Una voce d'angelo intrappolata nel corpo di un gigante. Troppo dolce per essere maschile. Troppo intensa per venire da una donna. Quando sente quella definizione Antony Hegarty, 37enne cuore e cervello degli Antony and the Johnsons, sempre delicatissimo e con lo sguardo innocente da bambino, si scompone e scoppia a ridere: «Direi pollo che qualcuno, forse per le ali, confonde con un angelo. Per me Nina Simone aveva la voce d'angelo: era una naturale espressione di gioia, della misteriosa esperienza dell'essere vivi ». Modesto.
Nato in Inghilterra, ma cresciuto negli Usa, Hegarty è stato scoperto da Lou Reed che lo ha voluto in molti progetti e che lui vede «come un padre perché ha spinto la gente a conoscermi e mi ha protetto». Ora che sta per uscire il terzo album («The Crying Light», 16 gennaio), Antony and the Johnsons sono una band cult per palati rock-snob che aspettano con ansia il tour di primavera: 28 marzo Ancona, 29 Roma, 31 Prato, 1˚aprile Milano. Lui parla così della sua voce: «Non è che quando sono nato, al mio primo vagito il dottore abbia gridato "wow!"... È stato un processo di crescita. La cosa più importante è stata ascoltare Ray Charles e altri artisti con voci che esprimevano emozioni». Come mai «The Genius»? «La sua cover di "Yesterday" dei Beatles, sentita a 18 anni, mi ha cambiato la vita. È una ballad malinconica, ma lui la rendeva elettrica e il suo era un canto estatico ». La lista è lunghissima, tanto con uno stile unico come il suo nessuno può accusarlo di copiare... «I cantanti pop di quando ero ragazzino come Boy George, Marc Almond, Kate Bush, Alison Moyet, e quelli che ho amato come Elizabeth Fraser dei Cocteau Twins, Otis Redding e Miriam Makeba che mi faceva ballare anche senza capirne la sua lingua».
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In «The Crying Light » abbondano i riferimenti alla natura. «Per me quello di Madre Natura è un concetto letterale. Sono fatto degli stessi elementi della Terra: carbone, acqua, ossigeno, minerali». Antony non parla però di album ecologista: «Dovremo chiedere agli scienziati le risposte. Forse ci vuole un accordo internazionale sui combustibili fossili perché come singoli siamo troppo piccoli e non possiamo mollare tutto e smettere di guidare: è il consumismo e noi ne siamo parte ». «I Am a Bird Now», successo del 2005, parlava spesso di ambiguità sessuale (commovente il duetto con Boy George in cui si dicevano «sei mia sorella»); il nuovo cd è dedicato al ballerino giapponese Kazuo Ohno («Incarnava il bambino e il divino al femminile»); nella sua carriera c'è un passato da drag queen e spesso usa abiti da donna: Antony è anche un'icona gay. E allora come vede la situazione negli Usa con da un lato le speranze per l'arrivo di Obama, dall'altro la California che vieta i matrimoni gay? «Ogni volta che si vota i conservatori agitano lo spettro di due falsi problemi morali: omosessuali e aborto. Vorrei che non si parlasse più di gay sotto elezioni, ma la comunità viene sedotta dal dialogo». E nel dibattito che ruolo sente di avere come artista? «Non ho un piano strategico, il mio lavoro è come un capello che cresce e credo sia utile per altri transgender vedersi rappresentati, aiuta a rompere l'isolamento».
Andrea Laffranchi
30 dicembre 2008Corriere
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