10
Manifesto Politico e Piattaforma Rivendicativa.
« La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. » (Articolo 2 della Costituzione Italiana)
“Per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”. (Corte costituzionale - Sentenza 138/10, par. 8 del Considerato in diritto).
Il 26 giugno a Napoli noi persone lesbiche, gay e transessuali saremo i promotori della manifestazione Napoli Pride 10 “ alla luce del Sole ” indetta dal Movimento LGBTQI Italiano.
Il Napoli Pride 2010 è una manifestazione pacifica, antifascista e aperta a tutti e tutte senza discriminazioni di sesso, appartenenza etnica, religione, classe sociale, che condividono la necessità di costruire insieme alla comunità di persone LGBTQI una proposta di futuro che si ponga l’obiettivo di difendere la dignità e l’autodeterminazione delle persone.
Noi, cittadini e cittadine omosessuali e trans viviamo nel valore del superamento delle diseguaglianze e per l’affermazione di ogni parità civile e sociale. Ci appelliamo alla dichiarazione universale dei diritti umani, alla Carta dei Dritti Fondamentali dell’Unione Europea e della sua autonomia, alla Costituzione Repubblicana e al principio di laicità dello Stato italiano che ci tutela da ogni forma di ingerenza confessionale, per pretendere il nostro legittimo diritto di cittadinanza attraverso la manifestazione delle nostre identità e delle nostre istanze.
Le nostre rivendicazioni, si inseriscono in un quadro politico ed istituzionale desolante ed omofobo. Il clima sociale e culturale di intolleranza sostenuto da una classe dirigente arretrata e da gerarchie cattoliche sempre più anacronistiche e repressive, continuano ad alimentare, oggi come ieri, pericolose e vergognose campagne d’odio nei confronti delle nostre comunità, smarrendo completamente i valori liberali e democratici fondati sulla pacifica convivenza, sul pluralismo tra i gruppi sociali emergenti, sulla cultura delle differenze e della libertà, sulla laicità.
Di fronte a questa vera e propria operazione di istigazione al conflitto e alla tensione sociale scegliamo, ancora una volta, di assumerci l’onere di un’opposizione forte e decisa.
Riteniamo che la violenza, l’ostilità e la discriminazione crescente verso lesbiche, gay e transessuali è l’immobile frontiera di una società culturalmente arretrata che trova nella mortificazione della dignità non solo di omosessuali e transessuali, ma anche delle donne, delle comunità immigrate e Rom, di tutte le persone migranti, così come di quelle con disabilità, dei gruppi etnici e religiosi differenti da quelli dominanti, le ragioni della affermazione di un paradigma sessista e razzista, esclusivamente proteso alla conservazione di poteri narcisistici e di privilegi patriarcali.
E’ estremamente viva nel movimento LGBTQI e nella comunità, di cui ne è espressione politica, la capacità di sdegno e di mobilitazione contro un’ Italia da Medioevo del diritto, in cui sono a rischio le libertà fondamentali dell’individuo, come il diritto alla salute, il diritto di parola, il diritto alla libertà di sciopero, il diritto alla libertà di stampa, il diritto alla cultura e all’istruzione pubblica.
Questa volontà di perpetuare il radicamento di un pensiero unico, infatti, comporta la cancellazione d’importanti conquiste storiche e sociali e l’impedimento giuridico e culturale nel raggiungere nuovi e fondamentali obiettivi di libertà e di emancipazione.
Sappiamo bene quanto, nel caso di persone lesbiche, gay e transessuali, l’impedimento giuridico sia accompagnato dalla ‘moralizzazione’ della questione delle differenze sessuali, fattori che concorrono ad arrecare danni esistenziali in termini di sostenibilità e di qualità della vita.
In quest’ottica, il movimento LGBT vuole avanzare una seria proposta di riflessione, riportando l’attenzione di istituzioni e sindacati su quel pericoloso vincolo che lega la marginalità di categorie discriminate sul piano socio-culturale e l’esclusione dal mercato del lavoro.
Tale legame, infatti, comporta delle conseguenze drammatiche:
* per le persone omosessuali costrette a scegliere tra una vita di invisibilità e di auto-mortificazione in cambio di ‘apparenti’ garanzie nell’accesso al lavoro o nel suo mantenimento, e un’esistenza dignitosa di trasparenza, ma che quasi sistematicamente comporta un’ulteriore precarizzazione lavorativa e dunque economica;
* per le persone transessuali o tran gender per le quali tutte le porte di accesso al mercato del lavoro sono chiuse, costringendole ad una vita di stenti o di ripiegamento verso attività remunerative poco decorose o che ricadono nell’illegalità.
Riteniamo gravissimo che si costringa sottoporre donne e uomini di questo paese alla scelta tra la sopravvivenza materiale e la salvaguardia della propria dignità umana e chiediamo che al più presto che al più presto vengano messo a punto azioni di lotta con le discriminazioni sul posto di lavoro e per l’accesso a esso, come introduzione di norme, campagne di sensibilizzazioni, incentivi e altro.
Di fronte alle richieste del movimento e della comunità LGBTQI, non sono esistite fino ad oggi né risposte, né garanzie adeguate da parte delle politiche nazionali, per questo riteniamo che le pari dignità e i pari diritti per le persone LGBTQI debbano rimanere centrali nel dibattito legislativo, politico e culturale italiano, perché sono parte e simbolo di un percorso di sviluppo civile, nonché di una vera e propria evoluzione antropologico-culturale dell’intera società italiana.
Mentre tale percorso è stato già ampiamente intrapreso da quasi tutti i paesi europei, in Italia l’assenza di alcuni dei nostri più importanti diritti, rappresentano un vuoto legislativo che si continua a volere ignorare, anche dopo che la Corte Costituzionale ne ha rilevato la contraddizione valoriale con i principi espressi nella Costituzione italiana.
La segnalazione da parte dei giudici di tale lacuna nello stato di diritto e della necessità di riempirla, attraverso un adeguato sistema di riconoscimento e di tutela, è rimasta del tutto ignorata dalle classi dirigenti di questo paese che scelgono irresponsabilmente di lasciare nel buio dell’invisibilità e dell’inesistenza giuridica, migliaia di cittadine e cittadini che ottemperano ai propri doveri senza godere dei benefici di fondamentali diritti civili.
Le associazioni e le realtà LGBTQ locali, hanno lavorato in questi anni per creare le condizioni politiche affinché tale importante iniziativa potesse tornare a Napoli dopo 14 anni. Oggi, continuando quel nesso politico e culturale con la manifestazione nazionale del 1996 dal titolo “Jesce Sole” – in cui si richiamava l’antica canzone della Gatta Cenerentola come auspicium di progresso – si è scelto lo slogan “alla luce del sole”, come nuova esortazione alla comunità LGBTQI a mostrarsi nella vita pubblica, per essere protagonista della propria battaglia sociale, culturale e libertaria.
Come tutte e tutti sappiamo, la condizione delle transmigrazioni impoveriscono il mezzogiorno d’Italia provocando una sorta di evaporazione delle soggettività dal Meridione; tra essi tantissime persone LGBT scelgono di emanciparsi da un’esistenza resa precaria dalla arretratezza sociale e culturale, abbandonando la propria terra e i propri affetti familiari e dirigendosi verso i Paesi europei in cui i diritti civili ed il rispetto per le scelte di vita privata sono tutelate e considerate inviolabili prerogative della persona.
Per tutte queste ragioni marceremo nelle piazze napoletane con i nostri corpi, le nostre voci, i nostri amori e le nostre battaglie che con orgoglio portiamo alla luce del sole!
Questo grido deve ricordare a tutte e a tutti il bisogno di uscire dalla schiavitù dei ghetti e dalle trappole del pregiudizio indotto e lo faremo da una città del Sud Italia simbolo storico dell’antifascismo, i cui valori fondamentali costituiscono da sempre, saldi riferimenti culturali e politici per l’intera la comunità lesbica gay e trans italiana.
Napoli, infatti, si propone oggi di rappresentarsi non già come teatro di sopraffazione e di violenza, ma di ribellione e di resistenza ad un sistema sociale e culturale di stampo mafioso che, attraverso un sistema di controllo e di coercizione volto a contrastare il principio di autodeterminazione dell’individuo, perpetua valori machisti fondati su modelli maschilisti ed eterosessisti di cui quella sopraffazione e quella violenza, sono gli strumenti.
PIATTAFORMA RIVENDICATIVA DEL NAPOLI PRIDE 2010
DIRITTI CIVILI
“[...] nell’ambito applicativo dell’art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzionale la possibilità d’intervenire a tutela di specifiche situazioni (come è avvenuto per le convivenze more uxorio: sentenze n. 559 del 1989 e n. 404 del 1988). Può accadere, infatti, che, in relazione ad ipotesi particolari, sia riscontrabile la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale, trattamento che questa Corte può garantire con il controllo di ragionevolezza.”(Corte costituzionale - Sentenza 138/10, par. 8 del Considerato in diritto).
Il Parlamento italiano deve calendarizzare le varie proposte di legge sul tema delle unioni di fatto, come peraltro viene indicato in modo chiaro e preciso, dai giudici della Corte Costituzionale. Consideriamo il livello della discussione del tutto assente. Le esigenze e i bisogni delle coppie lesbiche e gay, comunque escluse dall’accesso al matrimonio o ad istituti equipollenti, per un’ingiusta discriminazione, non vengono tenuti nella dovuta considerazione.
In tema di diritti civili il movimento LGBT italiano, chiede:
che sia data applicazione alla Risoluzione del Parlamento europeo del 16 marzo 2000 che chiede di garantire «alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie ed alle famiglie tradizionali ».
chiediamo una legge che estenda il matrimonio civile anche alle coppie dello stesso sesso o crei un istituto equivalente con tutti gli stessi diritti.
la creazione di istituti differenti e distinti dal matrimonio che prevedano il riconoscimento giuridico pubblico delle unioni civili, nel rispetto delle differenti modalità di legami sentimentali, e in linea con ciò che è avvenuto in molti paesi europei;
una legge che regoli la responsabilità genitoriale dei partner di fatto, anche dello stesso sesso, nell’interesse delle migliaia di figli e figlie di lesbiche, gay e transessuali presenti nel paese;
una legge che garantisca l’adozione di minori anche da parte dei singoli;
l’applicazione della direttiva europea 207 del 1976 sulla parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, anche alle persone che compiono la transizione da un sesso all’altro, secondo la sentenza della Suprema Corte Europea del 30 aprile 1996;
il recepimento della direttiva europea 38 del 2000 sulla libertà di movimento dei cittadini europei in modo rispettoso dei diritti delle coppie di fatto o registrate gay e lesbiche;
garanzie per il diritto alla salute delle persone lgbt che pongano fine alle discriminazioni in ambito sanitario, riattivando le campagne ministeriali d’informazione sulla prevenzione, garantendo i diritti delle persone sieropositive.
la modifica della legge 40 per consentire l’accesso alla procreazione medicalmente assistita alla singola maggiorenne e alle coppie dello stesso sesso.
chiediamo la gratuità delle terapie necessarie alla transizione di genere e che si affronti il tema dell’ intersessualismo.
l’aggiornamento della legge 164 del 1982 sul cambiamento di sesso o l’introduzione di nuove norme, per consentire il cambio anagrafico di nome proprio e identificativo di genere senza l’obbligo di interventi chirurgici;
LOTTA ALLE DISCRIMINAZIONI
La Risoluzione del Parlamento europeo del gennaio 2006 ha chiesto di «assicurare che le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender siano protette da violenze e dichiarazioni di odio omo/transfobico». La sentenza della Suprema Corte Europea del 30 aprile 1996, ha esteso alle persone “che transitano da un sesso all’altro” l’applicazione della Direttiva Europea 76/207 sulla parità di trattamento tra gli uomini e le donne e le leggi nazionali ad essa ispirata. In Italia per le persone lgbt continuano a subire le discriminazioni sul lavoro, nella scuola, nella società senza potersi avvalere di alcun strumento giuridico specifico che li tuteli.
In tema di lotta alle discriminazioni, il movimento LGBT italiano chiede:
una legge contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, che rimuova gli ostacoli di natura sociale e normativa che limitano l’effettiva uguaglianza delle persone omosessuali e transgender e recepisca in modo pieno e sostanziale le Direttive Europee 207 del 1976 e 78 del 2000.
la salvaguardia della laicità dello Stato;
l’estensione della legge Mancino all’orientamento sessuale e all’identità di genere;
che vengano pianificate azioni positive contro il pregiudizio omofobico e transfobico e le discriminazioni: interventi nelle scuole, campagne di sensibilizzazione, buone pratiche.
che l’Italia assuma un ruolo propositivo per il rispetto dei diritti umani nel mondo, e che dia il massimo sostegno alla proposta di legge depositata dall’ONU per l’abolizione della pena di morte, per la depenalizzazione del reato di omosessualità e transessualità presente nelle legislazione di decine di Paesi.
la modifica del Decreto legislativo 216 del 2003 “Attuazione della Direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”, anche per eliminare le nuove discriminazioni introdotte, come quelle contro gay e lesbiche in divisa;
una migliore applicazione della direttiva europea 85 del 2005 riguardo allo status di rifugiato anche per le persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender perseguitati, non solo dallo Stato, nei loro paesi;
la difesa del principio di autodeterminazione;
norme che diano accesso al SSN per tutte le cure necessarie alla transizione di genere;
una legge che impedisca le assegnazioni di sesso arbitrarie, eseguite a partire dai primi mesi di vita, sulle persone nate intersessuate;
una legge che preveda il risarcimento delle persone transessuali che fino al 1982 sono state sottoposte a regime carcerario per la loro diversa identità di genere ,e l’abrogazione dell’Articolo 85 del Decreto 773 del 1931.
l’estensione delle norme che tutelano le lavoratrici e i lavoratori dalla discriminazione per orientamento sessuale a tutti i contratti di lavoro;
il sostegno alla proposta di una nuova direttiva europea contro le discriminazioni in tutti i settori della fornitura di beni e servizi (salute, istruzione, formazione, alloggio, ecc.);
il ritiro del Pacchetto Sicurezza che, introducendo il reato di clandestinità, non consente la denuncia dello sfruttamento da parte delle vittime. Questo è ancora più rilevante per le persone trans che, nel caso in cui denuncino tale sfruttamento, sarebbero rinchiuse nei CIE, dove non viene rispettata la loro identità di genere.
Per Aderire: www..napolipride.com/
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