La Corte europea dei diritti dell'uomo: «No al crocefisso nelle aule scolastiche»


Il ricorso presentato da un'italiana di origine finlandese. Gelmini: «È un simbolo della nostra tradizione»

La Corte europea dei diritti dell'uomo:
VENEZIA - La presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce «una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni» e una violazione alla «libertà di religione degli alunni». Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo accogliendo il ricorso presentato da una cittadina italiana. Il giudice Nicola Lettieri, che difende l'Italia davanti alla Corte di Strasburgo, ha reso noto che il governo italiano ricorrerà contro la sentenza. Se la Corte accoglierà il ricorso, il caso verrà ridiscusso nella Grande Camera. Qualora non dovesse essere accolto, la sentenza diverrà definitiva tra tre mesi, e allora spetterà al Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa decidere entro sei mesi, quali azioni il governo italiano deve prendere per non incorrere in ulteriori violazioni. Il Vaticano assume invece una posizione attendista: «Dobbiamo valutare la sentenza».

LA RICORRENTE - Lei è Soile Lautsi Albertin, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 aveva chiesto all'istituto comprensivo statale Vittorino da Feltre di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocefissi dalle aule in nome del principio di laicità dello Stato. Dalla direzione della scuola era arrivata risposta negativa e a nulla sono valsi i successivi ricorsi della Lautsi. A dicembre 2004 il verdetto della Corte Costituzionale, che ha bocciato il ricorso presentato dal Tar del Veneto. Il fascicolo è quindi tornato al Tribunale amministrativo regionale, che nel 2005 ha a sua volta respinto il ricorso, sostenendo che il crocifisso è simbolo della storia e della cultura italiana e di conseguenza dell'identità del Paese, ed è il simbolo dei principi di eguaglianza, libertà e tolleranza e del secolarismo dello Stato. Nel 2006, il Consiglio di Stato ha confermato questa posizione. Ma ora la storia si ribalta: i giudici di Strasburgo, interpellati dalla Lautsi nel 2007, le hanno dato ragione, stabilendo inoltre che il governo italiano dovrà versarle un risarcimento di cinquemila euro per danni morali. Si tratta della prima sentenza della Corte di Strasburgo in materia di simboli religiosi nelle aule scolastiche.

LA SENTENZA - «La presenza del crocefisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche - si legge nella sentenza dei giudici di Strasburgo - potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso. Avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione». Tutto questo, proseguono, «potrebbe essere incoraggiante per gli studenti religiosi, ma fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose o sono atei». Ancora, la Corte «non è in grado di comprendere come l'esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di una società democratica così come è stata concepita dalla Convenzione europea dei diritti umani, un pluralismo che è riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana». I sette giudici autori della sentenza sono Francoise Tulkens (Belgio, presidente), Vladimiro Zagrebelsky (Italia), Ireneu Cabral Barreto (Portogallo), Danute Jociene (Lituania), Dragoljub Popovic (Serbia), Andras Sajò (Ungheria), e Isil Karakas (Turchia).

VATICANO, DOBBIAMO VALUTARE SENTENZA - Il Vaticano vuole leggere la motivazione, prima di pronunciarsi sulla sentenza della Corte europea di Strasburgo. «Credo che ci voglia una riflessione, prima di commentare», ha detto padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede. Ha aggiunto monsignor Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti: «Preferisco non parlare della questione del crocefisso perché sono cose che mi danno molto fastidio».

COMMENTI - Il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini (Pdl): «La presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo, ma è un simbolo della nostra tradizione». Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc: «È la conseguenza della pavidità dei governanti europei, che si sono rifiutati di menzionare le radici cristiane nella Costituzione europea. È il segno dell'identità cristiana dell'Italia e dell'Europa». Paola Binetti (Pd): «Spero che la sentenza sia semplicemente orientativa, che si collochi cioè nel rispetto delle credenze religiose». Il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia (Lega): «Mi schiero con chi si sente offeso da una sentenza astratta e fintamente democratica e che offende i sentimenti dei popoli europei nati dal cristianesimo». Raffaele Carcano, segretario nazionale dell'Unione degli atei e degli agnostici razionalisti: «Un grande giorno per la laicità italiana. Siamo dovuti ricorrere all`Europa per avere ragione, ma finalmente la laicità dello Stato italiano trova conferma». Piergiorgio Bergonzi, responsabile scuola dei Comunisti italiani: «È un forte monito per riaffermare il valore della laicità della scuola e dello Stato». Alessandra Mussolini: «A questo punto è urgente e necessario inserire le radici cristiane nella Costituzione italiana». Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista: «Esprimo un plauso per la sentenza: uno Stato laico deve rispettare le diverse religioni, ma non identificarsi con nessuna». Vincenzo Vita (Pd), vice presidente della commissione Cultura del Senato: «La sentenza non delegittima la religione cattolica, ma la riconsegna a una spiritualità che non ha bisogno di simboli esibiti in luoghi non adibiti al culto».

fonte http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2009/3-novembre-2009/corte-europea-diritti-uomo-no-crocefisso-aule-scolastiche--1601949633889.shtmlvia il crocefisso dalle aule (archivio)

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