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giovedì 4 giugno 2009
La crociata per il Gay Pride, "Roma come Teheran"
NON si rassegnano i promotori del Gay Pride. E lanciano appelli: al prefetto, al sindaco, persino al ministro Maroni. Perché a dieci giorni dalla tradizionale parata omosex che il 13 giugno avrebbe festeggiato i quarant’anni dai moti di Stonewall — ovvero la prima ribellione di lesbiche, gay e trans contro i soprusi della polizia di New York — il corteo romano non ha ancora un approdo e, cosa peggiore, neppure un tragitto definito. Per due volte piazza San Giovanni è stata negata: anche quando è stato proposto — sia al gabinetto del sindaco sia alla Questura —di far slittare l’a ppuntamento di una settimana, dal 13 al 20, entrambe le date occupate da eventi religiosi.
Mentre è dell’altro ieri il diniego all’ennesimo itinerario alternativo, da piazza della Repubblica a piazza Navona: stavolta per l’impossibilità a transitare in piazza Venezia, luogo denso di sedi istituzionali e obbiettivi sensibili (tra cui la dimora privata del premier). E ciò nonostante le ultradecennali sfilate gay mai abbiano provocato incidenti né qualsivoglia problema all’o rdine pubblico. «Umiliante» è stata infine definita la controproposta di San Vitale (partenza dalla Bocca della Verità, arrivo in piazza Navona): «Un percorso di qualche centinaio di metri che sminuirebbe il senso della manifestazione », l’ha bocciato il comitato organizzatore del Pride. «A questo punto è chiaro che la decisione è politica, ora faremo ricorso al Tar e ci rivolgeremo al presidente Napolitano», ha minacciato il circolo Mario Mieli.
Nel frattempo il caso è montato. Alimentato dal sospetto che le crescenti difficoltà celino una precisa volontà del Campidoglio, che già l’anno scorso negò il patrocinio alla parata. Una lettura tuttavia smentita dall’assessore alla Cultura, Umberto Croppi. «Purtroppo sono stato via qualche giorno e se n’è occupato il gabinetto del sindaco», premette, «ma non c’è alcuna opposizione politica, anzi. Ora mi metterò al lavoro per trovare una soluzione, anche perché i promotori del Pride hanno mostrato sin dall’inizio grande disponibilità a concordare un itinerario che non desse problemi ». Non è piaciuto, a Croppi, come è stata gestita la cosa: «Non è accorciando il percorso che si risolve la questione». Intanto già da ieri è cominciata la raccolta di firme per sostenere l’appello al prefetto e a tutte le istituzioni affinché il Gay Pride di Roma «possa tenersi in modo regolare, come è avvenuto ogni anno nella Capitale».
E dello stesso tenore è la lettera aperta che la deputata del Pd, Anna Paola Concia, ha scritto al ministro dell’Interno perché adotti ogni misura necessaria allo svolgimento del corteo omosex «in un clima di serenità e con un percorso adatto al genere di evento». Una serie di iniziative che sabato prossimo sfoceranno nel sit-in di protesta in via di San Giovanni in Laterano: «Una maratona dei diritti e delle libertà a partire dalle ore 22», annunciano in una nota Arcilesbica, Arcitrans e Arcigay. Il cui presidente, Fabrizio Marrazzo, si incarica di spiegarne il senso: «La decisione della questura porta Roma ad assomigliare sempre più a Mosca, dove ogni anno il Gay Pride viene ostacolato e represso nel sangue.
di Giovanna Vitale
http://roma.repubblica.it
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