"Caino", Saramago di nuovo alle prese con Dio

di MICHELA GUIDA


"Quando il signore, conosciuto anche come dio, si è accorto che a Adamo ed Eva, perfetti in tutto quello che si mostrava alla vista, non gli usciva una parola dalla bocca né emettevano un semplice suono, non ebbe altra scelta che irritarsi con se stesso, dato che non c'era nessun altro nel giardino dell'eden a cui dare la colpa della gravissima mancanza...".

Inizia così il nuovo romanzo José Saramago nel quale assistiamo ad una nuova incursione nella Bibbia e che si intitola Caino, un'opera nella quale in Nobel portoghese fa una revisione dell'Antico Testamento. Caino è la reinterpretazione del primo fratricidio tramandato dalla Bibbia: Caino, primogenito di Adamo ed Eva che uccide il fratello Abele. Lo stesso autore, noto per il suo ateismo e dopo essere stato accusato più volte di antisemitismo, commenta così le scritture: "Mi risulta difficile comprendere come il popolo ebraico abbia scelto per testo sacro l'Antico Testamento. È un tale miscuglio di assurdità che non può essere stato inventato da un uomo solo. Ci vollero generazioni e generazioni per produrre questa mostruosità". Il romanzo, in cantiere da anni ma scritto in soli quattro mesi, arriva nel mese di ottobre nelle librerie di Spagna, Portogallo e America Latina; in Italia dovremo ancora attendere.

Dopo la prima occhiata al Nuovo Testamento del Vangelo secondo Gesù Cristo nel 1991, romanzo che fece crescere la sua popolarità in tutto il mondo, Saramago va più indietro nel tempo e alle radici della storia del cristianesimo offrendo una visione eterodossa e affrontando il tema di Dio e delle sue creature.

"Dio, il demonio, il bene, il male, tutto è nella nostra testa, non in cielo o all'inferno, anche questi inventati da noi. Non ci rendiamo conto, che avendo inventato Dio, ne diventiamo immediatamente schiavi". Questa è una delle riflessioni che lo scrittore ha fatto sul suo nuovo libro. La reinvenzione storico-letteraria è caricata della sottile e elegante ironia tipici dello stile di Saramago, con una storia che va oltre il mero fatto narrato dalla Bibbia e arrivare al tema eterno: credere o non credere in un essere supremo. Il libro arriva a trattare anche questioni come la religiosità, il potere e la tirannia, l'esistenza o meno del destino e il suo senso e molte altre domande che si presentano nella visione eterodossa di José Saramago.

Lo scrittore ormai ottantaseienne, malgrado la sua lunga malattia, che lo ha portato a un passo dalla morte, non ha affatto cambiato idea su religione e il suo credo: "Premettendo che Dio non esiste, se pure mi fosse apparso, che cosa gli avrei dovuto chiedere? Che mi prolungasse la vita? Moriremo quando dovremo morire. Mi hanno salvato i medici, mi ha salvato Pilar, mi ha salvato il cuore eccellente che ho ancora, nonostante l' età. Tutto il resto è letteratura, e della peggiore".

Il nuovo romanzo dell'autore lusitano promette clamore e polemiche, come ormai ogni sua opera: come quando uscì in Portogallo il Vangelo, nel 1991, il governo gli impedì di concorrere al Premio Europeo di Letteratura.

fonte:http://www.agenziaradicale.com/index.php?option=com_content&task=view&id=8984&Itemid=58

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