(Questa recensione di Cristina Vercillo su "Ladymen" è stata pubblicata sul Quotidiano della Calabria. Qui il comunicato stampa del libro)
«Io sono l'inverso di quello che mio padre aveva sognato per suo figlio, sono la sua figlia amata al contrario. Sono quello che straripa da una donna, solo che questa donna sono io». Vanessa Mazza, «bella e iperfemminile, tanti capelli e tante forme» spiega così il mistero dell'essere trans, uomini e donne nati in un errore genetico, un tempo bimbi privati della «fanciullesca leggerezza dell¹infanzia, pensierosi, assediati da rovelli irrisolvibili». Sente di essere una donna con la forza di un uomo, in grado di essere tante donne, «una ogni giorno della settimana», con il seno della misura che vuole e del materiale che può permettersi di pagare. Trentasei anni, italiana di origini brasiliane, non usa tecnicismi e definizioni. In quell'inverso e contrario c¹è tutto un carico di emozioni, sensibilità e umanità nascosto alla collettività dai soliti stereotipi. Il mistero delle trans è nella figura annebbiata impressa sulla copertina di "Ladymen", il libro di Isabella Marchiolo, giornalista di professione e scrittrice per vocazione.
È in quel contrasto tra rosso e nero del titolo che la casa editrice Falzea ha scelto probabilmente non a caso. Ladymen, "signore-uomini" (così venivano chiamati i transessuali agli albori della migrazione soprattutto dall¹America latina) non è l¹inchiesta - verità di una giornalista d'assalto, ci tiene a precisarlo l'autrice che non vuole passare per una "scienziata di esseri umani" ma si presenta solo come una donna che riferisce storie che altri le hanno consegnato, un canale di mediazione, «una cavità dove si sono riversate esistenze, dolori, confessioni». Storie che non le appartengono come i racconti dell'antologia "Comuni immortali" che le è valsa il premio Anassilaos Giovani o come i personaggi del suo primo romanzo "Un giorno come lei". Di fronte al pc, confessa, davanti «al monitor lattescente solcato dai coaguli scuri delle ultime parole del libro» non prova «quell'amalgama di abbandono e liberazione», perché le storie delle signore - uomini non le sono mai appartenute.
Narratrice esogena ma non asettica di vicende vissute, filtrate attraverso un linguaggio quasi romanzesco e arricchite con dati, statistiche e informazioni più squisitamente giornalistici. Mélange di una scrittura che cattura e trascina, capitolo per capitolo. Un passo importante questo libro, scrive Alessandro Cecchi Paone nella postfazione, «per strappare la più assoluta delle solitudini al baratro dell¹inciviltà con l¹obiettivo di una ritrovata e condivisa umanità». Perché l'umanità ha ricercato caparbiamente e affannosamente Isabella Marchiolo, umanità quale «antidoto al veleno dei luoghi comuni». Trans, "femminielli", travestiti, ermafroditi. Miscuglio confusionario nell¹immaginario collettivo di qualche anno fa, specie tra giovani nell¹età che sta a metà tra la fine dell'adolescenza e l'inizio della maturità, sapientemente decritto nel prologo. Ma subito viene chiarita un'identità gradualmente familiarizzata, nel corso del tempo, sia pure attraverso il messaggio della libertà dei sessi e lo "sdoganamento della perversione e dell'equivocità sessuale" o peggio attraverso il contesto della violenza e dei delitti sessuali, sentiti come un' "urgenza cieca, la vendetta contro un'alterità inaccettabile", avvertita come una minaccia.
Crisalidi, i trans, da sterminare prima che diventino farfalle. Sì, perché il "riconoscimento sociale delle persone trans trapela ancora poco fuori da certi contesti repulsivi". Ecco quindi la ragione di questo libro: la ricognizione di una realtà umana con le battaglie per i diritti e la conquista dell'identità, uno sguardo nelle vite degli altri, nell'intimità di dolori e squilibri delle Mtf (Male to female), nate maschi e in transizione verso la femminilità e degli Ftm (Female to Male), donne che min uomini o forse per molti solo il "racconto di Sherazade, una leggenda lontana e irreale".
Ma sono tutt'altro che irreali le esistenze riversate in una scrittura attenta e partecipata. Per ognuna un incipit con citazioni calzanti che invitano a un'ulteriore riflessione, così come quella sorta di post it con altrettante frasi che fa da intramezzo alla scrittura narrativa.
La prima storia è quella di Eva Bellucci, spunto originario del libro dopo la pubblicazione di una lunga intervista sul Quotidiano della Calabria. Ventotto anni, figlia di un'emiliana e di un calabrese, da cinque a Cosenza dopo un lungo periodo trascorso tra Bologna e Rimini. Vita da trans che vende il suo corpo e deve fare i conti con la violenza, le guerre per il controllo del territorio e la concorrenza con le straniere. "La mia testa tutta femminile. L'ho saputo da subito, da bambina". I suoi gesti "recano però un'anarchia dei sessi, come se l'istinto la spingesse ad adottare atteggiamenti seduttivi differenti con uomini e donne".
Se Eva è una Mtf, G.R., 46 anni, insegnante meridionale che vive a Roma racconta di quel "languore, quella febbre di fiacchezza dipendente dal sesso" che prende anche quando si ha una famiglia, una moglie e una figlia. E' la storia dell'iniziazione di un uomo con le trans. Che cosa spinge a cercare la donna dei sogni passando per la Rete? Lei, alta mora, corpo asciutto e palestrato in un completino sexy d'effetto. La trasgressione diventa uno sporgersi a guardare "nel pozzo scuro dei propri desideri e ideali".
Dalla donna dei sogni alla fiaba della "principessa azzurra" Robertina Manganaro, splendido efebo di vantata stirpe nobile, antesignana di un'inversione sociale. L'uomo diventato donna e poi nobildonna milanese e stilista, musa del pittore Enrico Baj. "E' l'altro emisfero delle trans, la voce che rifiuta la connessione a senso unico con le trame di sesso e scandali". L'imprinting di una identità tatuato nella memoria di un ricordo di uno scolaro, la presa di coscienza, una famiglia in grado di dare sostegno, l'intervento, l'incontro con l'amore. "Ho avuto molto nella vita, anche se non tutto. Con la vita è meglio non essere troppo ingordi".
Nata due volte come Vito, come Francesca Eugenia Busdraghi, presidente del gruppo AzioneTrans, una figlia ventenne conservata dalla sua esistenza maschile che continua a chiamarla papà. Ex manager di successo di una multinazionale che perde il posto durante il processo di transizione e oggi impegnata in prima linea nella difesa del riconoscimento dei trans e del diritto al lavoro.
Nata due volte come Daniele, 33 anni, donna che si sente uomo. Un "female to male" e come tale vittima di uno strisciante maschilismo, perché "la transizione dalla femminilità alla virilità evoca fantasmi inquietanti". O come Luana Ricci, per lo Stato ancora Marco della Gatta, pianista jazz con due diplomi ai Conservatori di Bari e Lecce e un lavoro per la Curia che l'ha licenziata. Storia di una pruderie bacchettona e di diritti negati. "La Chiesa cattolica - racconta - opera nella più completa trasgressione dei propri dogmi a partire dai Comandamenti biblici per finire all'unico vero comandamento di Cristo: amatevi come io vi ho amati".
Di quell'amore in grado di scardinare pregiudizi, discriminazione ed emarginazione. Perché siamo maschi e femmine e "alla stessa distanza dal diametro ci sono le sirene".
Cristina Vercillo
Fonte:http://sparladeipescicani.blogspot.com/2010/07/su-ladymen3.html
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