Eritrea, fuga di squadra dal regime


È la terza volta che membri della formazione approfittano di una trasferta per scappare

Da Massimo A. Alberizzi

NAIROBI — A Nairobi è impossibile rintracciare dodici giocatori della nazio­nale di calcio eritrea che si sono rifiuta­ti di tornare nel loro Paese dopo una partita per un torneo organizzato dalla Cecafa, la lega che comprende le nazio­ni dell’Africa orientale e centrale. Gli at­leti se la sono svignata e si sono com­pletamente dissolti nella capitale kenio­ta, ospiti di amici o parenti, o comun­que di altri dissidenti che hanno pensa­to di lasciare il Paese più repressivo di tutta l’Africa e rifugiarsi all’estero. E’ la terza volta che la nazionale eritrea, invi­tata a qualche competizione internazio­nale, rifiuta di tornare in patria. In Eritrea nessuno ha dato la notizia. Nel Paese, infatti, non esistono giorna­li liberi e i giornalisti (quelli che eserci­tavano questo mestiere seriamente) so­no stati messi in galera o sono scappati all’estero.

Gli organi di stampa sono strettamente controllati dal regime. L’Eritrea occupa l’ultimo posto nella classifica della libertà di stampa in Afri­ca. I calciatori si sono resi irreperibili (a tal punto che neppure la polizia kenio­ta sa dove siano finiti) dopo la partita con la Tanzania persa per 4 a 0 e quindi l’esclusione dal torneo. In un primo tempo il regime di Asmara aveva nega­to la fuga. Ma lo stesso segretario della Cecafa, Nicholas Musonye, aveva con­fermato la notizia: «L’accompagnatore della squadra ha aspettato invano al­l’aeroporto, i calciatori non si sono pre­sentati. Alla fine il jet è partito senza di loro». «Neanch’io so dove siano finiti — ha aggiunto —. Non so neppure se intendono restare qui o lasciare il Ken­ya. Abbiamo comunque avvisato le au­torità della loro scomparsa. La federa­zione calcio eritrea ha fatto il possibile per far partecipare i ragazzi al torneo. Loro probabilmente avevano idee di­verse ».

Solo dopo la conferma della Cecafa, il ministro dell’informazione eritreo, Ali Abdu, ha dovuto ammettere la fu­ga. «Non è una buona notizia — ha di­chiarato alla Bbc —, ma comunque se decideranno di rientrare in patria rice­veranno un caloroso benvenuto, sebbe­ne l’abbiano tradita. Questa è la loro ca­sa dove possono tranquillamente vive­re e lavorare». La proposta è stata accolta con una clamorosa risata dagli ambienti della diaspora eritrea in Kenya, tutti dissi­denti, scappati con fughe spesso ro­cambolesche. «Chi torna in Eritrea fini­sce direttamente in galera o in campo di rieducazione — racconta Ghirmai, uno di essi —. Il regime non perdona. Molti di noi sono fuggiti per non finire ammazzati o torturati». L’Eritrea è il Paese africano dove la repressione è più feroce. Il suo presi­dente, Isayas Afeworki, negli anni 70 e 80 era considerato un sincero combat­tente per la libertà. Una volta al potere si è trasformato in feroce dittatore. Nel Paese non esiste la costituzione, né giornali liberi. Sono vietati i partiti poli­tici e tutti devono fare un servizio mili­tare dalla durata illimitata. La paranoia dei dirigenti è tale che le spie e i tradito­ri sono visti ovunque. Il 18 settembre 2001 sono stati arre­stati ministri e gli alti funzionari del go­verno che avevano «osato» criticare la mancanza di libertà e che avevano chie­sto democrazia e giustizia. Accusati di tradimento, finiti in un gulag senza la­sciare traccia. Mentre erano stati tutti eroi della guerra di indipendenza con­tro l’Etiopia. Tra loro Petros Solomon, ex capo dell’intelligence, e Hailè Wol­densaye (detto Duro), ex ministro de­gli esteri. L’Onu ha denunciato che migliaia di persone scappano ogni mese dal Paese. Molti dei profughi, dopo un viaggio in­fernale, arrivano sulle coste del Medi­terraneo e si imbarcano sulle carrette del mare per raggiungere l’Italia. Il regi­me nega ma basta andare in Sudan, a Kassala, e avvicinarsi al confine con l’Eritrea. Nonostante la frontiera sia controllatissima, è sufficiente che pas­sino 5 minuti e qualche profugo arriva. Pronto a raccontare la sua storia stra­ziante, terribile e dolorosissima.

malberizzi@corriere.it

fonte:http://www.corriere.it/esteri/09_dicembre_16/alberizzi-fuga-squadra-eritrea_5a7f1b50-ea0e-11de-8d37-00144f02aabc.shtml

Commenti

carlos ha detto…
bene viva la fuga dal dittatore

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