SUDAFRICA, STUPRI: COSì VENGONO «PUNITE» LE DONNE GAY


JOHANNESBURG. Sta diventando una vera e propria piaga sociale, in Sudafrica, lo stupro di gruppo usato come mezzo per “curare” le donne lesbiche. Lo denuncia un rapporto dell’Organizzazione non governativa (Ong) ActionAid intitolato «Crimini d’odio: l’aumento dello stupro correttivo in Sudafrica». Sempre più spesso bande di uomini sudafricani attaccano, violentano e in alcuni casi uccidono donne il cui orientamento sessuale è ritenuto una malattia da estirpare. La gravità della situazione è apparsa evidente dopo il caso di Eudy Simelane, calciatrice, lesbica, stuprata e uccisa l’anno scorso. Una vicenda che fece scalpore e che ha attirato l’attenzione delle organizzazioni umanitarie sul problema.

La Costituzione sudafricana è peraltro una delle più progressive e il Sudafrica è stato il primo Paese dell’Africa a legalizzare, nel 2006, il matrimonio tra omosessuali. I pregiudizi però restano, soprattutto nelle enormi periferie metropolitane. Solo a Città del Capo, secondo i dati raccolti da ActionAid, ogni settimana sono almeno dieci le lesbiche aggredite e costrette a subire quello che viene definito “stupro correttivo”. Dal 1998, 31 lesbiche sono state assassinate in Sudafrica da aggressori omofobici, ma la cifra è probabilmente molto al di sotto della realtà. E i crimini di questo tipo sono in continuo aumento. Anche perché, secondo ActionAid, la polizia e la magistratura non riescono quasi mai ad arrestare e a condannare i colpevoli. Solo due dei 31 omicidi sono finiti con un processo e solo in un caso il tribunale ha emesso sentenza di condanna.

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