Un insolito tran trans

Laura
«Mi trovate qui tutte le notti. Da vent’anni. Con il caldo o con il gelo io vengo a lavorare, dalle 22 fino all’alba aspetto i clienti e conosco tutti i loro gusti sessuali. Faccio l’edicolante a Milano, in corso Buenos Aires. La notte la gente compra i dvd hard e ormai a me basta guardarli in faccia per capire il genere che preferiscono. I sudamericani vogliono film trans e gay e gli italiani i video con le attrici mature, o anziane. Gli arabi cercano porno dove le donne sono sottomesse, maltrattate, o si accoppiano con animali. I cinesi vogliono solo superproduzioni, con ragazze occidentali bellissime, scene patinate, tacchi a spillo e lingerie di classe. Loro sono ambiziosi anche quando sognano il sesso. Da qualche anno vengono anche le coppie, e comprano filmati amatoriali di altre coppie. Infine ci sono le donne: preferiscono i film gay, forse perché non vogliono vedere altre femmine, ma solo bei maschi. Allo stesso modo il genere lesbo è amato dagli uomini etero. Tutti sanno chi sono, e qual è la mia storia. E nessuno ci fa caso. La vita è semplice: se fai la puttana vieni trattata da puttana, se fai la giornalaia vieni trattata da giornalaia, e io questo sono. Al massimo ogni tanto qualcuno mi urla “ricchione”. Capirai che notizia... Per il resto il mio è un tran tran tranquillo. Ho avuto solo tre relazioni: tutte lunghe e importanti. Per i miei nipoti sono zia Laura e per i miei fratelli darei la vita, e loro la darebbero per me. Ho un solo rimpianto, la chirurgia estetica: i medici mi hanno massacrato, mi hanno riempito di silicone ovunque, senza avvertirmi dei problemi che avrei avuto. A loro interessava solo presentarmi il conto. Ora sto cercando di rimettere le cose a posto, ma ci vogliono anni, coraggio e molti soldi».


Obi
«Io non voglio dire nulla. Noi trans siamo discriminate e ogni occasione è buona per attaccarci. Per le persone normali siamo tutte prostitute. Sono brasiliana, vivo in Italia da qualche anno, ho una vita normale, lavoro nella moda come stylist. Niente di più, ma per tanti questo è già troppo».





Greta
«Ho riflettuto molto sulla mia condizione. La parola più usata per descriverla è “transizione”. Potrei essere d’accordo, solo che nessuno dice che è una transizione destinata a non avere mai fine. Mi potrei anche operare, ma non diventerò mai una donna. Allo stesso modo, vestirmi e comportarmi come un uomo non farebbe di me un maschio. Io sono una trans: non è una scelta, è un dato di fatto. Questo molti faticano a capirlo e per noi la vita può essere complicata. Ogni relazione presuppone un istante in cui io devo spiegare chi sono. Tempo fa ho anche provato a mettere un annuncio sul web. Era liberatorio poter chiarire subito tutto, e essere cercati per ciò che si è. Qualche tempo fa ho avuto un brutto incidente in auto, e sono stata ricoverata a lungo. Così ho cominciato a immaginare di scrivere un mio libro. Se non sbaglio accadde qualcosa di simile alla scrittrice di Via col vento: speriamo mi porti fortuna. Non penso di impegnarmi in un’autobiografia, ma mi piacerebbe ugualmente riuscire a spiegare la realtà e i sentimenti visti con i miei occhi, che non sono quelli di un uomo, e nemmeno quelli di una donna».

Lucrezia
«Sono un avvocato penalista. Guadagno bene, i miei clienti sono contenti. A nessuno di loro interessa quando e perché ho cambiato sesso. Vogliono solo essere difesi da una brava. Nessuno mi ha mai impedito di studiare sodo, di fare la pratica legale, di entrare in un tribunale. Molte trans dicono di essere discriminate, ma è soprattutto un alibi per giustificare ogni sconfitta. Io non voglio scuse: il massimo che mi concedo è pensare che non posso stare simpatica a tutti, e andare avanti dritta per la mia strada. Il mio migliore amico è il mio compagno di banco delle medie. I miei mi hanno sempre appoggiato. Ma hanno anche capito fin da subito che, in ogni caso, avrei preso le decisioni che ritenevo necessarie. Ora sono una donna: lo sono per tutti, anche per l’anagrafe. Sono sposata, insieme a mio marito ho anche valutato di adottare un bambino. L’avrei potuto fare, lo avrei voluto. Ho rinunciato solo perché la mia professione mi impegna tutto il giorno».

Gisel
«Sono nata a Carupano, in Venezuela. Da piccola mi mettevo le vestaglie trasparenti di mia mamma. Sono stata una bambina, e poi un’adolescente e dopo una ragazza. Un maschio non lo sono mai stata. Non sono operata, ma questo non cambia nulla. Quando avevo sedici anni, durante le feste di carnevale, mi hanno notata come ballerina, e sono andata a vivere a Caracas. Poi ho seguito un uomo in Germania e alla fine il destino mi ha portata a Milano. Cosa faccio? Scriva che sono una segretaria. Qui vivo con un ragazzo. Anzi, con una donna che sta diventando un uomo. Già, sembra una barzelletta. Quando passeggiamo insieme la gente si volta. Anche quando vado in giro da sola tutti mi guardano, e a me piace da morire attirare l’attenzione. Gli uomini mi dicono che sono bella, ma io preferisco tornare a casa dalla mia compagna/ compagno: è la sola persona che mi vuole bene veramente. Come lo so? È l’unica che quando ho bisogno mi aiuta. Tra di noi non c’è sesso, Non c’è mai stato. Molto meglio così. Perché poi, il sesso, per noi trans, è quasi una maledizione. Ci cercano solo per quello. La notte tutti ci vogliono. Di giorno nessuno ci conosce».

Virginia
«Io sono Virginia. Il mio nome non è scelto a caso: non ho mai fatto l’amore. Ho tanto aspettato e adesso pretendo che la mia prima volta sia perfetta. Con un uomo che amo, e che mi ama. Lavoro in un quotidiano: scrivo articoli di cronaca locale. Prima facevo delle serate in discoteca, ed è là che ho incontrato la mia migliore amica, quella che mi ha dato la forza di cui avevo bisogno. Mi sono sempre sentita una donna, ho sempre pensato di esserlo, però affrontare tutte le operazioni che ti trasformano è difficile, fa paura e bisogna essere molto convinti. Ho imparato che le persone ti discriminano quando non comprendono cosa sei. È un fatto istintivo. Ho avuto problemi quando non si capiva se ero un maschio o una femmina: penso fosse destabilizzante per le persone cosiddette “normali”. Adesso chiunque mi guardi vede una ragazza, almeno fino a che sono vestita, e questo è ciò che importa».






Di Pina Gandolfi e Andrea Greco
11 maggio 2010(ultima modifica: 12 maggio 2010)
fonte;http://www.corriere.it/cronache/10_maggio_11/reportage-trans_a0559976-5cfd-11df-97c2-00144f02aabe.shtml

Commenti

adam ha detto…
Bellissimo articolo, Vanessa...

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