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giovedì 13 maggio 2010

Il governo Berlusconi vuole soffocare Wikipedia

Una norma subdola e intimidatoria nel Ddl intercettazioni vuole mettere a tacere la vox populi del web: ecco come funziona la censura in Italia.

Nel Ddl intercettazioni al vaglio della Commissione Giustizia al Senato è contenuta una norma che è stata astutamente fatta passare sotto silenzio. E' l'articolo 28 del Ddl 1611 e afferma che: "Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono".

Cosa significa? Significa che l'informazione online (etichetta sotto la quale sono raggruppati blog, siti web, testate registrate e non) sarà tenuta a rettificare le notizie entro due giorni dalla richiesta (leggi: querela), mettendo tale rettifica ben in evidenza. Pena: una multa che può arrivare a 12.500 euro.

E' possibile immaginare quali ripercussioni può avere l'introduzione di una simile norma sull'attività di un piccolo blogger. Poniamo il caso che egli/ella pubblichi un post e che poi decida, per esempio, di partire per il week end. Se gli/le dovesse arrivare una richiesta di rettifica, e se questa non potesse essere materialmente pubblicata entro le fatidiche 48 ore, il povero/a blogger si troverebbe a dover probabilmente ipotecare la casa per pagare la multa.

Ma la norma contenuta nell'articolo 28 ha un disegno ben più alto e subdolo, e certo non mira a colpire i micro-blog (benché questi vengano difatti equiparati, nel trattamento e nella sanzione) alle testate online ufficialmente registrate). A rischiare di più in conseguenza a questo comma sarebbero infatti le grandi realtà di informazione, orami diventate fonti alternative e difusissime. Un nome su tutti: Wikipedia.
Il meccanismo che questa regolamentazione implica è semplice: si vuole instillare la paura di esprimere liberamente un pensiero, di diffondere una notizia, anche quando questa è ritenuta attendibile e fondata. Il timore della ripercussione economica porterà infatti alla rinuncia a priori della pubblicazione di post e articoli, soprattutto laddove si vadano a toccare temi delicati (mafia? governo? politica?). In parole povere: so di aver ragione ma non lo dico per paura delle conseguenze.
In parole misere: autocensura.


Firma la petizione contro questo comma QUI
Pagina Facebook Libertà e Partecipazione QUI

Fonte: La Repubblica

1 commento:

Maurizio Ghignatti ha detto...

Non sono affatto d'accordo con questo articolo. Con questa legge non rischiano affatto i grandi siti di informazione, come per esempio Wikipedia, che hanno comunque a disposizione uffici legali e staff di avvocati pronti a dare battaglia, ma sono tutti i blog e micro blog che giornalmente o meno ragionando usano la loro testa per riportare argomenti molto spinosi contribuendo così alla loro diffusione capillare. Sono questi che vanno fermati, gli altri si comprano, in vari modi o direttamente o tagliando fondi pubblicitari.