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martedì 28 luglio 2009

Icone gay in foto la mostra a Londra

di Filippo Brunamonti
Alla National Portrait Gallery sessanta ritratti fotografici raccontano altrettanti protagonisti della lotta contro le discriminazioni
Joe Dallesandro
Quando raggiungiamo Neil Evans, ufficio stampa di Gay Icons, tutto sembra abolito. Barriere, inibizioni, sesso, sessi. Neil ha quel mood accomodante ed etereo per cui - non a caso - certe rivoluzioni anti-mainstream sarebbero disposte a pagare oro. La mostra Gay Icons, alla National Portrait Gallery di Londra fino al 18 ottobre, è una piccola provocazione di massa e, al contempo, una sorpresa culturale. Sessanta icone gay ritratte ed esposte per rappresentare la comunità omosessuale. Occorre un ragazzo come Neil, sommerso di polemiche dalla stessa comunità gay (che vuole immortalati i veri feticci, mentre in galleria mancano Liza Minelli e Barbra Streisand), eppure sereno, persino ironico: "Fa caldo qui", ci dice, alludendo sia al clima bollente (a Londra la temperatura segna +30°) che all'aria di malcontento generale. "Vorrei venire in Italia, a Roma, e fare a cambio", ride, conscio che, nei pressi del Vaticano, una mostra come Gay Icons scatenerebbe ben altre ire.

L'installazione è curata dalla scrittrice e giornalista tv Sandi Toksvig, secondo cui la mostra sarebbe un concentrato di volti intimi e pubblici, storie private e mondane. In particolare, storie di coraggio narrate tramite il mezzo fotografico. "Ho instaurato un vero e proprio Comitato scientifico, per lo più composto da divi, a loro volta simboli della comunità gay britannica", rivela l'ideatrice di Gay Icons, ora tacciata, assieme al Comitato, di aver lasciato fuori un'icona del calibro di Judy Garland. Se Sandi Toksvig ha selezionato tre icone gay, come la pittrice e scultrice francese dell'800 Rosa Bonheur, l'attivista Peter Tatchell e Kd lang, Elton John ha invece dato spazio ai propri idoli eterosessuali: il cantautore Bernie Taupin, suo collaboratore storico, e il violoncellista Mstislav Rostropowitsch. L'attore Sir Ian McKellen si è innamorato della figura social-politica di Harvey Milk, a cui Sean Penn ha prestato il suo volto da Oscar nell'ultimo film di Gus Van Sant, e di Margarethe Cammermeyer, esclusa dall'esercito per aver fatto outing; la tennista Billie Jean King ha scelto Nelson Mandela e Althea Gibson, prima donna di colore a trionfare in un torneo del grande slam; Chris Smith, primo politico inglese dichiaratamente gay, ha scelto il matematico Alan Turing, noto all'opinione pubblica per essersi suicidato dopo le denigrazioni per la propria identità sessuale, e la scrittrice Virginia Woolf, che ebbe una relazione con Vita Sackville-West; lo scrittore Alan Hollinghurst ha indicato Joe Dallesandro, alter ego di Andy Warhol, e il poeta vittoriano Gerard Manley Hopkins.

Nella kermesse, non mancano la Principessa Diana, il cantante pop Will Young, lo spirito blues Bessie Smith, l'attore e scrittore Quentin Crisp, per arrivare poi a Marylin Monroe e, immancabile, Madonna. Sulle note di guerra, Sandi Toksvig ha espresso la volontà di dar vita ad un contenitore web in cui chiunque possa scegliere e inserire la sua icona gay. In attesa di una mitica antologia, sull'atollo del rispetto e del riconoscimento.

http://espresso.repubblica.it

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