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venerdì 30 luglio 2010
Bondi e le violenze familiari alla moglie
'Mio marito Bondi mi picchiava'
di Adriano Botta
Le botte. I tradimenti in pubblico. Le inadempienze col figlio. E la brama di potere indifferente a qualsiasi ideologia. Sono le accuse dell'ex moglie, in un'intervista rilasciata a un settimanale rosa.
Il ministro della Cultura Sandro Bondi "è un uomo che ha sempre cercato solo il potere. Se glielo avessero offerto a sinistra, sarebbe tornato lì". Ma è anche una persona con problemi psicologici, "per tutta la vita succube dei genitori e adesso della nuova compagna" (la deputata del Pdl Manuela Repetti) dopo essere stato un marito infedele e violento, oltre che (tuttora) un padre assente.
A lanciare queste accuse in un'intervista alla giornalista Marianna Aprile di 'Novella 2000' è l'ex moglie del ministro, Maria Gabriella Podestà, 52 anni, che si è sposata con Bondi nel '94 (ma erano compagni di classe molti anni prima, a Villafranca, in Lunigiana) e da cui si è da poco separata legalmente, ancora in attesa di divorzio.
'Sono incazzata nera', premette l'ex signora Bondi all'inizio della chiacchierata e il seguito, in effetti, dimostra che è vero.
Secondo la Podestà, nei primi anni Bondi è stato un buon marito, anche se per diverso tempo si sarebbe fatto mantenere da lei non avendo uno stipendio. Poi, qualche anno dopo, la svolta, che secondo l'ex moglie coincide con il trasferimento ad Arcore, quando Bondi decide di votarsi a Berlusconi. Da quel giorno, dice la Podestà, "mi metteva sotto il naso indizi di storie coniugali, come gli scontrini dello Chanel numero 5 che regalava alle sue amiche". Fino al momento in cui avrebbe addirittura portato la moglie in vacanza a casa di una sua amante, con tanto di tradimento notturno scoperto in flagranza.
Dall'autunno del 1998, secondo l'ex moglie del ministro, le cose sarebbero precipitate, con tanto di violenze domestiche, schiaffi e punizioni.
Successivamente, dice la Podestà, Bondi avrebbe addirittura avuto di fatto due vite parallele: una a Roma con la Repetti e "una con noi nel week end, quando faceva finta di stare nella famigliola modello, perché lui vuole dare sempre un'immagine perfetta di sè".
Infine, il capitolo del figlio che Podestà e Bondi hanno avuto prima della rottura: secondo l'ex moglie, il ministro l'avrebbe sempre trascurato ed è inadempiente anche dal punto di vista legale, perché ignorerebbe i termini di frequentazione stabiliti in sede di separazione. Sempre secondo la Podestà, al momento sono oltre due mesi che Bondi non vede il figlio e si farebbe vivo solo con qualche sms.
Per quanto riguarda l'attività politica del marito, Podestà parla di un uomo interessato solo al potere ("lo ha sempre cercato"), che vive in una totale sudditanza verso Berlusconi ("Per questo mi aveva portato a vivere in quell'orribile appartamento di Arcore") e gelosissimo di Maria Vittoria Brambilla, al punto da cadere in depressione quando si era parlato di lei come coordinatrice di Forza Italia. Tuttavia, secondo l'ex moglie, in Bondi non ci sarebbe alcun ideale, perché "se gli avessero offerto il potere quelli di sinistra sarebbe ritornato lì". Infine, una nota velenosa anche sulle poesie di cui il ministro è autore: "Non sono spontanee e non mi sono mai piaciute...".
Fonte;http://skywalkerboh.blogspot.com/2010/07/bondi-e-le-violenze-familiari-alla.html
Romano 28 ENNE DROGATO AGGREDISCE TRANS CHE RIFIUTA RAPPORTO
(omniroma.it)
PER IL VESCOVO BABINI FINISCE L’ERA DELLA CONFUSIONE TRA OMOSESSUALITA’ E PEDOFILIA. LA PEDOFILIA E’ MEGLIO, MOLTO MEGLIO!!
Comunicato Stampa
Giugno 2010
Dopo le gravi dichiarazioni del Giudice Costituzionale Tesauro che definì la transessualità uno scherzo della natura, Monsignor Serafino Sprovieri ebbe a dichiarare:
“A mio giudizio, specie i trans, sono un’ offesa alla natura,la stravolgono con una condotta depravata e capricciosa. Sono contrari a Dio e al suo progetto, che io paragono ad un quadro da disegnare a tinte di amore. ( ) Tutto questo offende Dio, lo insulta e risulta una violazione della stessa legge naturale. Tali cose é bene dirle chiare”.
Luglio 2010
A seguito dell’inchiesta del settimanale Panorama sui preti gay, monsignor Giacomo Babini, vescovo emerito di Grosseto, dichiara (nostri i sottolineati):
“Dunque, ho già espresso in varie occasioni la mia netta contrarietà alla omosessualità che considero una …vera perversione contro natura. ( ) La omosessualità in un prete, se tradotta in pratica depravata, é addirittura più grave della pedofilia ( )“.
Su Omosessualità e pedofilia: “scientificamente non vi é relazione tra le due cose. Ma io come Vescovo sarei maggiormente comprensivo con un prete pedofilo che si penta e soffre della sua condizione che di questi viziosi. Le dico di più, se mi fosse capitato un pedofilo non lo avrei denunciato, ma cercato di redimere. Un padre come é il Vescovo per un sacerdote, non denuncia i figli che sbagliano e si pentono. Ma con i viziosi bisogna essere intransigenti”.
Si dice che non c’è miglior difesa dell’attacco ed è questa l’unica lettura che si può dare all’intensificazione della campagna omotransfobica da parte di sempre più esponenti della Chiesa Romana. La Chiesa Cattolica Romana cerca di confondere i suoi fedeli sull’abissale differenza tra comportamenti o condizioni che non creano alcun danno diretto ad altri e comportamenti, come quello pedofilo, che distruggono delle vite, a livello psicologico, fin dall’infanzia. Una differenza in termini etici che definisce il primo discrimine tra bene e male: limposizione su altri soggetti di proprie azioni violenti e violentanti.
Ci aggiungiamo, quindi, ad altre associazioni LGBT nel chiedere, per Babini, una denuncia alle autorità giudiziarie competenti, Per Sprovieri chiediamo inoltre la verifica di violazioni delle norme sulla dignità delle persone garantita dalla Costituzione. Per il Giudice Tesauro ribadiamo la richiesta di sue immediate dimissioni dalla Corte Costituzionale per manifesta espressione di parzialità riguardo ad argomenti sui quali potrebbe essere chiamato a giudicare.
Mirella Izzo presidente Crisalide PanGender
crisalidepangender.org – infoline 3208748419
Mitici anni '80 - Nascita dell'Arcigay
Prima parte qui: http://www.youtube.com/watch?v=phWGIO...
mercoledì 28 luglio 2010
Celebrità Transessuali: Dana International
L'industria della moda , della televisione e del spettacolo hanno portato fama ai transessuali che si sono distinte , aprendo spazi per la diversità. riconosciute anche per il loro lavoro che per la loro situazione, queste persone hanno usato i media per promuovere la tolleranza . Oggi vi presento.
Dana International . Dana International (ebraico: דנה אינטרנשיונל, arabo: دانا اٍنترنشيونال) vero nome Sharon Cohen, nata Yaron Cohen (Tel Aviv, 2 febbraio 1972) è una cantante israeliana.
Yaron Cohen nacque a Tel Aviv, Israele, nel 1972, ultimogenito (la sorella si chiama Limor e il fratello Nimrod) di una famiglia media ebrea di origine yemenita. Yaron seguiva con grande passione ogni anno l'Eurofestival, e ricorda ancora la sua gioia quando nel 1983 la sua eroina Ofra Haza si classificò seconda con la canzone «Hai» ("vivo").
Sapeva bene anche qual era la sua diversità rispetto ai bambini della sua età. Yaron era sì un ragazzetto, ma solo nel corpo. Dentro di sé sapeva di essere una bambina. Da principio non ebbe il coraggio di parlare con nessuno di questa sua caratteristica, tranne con un bimbo, Ruben, al quale Yaron era molto legato: usavano andare la sera a pedalare sulle loro piccole biciclette sul lungomare di Tel Aviv. Quando Yaron confidò al suo amico il suo segreto, questi disse «A me non importa chi tu sia. E sono sicuro che un giorno tu sarai una persona importante».
Una sera Yaron combinò una delle sue marachelle, e i genitori lo punirono, vietandogli di andare con Ruben sul lungomare per la loro solita pedalata. Quella sera il piccolo Ruben uscì ugualmente e rimase coinvolto in un incidente stradale perdendo la vita. Dana lo ricorda tutt'oggi con le lacrime agli occhi, e ancora oggi usa passeggiare per il lungomare di Tel Aviv quando ha un momento libero.
Gli esordi
Crescendo, la convinzione di Yaron di voler diventare una donna si rafforzò enormemente. Venne sostenuta da due amici, Lior e Schmulik Sa'adia, che ancora oggi sono suoi ballerini. Durante l'adolescenza Yaron iniziò a studiare canto e a frequentare discoteche e pub gay a Tel Aviv. Una sera gli fu proposto un numero come drag queen. Doveva fare la parodia di My Name Is Not Susan di Whitney Houston: finalmente Yaron vedeva realizzarsi il suo sogno. Cantare, e cantare come una ragazza.
Il fato volle che quella sera, in quella discoteca, ci fosse anche il dj e produttore Ofer Nissim, che rimase molto colpito dalla voce estremamente femminile, il fisico ancora androgino e la presenza scenica di quella giovane drag queen. Propose quindi a Yaron un provino. Il giovane ne fu onorato: desiderava cantare ed essere una donna, ma non avrebbe mai osato sperare di cantare veramente, ossia incidere dischi.
Prese il nome d'arte Dana ed incise così il suo primo singolo, dal titolo International. Fu subito un successo travolgente. Il pubblico apprezzò subito la freschezza e il sound del pezzo. La canzone (in arabo e in inglese) canta «volo dall'Arabia Saudita al Principato di Monaco, indosso pantaloni italiani e mi curo da parrucchieri francesi, sono ricca, sono bella, sono Dana International». Fu così che al nome d'arte che Yaron scelse fu aggiunta una sorta di «cognome»: non più semplicemente Dana, ma Dana International. Un po' come se Madonna ora fosse nota come "Madonna Holiday".
La transizione
Ma Yaron aveva anche un'altra faccenda da affrontare, sicuramente più difficile e grave: diventare la ragazza che sognava di essere. Coi soldi guadagnati con le vendite del suo primo singolo, Yaron volò a Londra e tornò Sharon. Aveva infatti iniziato la transizione e la cura di ormoni già da qualche tempo, e finalmente nel 1993 poteva realizzare il suo sogno e fare l'operazione di cambio di sesso.
1993: Dana International il primo album
Poco tempo dopo uscì il suo primo album che comprendeva la già citata International e altri singoli di successo come Fata Morgana, Ha-Hatzaga Chayyevet L'hamshich (una cover in ebraico di The Show Must Go On dei Queen), e Saida Sultana, un pezzo ispirato a My Name Is Not Susan di Whitney Houston che le portò tanta fortuna. Israele fu travolto dalla "Danamania": l'album andava a ruba e in un paese popolato da sei milioni di persone, più di due lo acquistarono. La fama di Dana International arrivò anche oltre confine e il suo album fu venduto in Libano, Siria, Giordania, Arabia Saudita ed Egitto.
Ma il successo di una cantante transessuale e per di più israeliana provocò reazioni in alcuni paesi arabi: il disco di Dana fu messo al bando in Egitto ed Arabia Saudita, rimanendo comunque uno dei più venduti grazie al mercato nero.
1994: una fama consolidata
Nel 1994 Dana bissò il successo del suo primo album con l'uscita di Um atampa (un gioco di parole intraducibile in italiano). Fu un altro successo: l'album comprendeva le hit Ani Lo Yechola Be-L'adecha (Non Posso Vivere Senza Te), Nosa'at Le-Petra (Andando a Petra), Qu'Est Ce Que C'est e Layla Tov Eropa (Buonanotte Europa). Fu così che Dana fu scelta per partecipare alla selezione di cantanti che avrebbero potuto rappresentare Israele all'Eurofestival 1994 e la canzone scelta fu proprio Layla Tov Eropa.
Il pezzo era efficace, Dana aveva grinta e talento da vendere, ma ciò non fermò le proteste da parte degli ultra ortodossi: è infatti fatto divieto nella Torah di cambiare il proprio corpo permanentemente. Sono infatti vietati i tatuaggi, i piercing, la chirurgia estetica e, ovviamente, il cambio di sesso. Dana arrivò solo seconda, ma il singolo Layla Tov Eropa riscosse sia in Israele che all'estero un enorme successo.
1995–1997: come icona gay
Nel 1995, l'ormai affermata e controversa Dana tornò alla ribalta con un EP album, dal titolo EP Tampa, che comprendeva qualche brano inedito e diversi remix, tra cui una collaborazione coi dj italiani Ti.Pi.Cal. Il ciclone Dana International era ormai inarrestabile, e nel 1996 fu la volta di Maganona, il suo terzo album, dal titolo in arabo che significa "pazza". Dana era infatti ormai un'icona per i gay israeliani e non solo. La copertina del singolo Maganona riporta un gallo coi tacchi a spillo.
L'album contiene anche altri grandissimi successi, come Cinquemila, Power, Sex Acher (una sessualità diversa) e Yesh Bo Esh (Lui ha il fuoco) in duetto con Igi Wachsmann. Con questo album Dana entro nelle classifiche dell'Europa, il Nordamerica, la Russia e il Giappone. Fu per questo che nel 1997 Dana si presentò ancora alle selezioni per l'Eurofestival, travolgendo gli altri candidati.
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1998: il successo Eurofestival
Il Festival si teneva a Birmingham nel 1998, e Dana si presentò circondata da un alone di mistero, curiosità e polemica. La canzone che aveva scelto per rappresentare Israele era Diva (un titolo davvero appropriato), con la quale stravinse sbaragliando i concorrenti di tutti gli altri paesi. Yaron aveva realizzato il suo sogno, vincere l'Eurofestival: meglio ancora della sua beniamina Ofra Haza.
Dana era ormai sulla cresta dell'onda: veniva invitata di continuo a talk show, festival canori, manifestazioni di beneficenza e per la difesa dei diritti delle minoranze. Era non solo un'icona gay, ma un'icona della tolleranza, del rispetto delle diversità e della vittoria dell'uomo sui suoi limiti. Quando Geri Halliwell abbandonò le Spice Girls, le quattro superstiti chiesero a Dana di prendere il suo posto. La risposta fu un semplice ma efficace «No comment».
1999–2000: le polemiche
Nel 1999 uscì in Europa The Album, una raccolta dei successi di Dana dagli albori fino alla vittoria dell'Eurofestival e, subito dopo, l'album Free, che comprendeva l'omonimo singolo scritto per lei da Stevie Wonder e in più una cover di Woman In Love di Barbra Streisand. Nel 2000 uscì la versione israeliana dell'album. Il successo fu assai minore del singolo Diva e Dana, evidentemente non così ambiziosa da voler mantenere un successo planetario, in un'intervista all'emittente statunitense CNN disse: «Non ho bisogno della vetta del mondo. Mi accontento d'esser felice.»
Successivamente un altro caso riempì i titoli della stampa israeliana: i rapporti tra la cantante e la major Sony BMG, etichetta con cui stava da tempo preparando gli estremi per un importante contratto discografico, si ruppero improvvisamente facendo sfumare il progetto. Poco o nulla trapelò da ambo le parti.
Ma le polemiche non si fermavano: l'estrema destra israeliana la attaccò aspramente quando dichiarò in televisione: «Israele non è lo stato degli ebrei: Israele è lo stato degli israeliani, siano essi ebrei, musulmani o cristiani». Dana era molto impegnata nella difesa dei diritti umani non solo in Palestina ma anche in Iraq e nel mondo.
2001: evoluzione professionale
Il 2001 fu l'anno della rottura col suo manager Ofer Nissim e dell'uscita del suo nuovo album Yoter Ve-Yoter (ancora e ancora) che comprende canzoni come l'autobiografica Nitzachti (ho vinto), Ten Li-Chyot (lasciami vivere), Be-Derech El Ha Khofesh (sulla strada per la libertà). Dana appare molto cresciuta professionalmente; evidentemente il divorzio professionale da Nissim ha giovato alla diva anche se taluni credono che da allora il suo stile musicale etnopop abbia virato verso una dance più standardizzata ai criteri occidentali.
2002–2006: declino commerciale
Nel 2002 uscì un altro EP album: Ha-Chalom Ha-Efshari (il sogno possibile), con nuovi singoli come come Tachlom (sogna), Sipur Qatzar (breve storia), Ba-Sof Yihyè Tov (alla fine andrà bene) e la pacifista che intitola l'intero cd Ha-Chalom Ha-Efshari, nella quale Dana canta «il mio sogno è che gli arabi e gli ebrei vivano insieme, da amici». All'album, che nonostante l'intensa promozione vendette assai poco, seguì un tour che portò la diva ad esibirsi in città come Londra, Bruxelles, Parigi, Berlino, Vienna, Budapest, Varsavia, Kiev e Mosca, un nuovo singolo dal titolo AloraRola, un remake del grande successo Cinquemila ed un cd box con tutti i singoli degli ultimi album.
La diva prese poi parte ad uno spot pubblicitario per un gelato e fu poi testimonial della Londa, una casa di cosmetici per capelli tedesca. Fu in questa occasione che nel 2004 che uscì il singolo in francese Lola, il cui video estremamente curato è di gusto androgino: Dana è infatti circondata da ragazzi e ragazze che, con l'uso di effetti speciali, si trasformano gli uni nelle altre e viceversa.
2007: ritorno sulle scene
Dopo qualche anno di totale assenza dalle scene, finalmente nel 2007 ecco l'uscita di quattro inediti Hakol Ze Letova (è per il tuo bene), Love Boy (ragazzo oggetto), At Muhana (sei pronta) e Seret Hodi (film indiano, in duetto con un altro cantante israeliano, Idan Yaniv) che ufficializzano l'uscita del suo nuovo album che si intitola appunto Hakol Ze Letova. Pare sia il più grande successo della cantante dai tempi del trionfo all'Eurofestival.
Proprio il suo comeback è stato oggetto di una intervista con Guy Pines, un presentatore del canale israeliano Channel 3 e con Shay Gal di Channel 2. L'artista, amareggiata nei confronti dei media per la loro fame di cattive notizie (a cui infatti dedicherà la canzone At Muhana), ha motivato così le ragioni della sua assenza dalle scene, durata circa quattro anni, dopo il fallimento commerciale dell'album Ha-Chalom Ha-Efshari:
« Non sentivo il bisogno di dover ricordare alla gente che ero viva apparendo sempre sulle copertine dei giornali o nei servizi televisivi. Ogni cosa calda prima o poi si raffredda, è il naturale ordine delle cose » | |
Nel corso della trasmissione si viene inoltre a sapere che le investigazioni del giornalista Itai Goldman, che provò a ricostruire gli eventi che avevano portato la Sony BMG a rescindere prematuramente i rapporti con la cantante, sono state bloccate per ragioni legali.
2008–oggi: all'Eurofestival come autrice e altri lavori
Dopo aver scritto ed interpretato Love Bay, una sorta di cover del grande successo Love Boy, per la sigla di un reality israeliano, Dana si è dedicata alla composizione del testo Ke'ilo kan, presentato all'Eurofestival 2008 da Boaz Mauda; inizialmente la cantante voleva un duetto, poi ha deciso di lasciare spazio al giovane israeliano. Alla fine dell'anno invece viene pubblicato un nuovo singolo in collaborazione col duo russo NeAngely, dal titolo I Need Your Love, in cui Dana per la prima volta canta, oltre che in inglese, in lingua russa. Nel corso del 2009, invece, collabora con il rapper israeliano Subliminal per Alay (Su di me) di cui viene prodotto anche un video, oltre a partecipare al centennale di Tel Aviv eseguendo Lo nirdemet Tel Aviv (Tel Aviv non dorme) di fronte a oltre 250 mila persona e a diventare giudice per un programma simile a American Idol.
soap opera Britannica vuole discutere di transessualità
"Circa uno ogni 4000 persone in Gran Bretagna ricevono assistenza medica per il disturbo di identità di genere, e se siamo in grado di portare la questione alla luce, penso che sia positivo", ha detto il produttore della serie, Paolo Marchese.
Jasmine farà la sua prima apparizione nel romanzo britannico nel prossimi giorni, il ruolo della famiglia Costello, iperprotettiva con la figlia che torna da una stagione negli Stati Uniti.
Tuttavia, ben presto gli spettatori sapranno che Jasmine conduce una doppia vita e si veste come Jason in segreto.
Il personaggio sarà interpretato da attrice Victoria Atkin, 23 anni.
"E 'un privilegio per me fare questo personaggio un ruolo impegnativo e c'è molta pressione per qui sia fato con dignità e rispetto . Ma questa è la mia opera e vogliamo garantire che la storia sia realistica per le persone con disturbo dell'identità di genere e," ha detto l'attrice.
la ricerca.
Per contribuire a dare autenticità al personaggio, i produttori di Hollyoaks hanno cercato l'aiuto di organizzazioni che lavorano con il soggetti trans raccogliendo testimonianza di alcuni giovani transessuali maschio e femmina.
Una delle organizzazioni coinvolte è la Tavistock e Portman NHS Foundation di Londra, che offre l'unica clinica pubbliche del paese dedicata ad aiutare bambini e adolescenti con problemi di identità.
La clinica ha ricevuto l'anno scorso 97 persone che hanno in comune il fatto di sentirsi estraneo nel proprio corpo. Quasi la metà di loro avevano 14 anni o meno.
Un'altra soap opera inglese, Coronation Street, la rete ITV, dal 1998 lavora una transessuale - Hayley / Harold, interpretata da Julie Hesmondhalgh.
Ma l'apparizione di Jasmine nella soap e di sollevare la discussione del problema in fase adolescenziale. La storia mostrerà il percorso di auto-scoperta del carattere e di esplorare gli effetti di questo tipo di situazione all'interno della famiglia.
Nella trama, Jasmine / Jason viene trattata come una '"eterna fanciulla' da suo padre, ex giocatore di football Carl, e la madre, ex modella Heidi.
"Ovviamente, per me essendo una ragazza che ama il suo corpo, è difficile per me immaginar di essere nato nel corpo sbagliato. E 'difficile entrare nello spirito, ma come ogni altro personaggio, una volta entrati, i lavori iniziano " Atkin ha detto.
Il produttore Paolo Marchese ha respinto che la comparsa di Jasmine è solo una strategia per vincere pubblico.
"Io non credo che sia sensazionalismo. Sono cresciuto gay a Belfast, quando non c'era nessuno a parlarne, no ci sono stati esempi positivi. Ho incontrato l'isolamento assoluto di non conoscere nessun altro a mia volta," Marchese ha detto ai giornale "The Guardian" .
"Non ha niente a che fare con il pubblico, ha a che fare con persone che sono colpite da questi problemi."
Per ulteriori notizie, visitare il Brasile BBC
Immigrati e trans, la doppia discriminazione
Un documentario dell'Università sulle storie di chi viene considerato "diverso". Il film nasce da una ricerca dei sociologi Luca Queirolo Palmas, Luisa Stagi e Emanuela Abbatecola con la regia di Alessandro Diaco
di ERICA MANNATiago che va sullo skateboard. Tiago che prende l'autobus. Tiago che si sente incollato addosso lo sguardo degli altri, e che se ne frega: "Yo no me complico". Io non mi complico la vita, dico le cose come stanno.
E le cose stanno così: che lui, 16 anni, venezuelano, è gay. Doppia minoranza, discriminazione al quadrato. Ma il diritto che viene rivendicato è quello all'indifferenza. Non a essere tollerato, ma "a essere quello che si vuole, senza etichette. Insomma, che gli altri si dimentichino di me".
Inizia così, "Yo no me complico", il documentario prodotto dall'Università di Genova - Disa a partire da una ricerca dei sociologi Luca Queirolo Palmas, Luisa Stagi, Emanuela Abbatecola, con la regia di Alessandro Diaco.
Un lavoro prodotto dal Laboratorio di Sociologia Visuale - nato circa un anno fa -, proiettato alla rassegna "Genova Città dei Diritti" e ora rivolto a festival e a dibattiti pubblici. Ma non per insegnare qualcosa, o dimostrare una tesi. "Il film è un mosaico di storie - spiega il regista Alessandro Diaco - uno squarcio che mostra il lavoro sul campo degli stessi sociologi. Non c'è niente da dimostrare: solo mettere sul tavolo delle questioni, e spazzare via le nubi che le avvolgono".
"Il punto è che le forme di alterità vanno a sovrapporsi all'identità. - chiarisce Luisa Stagi - Quando sei trans e migrante come ti definirebbe, per esempio, un titolo di giornale? Perché entrano in gioco due etichette, che ti spersonalizzano: e l'etichetta allontana, nega i diritti. Ecco, credo che nel mondo Lgbt l'essere trans sia ancora più dirompente rispetto alle altre categorie, perché va a scardinare un ordine sociale di genere che diamo per scontato. E questo, nelle persone, crea disagio". Anche all'interno delle stesse comunità transessuali, spiega la Stagi, lo straniero crea spaccature. "Perché entra in gioco la provenienza sociale. Lo straniero spesso non ha un lavoro, in taluni casi addirittura è costretto a prostituirsi. E le associazioni lottano per non far prevalere questa immagine, stereotipata dai media. Ma alla fine tutti cercano di far valere i propri diritti, che sono gli stessi". Primo tra tutti, quello all'indifferenza. Il concetto è dell'antropologo Manuel Delgado: un diritto che va al di là di quello di veder riconosciuta - e rispettata - la propria differenza: "È il diritto a essere quello che si è senza dover subire lo sguardo di chi fa notare che sei uscito dal tracciato, dalle categorie". Tiago, dallo schermo, ha l'aria sorpresa. "Chissà, magari cambierò ancora orientamento sessuale. E allora, dov'è il problema? Perché complicarsi la vita?".
Fonte:http://genova.repubblica.it/cronaca/2010/07/28/news/immigrati_e_trans_la_doppia_discriminazione-5884203/
Su LADYMEN
«Io sono l'inverso di quello che mio padre aveva sognato per suo figlio, sono la sua figlia amata al contrario. Sono quello che straripa da una donna, solo che questa donna sono io». Vanessa Mazza, «bella e iperfemminile, tanti capelli e tante forme» spiega così il mistero dell'essere trans, uomini e donne nati in un errore genetico, un tempo bimbi privati della «fanciullesca leggerezza dell¹infanzia, pensierosi, assediati da rovelli irrisolvibili». Sente di essere una donna con la forza di un uomo, in grado di essere tante donne, «una ogni giorno della settimana», con il seno della misura che vuole e del materiale che può permettersi di pagare. Trentasei anni, italiana di origini brasiliane, non usa tecnicismi e definizioni. In quell'inverso e contrario c¹è tutto un carico di emozioni, sensibilità e umanità nascosto alla collettività dai soliti stereotipi. Il mistero delle trans è nella figura annebbiata impressa sulla copertina di "Ladymen", il libro di Isabella Marchiolo, giornalista di professione e scrittrice per vocazione.
È in quel contrasto tra rosso e nero del titolo che la casa editrice Falzea ha scelto probabilmente non a caso. Ladymen, "signore-uomini" (così venivano chiamati i transessuali agli albori della migrazione soprattutto dall¹America latina) non è l¹inchiesta - verità di una giornalista d'assalto, ci tiene a precisarlo l'autrice che non vuole passare per una "scienziata di esseri umani" ma si presenta solo come una donna che riferisce storie che altri le hanno consegnato, un canale di mediazione, «una cavità dove si sono riversate esistenze, dolori, confessioni». Storie che non le appartengono come i racconti dell'antologia "Comuni immortali" che le è valsa il premio Anassilaos Giovani o come i personaggi del suo primo romanzo "Un giorno come lei". Di fronte al pc, confessa, davanti «al monitor lattescente solcato dai coaguli scuri delle ultime parole del libro» non prova «quell'amalgama di abbandono e liberazione», perché le storie delle signore - uomini non le sono mai appartenute.
Narratrice esogena ma non asettica di vicende vissute, filtrate attraverso un linguaggio quasi romanzesco e arricchite con dati, statistiche e informazioni più squisitamente giornalistici. Mélange di una scrittura che cattura e trascina, capitolo per capitolo. Un passo importante questo libro, scrive Alessandro Cecchi Paone nella postfazione, «per strappare la più assoluta delle solitudini al baratro dell¹inciviltà con l¹obiettivo di una ritrovata e condivisa umanità». Perché l'umanità ha ricercato caparbiamente e affannosamente Isabella Marchiolo, umanità quale «antidoto al veleno dei luoghi comuni». Trans, "femminielli", travestiti, ermafroditi. Miscuglio confusionario nell¹immaginario collettivo di qualche anno fa, specie tra giovani nell¹età che sta a metà tra la fine dell'adolescenza e l'inizio della maturità, sapientemente decritto nel prologo. Ma subito viene chiarita un'identità gradualmente familiarizzata, nel corso del tempo, sia pure attraverso il messaggio della libertà dei sessi e lo "sdoganamento della perversione e dell'equivocità sessuale" o peggio attraverso il contesto della violenza e dei delitti sessuali, sentiti come un' "urgenza cieca, la vendetta contro un'alterità inaccettabile", avvertita come una minaccia.
Crisalidi, i trans, da sterminare prima che diventino farfalle. Sì, perché il "riconoscimento sociale delle persone trans trapela ancora poco fuori da certi contesti repulsivi". Ecco quindi la ragione di questo libro: la ricognizione di una realtà umana con le battaglie per i diritti e la conquista dell'identità, uno sguardo nelle vite degli altri, nell'intimità di dolori e squilibri delle Mtf (Male to female), nate maschi e in transizione verso la femminilità e degli Ftm (Female to Male), donne che min uomini o forse per molti solo il "racconto di Sherazade, una leggenda lontana e irreale".
Ma sono tutt'altro che irreali le esistenze riversate in una scrittura attenta e partecipata. Per ognuna un incipit con citazioni calzanti che invitano a un'ulteriore riflessione, così come quella sorta di post it con altrettante frasi che fa da intramezzo alla scrittura narrativa.
La prima storia è quella di Eva Bellucci, spunto originario del libro dopo la pubblicazione di una lunga intervista sul Quotidiano della Calabria. Ventotto anni, figlia di un'emiliana e di un calabrese, da cinque a Cosenza dopo un lungo periodo trascorso tra Bologna e Rimini. Vita da trans che vende il suo corpo e deve fare i conti con la violenza, le guerre per il controllo del territorio e la concorrenza con le straniere. "La mia testa tutta femminile. L'ho saputo da subito, da bambina". I suoi gesti "recano però un'anarchia dei sessi, come se l'istinto la spingesse ad adottare atteggiamenti seduttivi differenti con uomini e donne".
Se Eva è una Mtf, G.R., 46 anni, insegnante meridionale che vive a Roma racconta di quel "languore, quella febbre di fiacchezza dipendente dal sesso" che prende anche quando si ha una famiglia, una moglie e una figlia. E' la storia dell'iniziazione di un uomo con le trans. Che cosa spinge a cercare la donna dei sogni passando per la Rete? Lei, alta mora, corpo asciutto e palestrato in un completino sexy d'effetto. La trasgressione diventa uno sporgersi a guardare "nel pozzo scuro dei propri desideri e ideali".
Dalla donna dei sogni alla fiaba della "principessa azzurra" Robertina Manganaro, splendido efebo di vantata stirpe nobile, antesignana di un'inversione sociale. L'uomo diventato donna e poi nobildonna milanese e stilista, musa del pittore Enrico Baj. "E' l'altro emisfero delle trans, la voce che rifiuta la connessione a senso unico con le trame di sesso e scandali". L'imprinting di una identità tatuato nella memoria di un ricordo di uno scolaro, la presa di coscienza, una famiglia in grado di dare sostegno, l'intervento, l'incontro con l'amore. "Ho avuto molto nella vita, anche se non tutto. Con la vita è meglio non essere troppo ingordi".
Nata due volte come Vito, come Francesca Eugenia Busdraghi, presidente del gruppo AzioneTrans, una figlia ventenne conservata dalla sua esistenza maschile che continua a chiamarla papà. Ex manager di successo di una multinazionale che perde il posto durante il processo di transizione e oggi impegnata in prima linea nella difesa del riconoscimento dei trans e del diritto al lavoro.
Nata due volte come Daniele, 33 anni, donna che si sente uomo. Un "female to male" e come tale vittima di uno strisciante maschilismo, perché "la transizione dalla femminilità alla virilità evoca fantasmi inquietanti". O come Luana Ricci, per lo Stato ancora Marco della Gatta, pianista jazz con due diplomi ai Conservatori di Bari e Lecce e un lavoro per la Curia che l'ha licenziata. Storia di una pruderie bacchettona e di diritti negati. "La Chiesa cattolica - racconta - opera nella più completa trasgressione dei propri dogmi a partire dai Comandamenti biblici per finire all'unico vero comandamento di Cristo: amatevi come io vi ho amati".
Di quell'amore in grado di scardinare pregiudizi, discriminazione ed emarginazione. Perché siamo maschi e femmine e "alla stessa distanza dal diametro ci sono le sirene".
Cristina Vercillo
Fonte:http://sparladeipescicani.blogspot.com/2010/07/su-ladymen3.html
IMMIGRAZIONE – A ROMA “SEMINARIO SU MIGRAZIONE BRASILIANA E QUESTIONI DI GENERE” ORGANIZZATO DA “RETE BRASILIANI IN EUROPA”
Sede dei centri di servizio per il volontariato del lazio Cesv e Spes
Via Liberiana, 17 - Roma
www.libellula2001.it questoesdegenero@yahoo.com.br
Si svolgerà a Roma nei giorni 23, 24 e 25 luglio 2010 (sala Auditorium di Via Liberiana 17) il Seminario sulla “Migrazione Brasiliana e le Questioni di Genere”, promosso dalla Rete di Brasiliane e Brasiliani in Europa, con il sostegno del Consolato Generale del Brasile a Roma e dei Centri di Servizio per il volontariato del Lazio CESV e SPES.
Il Seminario ha l’obiettivo di indagare i seguenti assi tematici:
- Analisi teorica di generi e breve contestualizzazione dei movimenti di Genere in Brasile
- Orientamento sessuale e identità di genere
- Tratta di esseri umani
- Status delle donne brasiliane in Europa e approccio ai vari tipi di violenza contro le donne
Tra i relatori del convegno alcuni nomi di personaggi importanti del panorama mondiale sul tema come la Prof.ssa Else Vieira - Mary Queen University Londra- Inghilterra, Sonia Leão - Embradiva – Francoforte – Germania, Monica Pereira - Ass. Abraço Brusselle – Belgio, Heloisa Maria Galvão – Ass. Verde Amarelo – brasiliane in Massachusetts – USA, Glaucenira Maximino da Costa – Spagna oltre a tanti altri. Confermata anche la presenza di un rappresentante della Segreteria per le politiche sulle donne del Governo Brasiliano, dell’On. Fabio Porta e del direttore dell’UNAR dott. Massimiliano Monnanni.
Per tutta la durata del seminario sarà allestita la mostra fotografica “Gender-Brasil Ritratti di un Mondo Sconosciuto” di Barry Michel Wolfe (fotografo e Direttore della SOS Dignidade S.Paulo - Brasile). La Rete di Brasiliane e Brasiliani in Europa coinvolge rappresentanti di associazioni di volontariato, organi di difesa dei diritti umani, gruppi culturali, organizzazioni religiose, entità di assistenza sociale, scuole, professori, studenti e collaboratori. Attualmente la rete è composta da brasiliane e brasiliani residenti in 10 paesi europei: Germania, Austria, Belgio, Spagna, Francia, Olanda, Italia, Portogallo, Regno Unito e Svizzera.
La sezione italiana della rete è formata da: Associação Nossa Senhora Aparecida, Libellula, IBRIT -Istituto Brasile - Italia, Bramondo, ACIB - Associazione Culturale Italo Brasiliana, ADBI -Associazione delle Donne Brasiliane in Italia, Gondwana – Associazione di Cooperazione e Diplomazia Popolare.(21/07/2010 – ITL/ITNET)
Chi fosse interessato a partecipare è pregato di inviare la scheda di iscrizione a:
SCHEDA DI PARTECIPAZIONE
PRIMO INCONTRO DI GENERE DELLA RETE DI BRASILIANE E BRASILIANI IN EUROPA
SEMINARIO SULLA MIGRAZIONE BRASILIANA E LE QUESTIONI DI GENERE.
23 luglio dalle 15 alle 19, 24 luglio dalle 9 alle 13 dalle 15 alle 19, 25 luglio dalle 10 alle 14
NOME _________________________________COGNOME_________________________________________________
INCARICO___________________________________________________________________________________
ORGANIZZAZIONE____________________________________________________________________________
INDIRIZZO___________________________________________________________________________________
CITTA’____________________________________C.A.P.____________________________________________
TELEFONO:___________________________________FAX:__________________________________________
EMAIL______________________________________________________________________________________
DA INVIARE A questoesdegenero@yahoo.com.br
fonte:Leila Pereira Daianis
Coordinatrice della Rete di Brasiliane e Brasiliani in Europa – Sezione Italia
(+39) 064463421 (+39) 348.0358921
questoesdegenero@yahoo.com.br
www.libellula.it
lunedì 26 luglio 2010
As Meninas Da Avenida Mem de Sa
Alcuni esempi da questa serie sono disponibili sul sito web www.jessicarosen.com
Questo libro è un elegante nero lucido copertura piana con 14 fotografie a colori di questa serie che si intitola " Le ragazze del viale Mem de Sa ".
Questa edizione del libro è stampato con il titolo in portoghese "Come Meninas da Avenida Mem de Sa "
Ritratti di una comunità transgender in Brasile
Fonte; http://www.blurb.com/bookstore/detail/814819domenica 25 luglio 2010
Zeitgeist: il Grande Mistero
140 min). Il film-inchiesta distribuito solo su internet che ha conquistato milioni di spettatori: la Storia ufficiale raccontata e interpretata in un modo diverso da quello tradizionale.
Già da qualche anni gira in rete questo documentario, il cui titolo è Zeitgeist (tedesco per “spirito del tempo”).
Zeitgeist, the Movie è un web film non profit del 2007, diretto, prodotto e distribuito da Peter Joseph; è uscito in lingua inglese sottotitolato in diverse lingue, tra cui l'italiano ed è da poco disponibile anche doppiato in italiano.
È un documentario diviso in tre parti, apparentemente distinte ma rivolte verso un unico messaggio:
- La prima parte tratta della religione cristiana come mito, comparando la storia del Cristo con quella di diverse religioni precedenti, in particolare con il mito di Horus. Così facendo propone una lettura astrologica della Bibbia.
- La seconda parte rivisita gli attentati dell'11 settembre 2001 in chiave cospirazionista, i possibili artefici dell'attentato, chi possa averne tratto beneficio, e se potevano essere evitati.
- La terza parte traccia un filo conduttore tra i grandi conflitti bellici che hanno coinvolto gli Stati Uniti, partendo dalla prima guerra mondiale sino alla seconda guerra del golfo, riconducendo il tutto alle logiche affaristiche dei maggiori cartelli bancari statunitensi e al ruolo principale della stessa Federal Reserve.
Parte I: "La più grande storia mai venduta"
La Parte I prende in esame le credenze cristiane stabilite nella Bibbia e ne critica la storicità. Il titolo (The Greatest Story ever Sold) è un riferimento a La più grande storia mai raccontata (The Greatest Story ever Told), con un gioco di parole tra told ("raccontata") e sold ("venduta, gabellata").
Ipotesi sul mito di Gesù
Nella prosecuzione dell'ipotesi sul mito di Gesù, questa parte del film sostiene, su studi storici non comunemente accettati (in particolare sono stati contestati dagli apologetici cristiani: Mike LiconaJames Patrick Holdin, James Hannam, e dall'associazione atea Rational Response Squad oltre che da David V. Barrett), come quello sostenuto da D.M. Murdock nel suo libro The Christ Conspiracy, che il Cristo della storia sia un ibrido letterario ed astronomico e che la Bibbia si basi su principi astronomici documentati da molte antiche civiltà, specialmente pertinenti al movimento del Sole attraverso il cielo e le costellazioni. Il film specificamente menziona i collegamenti storici tra Gesù Cristo e la divinità egizia solare Horus. Secondo questo film, la religione ed i miti in generale, possono essere impiegate per indurre le persone ad osservare principi di bontà o a ricordare eventi astronomici importanti e ricorrenti, ma in fin dei conti, se la maggior parte delle persone credono in qualcosa di fittizio, possono cadere nel pericolo di sopprimere la propria coscienza critica ed essere controllati (oppure oppressi).
Il film evidenzia tutte le narrazioni in comune riguardo le principali divinità solari (Horus, Mitra, Dioniso, ecc), segnalando, ad esempio, come abbiano la loro data di nascita tradizionale fissata al 25 dicembre, tre giorni dopo il solstizio d'inverno; è risaputo infatti che il 25 Dicembre è una data convenzionale scelta per "cristianizzare" le festività pagane che venivano svolte in quel periodo dell’anno.
Il documentario realizzato da Peter Joseph ed intitolato Zeitgeist - The Movie. Esso è disponibile online nel Web ed è scaricabile gratuitamente (www.zeitgeistmovie.com/)
Potete vedere anche su Current (Sky, 130) che offre una serie di documentari incentrati sulla religione, vista nelle sue pieghe più oscure, offrendo un punto di vista come sempre diverso.Posto qui sotto il video ,
fonte:http://www.youtube.com/watch?v=3mWG1biQfcQ&feature=related
venerdì 23 luglio 2010
Celebrità Transessuale: Christine Jorgensen
1949 Il Dottor Cauldwell introduce il termine Transessuale per indicare tutti coloro che non si identificano con il proprio sesso di nascita.
1952 Christine Jorgensen, dopo un intervento chirurgico, diventa donna. E’ il primo caso al mondo di cambiamento di sesso.
1953 Il Dottor H. Benjamin pubblica Travestitismo e Transessualismo su International Journal of Sexology .
Christine Jorgensen, nata George William Jorgensen, Jr. (New York, 30 maggio 1926 – San Clemente, 3 maggio 1989), è divenuta famosa per essere stata una delle prime persone al mondo ad essersi sottoposte al cambio di sesso: nel suo caso, da uomo a donna.
Un caso mediatico scoppiò il 1º dicembre 1952, quando il New York Daily News mise la sua storia in prima pagina (sotto il titolo "Ex-GI becomes blond beauty": "Ex soldato diventa una bella bionda") annunciando che in Danimarca Jorgensen era stata la prima persona a sottoporsi con successo a un'operazione chirurgica per il cambio di sesso. In realtà non era affatto il primo caso (operazioni chirurgiche di vaginoplastica erano state eseguite fin dal 1930), ma Christine divenne una volonterosa portavoce di transessuali e transgender.
Il nome Christine fu scelto in onore del dottor Christian Hamburger, il chirurgo danese che eseguì l'operazione e che supervisionò la sua terapia ormonale.
Durante gli anni 1970 e 1980, la Jorgensen girò nei campus universitari e in altri luoghi per parlare della sua esperienza. Era conosciuta per la sua schiettezza e l'arguzia raffinata.
Nei suoi ultimi anni lavorò come attrice teatrale e intrattenitrice da nightclub. Recitò la parte di Madame Rosepettle nella commedia Oh dad, poor dad, mama's locked you in the closet and I'm feeling so sad. Nel suo spettacolo da nightclub cantava "I enjoy being a girl" ("mi piace essere una ragazza") vestita come la supereroina dei fumetti Wonder Woman. Questa esibizione cessò quando gli editori che detenevano il copyright su Wonder Woman intrapresero azione legale.
Nel 1989, anno della sua morte, Christine affermò di aver dato alla rivoluzione sessuale "un bel calcio nei pantaloni".
Jorgensen si ritirò a Sud della California nei primi anni 1970 . Morì di cancro del polmone e della vescica , il 3 maggio 1989. trasformazione molto pubblica Jorgensen da un uomo ad una donna ha avviato un dibattito nazionale sulla identità di genere, e la sua storia si ergeva come un esempio da seguire per gli altri che hanno sofferto da quella stessa sensazione di essere intrappolati nel corpo sbagliato , o affetto da disforia di generi , come è anche chiamato .