È stata la giornata dell'odio. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha scelto la strada della violenza verbale, trasformando la conferenza dell'Onu sul razzismo nel palcoscenico di una sfida oltraggiosa. Una sfida che merita una risposta ancora più determinata di quella (rivelatasi giusta) del boicottaggio preventivo di Durban II. La folle invettiva anti-ebraica dell’ingegnere guidato in cielo dall’Imam Nascosto è arrivata proprio mentre l’amministrazione americana pensa ad un nuovo percorso negoziale per disinnescare il dossier del nucleare di Teheran e tenta di riavviare, tra molte difficoltà, il processo di pace israelo-palestinese. Un pugno chiuso nella mano tesa di Barack Obama. Una bottiglia molotov in casa di Benjamin Netanyahu e Avigdor Liebermann. Un segnale di disprezzo per gli sforzi degli uomini del Dipartimento di Stato che tentano di convincere il governo di Gerusalemme ad accantonare il sogno (o i preparativi) di un duro colpo agli ayatollah.
Il discorso sbagliato, insomma, al momento sbagliato. Ma non è solo l’armamentario negazionista a indignare, nella retorica tossica di Ahmadinejad. Parlare della nascita di Israele come di «un’operazione di invio di immigrati dall’Europa e dagli Stati Uniti per stabilire un governo totalmente razzista nella Palestina occupata» è certamente una pesante infamia in un mondo che non ha ancora perso e non vuole perdere la memoria. Ma il veleno che viene da Teheran è anche un veleno religioso, come dimostra l’altra parte del discorso di Ginevra, quella terzomondista-integralista: accolta, purtroppo, da temibili applausi in una platea già mobilitata sul tema dell’«islamofobia». A parlare ieri non era il presidente di un Paese, ma l’uomo che aveva concluso la sua lettera a George Bush del maggio 2006 con questa frase: «Che ci piaccia o no, il mondo gravita verso la fede in Dio e nella giustizia, e il Volere di Dio prevarrà sopra ad ogni altra cosa». La teocrazia di Teheran è, da tempo, la principale minaccia alla pace del mondo, come sanno, per esempio, i palestinesi vittime dell’avventurismo oltranzista di Hamas. «L’Iran non è una democrazia, come è vero che non si servono bistecche in un ristorante vegetariano e che non si gira in bikini in un campo di nudisti», ha scritto Thomas Friedman. Questo non vuol dire che non si debba negoziare il negoziabile. Ma si tratta anche di pensare, nel Consiglio di Sicurezza e nell’Assemblea generale dell’Onu, a delle misure in grado di evitare che quanto è accaduto ieri non accada mai più.
Stati Uniti, Italia, Germania, Israele, Australia, Canada, Olanda e Svezia boiccottanno l’appuntamento, perché la dichiarazione della conferenza, che dovrebbe essere contro il razzismo, paradossalmente trabocca di antisemitismo. Com’è noto infatti, la conferenza - così come il Consiglio dell’Onu sui diritti umani - è in mano alle dittature e ai paesi islamici, che la usano principalmente come pulpito da cui levare davanti all’opinione pubblica mondiale, sfruttando la credibilità dell’Onu (quella poca che gli è rimasta), la loro inappellabile sentenza di condanna nei confronti di Israele. Un’altra parte inaccettabile della dichiarazione è quella sulla cosiddetta «diffamazione religiosa», che i paesi islamici hanno introdotto per giustificare la censura e i limiti alla libertà d’espressione.Paolo Lepri
21 aprile 2009 http://www.corriere.it
Ratzinger ha voluto onorare la ben poco raccomandabile conferenza con una vera e propria benedizione urbi et orbi. Ratzinger poteva fare a meno di "benedirla" così platealmente. Ma ormai ci ha abituati a queste gaffe. Evidentemente la Santa Sede non vuole perdere occasione per dimostrarsi più interessata a mantenere buoni rapporti con i paesi islamici piuttosto che con Israele e il mondo ebraico. La posizione che ha assunto il ministro Frattini fa onore all'Italia. A Conferenza dell'ONU su razzismo e xenofobia, che si e' trasformata come il Dr. Jekill e Mr. Hide nel festival dell'odio contro Israele e nel disprezzo dell'occidente e dei suoi valori fondanti. ''E' un segnale di difficile comprensione, l'ennesima iniziativa incauta del Pontefice, che si somma alla lista dei precedenti scivoloni nei rapporti con l'ebraismo: dalla revoca della scomunica al vescovo negazionista Williamson alla beatificazione di Pio XII e alla preghiera del venerdi' santo per la conversione degli ebrei''. E' il commento del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, in una intervista alla Stampa, della decisione del Vaticano di partecipare alla conferenza dell'Onu sul razzismo, la cosiddetta Durban 2.
Per Di Segni ''la realta' di Durban e' in profonda contraddizione con gli annunciati e lodevoli intenti anti-xenofobi dei quali parla il Pontefice'' ed e' particolarmente grave che ''questo preoccupante e contraddittorio intervento di Benedetto XVI sia avvenuto alla vigilia del suo viaggio in Terra Santa''. Secondo il rabbino capo di Roma ''adesso, dopo il malconsigliato intervento del Papa, lo scenario sara' l'ondata di indignazione internazionale e poi, ancora una volta, la correzione di rotta da parte della Santa Sede. Intanto pero' il danno e' fatto perche' il Vaticano rilegittima Durban 2, vanificando in parte l'effetto del giusto boicottaggio di molti Paesi come l'America e l'Italia''.
http://www.asca.it
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