La Curia solleva don Santoro il prete che ha sposato l´ex trans Sandra Alvino 64 anni



Sollevato dall'incarico per aver celebrato in chiesa le nozze di una donna nata uomo. E' il provvedimento preso dal Vescovo monsignor Betori. Don Alessandro Santoro, reo di aver celebrato il matrimonio fra Sandra Alvino 64 anni, nata uomo e ora donna, e Fortunato Talotta, 58 anni. Il giorno dopo la celebrazione del rito nella comunita' delle Piagge, alla periferia di Firenze, Don Santoro e' stato invitato a "vivere un periodo di riflessione e preghiera". Don Santoro, alle accuse di sfida nei confronti della Chiesa, risponde spiegando che la sua è stata solo obbedienza al Vangelo. Tuttavia la Chiesa di Firenze non è d’accordo, definendo il sacramento celebrato “un atto privo di ogni valore ed efficacia, in quanto mancante degli elementi costitutivi del matrimonio religioso che si voleva celebrare”.
Alvino e Fortunato Talotta, 58 anni, sono sposati civilmente da 26 anni. Lei, che si dichiara «cattolica praticante», da qualche anno ha iniziato una ’battaglià per vedere riconosciuta la propria unione anche dalla Chiesa.

Gli sposi sono arrivati pochi minuti prima delle 11 davanti al prefabbricato della Comunità delle Piagge, dove ogni domenica don Santoro celebra la messa e dove, durante la settimana, vengono svolte le diverse attività della comunità. Tailleur grigio perla per lei, ravvivato da un foulard maculato, e stessa fantasia per le scarpe e per gli occhiali; abito blu scuro per lui. All’arrivo della coppia un piccolo bouquet di tre rose bianche per la sposa donate da una parrocchiana davanti a molti giornalisti, fotografi e cameramen. Ma quando inizia la messa cineprese e macchine fotografiche restano fuori. A chiederlo è stato lo stesso don Santoro, visibilmente emozionato durante l’omelia e consapevole delle possibili conseguenze che potrebbero esserci per un atto che «comunque sarà annullato dalla Chiesa», ha detto il sacerdote rivolgendosi agli sposi. Ma anche un atto che «non cambia la realtà: voi siete una coppia di credenti - ha aggiunto - che vive nella chiesa il suo essere coppia e questo il Dio della Vita benedice e accarezza».

Il prete ha più volte spiegato che il suo non vuole essere un gesto di rottura, di ribellione e di ’sfidà nei confronti dell’autorità della Chiesa, ma «un gesto di fedeltà e di obbedienza profonda a Dio e al vostro amore, un gesto di accoglienza e di verità». Alla fine della messa, però, ascoltando le parole di Fabrizio De Andrè, «in direzione ostinata e contraria», ha annunciato che da domani, con un chiaro riferimento al vescovo, «come oggi ha fatto un gesto di obbedienza ai suoi fedeli, obbedirà a qualsiasi decisione sarà presa». E ai suoi parrocchiani, quella comunità che guida da 15 anni, ha assicurato che «non permetterà a nessuno di fare niente che sia in senso contrario a ciò che verrà deciso».

Fuori, tra le lacrime di molti dei circa 200 fedeli presenti, Sandra e Fortunato sorridono davanti ai fotografi e brindano anche con i testimoni delle nozze, Massimo Caponnetto (figlio dell’ex magistrato Antonino) e di sua moglie Gianna Barucci, nel rinfresco preparato dalla comunità delle Piagge che ha regalato loro anche una pianta d’olivo. Prima avevano firmato il ’registrò della comunità. Santoro, invece, chiede di essere lasciato solo: «ho bisogno di stare da solo», con quel Dio che dice di vedere «nei volti della gente» più che in quelli delle gerarchie.

Ieri Santoro è rimasto introvabile per tutti, e c´è chi dice si sia rifugiato a Villore, in Mugello, dove la comunità ha una comunità di accoglienza, e chi lo immagina già in viaggio alla volta di un monastero o di una missione. I più, però, conoscendolo, si augurano di vederlo comparire alla prossima riunione della comunità, già prevista per i prossimi giorni.

fonte:http://firenze.repubblica.it
http://www.055news.it

La lotta di Sandra Alvino, esponente storica del movimento trans italiano

Storia di una donna libera.

Una grande, grandissima umanità, quella di Sandra. Una persona di una disponibilità incredibile che racconta senza
ipocrisie la sua vita fatta di sofferenza e di dolore, una donna che lotta ed ha lottato, che urla tutta la sua rabbia, che si
indigna contro le ingiustizie, contro la violenza e le tante discriminazioni subite. Un
unica
colpa
lessere nata maschio e sentirsi donna. Fino al momento in cui, ultimo legame con quel sesso estraneo,
viene definitivamente eliminato: e quello è stato, dice Sandra, il giorno più bello della mia vita!
Ci vorrebbe ben altro che queste poche righe per raccontare la vita di Sandra; troppo il sofferto per una persona sola.
Oggi Sandra vive alle Piagge in un appartamento che divide con il marito.
Non si può neppure immaginare cosa è stata la vita di questa
donna: entrare e uscire dal carcere, ancora minorenne, tenuta segregata in celle di isolamento, accusata, diffidata e
allontanata per essere ritenuta socialmente pericolosa, portatrice di una diversità scomoda a tutti e per questo ghettizzata
finanche da reclusa.
io ho dubitato della mia identità ma non riuscivo a venirne fuori. Non vedevo per me un futuro da
uomo, non riuscivo neanche a guardarlo il mio sesso maschile. Mi vedevo donna. Sognavo il matrimonio, ho sempre
sognato di essere donna. Purtroppo gli altri non mi capivano. E così, mentre quel sesso piano piano si
atrofizzava, il corpo assumeva, con il supporto delle cure mediche ed endocrinologhe, le forme appropriate, adeguandosi
a quella condizione psicologica che è data dallappartenenza al genere femminile.
Ai miei tempi, la prostituzione riguardava il ragazzo marchettaro che andava per strada, passava
omosessuale con la macchina, lo pagava e andavano assieme. Io ero molto femminile e, con i sotterfugi che si
possono immaginare, riuscivo a trovare qualcosina che mi serviva per campare ma non è stata mai, quella della
prostituzione, un attività che condividevo. Lho sempre odiata. Ma sai benissimo che quando perfino la
Chiesa non ti accettava... purtroppo, la sopravvivenza è la sopravvivenza! Non sono mai andata a rubare. Il reato più
grave che ho commesso, è stato il furto di una bicicletta per scappare dai ragazzi che mi correvano dietro per picchiarmi.
Ti picchiava anche la gente, appena capivano, se si accorgevano Vendere le sigarette di contrabbando non si
poteva perché a questi poveri ragazzi omosessuali che frequentavo, gli sequestravano anche la merce! Non avevano
soldi neanche loro. Poi alcuni hanno capito che non gli conveniva opporsi più di tanto e così modificando gli
atteggiamenti si sono inseriti nel mondo del lavoro. Il bar che frequentavo era quello della prostituzione femminile. Solo li
potevi trovare un panino, un aiuto, soltanto l’ambiente malavitoso ti poteva accettare. E questo mi ha portato ad
avere sempre problemi pur non prostituendomi, cercando soltanto di sopravvivere. Per dormire, io e una mia amica
aspettavamo il treno che veniva da Parigi con le cuccette; sapevamo che lo portavano al deposito e così dormivamo sui
treni. Sai benissimo che, quando ti trovano a dormire su un treno, ti portano subito in questura. Tra altro ero
conosciuta dalla polizia; anche non volendo ero considerata una specie di leader dei transessuali forse perché ero la più
femminile. Dove mi trovavano, era facile prendermi e sbattermi sui giornali... la nota travestito perché
allora ci chiamavano così! Una volta in questura, le forme per incastrarti erano talmente tante, così mi denunciarono
anche per atti osceni in luogo pubblico.
Altri anni da scontare, rinchiusa; altre celle di isolamento, anni di sorveglianza speciale. Scappare da una parte
all altra, per non creare ulteriori problemi alla famiglia.
Riuscivo ad andare dalla parrucchiera soltanto quando andavo in compagnia delle prostitute perché allora
passavo inosservata. Ma se andavo con una mia amica, una mia pari, chiamo così quelle come me, non avevamo
neanche quella possibilità. Tu puoi immaginare, in queste condizioni che lavoro avrei potuto trovare io. Né lavoro, né
casa.
E le denunce aumentano. Sandra è sotto sorveglianza speciale, fornisce il domicilio della famiglia ma non vi abita. Tutte
le volte che la cercano e non la trovano, sono annotazioni che si trasformano in altrettante denunce, con i mesi di galera
che si sommano e diventano anni, anni e anni di galera con gli avvocati che non gliene fregava nulla di noi
altri!.
Ma a denunciare le ingiustizie e le violenze subite, oggi davanti a me cè Sandra.
Ho girato trentacinque carceri, ma non carceri normali. Trentacinque carceri di massima sicurezza! Messa nei
sotterranei a Volterra e seviziata dalle guardie e dal mafioso con la compiacenza delle guardie. Non erano tutti detenuti
bravi. Cera anche il detenuto schifoso, la guardia schifosa. Porto i segni sul mio corpo di quello che era la
disperazione, chiusa in una stanza senza finestre, con una lampadina, senza poter leggere sfregiarti le carni per
fare in modo che qualcuno venisse ad ascoltarti...
Questo è il carcere, ieri come oggi. E questa è la vita, un pezzo soltanto, di Sandra. Non ci sono commenti da fare.
Cè soltanto da gridarla forte questa verità per fare conoscere a tutti che cosa significa la violenza, lodio
gratuito verso chi è diverso, la cattiveria umana contro chi è più debole, meno tutelato, cacciato, deriso senza la possibilità
di difendersi, senza colpa, trattato senza alcun rispetto, senza nessuna dignità.
Se sono qui oggi, forse è perché ho avuto tanta forza danimo, tanto coraggio. Per essere una donna, ho
dato tutta la mia vita!.
http://www.altracitta.org/
Sono una donna! Non ci sta Sandra Alvino ad essere chiamata transgender.Lei nata donna, prigioniera in un corpo di
uomo ha lottato con tutte le sue forze per diventare a tutti gli effetti donna, con un' operazione perfettamente riuscita per
il cambio di sesso e una felice vita coniugale accanto all'uomo che ama. Adesso un referto medico rilasciato dal pronto
www.adamoeva.info
http://www.adamoeva.info Realizzata con Joomla! Generata: 27 October, 2009,
soccorso di Careggi la definisce Transgender, una parola pesante che per Sandra e' stato un vero colpo, il segno di una
mentalita' retrograda dura a morire, discriminatoria verso quelle donne operate felici della loro nuova condizione. Sentirsi
paragonata a Vladimir Luxuria non le va proprio giù'. La parola transessuale nel corso degli anni, dice Sandra, ha
acquisito un significato diverso, lontano dalla vera accezione, cioè' colui che transita che cambia sesso con tutte le
sofferenze e i problemi che ciò comporta. Ecco perchè' si aspetterebbe più' comprensione e rispetto.
http://www.toscanatv.com/No nozze in chiesa per l'ex uomo Guardate il video Sandra Alvino vuole sposare Fortunato
anche in chiesa dopo l'unione civile, ma il Vescovo di Firenze ha diffidato il loro parroco di Giulia Santerini.
Il matrimonio che non s'hà da fare. Il coraggio uno se lo può dare.Per saperne di più leggere "Il volo", di Sandra Alvino,
Diple edizioni.
Dal libro "il volo" di Sandra Alvino Quanto segue e' la storia vera di Sandra Alvino, una di voi, e' stata utente di censurati.it
quando ancora ci conoscevano in pochi. Una persona per cui ci siamo battuti e per cui abbiamo tifato. E' uscito a
distanza di 5 anni dalla sua richiesta di aiuto, un libro, scritto da Massimo Caponnetto, figlio del compianto giudice, con la
prefazione di don Luigi Ciotti. La prima battaglia e' vinta, quella dell'omerta'. Grazie Sandra, sei un esempio per tutti
noi.tratto da "Il Volo""La mia diversità e' stata il mio reato. Altri non ne ho mai commessi. Sono stata spedita al confino più
volte, sono stata nelle carceri speciali, venduta dai secondini a chi pagava loro di più, senza potermi opporre, se non
volevo punizioni e umiliazioni ancora più grandi. Sono stata legata per giorni interi al letto di contenzione, ed anche lì
guardie e detenuti venivano in processione, a mostrarmi ed impormi le loro perversioni: i loro atti osceni, in luogo
pubblico. Quando ripenso a quegli anni, li definisco la mia , razzismo praticato senza coscienza,
discriminazione che cancellava ogni sentimento.Ma la diversita' e' un marchio e non esiste operazione che la cancelli.
In questo libro racconto il mio tratto di strada, che corrisponde ad un’ evoluzione personale, ma anche della società.
Sono stata determinata, spinta da una volontà forte come una fede. Anche nei momenti peggiori ripetevo dentro di me
sempre la stessa promessa: Ce la farò, alla fine ce la farò, senza chiedere aiuto a nessuno, se non a me
stessa, che allora persino Dio mi pareva voltato dall altra parte. Intanto con la mente correvo, immaginando il
futuro, e correvo più forte che potevo, come per prendere una rincorsa e lanciarmi nell aria, come se fossi un
aquilone. E ripetevo la mia promessa, come fosse una preghiera, fino a che non ci credevo, fino a che non ritrovavo la
mia leggerezza, fino a che non mi trovavo in volo. Sentivo allora la mia angoscia sollevarsi da terra, e le mie certezze
tornare stabili nell aria. Risentivo il vento, ritrovavo le mie emozioni, che mi facevano di nuovo vibrare: di
leggerezza e di speranza. Il filo di quell aquilone non si e' mai strappato, resistendo a tutto. Ed oggi posso
raccontare questo volo, fatto lungo quel crinale che segna il confine fra il pregiudizio e la verità, fra la rinuncia e la
speranza.Conclusioni Oggi vivo con una pensione di invalidità, causata anche dalle durezze delle detenzioni, di 230 euro
al mese, con mille strascichi sul piano fisico, segni di una guerra durata trenta anni, troppo lunga. Sono invalidità che
derivano dai trattamenti e dai soprusi subiti, sono l effetto di tutta la mia storia: mancata accettazione da parte
della famiglia, scontro con le istituzioni, carcerazioni, rifiuto ed emarginazione anche dopo lintervento. La mia vita
non ha mai smesso di essere una battaglia. Ogni battaglia segue il suo percorso, con un punto di partenza, che
corrisponde ad una situazione inaccettabile, che vogliamo cambiare, e un punto di arrivo ideale, che coincide con un
sogno, un ambizione. Il traguardo, per me, e' sempre stato trovare il mio posto, come donna, nella collettività. A un
certo punto del cammino ho perso ogni riferimento. Non avevo più le nergia necessaria per altre battaglie, e al
tempo stesso non avevo ancora ottenuto un posto per me nella società. E stato in quel momento che si sono
insinuate la rassegnazione e la depressione.Venne anche mia madre a trovarmi, in quel periodo. Venne insieme a mia
cognata, che con mio fratello Raffaele mi e' sempre stata vicina, in tutte le mie vicende. Avevo ripreso contatti telefonici
con mamma già da un paio di anni, ma adesso era arrivata alla fine della sua corsa, e volle un ultimo incontro. Rimase a
casa mia e di Fortunato un mese: il tempo di capirsi. Il carattere era sempre lo stesso. Dava la colpa a me per quello che
era successo in famiglia, e continuava a definire ciò che facevo da ragazzino come “cose nigre cose nere,
nel suo dialetto foggiano. Mi raccontò tutto il contrasto con papà, con quella colpa da scaricarsi l un l altro.
Non ebbe mai la forza di appoggiarmi. Troppo forte il peso dell’opinione della gente, troppo urgente difendersi nel
conflitto con papà. Le raccontai, a piccole dosi giornaliere, la mia vita. Se al telefono, nei mesi che hanno preceduto
lincontro, mi chiamava ostinatamente Sandro, appena mi vide, e per tutto quell ultimo mese passato
assieme, non ebbe mai un incertezza. Sono state le volte in cui il mio nome, Sandra, Sandrina, mi e' risuonato
più dolce nelle orecchie.Il racconto della mia vita richiamò tante lacrime ai suoi occhi, quante forse non ne erano mai
uscite. Se tu sapessi, figlia mia, le notti che abbiamo passato, con papà. I rimorsi, i dubbi. Ma che potevamo fare;
tuo padre era maresciallo. E come un maresciallo doveva vivere. Papà era già morto, da quattro anni, e non ci
eravamo più rincontrati. Dillo quello che ti hanno fatto, Sandrina mia. Vendica anche il mio dolore. Reclama
giustizia, perché si sono presi la tua vita. E te la renderanno solo quando ti restituiranno la pace. Morì dopo poche
settimane.
Nelle sue parole, nelle sue lacrime, ho potuto guardare alla mia storia anche con gli occhi di chi era rimasto a casa, a
vivere il mio allontanamento come una scelta difficile e dolorosa, una scelta che, però, non poteva mai essere definitiva, e
che ritornava sempre, in tanti ricordi, in tanti sogni, in tanta parte del cuore. La rabbia non ha una gittata infinita, prima o
poi cade e lascia tante mancanze, tanti rammarichi da parte di tutti.
Sembra di non essere mai pronti davanti alle differenze. Invece, le dobbiamo accogliere come possibili, come una delle
infinite combinazioni che la vita può offrire, e non sempre e solo come una devianza psichiatrica. Il dott. Gamna, con il suo
elettroshock, lasciamolo alle vicende del secolo scorso. Decisi allora che, per quanto potevo, non mi dovevo mai
stancare di raccontare, di far capire, di accompagnare chi si incammina nel mio stesso percorso, ed aiutarlo a realizzare
e vivere la sua identità nel nucleo familiare, per crescere nell accettazione e nell amore. Oggi parlo quasi
più con i familiari che non con chi vive sulla propria pelle il disturbo di identità di genere. Senza un riferimento affettivo,
senza condivisione dei nostri dolori, ma anche delle nostre speranze, finiamo preda della rabbia, della disperazione.

Realizzata con Joomla! Generata: 27 October, 2009, 16:16
Pochi mesi dopo la morte della mamma, ho fatto nascere lAssociazione Italiana Transessuali.La Costituzione
stabilisce la pari dignità sociale e luguaglianza di fronte alla legge, senza distinzioni e discriminazioni. Stabilisce il
diritto di tutti a trovare un posto nella collettività; ma ogni diritto, ogni legge, una volta scritta, ha bisogno del nostro
impegno, della nostra partecipazione, per diventare legge della vita.
Malgrado le ingiustizie subite, non mi sono mai rassegnata, e ho sempre cercato una strada per andare avanti; a volte la
rabbia e la disperazione mi hanno fatto perdere la luce della speranza, quella luce all orizzonte verso la quale
sono sempre andata, come per attrazione. Sono stati i momenti più duri, più difficili. Ma quando la vedevo, non
cerano ostacoli lungo il percorso. E a spingermi era limpazienza di arrivare presto, di terminare un
cammino, di compiere un destino, che non era solamente il mio.Se mi volto indietro, vedo che la mia strada non si e'
richiusa dietro di me, e che oggi può essere percorsa anche da altri. Sono stata ostinata, e chiunque ha coraggio e
ostinazione apre nuove vie. E il compito più prezioso che la vita può riservarci. E ad ogni via aperta il mondo si fa
un po meno stretto, più libero, meno schiavo dei pregiudizi. Davanti a me, la luce all orizzonte e' ancora
lontana. Ma lorizzonte e' irraggiungibile: e' una direzione, non una meta. Lungo la strada ci sono altre sfide, altre
battaglie, altre vie da aprire. E altri voli, con cui immaginare un altro mondo possibile. P.S. all'attivo sandra ha 34 anni di
matrimonio alle spalle. Cosa che i tutti i cattolici (Casini in testa) non sono riusciti a fare. E non era un matrimonio di
interessi, perchè fra due poveri cristi che non avevano nulla se non amore. E questo fa vedere come Sandra ci possa
insegnare tanto anche sulla famiglia. Ah, dimenticavo: quando era anonima (più di adesso) e sull'orlo della disperazione,
sandra ha chiesto aiuto ANCHE a Luxuria, che ha risposto via stampa qualcosa del tipo "ma chi è questa? chi la
conosce? Per me conta solo l'associazione Mario mieli e qualche altra". Ovviamente, perchè che i politici non hanno mai
avuto un buon rapporto con i poveracci, con la gente. Semmai li usano. Scommettiamo?

http://www.censurati.it/index.php?q=node/3597Per contattare Sandra Alvino :
Email: aitfirenze@tiscalinet.it
Cellulare : 347 30 86 110
www.adamoeva.info
http://
fonte:http://www.adamoeva.info/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=1298
“Poiché non sono mai stata considerata donna, né dalle istituzioni pubbliche, né dalla Chiesa, rigetto il documento che all’anagrafe mi definisce tale e voglio che mi si chiami Sandro. Il documento anagrafico non mi è servito che a subire un grave danno psicologico. Non desidero più essere derisa e umiliata, essere considerata un soggetto pericoloso e non poter avere nemmeno la patente di guida”.

“tutti i sindaci-sceriffo che puniscono l’accattonaggio, e programmano pene e provvedimenti contro chiunque cerchi di risolvere il proprio disagio economico in modo pacifico, limitandosi a chiedere solo la solidarietà del prossimo. Recentemente ho dovuto rinunciare, malgrado la mia invalidità al 100% al mio assegno di accompagnamento. Con mio marito adesso dobbiamo vivere con 600 euro al mese. Chiedo quindi il diritto di sopravvivere con le elemosine del mio prossimo, sperando che almeno da loro arrivi quella solidarietà che le istituzioni mi negano. Altrimenti con mio marito e con le persone che vivono in condizioni ancora peggiori delle nostre, decideremo di lasciarci morire di fame. Pubblicamente”.

“Con il suo gesto Alvino afferma ed evidenzia un gravissimo stato di emergenza delle persone transessuali e transgender in Italia. Un’emergenza che punta diritta alla ormai sempre più difficile autosussistenza”.

"Sono assolutamente contro questa parata perché è solo un brutto spettacolo delle eccentricità. Sono stanca di essere considerata uguale a loro perché non è cosi. Loro chiedono l’orgoglio, ma sono le prime a discriminarsi da sole mettendosi in ridicolo. Hanno fatto uno scempio di tutto quello per il quale io, e tutte le altre trans ‘storiche’, abbiamo lottato per anni. Non hanno nulla da reclamare perché non hanno mai portato avanti le nostre richieste. Si sono dimenticate delle nostre battaglie e della nostra storia e hanno messo in ridicolo la figura del transessuale".

"Negli anni ’60 ci siamo battute per dimostrare che eravamo donne e non uomini o vie di mezzo. Il 14 aprile del 1982 abbiamo ottenuto la legge 164, secondo la quale il giudice può disporre una ‘rettificazione di attribuzione del sesso’ e riconoscerti di sesso femminile anche se sei nato di sesso maschile. Oggi sto lottando ancora, ma contro il fatto di essere accomunata ai trans che si spogliano per strada e che si prostituiscono. Ho pubblicato un libro, ho scritto al presidente della Repubblica, ho chiesto aiuto al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e ho chiamato al telefono Vladimir Luxuria la quale, nonostante io l’abbia attacata, mi è stata ad ascoltare. Le ho chiesto di fare del Gay pride una opportunità per ricordare la storia e le battaglie portate avanti da noi e non un carnevale".

Sandra “Jovanka” Alvino, Il volo

La mia vita: ieri uomo, oggi donna, storia di metamorfosi e di lotta.

"Ero un uomo e adesso sono una donna". In questa breve affermazione è condensata la storia di Sandra Alvino e tutta la sua fatica (dalla prefazione di Don Luigi Ciotti).
Il racconto di una vita intensa, vissuta combattendo per divenire ciò che lei sa e si sente di essere.
Un resoconto minuzioso e appassionante della storia del volo di Sandra verso la sua terra promessa, che più volte sprofonda all’inferno e si scontra con la durezza degli uomini e del mondo, ma che non molla e finalmente raggiunge il luogo che desiderava.
La veridicità e l’asprezza del racconto di Sandra rendono la lettura piena di stimoli e spunti su cui riflettere, soprattutto raccontandoci un po’ delle persone che ci vivono accanto e che troppo spesso, per le tante barriere mentali e culturali, stentiamo a conoscere.






fonte:http://ilrestodelcarlino.ilsole24ore.com
fonte:http://www.adamoeva.info/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=1298
fonte:www.adamoeva.info
fonte:http://firenze.repubblica.it
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Commenti

Anonimo ha detto…
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