In una sola settimana tre decessi al padiglione “Roma” del carcere di Poggioreale a Napoli che ospita tossicodipendenti e transessuali. Una contabilità di morti vergognosa per qualunque penitenziario occidentale. L'altro ieri sera l'ultimo decesso: la morte di una transessuale per inala-mento di gas. L'amministrazione ha definito il decesso come un suicidio ma la condizione dei tossicodipendenti al padiglione “Roma” di Poggioreale dimostra un fenomeno sommerso quanto diffuso nei nostri penitenziari: l'uso di sostanze che a volte vengono dall'esterno e a volte come le bombolette di gas vengono usati all'interno delle strutture. Le nostre strutture detentive sono inadeguate ad affrontare tale emergenza. Intervista a Dario Stefano Dell'Aquila dell'associazione Antigone in Campania.
l'ennesimo decesso al padiglione Roma di Poggioreale...
Ieri c'è stata una morte sospetta nel carcere di Poggioreale. È morto un ragazzo di 32 anni mentre inalava gas da una bomboletta. Il ragazzo era un trans ospite nel padiglione “Roma”. Siamo preoccupati in quanto è la terza morte della medesima settimana nel padiglione “Roma”. Le dinamiche di questo episodio ci fanno pensare che sia il caso di approfondire le cause, non solo sul punto di vista penale ma anche per capire quali sono le criticità del carcere più affollato d'Italia e quali sono le misure da intraprendere per evitare questa triste contabilità della morte.
Cos'è il padiglione “Roma”?
Il padiglione “Roma” è dedicato ai tossicodipendenti che però ha una caratteristica: nell'ultimo piano c'è una sezione dedicata ai transessuali e dall'alta parte un reparto dedicato ai cosiddetti “sex offenders”. Questo padiglione dovrebbe prendere in carico le persone tossicodipendenti, che a Poggioreale sono circa cinquecento, per una ospitalità consentita di quattrocento. Poggioreale è come se fosse tanti carceri messi insieme e si sconta una pena in cella dove si può arrivare a otto, dieci, dodici persone con letti a castello e un solo bagno. Una situazione dove c'è una scarsa vivibilità che definiamo: condizioni umane degradanti oltre la difficoltà di presa ad incarico in quanto c'è un rapporto detenuti operatori molto basso. Basti pensare che ci sono sedici educatori a fronte di duemila e seicento detenuti.
Come viene affrontata la tossicodipendenza nelle carceri?
C'è un sommerso nelle carceri: l'uso di sostanze che a volte vengono dall'esterno e a volte come le bombolette di gas vengono usati all'interno delle strutture. Una pratica sommersa di cui non si tiene conto che rende da un lato difficile la presa incarico del detenuto e dall'altro scherma i servizi sanitari che dichiarano di non trovarsi dinanzi un reale bisogno.
Di Alessandro di Rienzo.
Nessun commento:
Posta un commento