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mercoledì 15 settembre 2010

Fuga verso Cina, Brasile e India. Ecco le mete ideali per chi cerca lavoro

Il lavoro non c'è (o non vi soddisfa) e vi sentite cittadini del mondo? Allora è il momento di dare una svolta e prendere il primo aereo per la Cina. Uno studio realizzato da Manpower su un campione di 62mila aziende di tutto il mondo indica nel gigante asiatico il paese in cui oggi ci sono le migliori condizioni per trovare un lavoro in linea con le proprie competenze e aspirazioni. Male che vada ci si può spostare in un paese vicino, visto che la top ten stilata dalla società di ricerca del personale vede cinque presenze asiatiche, con India e Taiwan sui gradini bassi del podio.

«Per il quarto trimestre dell'anno prevediamo un mercato del lavoro in crescita in 28 dei 36 paesi esaminati, contro gli appena dodici rilevati solo un anno fa», spiega Jeffrey A. Joerres, presidente e amministratore delegato di Manpower, «ma resta la difficoltà di far incontrare le esigenze delle imprese con le competenze dei lavoratori. Per questo, mai come ora, è fondamentale mostrare flessibilità nel valutare le offerte in tutto il mondo».

Lo scenario è molto positivo anche in Brasile e Svizzera, mentre la domanda delle imprese resterà debole a lungo in Italia, Grecia, Repubblica Ceca, Spagna e Irlanda. Per certi versi sorprendente la situazione in Giappone: è vero che la domanda del paese è inferiore rispetto agli altri Stati asiatici, ma il Sol Levante presenta oggi le migliori condizioni da tre anni a questa parte. Segno che il clima sta migliorando e l'industria è pronta a trainare la ripresa.

Quanto alla Germania, la crescita dell'occupazione non è paragonabile a quella dei paesi emergenti, ma ci sono molte opportunità per ingegneri, professionisti della sanità e venditori. Mentre gli Stati Uniti restano nel limbo, con una domanda tendenzialmente stabile, che potrebbe spingere molti talenti a cercare miglior fortuna in Brasile, Costa Rica e Perù, tutti caratterizzati da una offerta di personale qualificato inferiore alle richieste del mercato.

Cina e Brasile continuano ad accrescere le riserve

C'è qualcuno che specula sulle valute? «Ovviamente sì», risponde Riccardo Barbieri ex capo economista di Bank of America ed ora consulente per una serie di hedge fund. «Se si allude alle operazioni dei trader o degli hedge fund è naturale che questi investitori stiano speculando o al ribasso su euro e dollaro o al rialzo sulla valuta giapponese o australiana o neozelandese». Che lo stiano facendo è, infatti, nelle cose e nei numeri della Commodity futures trading Commission.


C'è forse un nuovo George Soros, come quello che speculò nel 1992 su lira e sterlina? «Erano altri tempi, altri mercati e soprattutto c'erano allora i cambi fissi – precisa Barbieri –. Oggi quegli attacchi non sarebbero possibili. Li abbiamo visti anche nel 2001 sulla lira turca, ma sono impensabili su dollaro, euro o yen». Probabilmente anche il mercato delle valute è molto meno influenzabile, viste le enormi dimensioni. Barbieri fa notare come buona parte dei volumi non sia opera degli hedge fund o dei fondi pensione, la cui attività s'è semmai ridotta con la crisi, ma delle banche centrali, il cui ruolo è diventato sempre più determinante. «Queste muovono flussi ingenti e si comportano per lo più come veri investitori. E sebbene gli interventi diretti sul mercato dei cambi, specie da parte della Fed o della Bce, siano piuttosto rari, è il ruolo delle banche centrali dei paesi emergenti o, meglio di Cina, Brasile, Giappone e Corea che determina buona parte dei movimenti». Non a caso le riserve cinesi sono raddoppiate in tre anni a 2.400 miliardi di $, quelle giapponesi sono passate da 404 a 993 miliardi e in Brasile da 122 a 247. «Le banche centrali gestiscono ormai in maniera attiva questo denaro e più accumuleranno riserve, più vedremo significativi movimenti di lungo periodo sui cambi», aggiunge Barbieri.

Par di capire che sarà il dollaro a soffrire maggiormente. «Sì», risponde l'economista, soprattutto se s'immagina un mondo ideale di fluttuazioni libere, senza interventi delle banche centrali. «In quel caso le valute di Cina, Russia o Brasile si rafforzeranno sul dollaro e alla fine la valuta Usa perderebbe anche sull'euro». A meno di una nuova crisi sui debiti sovrani. Ma se davvero ci fosse un default in Europa, conclude Barbieri, «credo che sarebbe il paese in fallimento a dover lasciare l'euro; non certo che lo faccia la Germania».

Fonte:http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-09-12/cina-brasile-accumulano-riserve-141559.shtml?uuid=AYqGAIPC

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