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venerdì 10 luglio 2009
Non vogliamo centrali nucleari!
Da oggi il governo è libero di costruire centrali nucleari in Italia e di individuare siti per depositare le scorie radioattive: ma di quale sviluppo parliamo?
10 luglio 2009 - Giorgio Nebbia (Chimico)
Mascherato fra altre iniziative di carattere economico il governo ha “finalmente” fatto passare il suo tentativo di resurrezione dell’energia nucleare, accompagnato da scandalose norme che affidano al governo le decisioni, coperte dal segreto di stato, sulla localizzazione e costruzione di centrali e depositi di scorie radioattive, che prevedono l’intervento dell’esercito per fermare eventuali proteste e che prevedono compensi in denaro per chi accetta centrali o depositi nucleari, la tradizionale monetizzazione per i rischi di sicurezza e di salute..
Tentativo che si scontrerà con fattori di costi, difficoltà tecniche, con la constatazione che in Italia non esiste nessun posto accettabile per la localizzazione di centrali nucleari o di depositi di scorie radioattive.
Il governo ci prova: a noi resta, come cittadini, svegliarlo dai suoi sogni e far capire all’opinione pubblica che l’energia nucleare non è pulita, né economica, né sicura. A noi resta la protesta per evitare danni e costi e dolori futuri: “protest and survive”.
Nessun sito!
La scelta di una località adatta per “ospitare” una centrale nucleare presuppone alcune conoscenze: prima di tutto occorre sapere quante centrali e di quale tipo si prevede la costruzione. Le centrali nucleari cosiddette “di terza generazione” (EPR) hanno una potenza di circa 1600 megawatt ciascuna (le quattro a carbone di Cerano, vicino Brindisi, hanno una potenza totale di circa 2600 megawatt): ne esistono due, una finlandese a Olkiluoto, a metà del suo cammino costruttivo, una in Francia a Flamanville, che dovrebbe essere completata entro alcuni anni.
Si tratta di centrali che producono elettricità col calore che si libera in seguito alla fissione, mediante urto di neutroni, rallentati per passaggio attraverso acqua, dei nuclei di uranio-235 con formazione di vari sottoprodotti fra cui plutonio e numerosi nuclei più piccoli, tutti radioattivi. Il calore che si libera viene trasferito ad una massa di acqua sotto pressione a circa 150 atmosfere e circa 300 gradi che circola in un circuito “primario” di tubazioni, e viene poi trasferito ad altra acqua (circuito “secondario”) che si trasforma a sua volta in vapore e fa girare le turbine del generatore di elettricità. Un flusso di acqua di raffreddamento (circa 70 metri cubi al secondo, quattro volte la portata media alla foce del fiume Ofanto) trasforma di nuovo il vapore in uscita dalle turbine in acqua liquida che torna nella caldaia del circuito secondario. In queste centrali l’acqua del circuito primario del reattore, radioattiva, non viene a contatto con l’acqua del circuito secondario.
I reattori di terza generazione scoppiano come quello di Chernobyl ? Quasi certamente no perché sono circondati da un doppio involucro di protezione di cemento armato e sono dotati di speciali accorgimenti di raccolta del fluido del reattore, nel caso si verificasse una frattura nella zona contenente la radioattività.
Dove potrebbero essere messi ? Già le poche cose dette indicano che il reattore, il circuito delle turbine, gli impianti di presa e di circolazione dell’acqua di raffreddamento, sono grosse strutture, del volume di circa un milione di metri cubi, che contengono una massa di cemento, acciaio e materiali vari di circa un milione di tonnellate. La centrale deve essere installata in una zona dove è disponibile molta acqua di raffreddamento (dato lo stato e la portata dei nostri fiumi, l’unica soluzione è data dall’uso dell’acqua di mare), su suolo geologicamente stabile e senza rischi di terremoti: i due reattori in costruzione, quello finlandese e quello francese, sono in due promontori di rocce granitiche in riva al mare.
L’eventuale centrale dovrebbe essere vicino a un grande porto perché una parte dei macchinari deve essere importato via mare; il contenitore del reattore finlandese è stato costruito in Giappone. Qui comincia il lavoro degli analisti del territorio; si tratta di percorrere le coste italiane e vedere se si trova una zona adatta per una o per “il gruppo” di centrali annunciate. Ci sono naturalmente molti altri vincoli; ai tempi della precedente avventura nucleare italiana, dal 1975 al 1986, sono state fatte numerose indagini territoriali e fu elaborata una “carta dei siti” ritenuti idonei alla localizzazione delle (quattro) centrali nucleari allora previste, che erano più piccole e con minori vincoli di localizzazione. Allora le norme internazionali indicavano la necessità di avere, intorno alle centrali nucleari, una zona di rispetto del raggio di circa 15 chilometri nella quale non dovevano trovarsi città o paesi, strade di grande comunicazione e ferrovie, impianti industriali, depositi di esplosivi, installazioni militari.
La varie località proposte, in Piemonte, a San Benedetto Po in Lombardia, ad Avetrana in Puglia dovettero essere scartate dopo indagini territoriali più accurate, e l’idea di costruire centrali nucleari in Italia fu finalmente abbandonata dopo la catastrofe al reattore di Chernobyl.
Anche se la, o le, localizzazioni delle nuove centrali saranno coperte dal segreto di Stato, ci sarà pure un giorno in cui i cittadini di una qualche zona d’Italia --- il fiammifero acceso toccherà ancora una volta al Mezzogiorno ? --- vedranno arrivare sonde e geologi e ruspe e recinzioni e gli amministratori locali dovranno fare i conti con autorizzazioni e espropri. Sarà quello il tempo in cui gli abitanti delle zone interessate vorranno interrogarsi su quello che sta succedendo, sulla propria sicurezza futura, sul destino delle acque sotterranee e delle spiagge e coste.
Non sarà il segreto o il controllo militare a impedire ai cittadini di informarsi, di leggere le carte geologiche e la frequenza dei terremoti, le norme internazionali di sicurezza delle centrali. A parte il fatto che le centrali nucleari non producono energia a costi competitivi e che è irrisolto il problema dello smaltimento delle scorie radioattive, apparirà allora che non c’è neanche nessun posto in cui insediarle, nel rispetto dell’ambiente, in un Paese come il nostro geologicamente fragile, esposto a terremoti e frane, con coste già sovraffollate, spiagge erose e mari inquinati.
fonte:http://www.peacelink.it/mosaico/a/29910.html
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