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mercoledì 28 ottobre 2009

Darianna Saccomani: Riflessioni a voce alta


C'è rabbia, molta rabbia: la si legge ovunque e la si coglie in ogni messaggio; c'è paura e la si vede nel volto delle persone T che lottano quotidianamente per affermarsi socialmente, per trovare il loro spazio di "normale diversità" nella società. Un senso generale di sbandamento e di voglia di reagire, di fare resistenza ad un "qualcosa" che chiamiamo transfobia e che rivendichiamo.
Il fattaccio Marazzo ci implica e ci sta ponendo in una situazione di agitazione, ma per cosa? Cosa effettivamente sta generando questa "rabbia" e questa "paura"?
Si scivola quasi automaticamente in una sorta di "distinguo", tesi a togliere dal pastone mediatico chi non appartiene a certe situazioni; transessuale, transgender, travestiti ... con il grido "diverso" cerchiamo tutte di toglierci da quell'equazione che vuole mediaticamente e socialmente "trans=prostituta", semmai con belle aggettivazioni provenienti da ambienti GLB. Un gioco perverso a tirarsi fuori, dove sembra frantumarsi anche quel minimo di "solidarietà" che dovrebbe esserci nel riconoscimento di far parte - tutte e tutti - della stessa situazione, di vivere tutte e tutti lo stesso problema. Si, oggi si deve avere il coraggio di parlare del nostro "problema", perché essere "T" è diventato oggi un problema ed un problema serio. Oggi è più che mai importante comprendere che quando si parla di "T" si parla di tutte e tutti, si elimina nei fatti tutte quelle sottili differenze e diversità. Si parla di noi, noi tutte e tutti!
Ma cosa ci fa arrabbiare? Cosa mi fa arrabbiare? Cosa ha agitato la mia nottata e mi lascia lo stomaco sottosopra?
Che nella realtà T ci sia la prostituzione è un fatto e non può essere negato. Quantificarlo? Forse è possibile, nella girandola dei numeri viene il mal di testa. Quante siamo? Se è vero che nasce una persona T ogni 4000 individui, noi in Italia siamo circa 15.000 soggetti; se è vero che insieme alla persone T che provengono dall'estero possiamo arrivare ad essere circa 20.000, qual è l'incidenza della prostituzione sulla base di questi numeri? Genericamente viene fatto il numero di 3000 persone T che si prostituiscono, cioè sarebbero il 15% della popolazione T complessiva. Tanto, tantissimo! quasi il triplo della percentuale delle donne non transessuali che si prostituiscono! Il problema c'è e va affrontato sul piano dell'inserimento lavorativo, del superamento del pregiudizio sociale eccetera. Sicuramente non va affrontato enfatizzando la differenza ed i distinguo con le "rispettabili" persone T che non si prostituiscono.
Questo è un primo problema, che deve essere affrontato in termini chiari, sereni, non demagoci, non strumentali, senza enfatizzazioni. Appare evidente che se noi parlando di lavoro che ci viene negato continuiamo a portare avanti l'argomento che l'alternativa è la prostituzione, stiamo sbagliando argomento, stiamo stigmatizzando noi stesse. Il problema è vero, ma il come lo poniamo è, evidentemente, sbagliato. Dobbiamo trovare una formula diversa, poiché l'assenza di lavoro non è la prostituzione, ma la disoccupazione (ad esempio), così come la prostituzione può essere (e spesso lo è) una soluzione alla disperazione. Ma tutto questo va chiarito, va distinto, va impostato in un piano programmatico politico di linguaggio e di priorità. Dobbiamo uscire dallo schema che ci hanno imposto e che ci impongono a livello di linguaggio. Il linguaggio è "politica" come bene ha espresso Celeste!
Ma cosa ci fa arrabbiare? Gli scandali politici legati al sesso, Marazzo, Sirchia, Lapo, Berlusconi, l'ex deputato UDC, eccetera sono tutti scandali politici legati al sesso, tutte le argomentazioni poste dai media e dai politici sono legate ad una concezione maschista del fatto, ma con una differenza? Quale? Tutte le persone coinvolte in questi scandali sono state oggetto di morbosità da parte dei media, qualcuna ci ha pure giocato nella speranza di averne dei vantaggi ulteriori, ma ... c'è il "ma" che fa rabbia. Per una donna non transessuale nessuno si è andato a preoccupare di chiamare sessuologi o psichiatri o sociologi per andare a cercare malamente di comprendere il perché. Si è parlato di prostituzione, se si è o non è pagato la prestazione e chi l'avrebbe pagata. Ma la questione è rimasta nella logica del tradimento coniugale nella logica maschista di una relazione sessuale extra coniugale. Tutto questo non è stato quando si è trattato di persone T, li si è andati a cercare questioni psicologiche, droga, sociologiche e quant'altro. Perché? Una persona ha un rapporto sessuale extra coniugale, per un qualsiasi motivo, e non si capisce il perché per una donna non transessuale la questione è una scappatella, per una donna trans diventa una aberrazione, una devianza, un problema sociologico, psicologico e via discorrendo.
Questo è l'elemento che fa rabbia? A me si! Questo è l'elemento.
Allora, secondo punto, qual è lo stereotipo che i media stanno inculcando socialmente? Come ci si difende da questo? Come si può interagire? quali strategie e quali possibilità possiamo mettere in campo in relazione a questo aspetto? La nostra presentazione sociale può avere una proposizione diversa dall'attuale e, quindi, più inerente alla dimensione della persona e non di pregiudiziali di ogni tipo? Sfida notevole, ma questo deve essere un punto sul quale si deve trovare una linea comune, una sfida che riguarda tutte e tutti, anche quelle persone T che se né sentono escluse perché ritengono di essere pienamente inserite ed accettate. Riguarda tutte e tutti, e si deve trovare una via d'uscita, una proposta o più proposte che diventino piattaforma di azione e di chairificazione.
Mi fermo qui.

FONTE:http://www.facebook.com/share.php?u=http%3A%2F%2Fwww.vanessamazza.org%2F&t=Vanessa+Mazza++transessuali+%2C+transgender+%2C+glbt#/note.php?note_id=163823984682&ref=mf

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