di Vanessa, persona trans e attivista
C’è un momento in cui le parole istituzionali smettono di essere fredde. Quando nominano l’ingiustizia, quando rompono il silenzio, quando proteggono chi è vulnerabile, la parola pubblica diventa gesto politico. È successo in Brasile, con l’intervento del Ministro Alexandre de Moraes, che ha definito “politica dello struzzo” il tentativo di censurare l’educazione alla diversità di genere nelle scuole.
Ma questa non è solo una notizia brasiliana. È una ferita globale. In ogni Paese — incluso il mio, l’Italia — la discussione sul genere viene distorta, ridotta, strumentalizzata. Si confonde l’educazione di genere con l’identità di genere. Si insinua che parlare di rispetto significhi imporre un cambiamento. Si finge di proteggere i bambini, mentre li si priva degli strumenti per comprendere se stessi e gli altri.
📚 Di cosa parliamo quando parliamo di “educazione di genere”?
Parliamo di strumenti per leggere il mondo. Di parole per nominare la violenza, per riconoscere che esistono corpi, desideri, identità che non rientrano nei binari imposti. L’educazione di genere non è un’“ideologia” da temere, ma un antidoto alla paura, all’odio, all’ignoranza.
Non si tratta di “insegnare ai bambini a cambiare genere”. Si tratta di insegnare il rispetto. Di dire che esistono bambine con il cuore azzurro e bambini con le unghie rosa. Che nessuno merita di essere insultato, picchiato, escluso per come si sente o si mostra.
⚖️ La sentenza che rompe il silenzio
La Corte Suprema brasiliana ha dichiarato incostituzionali le leggi municipali che vietavano l’insegnamento del genere nelle scuole. Un atto di giustizia, in un Paese che da sedici anni è il primo al mondo per omicidi di persone trans e travestiti.
“Non possiamo dire ai bambini che esistono solo maschi vestiti d’azzurro e femmine vestite di rosa, e poi accettare che la violenza contro la comunità LGBT aumenti del 1000% ogni decennio.” — Alexandre de Moraes
Il Ministro ha denunciato l’ipocrisia di una società che tollera il discorso d’odio online, ma censura l’educazione che potrebbe prevenirlo. Ha detto ciò che molti tacciono: non si può più fingere che le persone trans non esistano. Anche tra i bambini. Anche tra chi siamo statə.
🌍 Una crociata globale contro la libertà dei corpi
Judith Butler, in un recente articolo pubblicato su Internazionale, denuncia una nuova ondata repressiva che attraversa gli Stati Uniti e l’Europa. L’“ideologia di genere” è diventata un nemico immaginario, utile a giustificare politiche autoritarie e a consolidare il potere. Butler parla di una vera e propria “crociata” contro la libertà sessuale e di genere, orchestrata da governi che vogliono smantellare i diritti civili conquistati con decenni di lotte.
“L’impressione è di uno stato che si autoamplifica, deciso a sconfiggere i princìpi del diritto e a testare i limiti del potere autoritario.”
Questa offensiva non è solo culturale: è giuridica, educativa, mediatica. Si traduce in leggi che censurano, in programmi scolastici svuotati, in piattaforme digitali che amplificano l’odio. Eppure, come ci ricorda Butler, la resistenza è possibile. E parte dalla parola. Dalla visibilità. Dall’educazione.
💔 Il silenzio non è neutro
Io sono una persona trans. E so cosa significa crescere senza parole per dirsi. So cosa vuol dire cercarsi nello specchio e non trovare nulla. So cosa vuol dire essere invisibile, e poi punita per essersi mostrata.
Il silenzio non è neutro. È un’arma. È una complicità. È una forma di cancellazione.
Ma io non ci sto. E non sono sola. Siamo sorelle, fratelli, alleatə, educatori, attivistə. Siamo una comunità che non si accontenta della sopravvivenza. Vogliamo vita piena, visibile, degna.
🌈 Educare è un atto d’amore
Parlare di genere a scuola non è un pericolo. È una promessa. È dire: “Ti vedo. Ti rispetto. Hai diritto di esistere.” È costruire un mondo dove nessunə debba più nascondersi per essere amato.
Io continuerò a scrivere, a parlare, a lottare. Perché chi verrà dopo di me trovi già le parole. Perché ogni bambino possa crescere sapendo che il proprio corpo, la propria voce, la propria verità meritano ascolto.
Non si può più fingere. E io non fingerò mai.
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