Afhanistan, la guerra alle donne Stupro diffuso e impunito

Di Cristiana Cella

I suicidi delle donne per sfuggire alla violenza, la fuga per andare as scuola, il sogno di ottenere giustizia. Ai racconti dell'inferno femminile in Afghanistan riportiamo fatti e in quale scenario si consuma la tragedia.

Lo Stupro. E’ molto diffuso, in tutti i segmenti della popolazione. Le vittime hanno tra i 7 e i 30 anni, ma i dati non sono accessibili perché i casi non vengono quasi mai denunciati. È un disonore per la famiglia che ricade interamente su chi subisce la violenza. Cercare giustizia, per una donna, significa spesso subire ulteriori violenze, essere accusata di adulterio (zina) e arrestata.
Lo stupro all’interno del matrimonio non è mai considerato. Le donne sono a rischio di stupro nelle loro case, nell’ambiente sociale, per strada, mentre vanno al lavoro o a scuola. Le donne sole sono sempre in pericolo.
L’impunità per lo stupro è quasi totale. Lo stesso Presidente Karzai ha perdonato nel 2009 due membri di una gang, colpevoli di stupro su una ragazzina. Nel vuoto del sistema legale, in molte province vige la legge tradizionale, sempre più radicale, feroce nei confronti delle donne. Le soluzioni proposte per rimediare a uno stupro sono queste: matrimonio con lo stupratore, riparazione in denaro, accusa di adulterio alla vittima e relativa condanna, uccisione della vittima come “delitto d’onore” per cancellare l’offesa.
Pochi sono i dati disponibili su questi omicidi. Più frequenti nelle aree rurali e nel sud est del paese (96 casi riferiti agli investigatori nel 2008, 35 nel 2009). Il numero è evidentemente molto più alto. La maggior parte di questi crimini non viene alla luce. L’impunità per i colpevoli di violenza è più comune della condanna ed è correlata alle protezioni politiche del colpevole.(39%)



Dal Rapporto HRW (Human Rights Watch), luglio 2010
Minacce e intimidazioni verso le donne che lavorano e partecipano alla vita pubblica. Donne parlamentari, membri del consiglio provinciale, poliziotte, donne che lavorano per le organizzazioni internazionali (compreso l’ONU), donne che lavorano per le ONG, donne impegnate in assistenza umanitaria e nell’affermazione dei diritti delle donne, attrici, cantanti, giornaliste televisive, sono continuamente minacciate e aggredite da talebani, comandanti locali religiosi e tradizionali, dalle loro stesse famiglie e comunità e anche dalle autorità governative.

Minacce di morte:
Telefoniche.
Lettere della notte (minacce di morti orribili per la donna e per i suoi familiari, scritte e recapitate da talebani e estremisti di Hezb-e-Islami, nelle zone sotto il loro controllo.)
Insulti e pedinamenti per strada
Attacchi e distruzioni dei loro uffici e delle loro case.
Calunnie per rovinarne la reputazione all’interno della comunità.

Aggressioni fisiche
Attentati alla loro vita sono molto frequenti. Ad esempio: Malalai Joya, parlamentare, attaccata fisicamente nell’aula del Parlamento (2006), estromessa dal suo ruolo (2007), minacciata, è sfuggita a diversi attentati, per avere contestato in Parlamento i “Signori della Guerra”. Vive sotto scorta ed è costretta a cambiare casa tutte le notti.

Omicidi.
Ad esempio: Malalai Kakar, alto ufficiale di polizia a Kandahar, uccisa nel settembre 2008. Era a capo di una squadra di poliziotte che indagavano sulla violenza domestica. Sitara Achakzai, membro del Consiglio Provinciale, che incoraggiava le donne a combattere per i propri diritti, a Kandahar, uccisa nell’Aprile 2009 Zakia Zaki, giornalista radiofonica e insegnante, a Parwan, uccisa nel giugno 2007, dopo aver ricevuto molte minacce di morte. Giugno 2009. Narges, ostetrica, unico operatore sanitario nel distretto di Golestan, nella provincia di Farah, uccisa con il marito e il figlio.
Nessuno di questi omicidi è stato perseguito.

Alcune donne minacciate, sono costrette a ritirarsi nelle case, abbandonando il loro posto nella società, molte altre continuano a combattere, nonostante tutto, e con gravi rischi personali, per il proprio ruolo, per la giustizia e per i diritti delle donne. Liberare le donne afghane dal burqa era la missione di tutto l’occidente nel 2001. Oggi, il burqa è la principale protezione che rimane alle donne. Dietro la griglia di stoffa si nasconde la paura. E non basta un gesto della mano per liberarsene.

Le donne in Parlamento
La quota delle parlamentari donne è del 25%, una delle più alte al mondo. In apparenza una grande conquista, ma in pratica, qual è il peso delle donne in Parlamento? “Un peso molto scarso purtroppo” dice Malalai Joya, parlamentare, espulsa nel 2007 dal Parlamento per la sua opposizione ai “Signori della guerra”, oggetto di numerosi attentati, oggi una delle figure più rappresentative della lotta per i diritti umani in Afghanistan, insignita di molti riconoscimenti internazionali.” La maggioranza ha solo un ruolo simbolico, “di facciata”. Sono diverse tra loro. Ci sono le donne dei fondamentalisti che si comportano come loro. Una mia collega, in Parlamento, mi ha detto:”Se non stai zitta ti faccio quello che nessun uomo avrebbe il coraggio di farti!”Altre decidono di compromettersi con il governo per vivere tranquille, sono spaventate. Poi ci sono le democratiche ma sono molto poche. I democratici in Parlamento si possono contare sulle dita di una mano. Chi non obbedisce e decide di dire la verità viene minacciato e aggredito com’è successo a me. Per questo, troppo spesso, sono silenziosi.”

Fonte;http://www.unita.it/news/mondo/102032/afhanistan_la_guerra_alle_donne_stupro_diffuso_e_impunito

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