Dalla Merlin al ddl Carfagna: sempre meno diritti più criminalizzazione della persona. Diritto di scelta o reato ?


Prostituzione In Italia la prostituzione è legale ( legge Merlin 1958 ) ciononostante non si può organizzare la prostituzione né esercitarla al chiuso. Per tale ragione la gran parte delle prostitute lavorano in strada, anche se c’è il rischio di essere multate per adescamento. E’ punito chi sfrutta e chi favorisce la prostituzione. Per chi si prostituisce non sono previsti né obblighi né diritti. Negli anni novanta nelle strade italiane, ma anche nel resto dell’Europa, si è vista aumentare enormemente la prostituzione di donne straniere, immigrate da paesi poveri o colpiti dalla guerra, tutte con la speranza di avere una vita migliore e di poter assicurare la sopravvivenza delle proprie famiglie.
La relativa chiusura alla migrazione decisa dai paesi europei con gli accordi di Schengen hanno condizionato gravemente la vita e le scelte di molte di queste donne. La prostituzione è diventata per molte la sola possibilità di lavoro, per altre è stata una scelta autodeterminata di indipendenza e libertà, sempre però una strada difficile e pericolosa anche se non priva di gratificazioni e a volte di colpi di scena.

Il termine Legge Merlin.

Passò alla storia come Legge Merlin, per via della sua indomabile promotrice, la senatrice
socialista Lina Merlin, che per la sua approvazione si batté in Parlamento per nove anni. La sua definizione
precisa è però Legge n. 75, del 20 febbraio 1958 dal titolo: "abolizione della regolamentazione della
prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui".

Alla fine del secondo conflitto mondiale, la Convenzione Onu del 1949 impose agli Stati membri la repressione e l'eliminazione della tratta degli esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione; pertanto bisognava provvedere alla “chiusura delle Case chiuse”, tanto in voga durante il Fascismo. Il Ministro degli Interni dell’epoca, Mario Scelba, ordinò che non si concedessero ulteriori autorizzazioni per le Case di Tolleranza; e tale divieto restò in vigore fino all'approvazione della legge Merlin, appunto. Con la sua proposta di legge, la senatrice in questione adempì ad un compito non rinviabile, credendo profondamente in quello che stava mettendo in moto. Da convinta abolizionista convinse che le "case chiuse" rappresentassero un disonore per il paese, una vessazione per le donne ospiti.

Il meretricio di Stato nei secoli.

In Italia la prostituzione è stata regolamentata dallo Stato fin dai tempi antichi.Così nei lupanari

Un affresco rinvenuto in un lupanare - antesignano delle case chiuse - negli scavi archeologici di

Pompei. Il fenomeno della prostituzione, già diffuso ai tempi dell'Antica Roma, diventa in questo caso motivo d'arte di strada, per suggerire all'anonimo avventore le più proibite pratiche.





Nel Regno delle Due Sicilie, già nel 1432, era stata rilasciata una reale patente per l'apertura di un lupanare pubblico; e anche nella Serenissima Repubblica di Venezia esistevano numerose case di prostituzione. Pochi sanno, inoltre, che case di tolleranza erano presenti anche nello Stato pontificio.

L'austero Regno di Sardegna introdusse il meretricio di stato (pensato, voluto e realizzato da Cavour), anche e soprattutto per motivi igienici, lungo il percorso delle truppe di Napoleone IIIseconda guerra di indipendenza italiana, sul modello di quanto già esisteva in Francia dai tempi del primo Napoleone. nella

Con l'unità d'Italia, una legge del 1860 estendeva questa pratica a tutto il paese, dove peraltro esisteva già una ricca tradizione di tolleranza in varie regioni.

Lo Stato italiano si faceva carico di fissare anche i prezzi degli incontri a seconda della categoria dei bordelli, adeguandoli al tasso di inflazione.

Ampi consensi popolari erano andati, ad esempio, al ministro degli Interni Giovanni Nicotera1891, aveva dimezzato il prezzo di un semplice trattenimento in una casa di terza classe, con ulteriori sconti per soldati e sottufficiali. quando, nel

Mentre Urbano Rattazzi, anni prima, aveva persino stabilito con un decreto ministeriale che un colloquio semplice doveva durare venti minuti.


Quante Case di Tolleranza furono chiuse?

Nel 1948 c'erano 724 Case di Tolleranza con 3.400 prostitute "ospiti", nove anni dopo le case erano 500 con
2.705 ospiti. Secondo gli annali della polizia però, le clandestine - che erano chiamate "slibrettate" perché
sfornite del libretto sanitario rilasciato dai medici provinciali - erano più del doppio.
Il regime delle Case di Tolleranza era stato o stava per essere abolita ovunque in Europa. Con le nuove leggi
la prostituzione, di per sé, non era più considerata un reato. Ma in molte delle leggi europee non si rinunciò,
come invece si fece in Italia, ad abolire completamente la regolamentazione e i conseguenti controlli sulle
prostitute. In questo senso la legge italiana, tuttora in vigore, è sempre stata più abolizionista delle altre.
Infatti: la legge Merlin è piena di divieti e non lascia spazio ad alcuna misura di tolleranza, legale o paralegale,
dell'esercizio della prostituzione.

Molti divieti, pochi permessi

La legge Merlin vieta "l'esercizio di case di prostituzione", vieta "le case, i quartieri e qualsiasi altro
luogo al chiuso" che, in base alla legge fascista nel 1931, erano dichiarati "locali di meretricio". C'è il divieto
di sfruttamento, ma anche quello di favoreggiamento, ovvero di agevolare la prostituzione altrui anche senza
ricavarne denaro. E poiché è vietato l'adescamento dei clienti, in strada, e in pubblico e in un locale aperto al
pubblico, l'unico modo non punito di prostituirsi è quello di farlo da solo, da sola, in casa propria. Né chi si
prostituisce è punibile se viene scoperto/a a lavorare in una casa illegale, se un/una prostituta viene
sanzionata, con il carcere o con la multa, per adescamento, essa non può essere schedata dalla polizia né
dalle autorità sanitarie. Come si vede, la legge è garantista nei confronti della privacy delle persone
prostitute, ma semplicemente perché non riconosce che esse svolgono un lavoro. Non di meno le punisce,
sia attraverso la legge Merlin, sia attraverso i Testi Unici di Pubblica Sicurezza. In base a quello del 1956,
restato in vigore fino alla metà degli anni ottanta, le prostitute trovate per strada dalle forze dell'ordine
erano considerate persone pericolose socialmente, alle quali si potevano comminare i fogli di via e il ritiro
della patente.

L'addio alle case chiuse .

Pur essendo l'argomento per sua natura scabroso, e perciò improponibile sui pudibondi mezzi di informazione dell'Italia degli anni cinquanta, nel Parlamento e nella società si creò una spaccatura trasversale tra coloro che sostenevano l'opinione della Merlin, tra cui molti esponenti di area cattolica, e molti altri che invece opposero un atteggiamento di rifiuto totale e categorico, inclusi diversi suoi compagni di partito.

Lo scontro tra queste due opposte tendenze raggiunse comunque i banchi delle librerie quando Merlin, insieme alla giornalista Carla Voltolina, moglie del deputato socialista e futuro Presidente della Repubblica Sandro Pertini, pubblicò nel 1955 un libro intitolato "Lettere dalle case chiuse", nel quale – attraverso la prosa ingenua e spesso sgrammaticata delle lettere indirizzate alla Merlin dalle stesse sfortunate vittime la realtà dei bordelli italiani – il fenomeno emergeva in tutto il suo squallore.

Sul fronte opposto il giornalista Indro Montanelli si batté pervicacemente contro quella che ormai veniva già chiamata – e si sarebbe da allora chiamata – la legge Merlin. Nel 1956 diede alle stampe un polemico pamphlet intitolato "Addio, Wanda!", nel quale scriveva tra l'altro:

« ... in Italia un colpo di piccone alle case chiuse fa crollare l'intero edificio, basato su tre fondamentali puntelli, la Fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perché era nei cosiddetti postriboli che queste tre istituzioni trovavano la più sicura garanzia... »

L'ambiente dei casini è stato trattato anche dallo scrittore Giancarlo Fusco nella sua raccolta di racconti Quando l'Italia tollerava.

Critiche


Inoltre, prima dell'entrata in vigore della legge la prostituzione nelle strade era molto poco diffusa, mentre dopo l'entrata in vigore è aumentata notevolmente. Negli anni novanta, soprattutto, si è sviluppato il fenomeno della prostituzione legata all'immigrazione clandestina, esploso poi negli ultimi anni: le prostitute in strada sono nella quasi totalità straniere. Due le etnie più rappresentate: nigeriane da una parte ed europee dell'Est dall'altra. Il traffico di donne, talvolta anche minorenni, e i lauti guadagni del loro sfruttamento, è passato sotto il controllo delle mafie italiane e dei loro Paesi d'origine, sempre più presenti queste ultime sul territorio italiano. Queste nuove schiave, legate al traffico di esseri umani, sono oggi, di fatto, un problema irrisolto che ripropone con urgenza il ripensamento di tutte le leggi in questo campo, a cominciare dalla stessa legge Merlin. Il dibattito politico sul tema è però risultato sterile dal punto di vista dei risultati, spesso arroccato su posizioni demagogiche. La prostituzione genera in Italia un notevole indotto (50000-70000 prostitute coinvolte, 9 milioni di clienti, 19-25 miliardi di euro il giro d'affari stimato) sottratto all'imposizione fiscale, frutto di una visione del problema estremamente contagiata da posizioni etiche (soprattutto da parte dei cattolici) o femministe (da parte della sinistra) che nulla hanno a che vedere con l'analisi oggettiva del mercato della prostituzione, la cui esistenza in Italia non è stata certo eliminata dalla legge del 1958.


Chi erano i regolamentaristi e gli abolizionisti

Nell'ottocento, e fino a dopo la prima guerra mondiale, i regolamentaristi e gli abolizionisti sono stati,
praticamente, due fazioni militari opposte per quanto riguardava la questione della prostituzione. I
regolamentaristi, erano per la disciplina legale delle Case di Tolleranza, le "case chiuse". Gli abolizionisti
erano contrari alla registrazione di polizia delle prostitute, al controllo sanitario obbligatorio, e al fatto che lo
Stato gestisse la prostituzione, attraverso i tenutari delle Case, lucrando con le tasse sull'indegna schiavitù
delle povere donne prostitute.

L'Europa, come viene considerata la prostituzione?

In Europa
Molti paesi hanno recentemente cambiato le loro leggi sulla prostituzione nate, come la nostra legge Merlin,
dopo l’abolizione delle “case chiuse”. Lo hanno fatto la Svizzera, la Germania, la Svezia, la Spagna, l’Olanda.
Ma prima di entrare nel dettaglio delle quattro leggi (quella spagnola, quella olandese, quella svedese e
quella austriaca) che scelgo come esempi di quattro “modelli” diversi tra loro ma coesistenti nel territorio
europeo, vi invito a fare un breve passo indietro. Nei paesi del Nord Europa gli equivalenti della nostra legge
Merlin non rinunciarono a continuare e regolamentare la prostituzione attraverso la zonizzazione, una parola
ostica, burocratica, che in pratica vuol dire che la prostituzione in certe strade, in certi quartieri, ma è
consentita in altri: Si spiega così l’esistenza dei quartieri a luci rosse che ci sono sempre stati, in Olanda, in
Inghilterra e in tanti altri paesi del Nord, oppure le vetrine di Amsterdam o di Bruxelles. Oppure della degli Eros Center tedeschi, dei sex clubs, delle saune: Questi luoghi al chiuso nei paesi citati (e anche in altri,
come la Danimarca e la Svezia, prima della nuova legge di cui parleremo) sono stati tolleranti e controllati
attraverso un sistema di licenze. Infine la legge tedesca (prima della recentissima modifica di cui qui non
parleremo, perché è assai simile a quella olandese), la legge austriaca (che vedremo in dettaglio) e quella
greca hanno mantenuto anche dopo la fine delle “case chiuse” il controllo sanitario obbligatorio sulle persone
prostitute.

In Austria la prostituzione è consentita nelle case chiuse ed è obbligatoria una registrazione di esercizio. All'aperto è tollerata in alcune aree urbane ed extra-urbane.

In Belgio le case chiuse sono proibite così come lo sfruttamento, il favoreggiamento e l'adescamento.La prostituzione è tollerata in club, bar, vetrine sulla strada. Non sono perseguibili le prostitute ne i clienti.Le prostitute pagano le tasse.

In Franca esiste il divieto per le case chiuse ma la prostituzione all'aperto, per strada è concessa. E' punito il favoreggiamento.

In Germania la prostituzione è regolamentata da una recente legge che, in pratica, la legalizza equiparandola ad una normale attività che consente l'apertura di case d'appuntamento. E' permessa la stipula di veri e propri contratti di lavoro che permettono di ottenere pensione ed assistenza medica.

In Grecia chi esercita la prostituzione ha l'obbligo di iscriversi in appositi registi e deve sottoporsi periodicamente a visite mediche che autorizzano a svolgere il lavoro in veste ufficiale

In Irlanda la prostituzione è reato.Non esistono case chiuse e sono previste ammende ed arresto per le prostitute ed i clienti.

In Italia abbiamo visto che la prostituzione non è illegale. E' reato invece lo sfruttamento e l'adescamento

In Olanda è sufficiente aver raggiunto la maggiore età per poter esercitare la prostituzione che è considerata una professione come qualsiasi altra. La prostituzione viene svolta in appartamenti ed esistono veri interi quartieri (distretti) a luci rosse.Vengono pagate le tasse sui proventi dell'attività.

In Inghilterra la prostituzione non è reato ma lo sono invece il favoreggiamento, sfruttamento,pubblicità ed adescamento in luoghi pubblici.

In Spagna esistono case chiuse e centri del sesso. E' reato solo lo sfruttamento

In Svezia la prostituzione può essere esercitata ma sono previste ammende e pene per i clienti, per chi sfrutta, per chi affitta locali.


"Il non detto: la tratta delle persone transgender" per far luce su un argomento ancora completamente ignorato dai media.
Nella percezione comune transessualismo e prostituzione sono ancora troppo spesso considerati sinonimi, dando sostanza a uno stereotipo duro a sparire e tuttavia, il fenomeno della tratta a fini di sfruttamento sessuale per le persone transessuali resta nascosto e sempre più dimenticato.
L’ottantacinque per cento delle persone trans che si prostituiscono sono vittime di racket, subiscono minacce e violenze.
I loro diritti sono violati dallo Stato e dalla società. Soffrono nel sentirsi prigionieri in un corpo sbagliato desiderando di vivere nel ruolo dell’altro sesso e di essere riconosciuti dalla società come appartenenti al genere, verso il quale si sentono psicologicamente orientati. A peggiorare la condizione delle persone transessuali è una sorta di circolo vizioso nel quale la società, attraverso lo stigma, spinge alla prostituzione (che viene identificata come l’unico lavoro possibile) sovrapponendo l'immagine della persona transessuale a quella, dell’oggetto sessuale, della trasgressione e della prostituzione.

Oggi in Italia i transessuali sono 40mila e circa 10mila vivono prostituendosi: di questi, il 60% è di origine sudamericana (nell'ordine vengono da Brasile, Colombia, Perù, Argentina ed Ecuador), il 30% italiana e il 10% asiatica (dati dell'associazione Free Woman). Il giro d´affari della prostituzione transessuale supera in Italia i 20 milioni di euro al mese. Gran parte di loro è vittima di sfruttamento. A inchiodarle è la catena del debito, contratto già nel Paese d´origine. Nella prostituzione delle trans straniere, infatti, tutto ha un costo: dal viaggio in Italia, alla piazzola sul marciapiede; dagli interventi chirurgici, al trasporto sul posto di lavoro. La tratta delle trans - soprattutto brasiliane - ricalca quella delle ragazze nigeriane. Se queste ultime sono in mano alle maman, ex prostitute diventate sfruttatrici, le trans brasiliane dipendono in tutto e per tutto dalle cafetinas: trans più anziane, che lucrano sul lavoro delle loro "figliole". Come? Strozzandole con i debiti.
«Tutto ha origine nel Paese d´origine - spiega Francesca Rufino, psicologa dell'associazione "Libellula" - dove le trans vengono contattate anche attraverso apposite chat dedicate. Le cafetinas raccontano loro dell'incredibile generosità dei clienti italiani, della chirurgia estetica a basso costo, della possibilità di sfondare nel mondo dello spettacolo. Sono delle sirene, alle quali è difficile resistere, anche perché si rivolgono a trans che vivono spesso in una situazione di degrado e povertà e che sono alle primissime fasi di trasformazione del loro corpo. Così molte si convincono e partono per l´Italia». Da quel momento comincia la catena dello sfruttamento. La trans infatti contrae con la sua cafetina un debito, che difficilmente riuscirà a saldare. Il primo prestito è per pagarsi il viaggio: «Al costo del biglietto aereo, intorno ai 1.200 euro - racconta la Rufino - si aggiunge il compenso per il "traghettatore": 500 euro. Sarà lui ad accogliere la trans all'aeroporto d´arrivo, solitamente in un Paese del Nord o Est Europa, e a portarla in Italia clandestinamente. Qui la trans viene presa in consegna dalla cafetina, che le vende la piazzola dove lavorare. Il costo? Circa 4mila euro, che possono arrivare a 10mila se la cafetina a sua volta deve comprare la piazzola da un´altra sfruttatrice». Non è tutto. Le spese infatti non si fermano qui: un posto letto, in un appartamento con altre trans, costa mediamente 300 euro a settimana; altre 100 euro a settimana se ne vanno per il vitto e 40 euro al giorno servono a pagare il passaggio da casa al marciapiede.
Beffa finale, dopo il danno: l'ultima rata del debito “deve” essere festeggiata con un ulteriore regalo a favore della sfruttatrice, in genere una collana o un orologio d'oro.

A far muovere le ragazze è quasi sempre la grande povertà dei paesi di provenienza, con l'aggiunta a volte del raggiro o di menzogne su come realmente verrà svolta l'attività, se non addirittura del rapimento, per le trans si aggiungono altri e ben precisi fattori che indirizzano le vite e le scelte di queste persone verso la prostituzione. La discriminazione e l'avversione che la società nutre nei confronti delle transessuali, la grande ignoranza che ancora avvolge la loro realtà, rendono estremamente difficoltoso per le trans l'accesso ad una normale vita di studio e lavorativa, se addirittura non la precludono nettamente. In Italia le cose stanno cambiando, anche grazie alla legge varata nel 1982 che consente la variazione anagrafica di genere e il supporto pubblico per le spese sanitarie riguardanti la trasformazione fisica e le terapie ormonali. Permangono ancora difficoltà per l'inserimento lavorativo e per il pieno raggiungimento della tolleranza sociale, ma la situazione è molto diversa rispetto ai recenti anni passati, quando anche per le trans italiane l'unica risorsa disponibile per poter vivere e affrontare i costi delle varie chirurgie e terapie necessarie alla riassegnazione di sesso, era la prostituzione.

Le trans immigrate parlano di totale impossibilità per loro di trovare un lavoro in paesi fortemente disagiati economicamente, dove già chi non è vittima del loro stigma ha grosse difficoltà a collocarsi nel mercato del lavoro. In più, il desiderio di riuscire a completare o intraprendere in età giovane il viaggio verso il genere sessuale a cui ci si sente interiormente di appartenere, le spinge a intraprendere l'altro viaggio: la migrazione verso l'Europa e verso una moneta che al cambio promette ricchezza e realizzazione dei desideri. A volte seguono l'esempio di un'amica già partita e che ha realizzato qualcosa di concreto; altre volte vengono intercettate e reclutate nel loro paesino, spesso in una discoteca, dagli emissari locali delle reti allacciate con chi è in Europa. Gli stessi emissari, a migrazione avvenuta, cureranno il controllo sulle famiglie delle ragazze partite, attivandosi anche con minacce ai familiari di quelle particolarmente recalcitranti o ribelli nei confronti di chi sfrutta. Nel recente passato si sentiva spesso dire che la prostituzione per le trans nasceva da un bisogno principalmente emotivo, legato alla ricerca dell'affermazione della loro femminilità. Alcune transessuali prostitute infatti dichiarano che vedono nell'essere scelte o rifiutate dai clienti una conferma o una dolorosa negazione della loro femminilità, almeno esteriore. Ma non sono poche le transessuali che ridono di questa spiegazione, ritenuta sciocca ed insultante.





La Caccia alle Ragazze e ai loro Aguzzini che succede?

Questo video dimostra in che modo gli "Agenti delle Forze dell' Ordine" (in questo caso gli Agenti della Polizia Municipale di Roma) perseguitano le ragazze sulle strade anzichè i loro sfruttatori. Per sfruttatori non s' intende coloro che si recano dalle stesse a vendergli una scatola di preservativi o i loro clienti anch' essi in qualche modo anelli neutri di tale mercato. Ma coloro che le comprano e le rivendono, che le fanno passare la dogana pur sapendo bene cosa andranno a fare. Ecco cosa succede: gli Agenti delle Forze dell' Ordine con queste periodiche scene ci fanno credere di essere molto attivi nella lotta alla Prostituzione in realtà forse coprono la stessa corruzione che si infila in molte "parti malate" del Nostro Stato. Chi fa entrare queste ragazze? come mai le strade continuano ad esserne piene? Come mai anzichè correre dietro a queste ragazze fino a farle svenire (vedi minuto 3.52) gli Agenti delle Forze dell' Ordine non danno la caccia ai loro Aguzzini?



ROMA, TRANS ARRESTATE: L`INTOLLERANZA VA IN DIRETTA TV.

“Il servizio andato in onda sul TG1 delle 20 del 19 maggio 2008 è stato un servizio indegno per il servizio pubblico. Il racconto di un linciaggio, un accanimento mascherato da giustizia privata, nello quale lo Stato, cioè le sue divise, sospende leggi e diritti e abdica le sue funzioni alla folla inferocita. Una grave legittimazione della furia di strada. Riprese e tono del servizio degne di un filmato amatoriale di Forza Nuova. E’ già da un po’ di tempo che anche l’informazione, anche quella che dice di non aver colore, si è piegata alle logiche dello strillone senza esercitare alcuna razionalità critica contro questa strategia dell’odio verso tutto ciò che è diverso, verso tutto ciò che ‘non può stare nel mio giardino’. I soggetti sociali più deboli diventano un fastidio da eliminare, la violenza contro di essi legittima.

le difficoltà sociali

La condizione transessuale comporta, per sua natura, problematiche relazionali e sociali che hanno il loro culmine durante il periodo di transizione.

Il fatto di essere percepiti (a causa di ambiguita' fisiche o dei documenti discordi) come persone di un sesso che si stanno comportando come fossero dell'altro, induce negli altri uno spettro di reazioni che possono andare dal disagio, alla violenza, passando attraverso discriminazione, insulto, irrisione ecc.

Queste reazioni nascono dalla paura che normalmente le persone hanno della "Diversità".

Le persone transessuali propongono un modello di esperienza della vita diverso dal comune che mette in crisi la norma per cui i maschi sono maschi e le femmine sono femmine.

In aggiunta, il richiamo alla sessualità coinvolge la sfera più intima delle persone che sono turbate dal richiamo al tema della trasgressione.

Il bisogno di "proteggere" lo status quo e di evitare di mettere in crisi il proprio equilibrio, spinge ad assumere atteggiamenti espulsivi e discriminatori nei confronti di chi "disturba" la norma.

Gli ambiti in cui questa esclusione si manifesta sono quelli della vita quotidiana di tutti: lavoro, studio, amicizie, famiglia, ricerca abitativa, vita ricreativa....

LAVORO / STUDIO

Se sei un transessuale è quasi impossibile trovare un lavoro e una casa. Lo denuncia il servizio: "Francesca era disoccupata"

di Francesco Palese per la trasmissione "L' Altra Inchiesta" dell'emittente Retesole, disponibile on line all'indirizzo www.l'altrainchiesta.com


In Italia non esistono normative esplicitamente discriminatorie, ma nemmeno norme a tutela delle persone transessuali.

Nella realta' succede quindi che i/le transessuali, non abbiano di fatto un pieno diritto al lavoro perche' la paura, la discriminazione e il rifiuto sociale impediscono al mercato del lavoro di prendere in considerazione le capacità e le competenze in possesso della persona transessuale, enfatizzando prevalentemente la sua condizione di "diversità". Questa situazione determina una specie di "cancellazione delle competenze" che rende molto difficile la ricerca del lavoro e l'inserimento sociale.

Succede quindi che le persone transessuali vivano situazioni di:

  • Non-assunzione: e' una situazione molto frequente, che difficilmente si puo' contrastare, in quanto è praticamente impossibile dimostrare che la non assunzione sia avvenuta in ragione della condizione di transessualismo.
  • Licenziamento: nel 1996 la Corte Europea per i Diritti Umani ha emesso una sentenza secondo cui questi licenziamenti costituiscono una negazione degli elementari diritti umani in materia di parità tra i sessi (discriminazione contro transessuale = discriminazione su base sessuale); da allora e' molto piu' raro che la motivazione del licenziamento sia esplicitamente riferita alla transessualita', i licenziamenti avvengono ancora, con motivazioni ufficiali diverse.
  • Mobbing: situazione molto frequente e complicata, in quanto, come ogni altra situazione di mobbing, è difficile da dimostrare. Il ricorso legale prevede una esposizione forzata e spesso non voluta della propria situazione di transessualità: di fatto è frequente che la persona finisca col licenziarsi spontaneamente.
  • Perdita di mercato: anche nel caso di lavoro autonomo, è molto difficile contrastare l'esclusione dal mercato indotta dal disagio della clientela nei confronti dei transessuali. E' facile inoltre che si produca quella "cancellazione delle competenze" a cui si è già accennato, per cui la valutazione dell'offerta viene offuscata dalla reazione al transessualismo.

SCUOLA

Anche in ambito scolastico/universitario si verificano situazioni di derisione ed esclusione che spingono spesso le persone transessuali all'abbandono del percorso di studio.

L'effetto che ne consegue e', in generale, un basso livello di scolarizzazione che induce da una parte una sorta di accettazione supina delle discriminazioni, e dall'altra una ridotta capacita' di difesa nel mondo del lavoro.

SOLUZIONE ABITATIVA

Un altro aspetto che risulta difficile e' il reperimento e la gestione di una abitazione.

In molti casi i padroni di casa si rifiutano di affittare l'appartamento non appena la condizione di transessualita' viene resa nota (anche semplicemente alla presentazione dei documenti): l'idea - vera o meno - che l'appartamento possa essere usato per esercitare la prostituzione, crea ovviamente difficolta' al locatore. E anche quando questo risultasse falso, la preoccupazione della reazione di vicini e condomini rimane.

In alcuni casi la situazione si sblocca solo se la persona transessuale cede al ricatto di una maggiorazione consistente del canone di locazione. Anche quando la casa e' di proprieta', comunque, i problemi non mancano perche' le critiche, le proteste e l'ostracismo dei vicini portano spesso a situazioni di grave tensione.

FAMIGLIA

  • Famiglia di origine Il rapporto con la famiglia di origine e' sempre molto problematico.

    E' difficile "rivelare" ai propri cari cio' che si ha dentro, e quando lo si fa quasi sempre non si viene capiti, si viene facilmente percepiti come omosessuali. Scattano nei familiari meccanismi di rifiuto, negazione,tentativi di coercizione, vergogna, autocolpevolizzazione, rabbia che possono arrivare a produrre reazioni violente: attacchi verbali, fisici, espulsione dal contesto familiare.

    In passato succedeva spesso che la famiglia, spaventata, si rivolgesse a medici non competenti della materia, che, per tentare di risolvere la situazione, somministravano una terapia ormonale di "rinforzo del sesso di appartenenza", che, oltre a non avere l'esito desiderato, poteva provocare danni alla persona transessuale complicandone l'eventuale iter di adeguamento successivo. All'estremo opposto, puo' capitare che la famiglia si chiuda a riccio attorno alla persona transessuale e, iperproteggendola, di fatto la faccia restare "eternamente figlia/o

  • Famiglia costruita prima della transizione: pur verificandosi sempre piu' raramente, capita ancora che la persona transessuale si sposi e abbia figli prima di comprendere la propria condizione.

    La legge 164 prevede che l'intenzione di procedere con l'iter di riassegnazione venga notificata ufficialmente a coniuge e figli, e che la riattribuzione anagrafica comporti lo scioglimento del matrimonio.

    Nella realta', la faccenda e' molto piu' complicata: la "comunicazione", in famiglia, avviene ben prima, e genera spesso conflitti, incomprensione, disagio, sofferenza per tutti i componenti; ovviamente la parte piu' colpita sono i figli, sia per la difficolta' di elaborare un cambiamento cosi' radicale in uno dei genitori, sia per cio' che questo comporta nelle relazioni tra pari nei contesti amicali e scolastici.

    In questi casi e' auspicabile avvalersi di un aiuto professionale.

  • Famiglia costruita dopo la transizione: i transessuali possono desiderare di farsi una famiglia, ma soprattutto di avere una vita sentimentale che corrisponda ai propri desideri.

    Uno dei problemi principali e' la difficolta' ad incontrare un partner che consideri la persona per quello che lei si sente, e non per quello che era prima dell'inizio della transizione.

    Capita, per esempio, che un uomo possa rifiutare una relazione con una MTF perche' non la considera donna e la vede come ex-uomo.

    Oppure che la relazione sia ricercata proprio perche' il passato maschile della MTF è considerato attraente , anche se la persona transessuale ne è infastidita.

    Ed ancora, relazioni pre-esistenti all'intervento di conversione si possono rompere dopo la trasformazione anatomica.

    In ogni caso ci vuole, da parte del partner, una forte solidita' emotiva ed identitaria, anche solo per sostenere il giudizio del mondo esterno alla coppia.

    Una volta ottenuto l'adeguamento anagrafico, ci si può sposare e, teoricamente, adottare dei figli, ma purtroppo la pratica di adozione è spesso respinta, in base alla presunta inadeguatezza alla genitorialità, senza una valutazione effettiva, caso per caso, delle caratteristiche e delle condizioni della persona e della coppia.

AMICI/CONOSCENTI/VITA RICREATIVA ecc

Le difficolta' continuano anche in tutti gli altri ambiti di relazione: amici, sport, vita ludica, conoscenti, personale di uffici/banche ecc con cui bisogna disbrigare delle pratiche, pubblica sicurezza, aeroporti, alberghi, personale sanitario, eccetera...insomma, in ogni istante della vita quotidiana, per lo meno quando la condizione di transessualismo e' nota (a causa della discrepanza coi documenti) o e' visibile.

La casistica di discriminazione / esclusione anche qui e' estremamente variegata: amici che non riescono a reggere il giudizio sociale, o che rifiutano violentemente la persona; rifiuto di accordare prestiti, o di cambiare assegni; pubblica esposizione della condizione di transessualità agli sportelli, o ai seggi elettorali o in ambito sanitario; controlli di polizia non necessari o veri e propri abusi e vessazioni, esclusione da percorsi sportivi o da altre attivita' ludiche.

I motivi sono sempre gli stessi: il sospetto, la diffidenza, la paura del giudizio altrui, lo scompiglio e il conflitto interiore che una persona transessuale crea in molte persone....

In assenza di un carattere solido e di un adeguato supporto, le conseguenze sono frequentemente l'isolamento, il crollo dell'autostima, l'autocolpevolizzazione, l'autoesclusione.



Quanto descritto fin qui ha l'obiettivo di descrivere le diverse esperienze problematiche che è possibile sperimentare in quanto persone transessuali; l'elenco non e' esaustivo, e d'alta parte è improbabile che capitino tutte insieme al medesimo individuo.

Le reazioni sono individuali, non sempre di rinuncia o involuzione, ma possono risultare difficili da sopportare, specialmente in condizione di isolamento e solitudine.

Nel trattare il tema della prostituzione transessuale occorre innanzitutto slegare questo tema dalle facili definizioni riconducendolo ad un più ampio contesto storico sociale in quanto la materia è sempre stata legata più che altro al dibattito pubblico o a situazioni delimitate.Significa scavarne, sia pur sinteticamente, tra e negli aspetti e nelle caratteristiche del retroterra socioculturale in cui essa si sostenta. Già per sé il transessualismo è un’esperienza complessa che riguarda milioni di persone, un fenomeno inserito come tale in una rete di rapporti che ne condiziona lo sviluppo,Prima ancora di entrare nella trattazione del tema occorre dire che quando parlo di prostituzione praticata da persone transessuali farò riferimento esclusivamente alle trans MtF (Maschio transizionata Femmina), e che farò riferimento alle caratteristiche del tessuto politico-sociale in cui le transessuali hanno vissuto e vivono la propria esperienza, perché è normale che mutando queste cambia anche il modo di esercitare la prostituzione.Come ci ha insegnato la storia moderna del nostro paese, dal 1700 in poi, la semplice parola prostituzione ha generato un soggetto umano svalutato su cui si è proiettato il rifiuto della morale dominante in quanto percepito in opposizione e come minaccia ai principi monogamici della famiglia nucleare borghese. A causa della mercificazione, chi si prostituisce incarna nella visione comune il capro espiatorio del pericolo insito nella forza del denaro, la corruzione di ciò che c’è di più sacro: il valore dell’individuo. Il concedersi in vendita esautora chi si prostituisce della propria umanità trascinandola allo stesso livello impersonale del denaro, di cui diventa merce di scambio. Ma è proprio alla luce di quanto ora affermato che meglio si comprende quanto la prostituzione vada considerata allora in rapporto alle condizioni sociali e culturali di riferimento, proprio per non cadere nel rischio di una morale assoluta che porti verso dei giudizi superficiali e ingiusti, e come ciò necessita della rimozione della cortina di ipocrisia persistente e della presa d’atto che la prostituzione risponde ad un bisogno di libertà sessuale che nella nostra società è, nonostante le spinte liberatorie in itinere, ancora largamente represso.Nei fatti sono stati quindi proprio motivi sociali, culturali e storici, che hanno fatto si che la prostituzione sia stata praticata nel tempo dalla stragrande maggioranza delle transessuali, arriverei addirittura ad affermare che essa è stata contingente alla loro esperienza e solo così ha contribuito a problematizzarla. Infatti, tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, quasi tutte le transessuali si prostituivano e tutte coloro che intraprendevano il transito, o percorso transessuale, davano per scontato che la prostituzione fosse l’unica strada percorribile, il sentiero obbligato con cui confrontarsi e scontrarsi. Oggi che la realtà del paese è cambiata, così come la società, la prostituzione non è considerata più l’unica strada percorribile una scelta obbligata, ma questo non significa che il mondo del lavoro sia molto più accessibile. Assistiamo, infatti, ancora una volta ad un’inclusione relativa, diversificata per aree geografiche, sociali, economiche e culturali. Per fare un esempio che può aiutarci a comprendere, da una ricerca svolta nel 1997 dal Movimento Italiano Transessuali e dalla CGIL a Bologna, intitolata Transessualismo, lavoro e prostituzione, si ricavava che su 80 persone transessuali intervistate, coloro che si prostituivano erano 35, di cui solo 10 per scelta. Oggi certamente rispetto a dieci anni fa, i dati si sono leggermente modificati e possiamo tranquillamente affermare che la percentuale di coloro che si prostituiscono si è ulteriormente ridotta mentre credo che le variabili che influenzano le scelte e i percorsi siano rimaste invariate: scolarizzazione, supporto delle famiglie e di altre strutture socio-culturali, benessere e stabilità economica. Tuttavia se da una parte non è più scontato il binomio transessualità-prostituzione non sono altresì cessate le discriminazioni e i pregiudizi che costringono troppo spesso la persona transessuale fuori dai circuiti sociali e lavorativi, cosa che sul versante psicologico alimenta disistima e incoraggia la convinzione di non essere al pari degli altri. Nonostante sia trascorso oltre mezzo secolo queste creature ancora oggi vengono confuse con omosessuali o travestiti, e benché i problemi e le tensioni che nel tempo hanno riguardato sia il rapporto con l’opinione pubblica che con la polizia e i suoi interventi non sempre delicati, abbiamo comunque assistito ad un crescente successo che, grazie a lauti guadagni, ha trasformato la timidezza e l’insicurezza iniziali più che in una padronanza in un’ostentazione di sé.Non è un caso che anche le transessuali italiane che qui si prostituiscono ancora oggi provengano quasi tutte dalle regioni di immigrazione (siciliane, calabresi, pugliesi e campane, cosi come poche del Lazio e lombarde). Succede poi che il meridione di ieri è oggi il Sud America, tanto che l’immagine della prostituzione transessuale è quella vista sulle strade e riguarda quasi esclusivamente persone immigrate, mentre per contro la prostituzione esercitata in appartamento, meno visibile ma non per questo meno diffusa, riguarda invece maggiormente transessuali e travestiti italiani.Per spiegare ciò dobbiamo rifarci a ciò che è accaduto negli ultimi decenni che ha radicalmente mutato il panorama. Infatti, è tra il 1983 e il 1984 che qualcosa è cambiato nella direzione dei flussi migratori, dal Sudamerica e specialmente dal Brasile. In particolare la rotta che attraverso la Spagna portava in Francia, anzi, per l’esattezza, al Bois de Boulogne di Parigi il più famoso ritrovo della prostituzione trans in Europa, cambiò direzione a seguito di norme più restrittive adottate dalla Francia in materia di immigrazione. Le prime ad arrivare furono le brasiliane seguite da colombiane, peruviane e venezuelane. Furono tuttavia proprio le carioca a sostituire le minigonne con il nudo, a mostrare seni enormi, culi esagerati e membri esposti. Con l’arrivo di questi nuovi “costumi” si diffuse altresì l’uso, fino a quel momento discreto e malcelato, di modellarsi il corpo o addirittura di trasformarlo con chirurgia estetica e silicone liquido. Ricordiamo qui le tante vittime decedute per embolia grassa, flebiti, crisi di rigetto e choc allergico, il tutto per diventare ancora più favolose tanto da poter smettere la terapia ormonale fai da te e lavorare ancora meglio. E’ con l’arrivo delle trans dal Brasile che venne coniato il nuovo termine viados che sostituì rapidamente il nostrano travestito. In portoghese esso sta per deviados e contiene in sé tutta l’accezione negativa e tutta la carica di disprezzo e stigma sociale insita nel suo significato.La maggioranza delle trans straniere non è in regola con il permesso di soggiorno e la loro condizione di clandestinità e, quindi, di precarietà si ripercuote direttamente sulle modalità di esercizio della prostituzione, sulla qualità della vita e della tutela della salute, sia individuale che pubblica.Nel 2007, al congresso nazionale “Aids e Sindromi correlate” svoltosi a Rimini, la dott.ssa Laura Spizzichino psicoterapeuta presso l’ASL Roma E ha presentato un paper dal titolo: Clienti e partner stabili: l’altra faccia della prostituzione. Voglio qui riportare alcuni dati raccolti in quella esperienza.In particolare i 151 partner delle transessuali intervistate erano italiani per il 60,9%, avevano un’età media di 27,6 anni (17-65), il 35,1% aveva il titolo di istituto superiore, il 52,3% era disoccupato, l’8,6% era separato o divorziato, il 66,9% conviveva con la partner; 20 su 151 si prostituivano. La durata media del rapporto era 21 mesi con un minimo di un mese e un massimo di 15 anni. Tutti avevano accettato di sottoporsi al test HIV e il 37,7% lo avevano fatto a meno di 6 mesi dall’inizio della relazione. In tempi recenti, inoltre, si è rilevata la tendenza da parte delle transessuali a scegliere partner provenienti dall’Est Europa, molto giovani (età media 22,6 anni), tutti disoccupati, alcuni con un passato di prostituzione, molti sieropositivi, spesso inconsapevoli, che rivestivano chiaramente un ruolo di piccoli sfruttatori.Mi avvio a concludere ricordando come la cultura borghese e benpensante abbia sempre elencato l’esercizio della prostituzione tra i problemi delle città definendolo, un problema di ordine pubblico. Potrà tuttavia far riflettere il fatto che nelle zone a luci rosse i furti sono minori, fosse altro perché i ladri sono maggiormente disturbati dalle persone che si prostituiscono, dai loro clienti e dalle forze dell’ordine che regolarmente pattugliano le zone. Resta da dire che lo sfruttamento dell’esercizio dell’attività prostitutiva, nella sua forma classica, raramente ha coinvolto e riguardato le transessuali, le quali sono sempre state libere da forme di controllo e coazione essendo almeno all’anagrafe uomini. Sembra piuttosto che lo sfruttamento almeno fino a qualche anno fa riguardava la richiesta di una somma di denaro per l’ottenimento di un domicilio per poi richiedere la residenza oppure per poter lavorare in un particolare posto. Lo sfruttamento, se di ciò vogliamo parlare allora forse anche oggi viene esercitato tra le stesse trans. Infine ci sono pochissime trans straniere disposte a denunciare i propri sfruttatori per paura di minacce o ritorsioni. Quelle che ci riescono lo fanno grazie ad associazioni che si occupano della fuoriuscita dalla cosiddetta tratta. Altre invece dopo essersi riscattate una serie di situazioni incominciano a pensare a se stesse e a cosa fare nella vita, magari continuano a prostituirsi per poter accumulare un potenziale conto corrente al loro paese per avere oltre la sicurezza di aver dato una certa stabilità alla famiglia di origine, una vecchiaia agiata. Ma magari è anche il solo modo per sottoporsi all’operazione del cambiamento di sesso e riconciliarsi così con la propria, difficile identità.La prostituzione non è quindi un problema di ordine pubblico, se non per ciò che concerne lo sfruttamento in sé e che pertanto non riguarda le persone che si prostituiscono, ma i loro sfruttatori. Un’altra richiesta ricorrente, che trova ascolto soprattutto nei detrattori della legge Merlin, è quella che punta a controllare le prostitute dal punto di vista sanitario. Pur riconoscendo le legittime intenzioni che la animano, ovvero ridurre la diffusione delle malattie sessualmente trasmesse, si tratta di una falsa protezione che viene offerta al cliente e alla prostituta considerato che tutti conosciamo il cosiddetto periodo finestra, quando il virus è già in circolo, ma non è ancora rilevato dagli esami di laboratorio. L’unica vera possibilità di tutelarsi, infatti, è la protezione attraverso il profilattico. Su questo va detto che il problema reale è il non utilizzo dello stesso da parte dei clienti, le transessuali lo sanno bene, i quali sono disposti a pagare tre - quattro volte di più per accompagnarsi senza protezione. È errato quindi pensare alla trasmissione di malattie a senso unico, come purtroppo si tende a fare. L’esperienza e i dati epidemiologici ci fanno dire che sovente è vero proprio il contrario: il problema della diffusione dell’Hiv e delle malattie sessualmente trasmesse (non c’è infatti solo l’Aids, ma anche altre malattie, come la sifilide, di cui si parla poco) è, in primo luogo, da ricondurre ai clienti che premono per avere rapporti non protetti. A conferma della non unidirezionalità del contagio, tutti gli ultimi dati sull’Hiv dimostrano che non vi è un aumento di casi di sieropositività tra le categorie definite a rischio (tossicodipendenti, omosessuali, prostitute e transessuali), che prestano attenzione, nei loro rapporti sessuali, alle norme preventive, ma tra la popolazione eterosessuale cosiddetta “normale” che non usa adeguate precauzioni ed è così più esposta alla possibilità di contrarre malattie sessualmente trasmesse che sono in via di diffusione.Rispetto alla possibilità di favorire una cultura della tutela della salute, propria e altrui, le continue retate (che mass media e politica enfatizzano come operazioni di pulizia delle strade, quasi le persone fossero spazzatura…) e la normativa sull’immigrazione (legge Bossi-Fini) rischiano di essere un elemento di ostacolo. Ciò che queste operazioni spesso determinano è, infatti, uno spostamento del problema dalla strada alle case gestite dagli sfruttatori.Dal progetto “Dame delle camelie e loro clienti: quali rischi oggi?” realizzato presso l’Ospedale delle Malattie infettive di Torino, Amedeo di Savoia, ambulatorio infezioni sessualmente trasmissibili, che ha analizzato il periodo 1997-2007 è emerso, tra l’altro, che le persone che giungono all’ospedale con gravissime forme di malattie sessualmente trasmesse sono quelle che si prostituiscono in casa e per le quali l’intervento viene richiesto solo in uno stato avanzato della malattia.Per che si prostituisce i controlli non vanno dunque imposti, ma incentivati. Soprattutto per gli stranieri, quasi tutti clandestini, vanno attuate politiche di avvicinamento ai servizi con tutela dell’anonimato. E questo non può che avvenire a titolo volontario.Infine da sempre tra le proposte per arginare il fenomeno, c’è quella che individua come deterrente la punibilità dei clienti. Tale criminalizzazione, non solo non serve a risolvere i problemi, ma crea pericolose etichette e stigmatizzazioni che hanno ricadute drammatiche sulla vita delle persone (il suicidio di clienti dopo essere stati “scoperti” è un’eventualità non così infrequente). Non bisogna poi dimenticare che, accanto ai violenti, ai maniaci e ai giustizieri, sempre in agguato nel mondo della prostituzione, la maggior parte dei clienti sono persone profondamente sole e con difficoltà a rapportarsi con l’altro sesso. Dunque, come sostiene il gruppo Abele, non è corretto affrontare sul piano giudiziario un fenomeno che ha delicati risvolti psicologici e umani. D’altronde chi si avvicina seriamente a questa tematica non può che non farlo con il tatto il buongusto e la sensibilità, e permettetemi anche la curiosità che è frutto dell’intelligenza, ma soprattutto l’umiltà di ascoltare chi quel mondo lo vive sulla propria pelle.(tratto dalla relazione tenuta nell’ambito del Ciclo Incontri Informativi per DIG 2010 organizzati dal CSSC di Torino)

05 ottobre 2010 16:08

Corte di Cassazione sentenza N. 20528; la prostituzione non è illegale. Illegali sono i provvediemnti degli amministratori contro le donne.


La sentenza N. 20528 con cui la Corte di Cassazione ha dichiarato che le entrate da attività di prostituzione sono tassabili, ha dichiarato che l’attività di prostituzione è lecita.
Pertanto, con questa affermazione, la Corte di Cassazione ha dichiarato che tutte le delibere comunali, ispirate dal criminale in croce, per aggredire le donne lungo le strade: SONO ILLECITE!
Perché la Polizia di Stato e i Carabinieri non hanno perseguito quegli amministratori comunali che hanno emesso quelle delibere?
E i Prefetti che ci stanno a fare? Solo per alimentare il terrorismo contro le persone più deboli?
E che, doveva dirlo la Corte di Cassazione che la prostituzione è lecita: e tutte le persone aggredite verbalmente da poliziotti vili e carabinieri arroganti o vigili urbani che si identificano con l’onnipotenza del dio padrone, chi paga per quelle offese? O si pensa che aggredire le prostitute sia meno grave di aggredire Aldo Moro o Walter Tobagi? Se così fosse significherebbe che le istituzioni hanno sputato sull’articolo tre della Costituzione al fine di assicurarsi un ingiusto
profitto: hanno agito da criminali!
Per di più hanno creato un clima da caccia delle streghe, un clima persecutorio, contro donne che non erano in grado di difendersi: criminali cattolici che violentano i più deboli (vedi lo stupro dei bambini) per assicurarsi il profitto, sia materiale che morale.
Va da sé che a questo punto non sono nemmeno illeciti i servizi prestati alle donne che si prostituiscono e tutte quelle aggressioni agli appartamenti in cui le donne si prostituivano diventano illegali. Per la legge italiana sono oggettivamente illegali, ma sembra che non siano legali per chi preferisce mettersi in ginocchio davanti ad un criminale in croce che fu arrestato col bambino nudo.
Riporto l’articolo della sentenza:


Corte di Cassazione: tassabili i proventi della prostituzione


(Belfagor) Con la sentenza n° 20528 del 1° ottobre, invertendo una consolidata tendenza giurisprudenziale, la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che è legittimo il prelievo fiscale sui proventi dell’attività di prostituzione. Il ricorso era stato proposto dall’Agenzia delle Entrate: con detta sentenza la Corte ha ritenuto imponibili questi “redditi”, sia ai fini Irpef, che Irap e Iva.
Nel caso sottoposto all’attenzione dei Giudici di legittimità, si trattava dei guadagni di una ballerina che era solita aver anche rapporti amorosi a pagamento.
I Giudici hanno tenuto a precisare che “Pur essendo tale attività discutibile sul piano morale, non può essere certamente ritenuta illecita”.
Rifiutata la linea della difesa che pure aveva invocato una risposta ad interrogazione parlamentare datata 31 luglio 1990, del Ministero delle Finanze, secondo cui i proventi della prostituzione non sarebbero tassabili, osservando che “trattasi di una valutazione peraltro risalente nel tempo, che non vincola in nessun modo i giudici”.
La sentenza risulta coerente con la completa depenalizzazione dell’attività di prostituzione operata nel tempo dal legislatore.
Esempi di fiscalità relativa all’attività di prostituzione o persino di sfruttamento della stessa, sono presenti nella legislazione italiana del ventennio fascista, quando i casini ove si esercitava il meretricio, erano soggetti al pagamento di una tassa, prevista in tre scaglioni secondo la “Categoria” ovvero il decoro ed i servizi offerti dal postribolo
Tratto da:
http://www.italiainformazioni.com/giornale/cronaca/105114/corte-cassazione-tassabili-proventi-della-prostituzione.htm


Alcune delle criticità sollevate da Oliviero Forti, responsabile dell’Ufficio immigrazione della Caritas Italiana, in occasione della giornata Internazionale contro il traffico di persone che ricorre lunedì 18 ottobre.(http://www.affaritaliani.it/sociale/giornata_contro_tratta181010.html )

Italia attualità, Prostituzione: il disegno di legge Carfagna settembre 2008: il Consiglio dei Ministri approva il disegno di legge contenente “Misure contro la prostituzione”, messo a punto dal ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna, insieme ai ministri dell’Interno, e della Giustizia. Il ddl modifica la legge Merlin del 1958, introduce
il reato di esercizio della prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza distinzioni di trattamento tra prostitute e clienti: è previsto l’arresto da cinque a quindici giorni con ammenda da 200 a 3000 euro sia per chi offre prestazioni sessuali, sia per chi le richiede.(http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/prostituzione/relazione_illustrativa_prostituzione.pdf)



ADESCHIAMO DIRITTI! ROMA – 13 DICEMBRE 2008

Dalla presentazione del Disegno di Legge Carfagna sulla prostituzione e con le ordinanze di tanti Sindaci in Italia si è creato un pericoloso clima di intolleranza verso tutte le persone che si prostituiscono. Insieme al ddl si sono avviate campagne politico-mediatiche per alimentare l’allarme sociale e la paura dei cittadini. Sulle persone socialmente «deboli» (della cui sicurezza non ci si preoccupa), si vuole oggi indirizzare l’insicurezza e la paura della gente facendole diventare il capro espiatorio su cui sfogare le frustrazioni di un Paese che sta impoverendo in tutti i sensi.
La «sicurezza» sta diventando l’abbaglio e il pretesto per escludere e discriminare i più «deboli», i «diversi» e gli «stranieri», nei confronti dei quali sono aumentate aggressioni, violenze, discriminazioni che si fanno passare come normali, endemici e scontati atti di violenza metropolitana, sottacendone l’origine razzista, sessista, omo-transfobica.
Sulla paura e sull’insicurezza si sono costruite campagne che non risolvono ma ingigantiscono i problemi, dei quali si continua a non considerare le cause cercando semplicemente di eliminare gli effetti per mezzo della ricetta più semplice, quella di nascondere.
Esattamente quello che si sta tentando di fare con la prostituzione: renderla invisibile.


Ma in questo modo non si tutelano i diritti di nessuno. In questo modo si riducono i diritti di tutti:
• il ddl Carfagna sulla prostituzione non tiene assolutamente in considerazione l’esperienza di tutte quelle persone (trans, donne, uomini) che hanno scelto liberamente di vendere prestazioni sessuali, né risponde ai bisogni delle persone che esercitano la prostituzione per vivere o sopravvivere. Le emargina soltanto, senza neppure offrire una alternativa;
• inoltre, contrariamente a quanto afferma il Governo, il ddl aggrava la condizione di chi è sfruttato ed è vittima della tratta di esseri umani, fenomeno molto frequente, che riguarda moltissime persone straniere che si prostituiscono in strada, spingendo le persone nel sommerso di appartamenti e locali, rendendole irraggiungibili e completamente sotto il controllo degli sfruttatori;
• infine, il disegno di legge non renderà i cittadini più sicuri, poiché la sicurezza si costruisce innanzitutto creando condizioni di benessere diffuso, di convivenza pacifica, di rispetto, di pari opportunità, di diritti per tutti e non spingendo al chiuso e nei ghetti fenomeni sociali e persone che fanno parte della nostra società.

Questo ddl attacca i principi di libertà garantiti dalla Costituzione, priva di diritti le persone che esercitano la prostituzione, minaccia seriamente la loro salute e la loro sicurezza, non tutela l’incolumità delle vittime di sfruttamento, non permette di portare avanti i servizi che da anni operano attività di riduzione del danno e di prevenzione sanitaria che da sempre garantiscono il diritto alla salute dell’intera comunità (contatto, informazione, sensibilizzazione ed accompagnamento che svolgono gli operatori sociali direttamente in strada con le persone che si prostituiscono). Questo ddl rischia inoltre di depotenziare il sistema di tutela e assistenza delle vittime di grave sfruttamento e tratta di persone, che pure rappresenta un punto di eccellenza dell’Italia nel panorama internazionale: le vittime non avranno più accesso ai programmi di aiuto poiché non potranno essere più contattate dalle unità di strada, ed anche per le forze dell’ordine il contatto sarà più difficile.
Ci opponiamo al ddl perché crediamo che le persone debbano essere:

LIBERE DALLA VIOLENZA
a cui vuole condannare il ddl Carfagna costringendo le persone ad esercitare la prostituzione al chiuso, dove è più difficile difendersi dalla violenza e dove aumenta la precarietà.
Il ddl non considera il fatto che chi si prostituisce non commette reati contro terzi ma spesso li subisce (violenze, stupri, rapine, sfruttamento, riduzione in schiavitù); non considera inoltre che violenza, sfruttamento, riduzione in schiavitù già sono presenti in una parte della prostituzione al chiuso esercitata negli appartamenti o tramite i locali notturni.
Il ddl inoltre, in evidente violazione degli obblighi costituzionali ed internazionali assunti dallo Stato italiano relativamente alla protezione dei minori, prevede il rimpatrio forzato delle persone minorenni non italiane che si prostituiscono, costringendole a tornare nei luoghi dai quali sono fuggite. Questo significa molto spesso immettere una seconda volta le vittime nel circuito dello sfruttamento e in una condizione di vulnerabilità ancora maggiore.

LIBERE DI POTER ACCEDERE E DI USUFRUIRE DI SERVIZI E OPPORTUNITA’
mentre invece il ddl Carfagna – con il suo estremismo securitario e la sua impostazione esclusivamente repressiva - toglie ogni prospettiva futura per chiunque voglia abbandonare la prostituzione. Le persone trafficate vedranno ridotte drasticamente le loro possibilità di accedere ai programmi di assistenza e protezione sociale in quanto sempre più irraggiungibili dagli operatori sociali ma anche dalle forze dell’ordine, che verranno viste come nemiche anziché come un punto di riferimento. A chi esercita la prostituzione per mancanza di alternative e a causa della discriminazione (si pensi alle transessuali), non viene offerta alcuna alternativa, nessuna misura di supporto all’inclusione sociale e all’inserimento lavorativo.

LIBERE DI SCEGLIERE
mentre il ddl Carfagna non tiene in considerazione il fatto che la prostituzione possa essere una scelta, né garantisce aiuto alle vittime di tratta e sfruttamento, né offre alternative a chi vorrebbe abbandonare l’attività prostitutiva ma ha bisogno di un sostegno.

LIBERE DAL PREGIUDIZIO
mentre il ddl, criminalizzando la prostituzione, aumenta lo stigma e il pregiudizio verso chi la pratica, esponendo le persone a violenze, persecuzioni, discriminazioni e maggior emarginazione.

LIBERE DI AGIRE
mentre il ddl, per salvaguardare il «pubblico pudore», impone norme di comportamento a tutte e tutti. In questo modo si limita la libertà, l’autodeterminazione e si ledono i diritti.

Per tutti questi motivi è stata promossa un evento pubblico a Roma il 13 dicembre 2008 a cui è risultata una grande partecipazione.
Una manifestazione per i Diritti e per la Libertà di Scegliere.

Questo è l’elenco degli enti promotori:

- ARCI
- ASGI
- Associazione Cantieri Sociali
- Associazione Giraffa
- Associazione Libellula
- Associazione NAGA
- Associazione On the Road
- Associazione radicale Certi Diritti
- CNCA – Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza
- Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute
- Consorzio di cooperative sociali “GESCO Campania”
- Coooperativa Sociale Dedalus
- Coordinamento transessuale “Silvia Rivera”
- Gruppo Abele
- La strega da bruciare
- MIT – Movimento di Identità Transessuale
- PIAM onlus
- Provincia di Pisa
- Rivista Carta

- Sexyshock

- Ufficio Pastorale Migranti Piemonte


Riporto qui gli articoli della nostra costituzione, che secondo me possono essere in contrasto con il disegno di legge Carfagna, e con le successive ordinanze che i sindaci locali hanno emesso a seguito del disegno stesso.

Art. 2

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 4

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

E' risultato un articolo un po lungo, e ringrazio chi ha voluto arrivare fino a qui.

Il mio intento è risvegliare la sensibilità di chi si deve porre nei confronti dei cittadini in modo egualitario, tenendo conto dei diritti e anche dei doveri di tutti indistintamente.


Vanessa Mazza

Fonte;http://www.federsex.com/download/proposta_di_legge/Prostituzione_cenni_storici.pdf

http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_Merlin

http://www.unioneconsulenti.it/article.php?sid=936

http://www.chisei.org/prostituzione/trans.htm

http://notizielibere.myblog.it/archive/2010/09/22/la-tratta-delle-trans-un-business-di-violenza-da-20-milioni1.html

http://www.onig.it/drupal6/node/14

http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=4549761754610979686&postID=3486276212673527916

http://adeschiamoidiritti.noblogs.org/post/2008/11/25/adeschiamo-diritti-roma-13-dicembre-2008/

http://atelierbetty.noblogs.org/


http://www.gay.tv/articolo/0/5952/ROMA--TRANS-ARRESTATE--L-INTOLLERANZA-VA-IN-DIRETTA-TV--VIDEO-/108

Commenti

AMg ha detto…
Uno studio estremamente interessante per l'accuratezza e la chiarezza di documentazione, da leggere attentamente e indispensabile anche per chi si occupa degli aspetti socio-politici della sessualità.
Senza trascurare l'aspetto più propriamente umano della questione.
Grazie Vane!
alba
Vanessa Mazza, LGBT ha detto…
Ciao Alba, grazie, e venuto un po lungo ma penso che ci sia tutte i presupposti per un dibattito onesto su questa situazione. Voglio ricordare che se oggi in tutto il mondo non solo in Italia ci sono battaglie vinte nel mondo trans è grazie alle trans che dal marciapiede hanno iniziato a dare senso politico alla comunità lgbt. Peccato che questo sia stato dimenticato anche dal mondo trans di oggi che non riesce più come in quella epoca a fare nulla di concreto, solo chiacchiere inutili ma battaglie vere con vittorie come quelle, sono solo un ricordo.
Anonimo ha detto…
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