2010: l'Italia sarà uno stato laico?


di Monica Lanfranco

Lo spot, che dura circa tre minuti, inizia con l’inno nazionale, e sullo schermo della tv passano gli articoli della Costituzione dove si ricorda che tutti gli esseri umani hanno diritto a libertà, integrità del corpo, uguaglianza e pari opportunità. Poi la scena cambia e, di seguito, una giovane donna si presenta e dice di essere insegnante e lesbica, un giovane uomo si presenta e dice di fare il programmatore e di essere gay, un altro si presenta e dice di fare l’operaio e di essere eterosessuale, poi è la volta di una barista transessuale e di una prostituta. Si ritrovano insieme in una stanza con sullo sfondo la bandiera nazionale e dicono di avere una cosa importante in comune: godere, tutte, degli stessi identici diritti. Cittadine e cittadini di uno Stato laico che si basa sulla condivisione di diritti, e di doveri, che prima di tutto è lo Stato stesso che salvaguarda e difende.


Ma non siamo in Italia. Siamo in Perù, paese dell’America latina non privo di problemi sociali ed economici, eppure capace di pensare, finanziare e diffondere via tv e internet un messaggio politico e culturale così semplice e così forte.

Se si fa un confronto con lo spot promosso in Italia dal Ministero delle Pari opportunità contro l’omofobia, nel quale la scelta è stata quella di puntare sull’insistenza del ‘ti interessa sapere se questa persona è etero o omosessuale’, è subito chiaro qual è l’abissale differenza: in Perù l’accento è sui diritti, in Italia no.

Mi importa o non mi importa: una visione lontana dall’orizzonte dell’impegno civile sottesa dall’analisi di ‘cosa ci accomuna e cosa no’.

Non è un particolare, è la sostanza. È l’essenza dalla quale scaturiscono scelte politiche collettive, ed è, soprattutto, una dichiarazione di intenti sorretta da una visione laica della coesistenza della collettività e della cittadinanza. Lo spot peruviano sta girando in rete, ed è un bene, perché è ora di ricominciare a guardare con attenzione alle priorità di una agenda non solo virtuale di priorità politiche.

Il 2009 si chiude in Italia con alcune domande fondanti e universali alle quali le forze laiche non sono state capaci di dare risposte unitarie: un essere umano potrà, in questo paese, decidere come terminare la propria vita, a casa sua o in strutture dedicate? Una donna potrà scegliere tra l’aborto farmacologico o chirurgico, e lo potrà fare nel rispetto della legge 194 oppure la legge sarà modificata in senso restrittivo? Due donne, o due uomini, potranno dirsi famiglia oppure no, e quindi adottare, stare in graduatoria per l’assegnazione di una casa, godere della pensione reversibile del coniuge, oppure saranno inesistenti agli occhi del diritto e della politica? Chi proviene da altri paesi godrà della cittadinanza e dell’inclusione come soggetto di diritti e di doveri, se rispetta le leggi? La libertà di professare la propria religione sarà, legittimamente, garantita a ogni persona, restando però fuori dallo spazio pubblico, oppure la visione laica dello stato sarà affiancata da quella religiosa al punto, come già accade in Inghilterra e in Canada, che alla legge laica sarà affiancata la sharia islamica, e il Vaticano potrà continuare a influenzare in modo sostanziale l’agenda politica e legislativa del nostro paese?

Nascere, crescere, vivere, lavorare, avere diritti e condividerli, decidere del proprio corpo, della propria esistenza e quindi di come essa si evolva e prenda forma, nel rispetto dei limiti e delle possibilità che la comunità traccia per il bene comune, limiti e possibilità dei quali la laicità dello stato è ingrediente fondamentale.

Sembrano argomenti alieni per la politica italiana di questi ultimi due decenni, e lo sono davvero, perché di fatto la politica in Italia è diventata altro rispetto alla collettività della quale, appunto, la politica dovrebbe curarsi.

Un corto circuito molto più pericoloso di quello che appare, e nel quale stanno germogliando frutti velenosi e mai debellati: il razzismo, il sessismo, la xenofobia, l’omofobia, alla base dei quali ci sono ignoranza e paura, a loro volta alimentati da un drammatico deficit culturale che ha visto la tv diventare il principale strumento di formazione delle coscienze. Lontani dall’essere oscurantisti ed economicamente arretrati, i fondamentalismi sono modernisti e capitalisti e si oppongono con forza alla visione laica della società. L’altra faccia della globalizzazione è la frammentazione delle comunità secondo i binari della religione, dell’etnicità o della cultura. È questa la situazione sfruttata dai fondamentalismi, che ben si saldano con le politiche delle destre. Tacere su questa rimozione non solo fa fare a noi occidentali un gigantesco passo indietro nella storia del percorso dell'autodeterminazione, ma infligge un colpo mortale a chi lotta per la secolarizzazione in paesi e culture dove ancora la religione e il patriarcato sono legge. Sostenere la laicità dello stato, oggi, significa difendere la libertà responsabile di ogni persona. Ma la politica se ne accorgerà?


gonte:http://www.dongiorgio.it/pagine.php?id=1946&nome=prima

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