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mercoledì 14 gennaio 2009

Violenza razzista in Russia


Tagichi, uzbechi, e poi armeni, azeri, kirghizi. Sono le vittime, almeno 86 solo nel 2008, della violenza razzista in Russia.

È un fenomeno che le associazioni per la difesa dei diritti umani denunciano da anni, ma che il Cremlino ha troppo spesso trascurato. I bersagli dell'odio di skinhead, militanti dell'ultradestra e gruppi ultraortodossi sono gli immigrati dell'Asia centrale e del Caucaso: i neri, i cërnye, la componente non slava della società russa, considerata, dopo la disgregazione dell'Urss, elemento di disturbo all'interno di un'identità nazionale aggressiva ed escludente.

Essenziali in settori come l'edilizia e il piccolo commercio, i gastarbeiter sono stati spesso il capro espiatorio di campagne di odio da parte di partiti e gruppi politici, ultimi i giovani putiniani di Molodaja Gvardia, che a dicembre hanno manifestato a Mosca per chiedere l'espulsione della metà degli stranieri dal paese.

Invocata con gran sfoggio di retorica da parte di Putin, una vera reazione da parte delle istituzioni non c'è ancora stata, anzi. A dicembre i membri di una banda responsabile della morte di venti lavoratori centrasiatici hanno ricevuto pene lievissime, mentre il Cremlino – riferisce l'agenzia Regnum.ru – si è limitato a promuovere una rivista dedicata all'immigrazione e a mettere a punto dei badge elettronici per controllare gli immigrati residenti a Mosca.

Intanto la crisi sta spingendo centinaia di migliaia di stranieri a tornare a casa, proprio mentre – ironia della sorte – sono sempre di più i giovani laureati russi che scelgono di lasciare il paese per andare a lavorare in occidente.

Secondo il quindicinale Novaya Gazeta, negli ultimi anni sono stati non meno di 450mila: un'emorragia gravissima per un paese che cerca di uscire da una complessa crisi politica ed economica.-Andrea Pipino

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