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mercoledì 30 dicembre 2009

TRANSESSUALE SUICIDA GIORNO DI NATALE NEL CIE DI MILANO: AVEVA DENUNCIATO IL SUO SFRUTTATORE. ERA CONTINUAMENTE MINACCIATA. IN ITALIA PER QUESTO SI E’

Interrogazione parlamentare dei deputati radicali – pd INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA Al Ministro dell’Interno

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA Al Ministro dell’Interno

Per sapere - premesso che:

secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, una transessuale brasiliana, Santos Da Costa, nome d’arte Leona, di anni 24, si è impiccata nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Via Corelli (Milano) nel primo pomeriggio del giorno di Natale;

Leona aveva denunciato, alcuni mesi fa, il suo sfruttatore ai poliziotti, facendolo arrestare dagli agenti senza però ottenere alcun permesso di soggiorno per motivi di giustizia, sicché da allora viveva costantemente minacciata dal fratello dello sfruttatore, il quale le aveva promesso la morte non appena la stessa avesse fatto ritorno in Brasile;

secondo quanto riferito da alcune prostitute brasiliane, Leona avrebbe ricevuto l’ultima minaccia di morte sul telefonino il 20 dicembre u.s., proprio pochi istanti dopo essere stata condotta nel CIE di Via Corelli;

sembra che la presenza di Leona in Italia non fosse ritenuta strettamente necessaria ai fini dell’indagine, sostenuta da altre numerose prove;

un'altra transessuale brasiliana trattenuta in Via Corelli ha dichiarato che “l’idea di tornare in Brasile sconvolgeva Leona. Era giovane, era la prima volta che veniva arrestata. Era terrorizzata dall’idea di venire ammazzata di botte da quello che la sta aspettando in Brasile. Prima di ammazzarsi ha chiesto alle guardie un tranquillante, ma non glielo hanno dato. Alcuni piangono. Sembrano terrorizzati. Dicono tutti di aver visto il corpo di Leona morta impiccata al termosifone della cella, il cappio fatto con un copriletto di cotone. Dicono pure di aver visto le guardie scherzare davanti al suo cadavere, senza alcun rispetto”;

la morte di Leona è il secondo suicidio avvenuto in un Centro di Identificazione ed Espulsione dall’inizio dell’anno e un’altra morte sospetta è stata registrata nel CIE di Roma;

sulla vicenda è intervenuto anche l’Osservatorio sulle morti in carcere (sostenuto da Radicali Italiani, associazione “Il detenuto Ignoto”; “Antigone”; “A Buon Diritto”, “RadioCarcere” e “Ristretti Orizzonti” che lancia l’allarme sui decessi nei CIE, dove, si ribadisce, non si è formalmente detenuti senza però godere delle garanzie vigenti nelle carceri”:-

se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

per quali motivi non sia stato concesso a Santos da Costa il permesso di soggiorno per motivi di giustizia;

per quali motivi la transessuale Leona sia stata espulsa dall’Italia nonostante la stessa fosse continuamente minacciata di morte dal fratello del suo sfruttatore che lei stessa aveva denunciato e fatto arrestare;

se intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di appurare se nei confronti della transessuale morta suicida nel CIE di Via Corelli siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza da parte del personale del Centro;

quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre i decessi, i suicidi e gli atti di autolesionismo che annualmente si consumano all’interno dei Centri di Identificazione ed Espulsione.

I deputati radicali - Pd:

Rita Bernardini, Marco Beltrandi, Maria Antonietta Farina Coscioni, Matteo Mecacci, Maurizio Turco, Elisabetta Zamparutti


fonte:http://www.certidiritti.it/tutte-le-notizie/543-interrogazione-parlamentare-radicali-su-suicidio-transessuale.html

Sfregi con la svastica alla mostra dei trans


torino

Una svastica e altri simboli nazisti sono comparsi ieri mattina sulla foto della «Immacolata concezione» esposta nella mostra sulla visibilità dei transessuali «Generi di prima necessità», che occupa con i suoi colorati pannelli una fettina di via Lagrange. «Un atto vigliacco e inutile i cui responsabili speriamo siano accertati, ma che arriva dopo le parole di un politico della PdL, Ravello, e la polemica scatenata dalla destra» dicono dal coordinamento Torino Pride Lgbt curatore dell’esposizione. Lo sfregio sembra più il gesto del o dei soliti «scemi del villaggio» più che un atto d’odio mirato. Da non sottovalutare e comunque da stigmatizzare in un momento in cui come ricordano i curatori della mostra «c’è un clima di intolleranza verso le persone transessuali che pervade il nostro Paese. Noi la consideriamo una tragedia che avviene nel silenzio generale perchè le persone trans sono considerate cittadini di serie Z».

fonte:http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/110592/

Grazie Rita, grazie Agedo


Lettera aperta alla Befana

Carissima Befana scrivo a te perché sei donna una di quelle donne che non ha bisogno di passare molto tempo in palestre e cliniche estetiche, perché tu sei quello che vuoi essere una portatrice di doni; ti scrivo a nome della mia associazione AGEDO, per chiederti un dono difficile, forse addirittura impossibile quello di far arrivare questo mio povero scritto il più in alto possibile, perche io e la mia associazione non abbiamo una grande voce in capitolo, non uffici stampa potenti non soldi per comprare una pagina su un giornale per dire a chi guarda ma non vede che noi genitori siamo molto preoccupati per queste morti continue nel mondo delle transessuali; si noi genitori perché anche i trans anche se incredibile hanno dei genitori che soffrono e si preoccupano ma che a volte non hanno la forza di uscire allo scoperto.

Cara Befana, guardando la televisione in questi giorni ho fatto delle riflessioni; se invece di Piazza San Pietro una signora un po’ entusiasta 2010 anni fa sarebbe corsa ad abbracciare Gesù li in Palestina , Lui non sarebbe caduto sotto il peso dei suoi paramenti, non sorretto da quel bastone pastorale che dovrebbe reggere gli affanni del mondo!

Gesù forse, anzi sicuramente si sarebbe fatto abbracciare e poi non avrebbe ignorato nei suoi discorsi il destino dei suoi fratelli e sorelle transessuali, morti nell’inferno di celle mostruose o ritrovate sul greto di un fiume in un sacco di spazzatura.

I nostri figli non sono immondizia, i nostri figli non sono di serie A, B oppure nel caso delle o dei trans di serie Z.

Gingilli di divertimento per facoltose e insospettabili persone quando diventano scomod* si cancellano perché tanto nessuno l* reclama.

Noi invece genitori Agedo reclamiamo; per piacere che qualcuno ci dica che fine hanno fatto e perché scompaiono i nostr* figli, perché nessun velo di pietà e di amore li ammanta dopo la morte o ancor meglio nella loro difficile vita.

Allora carissima Befana affido questa lettera a Facebook che dicono sia più veloce della tradizionale scopa e se qualcuno che legge può far arrivare in alto questo nostro messaggio lo faccia perché quelli che per l’opinione pubblica sono “ i trans per noi sono semplicemente figl*

Grazie Rita De Santis presidente Nazionale AGEDO

fonte:http://www.facebook.com/notes/fabianna-tozzi-daneri/grazie-rita-grazie-agedo/230851246555#/notes.php?id=1402608884

martedì 29 dicembre 2009

Prime Nozze Gay In Argentina


Alla fine Alex Freyre e José María Di Bello (in foto) si sono sposati e sono diventati la prima coppia gay latinoamericana ad aver contratto matrimonio.
Come ricorderete Gabriela Seijas, giudice della capitale argentina a Buenos Aires, li aveva autorizzati a sposarsi e il matrimonio era stato annunciato per il 1 dicembre.
Ma il governatore di Buenos Aires, Mauricio Macri, all’ultimo momento, ha deciso di sospendere il tutto e attendere una sentenza del Tribunal Supremo.
Alex e José María non si sono fatti intimidire e ieri pomeriggio si sono sposati nella provincia della Terra del Fuoco, a Ushuaia, con tanto di autorizzazione della Governatrice Fabiana Ríos – che già in precedenza si era espressa pubblicamente in favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Le nozze tra José (41 anni) e il suo partner Alex (39 anni), si sono celebrate ad Usuahia, nell’estremo sud dell’Argentina.
Gli avvocati cattolici sono andati su tutte le furie, ma la decisione della governatrice Fabiana Ríos non ha fatto altro come eseguire la sentenza di un giudice, aprendo, così, la strada ai matrimoni gay in Argentina.
”Sappiamo di aver ispirato molte coppie gay e lesbiche”, ha dichiarato Alex Freyre, che ha sottolineato che non avevano intenzione -lui e il suo compagno- di fermarsi di fronte ad un rifiuto.
“Siamo certamente emozionati per il significato che questo ha per i gay e le lesbiche di tutta l’Argentina“, ha aggiunto il neo-marito. Una storia commovente, alla cui base c’è sempre l’amore… "Da qui, dalla fine del mondo – o dal suo inizio – vogliamo essere un lume di speranza per tutti. Non abbiamo reso pubblica la cosa al fine di evitare garbugli legali che ci avrebbero impedito di sposarci, come già accaduto lo scorso primo dicembre".


29/12/09 14:44
Olga Iacuaniello

fonte:http://www.notiziarioitaliano.it/italia/mondo/27692/prime-nozze-gay-in-argentina.html

Identificata trans morta ad Ostia: era brasiliana


Aveva 31 anni, era conosciuta come 'Giovanna': all'anagrafe era Fernandes Carlos Eduardo

Roma – Nell’ambiente era conosciuta come ‘Giovanna’, ma il suo nome all’anagrafe era Fernandes Carlos Eduardo, aveva 31 anni ed era brasiliana. Sono queste le generalità della trans trovata morta il giorno di Santo Stefano in un canneto di Ostia Antica. In Italia non aveva permesso di soggiorno e aveva preso in affitto un appartamento di Ostia. Il cadavere era chiuso in un sacco della spazzatura ed in avanzato stato di decomposizione: proprio la data della morte, risalente a diverse settimane fa, non annulla l’ipotesi che ci possano essere dei legami tra questa morte e quella di Brenda, la trans coinvolta nel caso Marrazzo.

L’identificazione del cadavere è stata possibile grazie al frammento di un’impronta digitale: i Ris di Parma sono poi risaliti al nome.




Domenico D'Alessandro


fonte:http://www.voceditalia.it/articolo.asp?id=43822&titolo=Identificata%20trans%20morta%20ad%20Ostia%20era%20brasiliana

Non cala la tensione nel Cie di via Corelli transessuale inghiotte alcune monete

Dopo la trans brasiliana suicidatasi a Natale, un altro caso di autolesionismo al Centro di identificazione ed espulsione
di Sandro De Riccardis
Il Cie di via Corelli
Una trans di 22 anni detenuta nel Cie di via Corelli ha inghiottito ieri alcune monete, si è sentita male e sabato sera, intorno alle 20.30, è stata trasferita con urgenza al Niguarda. Dopo le prime cure, le sue condizioni non sono apparse gravi, anche se il personale sanitario della Croce Rossa ha riscontrato un forte stato di depressione, tale da rendere incompatibile il suo ritorno nel Centro di identificazione di via Corelli.

Dopo il caso della trans trovata impiccata nella sua cella a Natale, il rischio è che altri ospiti possano portare a termine gesti disperati. Reazioni che seguono la decisione di dieci giorni fa del ministero dell’Interno di intensificare i controlli nei confronti dei viados e che ha portato all’allestimento di una sezione solo per ospiti transessuali anche in via Corelli.

Cinque stanze per venti posti, che al momento sono per oltre la metà vuote. «In questo periodo ci sono state retate da parte delle forze di polizia nelle zone frequentate da trans extracomunitarie — denuncia l’organizzazione per i diritti umani Everyone — . Quando non hanno il permesso di soggiorno vengono condotte nei Cie, dove rimangono fino a sei mesi in condizioni disumane e a rischio di abuso, mentre viene negato l’ingresso alle associazioni umanitarie. Occorrerebbe invece tutelarle, anche dopo le aggressioni e i casi di decessi che diventano sempre più frequenti».

fonte:http://milano.repubblica.it/dettaglio/non-cala-la-tensione-nel-cie-di-via-corelli-transessuale-inghiotte-alcune-monete/1814620

lunedì 28 dicembre 2009

Urgente tutelare trans legate a personalità in vista e a rischio ritorsioni

Roma/trans uccisa, Gruppo EveryOne: “Urgente tutelare trans legate a personalità in vista e a rischio ritorsioni”
“Il cadavere di una trans, rinvenuto dalle autorità in un sacco della spazzatura su una sponda del Tevere a Ostia Antica, propone ancora, tragicamente, domande inquietanti riguardo alla situazione di pericolo in cui versa oggi la comunità transgender, dopo lo scandalo che ha rivelato intrecci pericolosi fra politica e criminalità” affermano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti dell'organizzazione per i diritti umani Gruppo EveryOne.

“Chi sa o muore, o è costretto a fuggire alla chetichella, oppure a tacere, raggiunto da intimidazioni e minacce gravi. La condizione delle persone trans straniere e senza permesso di soggiorno è ancora più grave,” continuano gli attivisti, “perché ai pericoli derivanti da possibili scandali sessuali, con coinvolgimento di politici e autorità, si aggiunge la loro condizione di 'invisibili', una condizione creata dal famigerato pacchetto sicurezza.

Il suicidio della persona trans 34enne, verificatosi il giorno di Natale nel Cie di via Corelli a Milano, è il più recente tassello di un disegno preoccupante, che pone la comunità transgender in uno stato di ansia e pericolo; ma i casi che autorità e media hanno fino a oggi sottovalutato sono decine”, spiegano Malini, Pegoraro e Picciau. “Basti pensare alle aggressioni violentissime di persone trans avvenute a Roma il 15 ottobre scorso, agli innumerevoli atti di intemperanza e violenza contro la comunità transgender, fino al duplice omicidio di Gianguarino Cafasso, protettore di prostitute trans, e della povera Brenda, colpevole di conoscere e frequentare nomi molto in vista”.

Attivisti del Gruppo EveryOne e di altre organizzazioni umanitarie stanziati a Milano, Roma e in altre città italiane segnalano in questo periodo retate da parte delle autorità nelle zone frequentate da persone trans extracomunitarie. “Quando non hanno il permesso di soggiorno,” raccontano i rappresentanti di EveryOne, “vengono caricate su cellulari e condotte nei Centri di identificazione ed espulsione, dove rimangono fino a sei mesi, in condizioni disumane e a rischio di abuso, mentre i centri negano l'ingresso alle associazioni umanitarie che vorrebbero offrire loro solidarietà e assistenza. In particolare a Roma, dove è esploso qualche tempo fa il caso Marrazzo, sembra quasi che si cerchi di far piazza pulita, per quanto riguarda le trans”.


Il Gruppo EveryOne fa notare che nessun programma di assistenza e nesun numero verde è stato istituito per consentire alle persone trans che conoscono gli intrecci fra politica e criminalità di essere tutelate; al contrario, in Italia vengono intimidite e ammazzate senza che nessuno alzi un dito. E' importante” concludono i presidenti dell'organizzazione, “che Marrazzo e gli altri politici coinvolti parlino e comunichino alle autorità i nomi di chi potrebbe essere mandante degli omicidi (di Brenda e del caso di oggi, risalente almeno a un mese fa) ovvero dei politici che frequentavano le vittime.

E' importante che si isituiscano forme di tutela per le persone trans che possono aiutare le autorità a identificare i mandanti e gli esecutori, con programmi di protezione, e che si sospendano le retate, che ottengono il solo sciopo di allontanare tanti potenziali testimoni”.


Nella foto, Brenda, la trans legata a potenti assassinata a Roma
http://www.unita.it/news/italia/93084/viado_si_suicida_in_carcere_denunci_sfruttatore


Milano, nel giorno di Natale, una persona trans si è suicidata


December 26, 2009,
di Vale Angelini e Mirella Izzo

Genova, 26 dicembre 2009. Ieri, nel giorno di Natale, una persona transessuale di nazionalità brasiliana, entrata domenica scorsa nel Centro di Identificazione ed Espulsione di via Corelli a Milano, si è impiccata usando un lenzuolo.


Nonostante il tempestivo allarme, dato da un detenuto i soccorsi non sono riusciti a rianimarla in tempo. Quella di ieri è l’ennesima vittima dell’indifferenza e di una politica che cavalca la paura del diverso.

In un paese dove si contano continui attacchi alla libertà di genere, in cui la Lega rifiuta qualsiasi legge contro transfobia e omofobia, in cui il cardinale Barragan dichiara che trans e omosessuali non entreranno mai nel regno dei Cieli, è quasi impossibile per una persona transessuale vivere una vita normale: Ce lo raccontano Michelle di Giulianova, suicidata nel marzo scorso perché la vita era ormai per lei insopportabile, o la piccola Noemi, suicidatasi 2 anni fa, perché a 16 anni, per essere recuperata, era stata assegnata ad un centro d’accoglienza e costretta a convivere con 35 ragazzi nordafricani. Serie ricerche dimostrano che il 33% delle persone transessuali, a causa della discriminazione, sono a rischio suicidio. L’Italia è il primo Paese europeo per discriminazioni, morti e violenze transfobiche: un terribile primato che rende le persone transessuali e transgender cittadini vulnerabili ed esclusi.

Da un monitoraggio sui CIE di tutta portato avanti dal Gruppo EveryOne è emerso che i suicidi (tentati o riusciti), specie tra immigrati transessuali e transgender, sono in costante aumento e che ciò che si sta consumando nei Centri di Identificazione ed Espulsione altro non è che un dramma umanitario. Sono il clima politico, l’isolamento sociale, ma sopratutto l’assenza di leggi e la totale refrattarietà alle problematiche di genere che incessantemente aumentano il disagio delle persone transgender.

L’associazione di volontariato Crisalide PanGender, auspica in un profondo esame di coscienza di Governo e Parlamento, al fine di varare presto leggi che rispettino le varianti di genere sia in carcere, sia nei centri di Identificazione ed Espulsione, ma anche nella vita di tutti i giorni, al fine di interrompere rapidamente questa spirale di violenza.


Crisalide PanGender, inoltre, intende sollecitare - insieme al Gruppo EveryOne - gli Uffici dell’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani e dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati. Affinché la doppia condizione di discriminazione relativa alle persone immigrate transgender vengano portate all’attenzione della Corte Europea di Giustizia.

Crisalide PanGender

Vale Angelini (consigliere Direttivo)
Mirella Izzo (presidente)


Infoline: 320-8748419 (Mirella Izzo)
www.pangender.it

fonte:http://www.eCentro di Identificazione ed Espulsione di via Corelliveryonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/12/26_Ieri_a_Milano%2C_nel_giorno_di_Natale%2C_una_persona_trans_si_e_suicidata.html

transessuale brasiliana detenuta senza reato, si è impiccata nel Cie di via Corelli a Milano


December 27, 2009,

di
Paolo Persichetti, Liberazione


«Dai suoi capelli sfilo le dita/quando le macchine puntano i fari/sul palcoscenico della mia vita/dove tra ingorghi di desideri/alle mie natiche un maschio s’appende/nella mia carne tra le mie labbra/un uomo scivola l’altro si arrende».

Scorreva così, «sotto le ciglia degli alberi», nel chiaroscuro dei viali milanesi, la vita di Carlos S., transessuale brasiliana di 34 anni. Fino a domenica 20 dicembre, quando è rimasta impigliata in una retata della polizia, un tempo si sarebbe detto della “buon costume”. Carlos, non conosciamo il nome che si era scelta, era sprovvista dei documenti necessari per la sua permanenza in Italia. Per questo è stata fermata e poi deportata insieme con altri viados nel Cie di via Corelli. Di umiliazioni, dolore e discriminazioni, lei, come le altre, ne aveva conosciute e sopportate tante. Non l’ultima però.


Non la degradazione e l’abisso dei “campi di concentramento” di cui sono disseminate le democrazie occidentali. Non questi luoghi dove vige lo stato d’eccezione, dove si è sottoposti a “detenzione amministrativa”, una coercizione dei corpi che l’ipocrisia di Stato non ha saputo nemmeno designare con un nome. Altrove sono stati coniati singolari neologismi. I francesi meno restii nel riconoscere esplicitamente il ricorso all’eccezione, parlano di rétention per distinguerla dalla detenzione.

Campi di permanenza temporanea dove una persona straniera in situazione amministrativa irregolare è trattenuta a forza in attesa di “identificazione ed espulsione”, come recita l’ultima dizione legislativa. Luoghi vuoti di diritto, buchi neri che hanno ridotto a un colabrodo le nostre democrazie tanto decantate. In uno di questi recinti Carlos ha smesso di mescolare «i sogni con gli ormoni». L’ultima fermata è arrivata il giorno di Natale. L’hanno trovata appesa ad un lenzuolo, intorno alle 15.30, quando il resto del Paese era seduto attorno a tavole imbandite di cibo, panettoni e spumante.

Carlos se n’andava per fuggire all’orrore di una prigionia senza reato, di una punizione senza colpa, se non quella di esistere, di voler essere donna. Se n’è andata liberandosi anche di quel corpo che l’aveva imprigionata ad una identità sessuale che non era sua. «Il 33% delle persone transessuali sono a rischio di suicidio a causa della discriminazione che subiscono», hanno spiegato in un comunicato Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, responsabili di EveryOne, associazione per i diritti umani.

Nonostante ciò, prosegue sempre il testo del comunicato, «i transessuali vengono rinchiusi nei Cie, che sono vere e proprie carceri. L’Italia è il primo Paese europeo per discriminazioni, morti e violenze transfobiche: un terribile primato che rende le persone transessuali e transgender cittadini vulnerabili ed esclusi». «L’Italia sta violando i diritti umani senza porsi il problema del rimedio», sottolinea Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone che annuncia come già mille detenuti, da agosto ad oggi, abbiano chiesto il sostegno dell’associazione nella procedura di ricorso alla Corte europea dei diritti umani contro le condizioni di vita che sono costretti a subire negli istituti di pena italiani.

«Mille richieste di indennizzo, dunque, contro lo Stato italiano – spiega Gonnella – per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, quello che vieta le torture e le pene inumane o degradanti». Situazione che ha spinto EveryOne ha sollecitare gli uffici dell’Alto commissario Onu per i diritti umani e dell’Alto commissario Onu per i rifugiati affinché la discussione sulle gravi violazioni dei diritti fondamentali perpetrate dal sistema carcerario e dalle politiche anti-immigrazione portate avanti dall’Italia venga sottosposta all’attenzione della Corte internazionale di giustizia, principale organo giudiziale delle Nazioni unite.

Proprio a partire da quest’ultima vicenda, “l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere” ha ritenuto opportuna la creazione di un’apposita “Sezione” per il monitoraggio dei decessi che avvengono in situazioni di privazione o limitazione della libertà personale al di fuori del sistema penitenziario. Nella società odierna si può essere privati della propria libertà senza per questo ritrovarsi in carcere. Il carcere diffuso rappresenta ormai una tendenza sempre più affermata. Fuori dalle mura di cinta delle prigioni ci sono i Cie, le camere di sicurezza delle questure e delle stazioni dei carabinieri; esiste poi un’area penale esterna che avviluppa in una sorta di “blindato sociale” la vita di centinaia di migliaia di persone sottoposte a misure alternative e di prevenzione; ci sono inoltre le case lavoro e gli Opg e infine i Tso, i trattamenti sanitari obbligatori.

Ogni morte, violenza o discriminazione subita da persone private della libertà all’esterno del carcere sfugge alle statistiche. Il rischio è che quanto avviene in queste zone dove vige uno stato di diritto attenuato, per non dire inesistente, resti confinato in un cono d’ombra al riparo dalla percezione pubblica. «Nei centri di identificazione ed espulsione (ex Cpt), come pure nelle “camere di sicurezza” delle questure e delle caserme – afferma il comunicato stampa diffuso ieri dall’Osservatorio – le persone non sono “detenute”, quindi paradossalmente possono risultare meno tutelate rispetto a chi entra nel circuito penitenziario (regolato da un apparato normativo che prevede anche una serie di “strumenti di garanzia” per i detenuti)».

Nelle tabelle rese note il suicidio di Carlos è il secondo che avviene in un Cie dall’inizio dell’anno, oltre ad un decesso per “causa da accertare” nel Cie di Roma. Nel 2008 nei Cie si sono registrati due morti per malattia, mentre nel 2007 altri 3 suicidi (di cui 2, nel Cie di Modena, a distanza di un solo giorno l’uno dall’altro). Per quanto riguarda le persone “fermate” e poi morte nelle Questure, “l’Osservatorio” ha raccolto informazioni su tre decessi avvenuti tra il 2007 e il 2008 nella questura di Milano e altri due avvenuti nella questura di Roma nel 2002.

fonte:http://www.everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/12/26_Ieri_a_Milano%2C_nel_giorno_di_Natale%2C_una_persona_trans_si_e_suicidata.html

mercoledì 23 dicembre 2009

Dico regionali, esultano le associazioni gay e lesbiche: "Parlamento prenda esempio"

BOLOGNA - Dopo Toscana e Liguria, varando una legge anti-discriminazioni che eroga servizi a tutte le convivenze, a pochi mesi dalle elezioni l'Emilia-Romagna si guadagna il plauso della comunita' Lgbt. "E' la terza Regione ad affermare un principio di uguaglianza di questo valore nell'offerta dei servizi di competenza regionali", dichiara il presidente nazionale Arcigay, Aurelio Mancuso aggiungendo che "il Parlamento non puo' rimanere immobile di fronte a queste svolte che stanno cambiando il nostro Paese, regione dopo regione, ma dovrebbe cogliere il messaggio di dignita' e laicita', dando tutele e pari diritti a tutte le persone lgbt italiane".

Mancuso sottolinea anche che la decisione presa nell'Assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna arriva "dopo il tentativo senza successo delle gerarchie cattoliche di precludere questo importante traguardo di civilta' e democrazia. Con questa legge il presidente Errani e la maggioranza che governa la Regione hanno dato un segnale chiaro e forte di laicita' e comprensione della realta' sociale di tutte le famiglie".

Festeggia la decisione della Regione anche l'Arcigay-il Cassero di Bologna. E anche sotto le Due Torri si sottolinea che il voto "arriva dopo un inedito ed infruttuoso pressing dell'Arcivescovo Carlo Caffarra che in una lettera aperta al presidente Errani aveva tentato di precludere ai nostri territori questo importante traguardo di civilta' e democrazia, meta che da tempo ci viene indicata dall'Unione europea".

Marcella Di Folco, presidente del Mit (Movimento Identita' transessuale) dice: "Finalmente la Regione Emilia-Romagna ha recuperato il senno". Sottolinea anche che il voto riguarda anche il divieto di discriminazione anche per orientamento sessuale e identita' di genere e questo "fa onore alla giunta e alla maggioranza guidata da Errani e riporta la nostra regione al ruolo di faro nazionale nel saper affrontare con cognizione di causa e con spirito fortemente civile, laico e democratico, le sfide che i cambiamenti e l'evoluzione sociale continuamente ci pongono".

Quasi lirico il commento di Elisa Manici, presidente di Arcilesbica Bologna: "Nell'oscurita' in cui versa il nostro paese in quasi ogni campo del vivere civile, dalla parita' di diritti fra diverse tipologie di cittadini, alla liberta' di potersi esprimere e autorappresentare senza condizionamenti, un raggio di luce arriva dal nostro consiglio regionale. C'e' ancora motivo di essere orgogliose di vivere in

Emilia Romagna".

Per Emiliano Zaino, presidente di Arcigay Cassero Bologna, "i richiami al Trattato di Lisbona in materia di non discriminazione nei confronti di persone con ogni orientamento sessuale e identita' di genere sono un successo importante per la nostra Regione". Soddisfazione anche per l'associazione radicale di Bologna "Giorgiana Masi".


fonte:http://www.romagnaoggi.it/forli/2009/12/23/147133/

Messico: capitale apre a nozze gay Anche in Argentina campagna per via libera matrimoni omosessuali


CITTA' DEL MESSICO - Città del Messico è da oggi la prima città dell'America Latina ad aver approvato il matrimonio tra omosessuali: è il risultato di una serie di cambiamenti nel codice civile approvato dall'assemblea legislativa della megalopoli latinoamericana. Con 39 voti a favore, 20 contro e 5 astensioni, la 'Asemblea legislativa' della capitale ha dato via libera alle modifiche nella normativa, dopo quanto deciso nel 2007, quando la stessa assemblea approvò le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Nel mondo, solo alcun Paesi (Belgio, Canada, Spagna, Norvegia, Sudafrica, Svezia e Olanda) permettono i matrimoni omosessuali, oltre che alcune città degli Stati Uniti, ricordano i media locali.

I cambiamenti approvati oggi devono ancora avere il via libera dell'esecutivo della città e non contemplano d'altra parte l'adozione di figli da parte di coppie dello stesso sesso, aggiungono i media sottolineando la forte opposizione a quanto deciso dai legislatori da parte della Chiesa cattolica messicana. Commentando il voto di oggi, il promotore dell'iniziativa, il deputato David Razù, ha precisato che "ogni uomo e donna ha diritto di sposarsi liberamente, senza alcuna restrizione sulla base del proprio orientamento sessuale". "Per molti secoli - ha aggiunto - leggi ingiuste hanno proibito i matrimoni tra bianchi e neri, o tra indios ed europei. Ora tutte queste barriere non ci sono più, e rimane in piedi un unico ostacolo: proprio quello contro il quale abbiamo votato oggi". Del tema di matrimoni tra omosessuali si è parlato negli ultimi giorni anche in un'altra grande capitale latinoamericana, Buenos Aires, dove lo scorso primo dicembre erano in programma quelle che sarebbero state le prime nozze gay dell'intero continente. La cerimonia tra Alex Freyre e José Maria Di Bello é però saltata all'ultimo momento, dopo l'intervento della magistratura locale, che ha accolto il ricorso di un privato cittadino. In questi ultimi giorni, gli attivisti gay hanno lanciato in Argentina una campagna proprio per superare gli ostacoli posti dalla giustizia, e permettere così il matrimonio tra omosessuali.

fonte:http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2009/12/21/visualizza_new.html_1648176813.html

Bologna, marito cambia sesso il Comune cancella il matrimonio

di VALERIO VARESI


Bologna, marito cambia sesso il Comune cancella il matrimonio

Alessandra Bernaroli

BOLOGNA - Il Comune che li ha uniti in matrimonio, ora vorrebbe dividerli tra l'imbarazzo dei funzionari e l'incombere di quella che potrebbe diventare una "querelle" politica. È lo strano caso di una coppia bolognese sposata dal 2005 con rito religioso e civile. Nella storia di questa coppia "lui" diventa "lei" trasformando un tradizionale rapporto uomo-donna in un'unione fra persone dello stesso sesso. Terreno minato per il comune di Bologna dopo le fresche polemiche tra il presidente della Regione Vasco Errani e l'arcivescovo delle due torri Carlo Caffarra sull'apertura del welfare emiliano-romagnolo anche "alle altre forme di convivenza". Per giunta, nel mezzo di un'altra bagarre suscitata da una pattuglia di gay che ha bussato alla porta del sindaco Flavio Delbono chiedendo di potersi sposare.

"Siamo la prima coppia di donne regolarmente unita in matrimonio ma non siamo gay" precisa Alessandra Bernaroli, 38 anni, transessuale bolognese. "La transessualità è una patologia clinica ben definita che si distingue dal travestitismo e dall'omosessualità". La disputa col Comune comincia nello scorso novembre quando la signora, dopo che il tribunale sancisce il cambio di sesso, chiede all'anagrafe la carta d'identità modificata. Il funzionario dello stato civile tentenna accorgendosi che il mutamento finisce per configurare un matrimonio tra donne. Alla fine il documento viene rilasciato di fronte a un'ordinanza dello stesso tribunale, ma l'ulteriore richiesta di uno stato di famiglia viene bloccata. In Comune si accorgono con un certo sconcerto che rilasciare quel documento vorrebbe dire sancire ufficialmente un matrimonio tra persone dello stesso sesso. Così viene stampato uno stato di famiglia in cui le due donne risultano di fatto separate pur abitando nello stesso appartamento. Un vero paradosso legal burocratico.

"Il comune ci ha divise commettendo un abuso d'ufficio, vale a dire un atto privo di giustificazioni giuridiche" si arrabbia la signora Bernaroli. "In più commette anche un falso materiale attestando una divisione che, nei fatti, non esiste. Al contrario, noi siamo tuttora unite in matrimonio, non abbiamo intenzione di divorziare e non mi risulta che esista nessuna legge che proibisca le nozze fra persone dello stesso sesso e imponga un divorzio d'ufficio". A parte le questioni normative e morali, lo strano caso delle due donne sposate, sta creando problemi di tipo fiscale. "Come possiamo fare a compilare la denuncia dei redditi visto che l'appartamento e la macchina sono cointestati e il coniuge risulta a mio carico?" chiede Bernaroli. La questione potrebbe finire in tribunale se il rompicapo non verrà sciolto. La signora, un impiego alla banca popolare dell'Emilia Romagna dov'è segretario generale della Fisac Cgil, ha già interessato del caso Ivan Scalfarotto, la Cgil nuovi diritti e il capogruppo bolognese del Pd in Consiglio comunale, nonché ex presidente Arcigay, Sergio Lo Giudice. "Andrò fino in fondo - promette Bernaroli più che mai combattiva - perché il Comune non può dividere la mia famiglia. Io e mia moglie non abbiamo niente da nascondere, siamo contente così. Capisco che il sindaco si rifiuti di sposare due gay, ma non può sciogliere ciò che è unito".
"Per anni - racconta la signora bolognese - ho represso la mia vera natura e appartenendo a una famiglia cattolica molto severa, ho fatto finta di essere un uomo dedicandomi al culturismo e andando con le ragazze".

fonte:http://www.repubblica.it/2009/12/sezioni/cronaca/cambio-sesso/cambio-sesso/cambio-sesso.html

lunedì 21 dicembre 2009

LA POPOLAZIONE EUROPEA DICE NO AI MINARETI

LA POPOLAZIONE EUROPEA DICE NO AI MINARETI
Società(21/12/2009) - Il 29 novembre scorso il 57,5% degli svizzeri ha approvato la messa al bando di nuovi minareti sul suolo della Svizzera. Un “Si” massiccio, appena quattro dei 26 cantoni del Paese di 7,7 milioni di abitanti hanno bocciato l'iniziativa anti-minareti: Ginevra, Basilea città, Neuchatel e Vaud. Altrove ha ovunque vinto i sì all'iniziativa con percentuali significative, come in Ticino (68,09%), e punte oltre il 70% ad Appenzello interno. Il “no” ai minareti non è un “no” al diritto di preghiera per i musulmani, ha esplicitamente affermato il parlamentare Oskar Freysinger dell'Unione democratica di centro, tra i promotori del referendum. «Il divieto dei minareti rappresenta un messaggio. La società civile vuole mettere un freno agli aspetti politico-giuridici dell'islam», ha detto Freysinger. Il risultato del referendum è stato criticato da molti, il premier turco Recep Tayyip Erdogan, a capo dell’AKP, partito islamico-moderato Giustizia e Sviluppo, ha pronunciato parole dure contro il referendum, definendo il risultato "il riflesso di un'ondata di razzismo e di estrema destra in Europa". Ma anche il governo elvetico e la conferenza episcopale elvetica che imbarazzata per il “no” ai minareti, esprime delusione e crede che questo risultato aumenta i problemi della coabitazione tra religioni e culture. Mons. Felix Gmur, segretario della Conferenza Episcopale svizzera, ha affermato che i vescovi elvetici non sono "per niente contenti" del voto dei loro concittadini e che «il Concilio Vaticano II dice chiaramente che è lecita per tutte le religioni la costruzione di edifici religiosi, e anche il minareto è un edificio religioso». Ancora una volta in Europa troviamo: da una parte i leader “illuminati”, dall'altra il popolo “bue” egoista e che pensa solo alla pancia. L’establishment da una parte, gli svizzeri dall’altra, scrive Paolo Del Debbio su Il Giornale. Ma gli svizzeri non sono contro i musulmani. Si affretta a scrivere Andrea Holzer su L'Occidentale del 11.12.09. Loro, infatti, raramente si mettono contro qualcosa o qualcuno e il caso del referendum non fa eccezione. Hanno scoperto che i minareti di mezza Europa stanno diventando simboli politici in cui gli Imam radicali predicano la supremazia morale e politica della loro religione. Gli Svizzeri sono contro la segregazione sociale dei gay, la condanna morale degli ebrei e l’annichilimento di ogni altra religione. Sono contro le bombe umane, l’infibulazione, la lapidazione e la limitazione dei diritti e della libertà delle donne, in una parola: sono contro la Sharia. L'indizione del referendum sembrava una scampagnata di qualche esaltato, di una ristretta minoranza di scalmanati che, a detta dei più, non sarebbe andata da nessuna parte. Invece da nessuna parte è andato tutto quell’establishment che era contro coloro che non volevano più minareti in Svizzera. (Paolo Del Debbio, E' una lezione, la gente non ascolta i salotti ma la propria paura, 30.11.09 Il Giornale). Una vittoria significativa per Vittorio Messori, su un territorio dove i campanili delle chiese cattoliche come quelli dei templi protestanti hanno sempre contrassegnato gli scenari urbani come i romantici paesaggi montani(...) una sorta di compendio, di sintesi della storia e della cultura europea, piantata nel cuore del Continente, dove fa convivere le due grandi radici, la latinità e il germanesimo, ha detto no. No alla convivenza esplicita, avvertibile già a colpo d’occhio, della croce con la mezzaluna, del campanile con il minareto. Le bianche montagne, le verdi vallate, i laghi azzurri non hanno nulla a che fare con i deserti e le steppe da cui spuntarono i maomettani, tante volte contenuti a suon di spada (e le milizie elvetiche fecero la loro parte) e che ora muovono silenziosamente ma implacabilmente a una nuova conquista, varcando le frontiere spesso in modo abusivo. (Vittorio Messori, Così si scoprono le radici cristiane e la nostra cultura, 30.11.09 Corriere della Sera) Nel no ai minareti c'è qualcosa di positivo per Messori, nonostante la delusione dei vescovi, innanzitutto, la riscoperta della nostra civiltà e cultura, abbandonando quell’«inspiegabile odio di sé che caratterizza da tempo l’Occidente», per usare le parole di Joseph Ratzinger quando ancora era cardinale e ricordava agli europei che nella loro storia le luci, malgrado tutto, prevalgono sulle ombre. Ma il no ai minareti riguarda solo gli svizzeri? E' stato pubblicato un sondaggio su alcuni giornali europei dove emerge chiaramente che i cittadini europei non ne vogliono sapere di fare concessioni agli islamici. In Francia, il giornale Le Monde ha fatto un’inchiesta: “Organizzare un referendum come quello della Svizzera è un segno di democrazia o di irresponsabilità? Il 61,5% ha detto che è democrazia; 33,2% ha detto che è irresponsabilità; il 5,3% senza opinione. Le Figaro, che è di destra: 77% sì al divieto; 23% no. L’Express ha fatto un’altra domanda: Se si facesse lo stesso referendum in Francia che cosa rispondeste? L’86% risponde sì, è contro i minareti; 11% no; 2% non risponde. Radio Montecarlo 83% sì; 17% no; e Soir in Belgio 63,2% si; 34% no; 2,8 senza parere.
In Spagna “Venti minutos” dà 94% di sì; 6% di no. El Mundo 79% sì; 21% no (con 25 mila intervenuti) In Germania, Die Welt online: 87% sì; 12% no; 2% non so. In Austria, Die Presse : 54% sì; 46% no. È la più bassa di tutte le inchieste. In Olanda Elzevier ha dato 86% sì; 16% no. In Italia ho visto solo “Leggo” che dà 84,4% sì; 13,6 no; 2% non so. Nando Pagnoncelli, direttore dell’IPSOS, afferma però che “in generale il tema dell'Islam e dell'immigrazione suscita preoccupazione e in alcuni casi anche allarme sociale, in quanto c'è una percezione di fanatismo”. Se ci fosse un referendum simile a quello svizzero, le voci favorevoli sarebbero largamente vincenti. E se si votasse in Italia come andrebbe a finire? In alcune regioni del Nord, Lombardia e Veneto in testa, scrive Del Debbio il risultato appare scontato, si andrebbe incontro a una evidente e schiacciante sconfitta. E nel resto d’Italia? Come al Nord. Anche se poi i benpensanti sicuramente dichiareranno che il popolo italiano è incivile e che fa prevalere lo stomaco al posto del cervello. Vedete, quando in Italia qualcuno interpreta gli umori del popolo viene immediatamente tacciato di populismo. Si dice che liscia il pelo alle peggiori pulsioni del popolo bue e che, così facendo, porta l’Italia verso il baratro, scrive Del Debbio. Tante volte, poi, alle elezioni, il popolo ha scelto questi che vengono chiamati populisti perché in essi ha trovato chi dava voce a quello che pensa, che sente, che ritiene più giusto.

DOMENICO BONVEGNA
domenicobonvegna@alice.it
fonte:http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=47896&idsezione=4

Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2009 sulla proposta di legge contro l'omosessualità in Uganda


Il Parlamento europeo ,

– visti gli obblighi e gli strumenti internazionali in materia di diritti umani, compresi quelli previsti dalle convenzioni delle Nazioni unite sui diritti dell'uomo e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, che assicurano il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e proibiscono la discriminazione,

– visto l'accordo di Partenariato tra i membri del gruppo degli stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonu il 23 giugno 2000(1) (accordo di Cotonou) e le sue disposizioni in materia di diritti umani, in particolare l'articolo 9,

– visti gli articoli 6 e 7 del trattato sull'Unione europea (TUE) e l'articolo 19 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che impegnano l'Unione europea come pure gli Stati membri ad affermare i diritti umani e le libertà fondamentali e prevedono strumenti di lotta contro la discriminazione e le violazioni dei diritti umani a livello di Unione europea,

– vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare l'articolo 21, che proibisce la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale,

– visto il complesso delle attività che l'Unione europea svolge al fine di combattere l'omofobia e la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale,

– viste le sue precedenti risoluzioni sull'omofobia, la tutela delle minoranze e le politiche antidiscriminatorie, in particolare la risoluzione del 18 gennaio 2006 sull'omofobia in Europa(2) , quella del 15 giugno 2006 sull'intensificarsi della violenza razzista e omofoba in Europa(3) e quella del 26 aprile 2007 sull'omofobia in Europa(4) ,

– vista la riunione della commissione per gli affari politici dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE svoltasi a Luanda il 28 novembre 2009,

– vista la risoluzione dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE del 3 dicembre 2009, sull'integrazione sociale e culturale e la partecipazione dei giovani,

– visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,

A. considerando che il 25 settembre 2009 il deputato David Bahati ha presentato al parlamento ugandese una proposta di legge contro l'omosessualità denominata "Anti Homosexuality Bill 2009",

B. considerando che la proposta di legge prevede l'introduzione di pene più severe al fine di criminalizzare l'omosessualità e punire con l'ergastolo o la pena di morte le persone ritenute lesbiche, gay, bisessuali o transgenere (LGBT),

C. considerando che la proposta di legge comprende una disposizione in base alla quale qualsiasi persona, anche eterosessuale, che non segnali entro ventiquattro ore l'identità di tutte le persone lesbiche, gay, bisessuali o transgenere che conosce, o che sostenga i diritti umani di persone lesbiche, gay, bisessuali o transegenere, è passibile di reclusione fino a un massimo di tre anni,

D. considerando che il progetto di legge in questione prevede l'annullamento, da parte dell'Uganda, di tutti gli impegni internazionali o regionali assunti dal paese che siano considerati in contrasto con le disposizioni di tale progetto di legge,

E. considerando che la legge è già stata condannata dal Commissario europeo De Gucht, dai governi britannico, francese e svedese, come pure dal Presidente degli Stati Uniti Obama e dal presidente e dal vicepresidente della commissione per gli affari esteri della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti,

F. considerando che il progetto di legge è stato denunciato da organizzazioni non governative di tutto il mondo e nella stessa Uganda come un grande ostacolo alla lotta contro l'HIV e l'AIDS nella comunità omosessuale,

G. considerando che in Africa l'omosessualità è legale soltanto in 13 paesi ed è un reato punibile in 38 paesi, tra i quali la Mauritania, il Sudan e la Nigeria settentrionale che prevedono per l'omosessualità addirittura la pena di morte, e che l'approvazione di una legge siffatta in Uganda potrebbe avere effetti a cascata su altri paesi africani, nei quali le persone sono o potrebbero essere perseguitate in ragione del loro orientamento sessuale,

1. sottolinea che l'orientamento sessuale è una questione che rientra nella sfera del diritto individuale alla vita privata, garantito dalla legislazione internazionale in materia di diritti umani, secondo cui l'uguaglianza e la non discriminazione dovrebbero essere promosse e la libertà di espressione garantita; condanna pertanto la proposta di legge del 2009 contro l'omosessualità;

2. chiede quindi alle autorità ugandesi di non approvare la proposta di legge e di rivedere la legislazione nazionale allo scopo di depenalizzare l'omosessualità;

3. ricorda al governo ugandese i suoi obblighi secondo il diritto internazionale e l'accordo di Cotonou, che invita al rispetto dei diritti umani universali;

4. ricorda le dichiarazioni della Commissione africana per i diritti dell'uomo e della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani secondo cui uno Stato non può, attraverso la legislazione nazionale, venir meno agli obblighi internazionali assunti in materia di diritti dell'uomo;

5. è estremamente preoccupato per l'eventualità che i donatori internazionali e le organizzazioni non governative e umanitarie debbano riconsiderare o cessare le loro attività in determinati settori se la proposta diventerà legge;

6. respinge fermamente qualsiasi iniziativa volta all'introduzione della pena di morte;

7. chiede al Consiglio e alla Commissione un intervento urgente presso le autorità ugandesi e, qualora la proposta di legge fosse adottata e si verificassero violazioni della legislazione internazionale in materia di diritti umani, di riconsiderare l'impegno nei confronti dell'Uganda, proponendo inoltre un altro paese come sede della conferenza di revisione dello Statuto di Roma in programma per il 31 maggio 2010;

8. chiede al Consiglio, alla Commissione e agli Stati membri di analizzare la situazione nei paesi terzi per quanto riguarda le esecuzioni, la criminalizzazione o la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale e di adottare misure concertate a livello internazionale per promuovere il rispetto dei diritti umani in tali paesi attraverso mezzi opportuni, inclusa la collaborazione con le organizzazioni non governative locali;

9. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Presidente della Repubblica dell'Uganda e al Presidente del parlamento ugandese.

(1)GU L 317 del 15.12.2000, pag. 3.
(2)GU C 287 E del 24.11.2006, pag. 179.
(3)GU C 300 E del 9.12.2006, pag. 491.
(4)GU C 74 E del 20.3.2008, pag. 776.

domenica 20 dicembre 2009

Avete visto la clip di Bad Love di Lady Gaga. Ho trovato questa parodia creata da una drag americana, Sherry Vine.See below.


L'India incorona la sua Miss Trans


L'India ha incoronato per la prima volta la sua transessuale più bella: il concorso si è svolto a Chennai (l'ex Madras nel sud del Paese), e vi hanno partecipato 120 concorrenti tra i 20 e i 35 anni. Al primo posto si è classificata Kareena, una modella di 25 anni, che si è conquistata il titolo di "Miss Trans". Il concorso, dicono gli organizzatori, vuole migliorare l'integrazione sessuale nel Paese.

I premi sono stati conferiti anche alle categorie di "Miss bella chioma", "Miss begli occhi" e "Miss pelle delicata". Il concorso, insieme con molte altre iniziative presentate nei mesi scorsi, è stato organizzato per migliorare l'integrazione delle minoranze sessuali in India. Nel Paese infatti la maggior parte dei transessuali vive ai margini della società.

Lo scorso novembre, al termine di una lunga campagna, gli eunuchi hanno ottenuto di poter essere riconosciuti e denominati come "altri", cioè di sesso diverso da uomini e donne, sulle liste elettorali e sui documenti d'identità.

Inoltre, a luglio, l'Alta Corte di Nuova Delhi aveva depenalizzato le relazioni tra omosessuali adulti consenzienti, dichiarando incostituzionale una legge contro l'omosessualità che risaliva all'epoca coloniale.


fonte:http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo469086.shtml

Per Thomas la meta più coraggiosa: «Sono gay»


Il nazionale gallese di rugby fa outing: ma ricordatemi solo per quello che faccio in campo

Per di più, un campione affermatosi in uno sport come il rugby, espressione ritenuta «virile» per eccellenza. Forse per questo ha atteso di avvicinarsi alla fine della sua carriera di rugby-player internazionale per togliersi un peso: «Sono gay. Ma non voglio essere ricordato come un giocatore di rugby gay. Ho attraversato ogni tipo di emozione, rabbia, disperazione e lacrime. Sono in ansia per l'effetto che questo avrà sulla mia famiglia - ha raccontato al Daily Mail - io sono un giocatore di rugby in primo luogo. Non è rilevante quello che faccio quando chiudo la porta di casa». Ex-capitano del Galles, dove il rugby è una religione, 103 Test internazionali alle spalle con la maglia dei Dragoni e con i British&Irish Lions, una carriera divisa tra Celtic Warriors, Stade Toulousain in Francia e Cardiff Blues di nuovo in Galles. Insomma, una stella del mondo ovale: «Non ho intenzione di lanciare una crociata, ma sono orgoglioso di ciò che sono. Dal rugby ho avuto tutto, spero che il mio esempio possa aprire la strada alle nuove generazioni. Per me è difficile perché sono il primo a parlare ma statisticamente è impossibile che sia l'unico nel rugby, anche se io non so di altri giocatori gay». Per anni e anni, le sue 35 primavere gli hanno permesso di essere protagonista di mille battaglie, ha combattuto su tutti i campi vincendo molto. Ieri ha segnato la meta più coraggiosa.

fonte:http://iltempo.ilsole24ore.com/sport/2009/12/20/1106714-thomas_meta_coraggiosa_sono.shtml

sabato 19 dicembre 2009

Il ritono di Lady Oscar. Un classico transgender.


"Il buon padre voleva un maschietto ma ahimè sei nata tu..." così cantavano i Cavalieri del Re e continuano a cantare ancora oggi dopo ben 27 anni dall'apparizione su gli schermi televisivi italiani della serie Lady Oscar. Primo caso transgender nella storia dei cartoon, amato da tanti ragazzini/e di allora e non solo (le insegnanti ne raccomandavano la visione per la sua valenza storica), in giappone è sempre andata in onda in versione integrale, cosa che non è accaduta lo nel nostro bel paese. Il Cartoon ha infatti subitoo censure e tagli di molte ambiguità.
Prostitute diventano mandicanti, scene di sesso e relazioni amorose omossessulai vengono tagliate o edulcorate nel doppiaggio.
Ma oggi, la Dolmen/Yamato video, propone un doppio box (40 episodi in 4 dischi, doppia opzione audio italiano e giapponese, sigla originale, schede) che sicuramente renderà giustizia alla versione originale e farà felici moltissimi degli appassionati di questo manga. Giustizia è fatta.



fonte:http://ottantallora.blogspot.com/2009/12/il-ritono-di-lady-oscar-un-classico.html

New York pensa transgender. No alla discriminazione sul lavoro, è legge.


Non ti assumo perché ti travesti
E’ ora di smetterla: basta non assumere una persona in quanto transessuale o travestito, è il momento di porre fine a questa ridicola ed ingiustificata discriminazione. A stabilirlo è stato il governatore David Paterson (nella foto) che da giovedì ha stabilito che nello Stato di New York le aziende statali non possono permettersi di fare differenze tra i candidati per l’assunzione basandosi sull’orientamento sessuale.

No alla discriminazione transgender
Il territorio che fa capo alla Grande Mela con l’Executive Order numero trenta tre fa un passo ulteriore nella lotta alla discriminazione basata “sull’identità di genere o sull’espressione” nel campo lavorativo, per quanto riguarda le aziende di competenza statale. Ora spetta all’ufficio per le relazioni e l’assunzione, ha spiegato Paterson, il compito di “sviluppare e migliorare robuste linee guida che proibiscano la discriminazione”, ci penserà la legge a farle rispettare.

L’esempio e l’orgoglio di New York
“Per generazioni New York è stato un elemento di spicco a livello nazionale nei diritti civili” ha dichiarato Paterson ammettendo però come “lo Stato sia ancora indietro nell’assicurare i diritti civili di base ai newyorkesi transgender”. Il governatore, che ha identificato il problema, ora sembra intenzionato a risolverlo, ben consapevole del grande passo che sta compiendo: “sono orgoglioso di mettere la mia firma su questa importante decisione non solo per fornire protezione lavorativa alla comunità transessuale ma anche per portare maggiore uguaglianza e diritti civili nello Stato di New York”.

Matrimonio gay: il ritorno?
Dopo che lo stato di New York ha fallito nel tentativo di approvare i matrimoni tra persone dello stesso sesso (http://www.notiziegay.com/?p=38386) , ora è proprio da Manhattan che arriva il riscatto: maggiore uguaglianza per costruire una cultura di rispetto e parità. Che si possa riparlare di matrimonio in tempi relativamente brevi non è da escludersi. (A. B.)

fonte:http://www.notiziegay.com/?p=38975

Un'estrema voglia di vivere

di Giuliana Fichera | 13/12/2009 |

Prostituzione, droga, Hiv e meditazione. L'Open Mind di Catania ha proiettato al Nievskij “Metamorfosi”, docu-drama che racconta il percorso di una persona transgender tra esperienze forti ed eccessi


La strada dell’eccesso porta al palazzo della saggezza” dice Veet Sandeh, citando il poeta inglese Blake, per spiegare che la sua visione del mondo e la consapevolezza di ciò che è derivano da esperienze ed eventi che acquistano valore in virtù della metamorfosi che hanno provocato nel suo animo. Sandeh è autrice ed interprete del docu-drama “Metamorfosi”, proiettato al Nievskij venerdì 11 dicembre dall'Open Mind di Catania, centro di iniziativa gay, lesbica, bisessuale e trans. La pellicola, prodotta dalla DWAMI Meditation Promoter, fondata nel 1998 dalla stessa autrice, ha riscosso apprezzamenti a “Divergenti”, il festival italiano su tematiche transgender a Bologna nel 2008.

“Metamorfosi” è un docu-drama autobiografico in cui Sandeh narra le fasi che hanno caratterizzato la sua trasformazione, indicando alcuni degli episodi più significativi della sua vita. Nata Gaetano Orazio Calogero, racconta di aver manifestato all’età di 17 anni l’intenzione di diventare ed essere riconosciuto dalla società come Alessia Montemezzani. Una decisione che l’ha portata alla graduale emarginazione nel lavoro e al successivo licenziamento. La prostituzione è allora diventata una scelta obbligata per la sopravvivenza e si è accompagnata all’uso di droghe, unico rifugio e consolazione in un mondo senza accoglienza né stimoli.

Queste esperienze hanno determinato l'impegno politico e sociale di Sandeh come presidente del Movimento Italiano Transessuali di Torino e responsabile Cgil dello sportello trans, per difendere e tutelare il diritto al lavoro delle persone transessuali.
Quando ha scoperto di aver contratto il virus dell’Hiv, Sandeh ha rifiutato “il ruolo di vittima che passa la vita a crogiolarsi nella sua sofferenza e che si spegne lentamente”, ha spiegato. Ha invece scelto di diventare una sorta di “guerriero di pace” che lotta per affermare la sua estrema volontà di vivere nella consapevolezza di ciò che il suo futuro le riserva: la morte.

Ma da Alessia a Veet Sandeh c'è stato un altro passaggio, un'altra rinuncia: quella al riconoscimento da parte della società, la fine dell’impegno politico, il superamento della dimensione del transgenderismo ed il raggiungimento di una condizione di vita che si esprime nella sua essenza, senza ruoli, identificazioni e determinazioni di genere.
Sandeh definisce il suo lavoro “una comunicazione cuore a cuore”, nel quale la denuncia politica e sociale si pone in secondo piano rispetto alla sua volontà di comunicare attraverso parole e immagini che le appartengono e che ne simboleggiano l’essenza. Da questo scaturisce l’attenzione per i dettagli, i colori vivaci e i suoni che ci proiettano nella sua anima che, come lei stessa afferma, “non ha identificazione religiosa e va al di là delle chiese organizzate”.

Un’artista e amante della vita che stupisce per la forza ed il coraggio con cui racconta il suo passato doloroso, Veet Sadeh conclude rivolgendo un accorato invito ad assaporare la vita e a godere del momento presente, “senza curarsi del passato e del futuro, ma vivendo nel mondo senza appartenere al mondo”.

fonte:http://www.step1.it/index.php?id=5941-un-estrema-voglia-di-vivere

Tosi umilia la coppia: "Sposarvi? Mai, neanche con la legge"


Rita e Luigia, aderendo alla campagna "Mille Chiamaprino" lanciata da Gay.it e seguendo l'esempio di tante coppie gay che in questi giorni avevano chiesto al sindaco di Verona, il leghista Flavio Tosi, di celebrare il loro matrimonio sombolico. Ottimiste, viene da pensare, dato che Tosi è lo stesso che nel 2005, partecipò ad una messa "riparatrice" di una manifestazione lgbt intitolata "Ogni cittadinanza è possibile", portando sotto la giacca la maglietta stampata per l'occasione con la scritta "Noi Giulietta e Romeo, Voi Sodoma e Gomorra, No al gay pride". Ed è lo stesso che è stato condannato per avere violato, nel 2001, la legge Mancino ai danni di cittadini di etnia Rom e Sinti. La sentenza definitiva è stata emessa nell'ottobre 2009 e Tosi è stato condannato dalla Cassazione a 4 mila euro di multa e alla sospensione per tre anni dai pubblici comizi.

Gay.it - Tosi umilia la coppia: Ma torniamo alla nostra coppia e alla loro pseranza di essere ascoltate dal Sindaco Tosi. Rita e Luigia hanno compilato, come tutte le altre coppie, l'appello di Gay.it e lo hanno inviato al sindaco che non solo l'ha ricevuta, ma ha anche risposto. "Non ho nessuna intenzione di celebrare queste nozze - risponde Tosi a stretto giro di mail -. Non hanno nessun valore legale e quindi non si può. Fine". Ma la risposta di Tosi non si limita a questo e continua: "Anche se la legge lo permettesse io quel matrimonio non lo celebrerei. Sono assolutamente convinto che l’unico matrimonio possibile sia quello tra un uomo e una donna. Del resto non lo dice solo la religione o la cultura, ma anche il buonsenso. L’unione tra due esseri ha come scopo ultimo quello della continuità della specie ed è quella l’unione che deve essere tutelata e salvaguardata dalla legge". E conclude: "Per quel che mi riguarda le coppie omosessuali possono benissimo vivere assieme, curarsi uno dell’altro, possono anche fare testamento reciproco, senza bisogno per questo di unirsi in matrimonio. Poi se si apre a un riconoscimento del genere si crea un varco a tutte le altre richieste..."

Gay.it - Tosi umilia la coppia: "Il fatto che il Sindaco di Verona abbia risposto in quel modo ad una richiesta di una coppia lesbica della sua città di essere sposata, denota il miserabile livello di inciviltà in cui versa il nostro paese - commenta Sergio Rovasio, segretario nazionale dell'associazione Certi Diritti -. Anzichè comprendere che nel 2009 la società ha una sua evoluzione e che occorrerebbe prestare attenzione a richieste di parte della popolazione, si risponde con indifferenza umiliando la coraggiosa coppia di Verona. Occorre insieme lavorare per migliorare questo degradato livello della politica di oggi, fatto di demagogia, populismo, odio e paura. Forza e coraggio, vi siamo vicini".

ìrf4Ma Rita e Luigia, rispettivamente vicepresidente Arcigay e Arcilesbica e presidente di Arcilesbica di Verona, non si arrendono e hanno indetto uno sciopero della fame contro la posizione del sindaco Tosi. E per il 14 gennaio è atteso l'arrivo di don Barbero, il contestatissimo prete vicino alle coppie gay che per le sue posizioni friendly è stato nel 2003, dimesso dallo stato clericale.

fonte:http://www.gay.it/channel/attualita/27733/Tosi-umilia-la-coppia-Sposarvi-Mai-neanche-con-la-legge.html

EST - Uganda, Certi diritti: Bene europarlamento su legge su gay


Roma, 18 dic (Velino) - L'Associazione Radicale Certi diritti si felicita per l'approvazione a larghissima maggioranza da parte del PE ieri pomeriggio della risoluzione sulla proposta di legge contro l'omosessualità in Uganda, che chiede alle istituzioni europee di adottare una politica globale sui diritti LGBT nel mondo. La risoluzione chiede alle autorità ugandesi di non approvare la proposta di legge depositata al parlamento, che prevede un inasprimento delle pene contro gli omosessuali, includendo la pena di morte e l'obbligo di denunciare alla polizia i nomi delle persone LGBT, e di rivedere la legislazione nazionale allo scopo di depenalizzare l'omosessualità. La risoluzione inoltre prende atto del fatto che in Africa l'omosessualità è legale soltanto in 13 paesi ed è un reato punibile in 38 paesi, tra i quali la Mauritania, il Sudan e la Nigeria settentrionale che prevedono per l'omosessualità addirittura la pena di morte.

Per tale motivo il PE invita il Consiglio e alla Commissione un intervento urgente presso le autorità ugandesi e chiede, qualora la proposta di legge fosse adottata, di riconsiderare l'impegno europeo nei confronti dell'Uganda, proponendo inoltre un altro paese come sede della conferenza di revisione dello Statuto di Roma in programma per il 31 maggio 2010. Il PE invita Consiglio, Commissione e Stati membri a compiere un'analisi della situazione di tutti i paesi terzi per quanto riguarda le esecuzioni, la criminalizzazione o la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale e di adottare sulla base di tale analisi misure concertate a livello internazionale per promuovere il rispetto dei diritti umani in tali paesi attraverso mezzi opportuni. Certi Diritti denuncia il fatto che tale legge sia appoggiata dai leader locali delle principali religioni, unite ecumenicamente contro i diritti delle persone LGBT. Certi diritti si felicita per l'approvazione di tale risoluzione, alla stesura della quale ha collaborato anche Ottavio Marzocchi, in qualità di collaboratore del gruppo ALDE al PE e responsabile per le questioni europee di Certi diritti.

fonte:http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=1026324