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venerdì 15 ottobre 2010
CESVI, a Lima "las chicas de calle" provano a pensare ad un futuro migliore
La Casa de la sorrisa (Casa del sorriso) è un'isola di dignità e resistenza contro lo sfruttamento sessuale che nel 2004 nacque con fondi del ministero degli Esteri italiano e della Regione Lombardia. Ora sono 113 i bambini e le ragazze che la frequentano. Il ruolo della Ong italiana dal nostro inviato MAURIZIO PAGANELLI.
LIMA - La notte di San Juan de Miraflores è tinta di giallo, luce dorata che scende dai lampioni. Fari che squarciano il buio, quell'oscurità che è ancor più fitta tra le baracche inerpicate sulla collina di Villa Maria del Triunfo. La notte è lunga per "las chicas de calle", le ragazze di strada, ferme sul marciapiede in attesa dei clienti. Amanda, Rosa, Pilar, Rossana, Irma, Thalia attendono appoggiate al muro, appena al di fuori del cono di luce che proviene dai locali aperti fino alle ore piccole. Il traffico scorre intenso, anche qui, come ovunque, sulle strade di Lima: i fari lanciano il loro richiamo sull'asfalto bucato. Las chicas sono discrete, nessun vestito appariscente, niente scollature audaci o seni al vento, pantaloni invece che minigonne vertiginose. Poco distante c'è chi, all'angolo, sta trattando per una dose; loro, las chicas, attendono con pazienza. Giovani, molto giovani, già con figli. E responsabili: devono portare a casa i soles alla famiglia, madri comprese; madri che non disdegnano i soldi dell'amore a ore, anzi, a volte, trovano clienti alle loro stesse figlie.
Si ferma un uomo, si tratta. Niente accordo, l'uomo va ancora avanti, prosegue. Poi ci ripensa, torna sui suoi passi, i due tornano a dialogare e si accordano: venti soles, meno di 5 euro. Lei prende l'iniziativa e lui la segue. Girano l'angolo ed entrano nel primo portone, nel motel. Quanti alberghi dalle insegne luminose e intermittenti "bucano" le notti di Lima, miriadi di stanze disadorne pronte ad accogliere incontri occasionali. Un letto, un asciugamano, un preservativo, l'immancabile specchio e già metà del compenso vola nella avide mani degli affittuari.
Il sesso in mezzo alle discariche. Stesse immagine, stesse scene dal Callao al Defensore de la Patria, da Nuova Esperanza a Villa El Salvador, tutti gli immensi "asientamentos humanos" senz'acqua né fogne che circondano la metropoli peruviana. Ma è ancora peggio per i transessuali che si prostituiscono lungo le arterie meno illuminate, al confine tra un quartiere e l'altro, in mezzo alle discariche. Rapporti veloci, in macchina, anche per 5 soles. Come Alexis e Rosa tra i rifiuti nel buio pesto dell'Avenida Pachacutec, loro che si sono rifatte il seno da sole con il silicone usato nell'aviazione e che sono dovute stare immobili una settimana per non disfare il "lavoro".
La casa del sorriso. Lima quaggiù non è per turisti; ma ci vengono, anche di notte, i volontari, peruviani e anche italiani, del Cesvi, l'organizzazione laica di cooperazione e sviluppo nata a Bergamo, che da oltre un ventennio è presente in Perù. Monica, assistenze sociale di origine colombiana e lo psicologo Louis, indossano il giubotto avana e iniziano il giro di contatti e verifiche. Molte delle chicas de calle hanno i bambini nelle loro Casa de la sorrisa (Casa del sorriso), isola di dignità e resistenza contro lo sfruttamento sessuale che nel 2004 nacque con fondi del ministero degli Esteri italiano e della Regione Lombardia. Ora sono 113 i bambini e le ragazze che la frequentano.
Sfruttati dai parenti. "Metà sono piccoli sotto gli 11 anni - racconta Monica -"poi viene il gruppo a rischio degli adolescenti e le ragazze che già sono sulla strada. Dobbiamo lavorare per creare alternative ai bambini e alle fasce a rischio, perché in queste famiglie, che vivono in baracche sovraffollate con una forte promiscuità, chi porta i soldi è la ragazza che ormai si prostituisce: a lei tutti chiedono di continuare a farlo. Non esiste un racket organizzato della prostituzione in questi casi, ma una forma di sfruttamento che vede coinvolti i parenti..."
Il calvario dei transessuali. I transessuali sono una realtà a parte: stigmatizzati, considerati i soli "portatori" del virus dell'Aids, solo a volte sono accettati nelle famiglie. Gruppi di trans e gay hanno anche costituito una loro "Casa" alternativa, che per alcuni anni ha funzionato: La casa de los talentos. Casa creativa, hanno fatto spettacoli, musica, eventi: poi alcuni di loro sono andati a vivere altrove ed ora l'esperienza sta esaurendosi.
La speranza nasce nel fare impresa. Quelle che invece non si esauriscono sono le imprese sociali che il Cesvi, insieme ad altre ong e con finanziamenti istituzionali, hanno creato in questi anni. "Si tratta di realtà imprenditoriali che sono sul mercato, con a capo persone che hanno esperienze nel settore e che occupano e formano svariate centinaia di ragazze e ragazzi a rischio: un'alternativa reale al marciapiede", segnala Nicola Baj, il responsabile dei progetti Cesvi in Perù. E così si sono sviluppate Artytex, azienda tessile che produce divise da lavoro ma anche borse di ottima fattura e design, guidata dalla trentenne Karen, peruviana, affiancata da Giada, milanese con mamma venezuelana, e Yoper panificio, dolciumi e catering con sede al Sorquillo, camioncini per le consegne, con Silvia come amministratrice unica.
Una sfida. Cioè quella di creare realtà economiche che coinvolgono, formano e occupano giovani già vittime di violenza, di prostituzione o anche di droga. "E' sempre complicato coniugare il concetto di impresa e di mercato con le esigenze di recupero sociale", racconta Nicola Baj, ingegnere con esperienze e studi internazionali. "L'idea è bella ma è tutt'altro che scontato il rapporto con persone che sono abituate a pensare esclusivamente in termini di sopravvivenze e di quotidianità. La progettazione, il futuro, la stabilità sono elementi fuori dalla loro visione. E i problemi umani si sommano a quelli già complessi per una piccola impresa che deve produrre e competere con altri. Considerando in più che, ovviamente, noi assumiamo tutti regolarmente con paghe sindacali e tutti i diritti contrattuali".
Iniziative in incubazione. Altre imprese stanno per nascere in Perù ed è sbarcata anche una catena colombiana, Crepes and Waffle, del tutto privata che, però assume solo ragazze in difficoltà. Qualcosa si muove. Uno dei problemi è la mobilità sul lavoro, che è qui enorme: appena un ragazzo viene formato, magari decide di andare da altre parti a lavorare. "Ma noi cerchiamo di seguire le famiglie e rimanere in contatto con loro. E' vero però che esistono forti contraddizioni, immensi gli sforzi che ci vorrebbero", ricordano Monica e Louis.
Il Sud America peggio dell'Africa. L'America Latina è il continente dove è più grande il divario tra ricchi e poveri, più che in Africa, dicono i dati. E lo racconta anche Doris Lessing, premio Nobel della Letteratura nel 2007, in Sorriso africano: "Sud America peggio dell'Africa? Sì, è peggio. Tanto per incominciare, ci sono grandi differenze fra ricchi e poveri". Peggio persino rispetto allo Zimbabwe, dove la Lessing è cresciuta: "Niente di altrettanto brutto o crudele...".
In regalo uno stereo. Arrampicandosi nella collina di baracche e fango di Nuova Esperanza, nome emblematico, Louis e Monica vanno a trovare Pilar, ragazzina con alle spalle già un aborto, che ha finalmente ripreso a studiare nelle scuole private domenicali. E, sorpresa, in una delle due faticenti e disadorne stanze dove vivono in otto sotto un tetto di lamiera, accanto al'immancabile altare con madonna, troneggia ora un potente e nuovissimo impianto stereo Pioneer con altoparlanti mastodontici. Il fratello quattordicenne di Pilar ne parla con distacco, ma compiaciuto. La mamma di Pilar si giustifica: "I miei figli non hanno nulla, vivono in questa miseria. Ho voluto prendere il massimo, lo stereo migliore". Al costo di indebitarsi per i prossimi dieci anni. La musica cullerà le notti a Nuova Esperanza.
Fonte:http://www.repubblica.it/solidarieta/cooperazione/2010/10/14/news/cesvi_a_lima_las_chicas_de_calle_provano_a_pensare_ad_un_futuro_migliore-8058206/
Foto :http://www.travelpod.com/travel-blog-entries/karrasco/bolivia/1173736620/tpod.html#_
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