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venerdì 5 dicembre 2025
La Scala condannata: libertà di espressione difesa
Ci sono gesti che diventano simboli. Il 4 maggio, una giovane lavoratrice della Scala ha scelto di rompere il silenzio gridando “Palestina libera”. Per quel gesto è stata licenziata, ma la giustizia ha parlato: il Tribunale del Lavoro di Milano ha annullato il provvedimento, riconoscendo che non si può punire un dipendente per aver espresso un’opinione. Questa sentenza non è solo una vittoria personale: è un precedente che riafferma il diritto alla libertà di espressione nei luoghi di lavoro e smaschera i limiti del potere disciplinare quando diventa censura. Applaudiamo questa lavoratrice coraggiosa, che ha trasformato un grido in un atto di dignità. La sua resistenza ci ricorda che la voce, quando è autentica, può ancora aprire varchi di giustizia.
Il contesto: il 4 maggio 2025, durante il concerto inaugurale dell’assemblea della Asian Development Bank al Teatro alla Scala, la dipendente – una studentessa universitaria assunta come maschera – ha gridato “Palestina libera” dalla galleria.
Il licenziamento: la Fondazione Teatro alla Scala ha disposto l’interruzione immediata del contratto, motivando la decisione con “giusta causa”.
La causa legale: la lavoratrice ha impugnato il provvedimento davanti al Tribunale del Lavoro di Milano.
La sentenza (novembre 2025): il giudice ha dichiarato il licenziamento illegittimo, condannando il teatro a pagare tutte le mensilità fino alla scadenza naturale del contratto e a coprire le spese legali.
La motivazione: il tribunale ha stabilito che un’espressione politica non costituisce giusta causa di licenziamento.
Il significato politico: sindacati e osservatori hanno definito la vicenda un “licenziamento politico”. La sentenza è stata letta come una vittoria contro il tentativo del governo e della premier Giorgia Meloni di imporre silenzio e disciplina anche fuori dal dibattito parlamentare.
Questa decisione giudiziaria non riguarda solo una singola lavoratrice: è stata interpretata come un atto di resistenza civile contro un clima politico che tende a reprimere dissenso e libertà di parola. La vittoria in tribunale diventa così un segnale forte: anche di fronte al potere istituzionale, la giustizia può ancora difendere chi sceglie di non tacere.Fonte autorevole
giovedì 4 dicembre 2025
Zerocalcare rinuncia a “Più libri più liberi”: «Non si condividono spazi con i nazisti»
Michele Rech, in arte Zerocalcare, è uno dei fumettisti più influenti della scena italiana contemporanea. Nato ad Arezzo nel 1983 e cresciuto a Rebibbia, ha trasformato il fumetto in uno strumento di memoria collettiva e impegno politico. Opere come La profezia dell’Armadillo, Kobane Calling e la serie Netflix Strappare lungo i bordi hanno raccontato con ironia e profondità le contraddizioni di una generazione, intrecciando autobiografia e cronaca sociale.
La sua decisione di rinunciare alla fiera “Più libri più liberi” non è un gesto isolato, ma un atto politico. La manifestazione romana, dedicata alla piccola e media editoria, ha confermato la presenza della casa editrice Passaggio al Bosco, nota per pubblicazioni che celebrano figure nazifasciste. Un gruppo di intellettuali, tra cui Alessandro Barbero e Antonio Scurati, aveva già lanciato un appello contro questa scelta. Zerocalcare ha scelto di non partecipare: «Ognuno ha i suoi paletti, questo è il mio. Non si condividono spazi con i nazisti».
Il caso mette in luce una dinamica inquietante: frange antidemocratiche sfruttano gli spazi della democrazia per diffondere idee che mirano a distruggerla.
La presenza di editori che esaltano il nazifascismo in una fiera culturale normalizza l’odio come “opinione legittima”.
La mancanza di prese di posizione nette da parte delle istituzioni culturali e politiche rischia di trasformarsi in complicità.
La democrazia, se non difesa, può essere trascinata lentamente verso nuove forme di autoritarismo, silenziose ma pervasive.
Il gesto di Zerocalcare è un atto di resistenza culturale. Ricorda che la libertà non è neutrale e che la cultura non può accogliere chi nega la dignità umana. In tempi di avanzata dell’estrema destra, dire no diventa un dovere civico e morale.
mercoledì 3 dicembre 2025
“DDL Valditara: un passo indietro nella lotta alla violenza di genere”
Il 3 dicembre 2025 la Camera ha approvato il DDL Valditara con 151 voti favorevoli, 113 contrari e 1 astenuto. Presentato come “libertà educativa per le famiglie”, in realtà sottrae ai ragazzi e alle ragazze strumenti fondamentali di consapevolezza e prevenzione.
📚 Cosa prevede
Infanzia e primaria: divieto totale di educazione sessuale e affettiva.
Medie e superiori: percorsi possibili solo con consenso scritto dei genitori.
Effetto reale: scuole scoraggiate dal proporre attività, giovani privati di conoscenze essenziali su rispetto, consenso e corpo.
Opposizioni (PD, M5S, AVS, +Europa, Azione): hanno votato contro, denunciando un passo indietro clamoroso nella lotta contro femminicidi e violenza di genere.
Maggioranza (FdI, Lega, FI): ha votato a favore, difendendo la norma come “buon senso”, ma in realtà trasformando la scuola in un terreno di scontro ideologico.
Società civile: associazioni femministe e LGBTQ parlano di “attacco alla prevenzione culturale” e di “censura educativa”.
🌍 Perché l’educazione sessuale e affettiva è cruciale
Insegnare educazione sessuale e affettiva nelle scuole è fondamentale per proteggere bambini e adolescenti da abusi sessuali, gravidanze precoci e infezioni sessualmente trasmissibili. La scuola è il luogo dove si formano cittadini consapevoli, responsabili e liberi.
Benefici concreti:
Prevenzione dei rischi: riduce gravidanze adolescenziali, IST e abusi.
Sviluppo sano: favorisce l’autoconoscenza del corpo e la comprensione dei cambiamenti della pubertà.
Riduzione di violenza e pregiudizi: promuove rispetto, uguaglianza e lotta contro discriminazioni.
Empowerment dei giovani: rafforza autonomia, autostima e capacità di denunciare abusi.
Contrasto alle informazioni sbagliate: offre un contesto sicuro, evitando che i ragazzi si affidino a pornografia o fonti imprecise.
Rispetto recíproco: insegna a dire “no” e a costruire relazioni sane.
Il governo italiano sceglie di punire i giovani con l’ignoranza, invece di proteggerli con la conoscenza.
Non insegna a riconoscere la violenza.
Non offre consapevolezza del corpo e del rispetto verso gli altri.
Non costruisce prevenzione.
È un attacco ideologico che porta indietro il Paese, mentre il mondo intero mostra come la discriminazione sia il vero termometro della libertà.
La democrazia si misura dalla capacità di educare al rispetto. Senza educazione, non c’è prevenzione. Senza prevenzione, non c’è libertà.
Contraddizioni del governo
Mentre si taglia sull’educazione e sulla prevenzione, il governo:
Spende per Centri in Albania inutili.
Investe in un ponte sullo Stretto di Messina giudicato irrealistico.
Demonizza la magistratura e indebolisce la giustizia.
Agevola la sanità privata, riducendo quella pubblica.
Taglia su scuola, cultura e sicurezza, proprio dove servirebbero risorse.
E ora propone di reintrodurre la leva obbligatoria per la guerra.
Un elenco che mostra chiaramente come la priorità non siano i giovani, né la loro libertà, ma un’ideologia che guarda al passato e punisce il futuro.
✨La scuola dovrebbe essere il luogo dove imparare a riconoscere la violenza, a rispettare sé stessi e gli altri, a costruire libertà. Con il DDL Valditara, invece, si sceglie il silenzio e la censura. Ma la memoria resiste: ogni parola, ogni gesto, ogni voce che si alza diventa luce contro l’oscurità.
Contraddizioni del governo
Mentre si taglia sull’educazione e sulla prevenzione, il governo:
Spende per Centri in Albania inutili.
Investe in un ponte sullo Stretto di Messina giudicato irrealistico.
Demonizza la magistratura e indebolisce la giustizia.
Agevola la sanità privata, riducendo quella pubblica.
Taglia su scuola, cultura e sicurezza, proprio dove servirebbero risorse.
E ora propone di reintrodurre la leva obbligatoria per la guerra.
Un elenco che mostra chiaramente come la priorità non siano i giovani, né la loro libertà, ma un’ideologia che guarda al passato e punisce il futuro.
✨La scuola dovrebbe essere il luogo dove imparare a riconoscere la violenza, a rispettare sé stessi e gli altri, a costruire libertà. Con il DDL Valditara, invece, si sceglie il silenzio e la censura. Ma la memoria resiste: ogni parola, ogni gesto, ogni voce che si alza diventa luce contro l’oscurità.
“La mappa del fallimento: quando i diritti LGBTQ diventano cartina di tornasole della democrazia”
Il Franklin & Marshall Global Barometer Report 2025 e la Rainbow Map di ILGA-Europe tracciano un panorama inquietante: la discriminazione contro le persone LGBTQ non è un fenomeno marginale, ma un indicatore del degrado democratico globale.
Negli Stati Uniti, il voto “F” fotografa un arretramento senza precedenti: oltre 60 leggi anti-LGBTQ approvate in 21 Stati, con attacchi mirati contro persone trans e contro l’educazione inclusiva. Un fallimento che mette a rischio la credibilità di una democrazia che si proclama modello universale.
In Russia, la repressione è brutale: raid nei club, arresti arbitrari, simboli arcobaleno criminalizzati. La violenza istituzionale diventa strumento di controllo sociale.
In Cina, la censura soffoca ogni visibilità, mentre la maggioranza dei cittadini dichiara di sostenere l’uguaglianza. Un divario che rivela la distanza tra società e potere.
In India, depenalizzata l’omosessualità, ma la discriminazione resta quotidiana: assenza di leggi antidiscriminatorie, violenze diffuse, stigmatizzazione sociale.
E l’Europa? Non è immune. La Rainbow Map 2025 colloca l’Italia al 35° posto su 49 paesi, peggiore tra gli Stati fondatori dell’UE. Malta resta in cima alla classifica, ma in paesi come Ungheria e Polonia si registrano arretramenti drammatici, con divieti di Pride e leggi liberticide. L’Italia arretra, incapace di garantire piena tutela alle famiglie arcobaleno e alle persone trans.
In America Latina, il quadro è frammentato: Argentina e Uruguay consolidano leggi avanzate su matrimonio egualitario e identità di genere, mentre Honduras, Guatemala e Paraguay mantengono politiche discriminatorie e violenze sistemiche. Brasile oscilla tra aperture giuridiche e un clima sociale ostile.
La fotografia globale è chiara: la discriminazione LGBTQ è il termometro della democrazia. Dove i diritti vengono compressi, anche libertà di stampa, giustizia e partecipazione politica sono minacciate.
Non si tratta di una battaglia identitaria, ma di una sfida universale: un paese che discrimina i suoi cittadini queer è un paese che tradisce la promessa di uguaglianza per tutti.
Fonti principali
Franklin & Marshall Global Barometers Annual Report 2025 →
Council for Global Equality – LGBTQI+ Human Rights Report Cards →
ILGA-Europe Annual Review 2025 →
Rainbow Map 2025 (ILGA-Europe) →
EU LGBTIQ Survey III (FRA – Agenzia UE per i Diritti Fondamentali)
Franklin & Marshall Global Barometers Annual Report 2025 →
Council for Global Equality – LGBTQI+ Human Rights Report Cards →
ILGA-Europe Annual Review 2025 →
Rainbow Map 2025 (ILGA-Europe) →
EU LGBTIQ Survey III (FRA – Agenzia UE per i Diritti Fondamentali)
“Dal pollaio alla prima pagina: la gallina che diventa gallo in Brasile”
In Rio Grande do Sul, Brasile, una gallina ha sorpreso tutti trasformandosi in gallo. Non è una leggenda metropolitana, ma un fenomeno biologico rarissimo: quando un ovário smette di funzionare, il corpo può produrre ormoni maschili e cambiare aspetto. Così, tra lo stupore dei vicini, la gallina ha iniziato a cantare come un gallo e a comportarsi da capo del pollaio. Un caso che fa sorridere, ma che ricorda anche quanto la natura sappia sfidare le nostre certezze.
Non solo pollai
La natura è piena di sorprese:
Pesci pagliaccio: il maschio dominante può diventare femmina se la compagna muore.
Pesci labridi: molte femmine si trasformano in maschi quando raggiungono una certa dimensione.
Rane e anfibi: alcuni cambiano sesso in risposta a fattori ambientali.
Rettili: in coccodrilli e tartarughe il sesso dipende dalla temperatura delle uova.
Uccelli selvatici: studi hanno mostrato che dal 3 al 6% degli individui presenta sex reversal spontaneo.
Piante: molte specie vegetali cambiano sesso per massimizzare la riproduzione.
La natura insegna che il sesso non è sempre binario e immutabile. Questi fenomeni ci ricordano che la diversità è la regola, non l’eccezione. La gallina brasiliana diventa così un simbolo ironico ma potente: anche nel pollaio, la vita sfida le nostre certezze.
Dal pollaio ai mari tropicali, dagli anfibi alle piante, la natura ci mostra che cambiare è possibile. Un promemoria simpatico ma giornalistico: la biologia è più fluida di quanto pensiamo, e forse dovremmo imparare a “cantare fuori dal coro” proprio come la gallina di Rio Grande do Sul.
Fonti
AcervoCharts/X – notizia originale sul caso della gallina in Rio Grande do Sul
BBC Science Focus – articoli divulgativi su sex reversal negli animali
National Geographic – approfondimenti su pesci pagliaccio e cambi di sesso in natura
Scientific American – studi su anfibi e rettili con inversione sessuale spontanea
Regno Unito - Dal suffragio all’esclusione: la parabola della Women’s Institute e i diritti trans
Dal suffragio all’esclusione: come la NFWI, simbolo della storia sociale femminile, si piega alla sentenza della Corte Suprema e ridisegna i confini della sorellanza.
Con “rammarico e tristezza”, la National Federation of Women’s Institutes (NFWI) ha annunciato che dal 2026 non accetterà più donne transgender come membri formali. La decisione, comunicata dalla CEO Melissa Green, è stata motivata dalla necessità di conformarsi alla sentenza della Corte Suprema britannica che ha stabilito che, ai fini dell’Equality Act, la definizione legale di “donna” si riferisce esclusivamente al sesso biologico.
Cos’è la NFWI
Fondata nel 1915, la NFWI è la più grande organizzazione femminile volontaria del Regno Unito. Nata per sostenere le comunità rurali durante la Prima guerra mondiale, nel tempo è diventata un movimento che promuove educazione, cittadinanza attiva e solidarietà femminile. Oggi raccoglie centinaia di migliaia di iscritte in Inghilterra, Galles e Isole del Canale, ed è considerata un simbolo della storia sociale britannica.
Motivazione ufficiale: adeguarsi alla sentenza della Corte Suprema.
Dichiarazioni: “Non avremmo preso questa decisione se non ci fossimo sentiti obbligati”, ha affermato Green.
Contraddizione interna: pur ribadendo che “le donne trans sono donne”, la NFWI restringe la membership, cercando di offrire alle donne trans solo forme di partecipazione non formale.
La scelta ha suscitato dolore e indignazione:
Molti membri parlano di “atto codardo” e di “arretramento” rispetto a decenni di inclusione.
Alcuni attivisti sottolineano che la sentenza non obbligava la NFWI a cambiare le regole, ma lasciava margini di discrezionalità.
Si prevede che la decisione possa aprire a contenziosi legali, come già accaduto in altri contesti.
Contesto legale inglese
La decisione della NFWI si inserisce in un quadro giuridico complesso.
Equality Act 2010: è la legge che tutela contro discriminazioni basate su sesso, etnia, religione e identità di genere.
Sentenza della Corte Suprema (2025): ha stabilito che, ai fini dell’Equality Act, la definizione di “donna” e “uomo” si riferisce esclusivamente al sesso biologico. Questo ha ridotto lo spazio di interpretazione che in passato permetteva l’inclusione delle persone trans nelle organizzazioni femminili.
Implicazioni: la sentenza non impone automaticamente l’esclusione, ma crea un quadro legale che molte istituzioni usano come giustificazione per restringere l’accesso.
La decisione della NFWI arriva poco dopo che Girlguiding UK ha annunciato il divieto di partecipazione per ragazze trans. Questi segnali mostrano un trend di esclusione che rischia di ridefinire il concetto stesso di sorellanza e comunità femminile nel Regno Unito.
La NFWI non è solo un’associazione: è un simbolo della storia sociale britannica. La sua scelta di escludere le donne trans mette in discussione il significato di “sorellanza” e apre un dibattito più ampio su diritti, inclusione e definizioni legali di genere. La contraddizione tra linguaggio inclusivo e pratica esclusiva rivela la tensione tra diritto e giustizia sociale: conformarsi alla legge non significa necessariamente fare la scelta giusta.
La decisione della NFWI segna un passaggio controverso. Dopo oltre 40 anni di inclusione, l’organizzazione rischia di perdere credibilità e di tradire la sua missione storica di solidarietà femminile. In un tempo di regressioni, la vigilanza e la solidarietà restano strumenti essenziali per difendere la dignità di tutte le donne.
Fonti giornalistiche inglesi da citare
Sky News – analisi della sentenza e dichiarazioni ufficiali.
Yahoo News UK(8) – cronaca della decisione e reazioni.
The Independent(14) – approfondimento politico e sociale.
Newsweek – copertura internazionale con focus sul “rammarico” dichiarato.
Daily Mail – cronaca con riferimento al precedente di Girlguiding.
martedì 2 dicembre 2025
🇨🇴 Colombia: un passo storico per i diritti trans e non binari
Dal 2026, la Registraduría Nacional del Estado Civil permetterà alle persone trans e non binarie di registrare la propria identità nei documenti ufficiali. Nei nuovi registri civili e nelle carte d’identità colombiane compariranno le categorie “T” (trans) e “NB” (non binario) nel campo “sexo”.
Questa misura sarà implementata in oltre 1.220 uffici in tutto il Paese, rendendo il processo accessibile e capillare. È un cambiamento senza precedenti, che risponde a decenni di invisibilità e violenza: nel 2024, almeno 164 persone LGBTQIA+ sono state uccise in Colombia per motivi legati all’identità di genere o all’orientamento sessuale.
Il contesto latinoamericano
La Colombia si inserisce in un mosaico di realtà diverse in America Latina:
🇦🇷 Argentina – Dal 2012 la Ley de Identidad de Género garantisce il cambio di nome e genere con autodichiarazione. Dal 2021 è possibile registrarsi come “X”, riconoscendo ufficialmente le identità non binarie.
🇺🇾 Uruguay – La Ley Integral para Personas Trans (2018) è tra le più inclusive: garantisce cambio di nome e genere, accesso a cure mediche e quote di lavoro pubblico.
🇧🇷 Brasile – Dal 2018, il Supremo Tribunal Federal consente il cambio di nome e genere senza obbligo di interventi chirurgici. Non esiste però un riconoscimento legale esplicito per le persone non binarie.
🇨🇱 Cile – La Ley de Identidad de Género (2019) consente il cambio di nome e genere, ma non prevede ancora un’opzione per le persone non binarie.
🇪🇨 Ecuador – Alcune sentenze hanno permesso il cambio di genere nei documenti, ma manca una normativa nazionale.
🇵🇪 Perù – Non ha leggi specifiche: i cambi di nome e genere sono possibili solo tramite sentenze giudiziarie.
La decisione della Colombia è storica perché introduce per la prima volta in Sud America categorie esplicite per persone trans e non binarie nei documenti ufficiali. Insieme ad Argentina e Uruguay, che già riconoscono le identità non binarie, la Colombia apre una nuova fase di inclusione. Brasile e Cile restano a metà strada, mentre Perù ed Ecuador mostrano ancora forti ritardi.
Questa diversità dimostra che la lotta per la dignità trans e non binaria è ancora in corso, ma anche che la memoria e la resistenza hanno già aperto strade nuove in tutto il continente.
Fonti:
Il Caffè Geopolitico – Diritti LGBTQIA+ in America Latina
Wikipedia – Riconoscimento legale del genere non binario
Il Grande Colibrì – Diritti LGBT in Sud America
Eudy Simelane: il coraggio spezzato, la memoria che resiste
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| Eudy Simelane (1977–2008) |
"Mamma, sono lesbica. Mi ami ancora?" "Certo che l’amavo. E quando è diventata adulta e una calciatrice famosa, l’intero paese l’ha amata."
Eudy Simelane (1977–2008) è stata una delle prime calciatrici professioniste sudafricane a dichiarare apertamente la propria omosessualità. Centrocampista dei Springs Home Sweepers e della nazionale femminile del Sudafrica (Banyana Banyana), ha trasformato il calcio in un luogo di visibilità e resistenza.
Non era solo un’atleta: Eudy era anche attivista e volontaria, impegnata al fianco dei malati di HIV e delle donne lesbiche nere, in un paese ancora profondamente segnato dall’omofobia e dalla violenza patriarcale.
La violenza e l’eredità
Il 28 aprile 2008, la sua vita fu spezzata da un crimine d’odio brutale: vittima di uno “stupro correttivo” e assassinata con numerose coltellate a KwaThema. Due dei suoi aggressori furono condannati a oltre trent’anni di carcere, altri due furono assolti.
La sua morte scosse il Sudafrica e il mondo, diventando simbolo della violenza sistemica contro le donne lesbiche nere e della necessità di proteggere i diritti LGBTQIA+. Oggi, un ponte a KwaThema porta il suo nome, come segno di memoria e resistenza.
Perché ricordarla
È stata pioniera nel dichiarare la propria identità in un ambiente sportivo ostile.
Ha usato la sua visibilità per difendere i diritti LGBTQIA+ e combattere lo stigma dell’HIV.
La sua eredità vive nelle lotte di oggi: nello sport, nelle piazze, nelle comunità che non accettano di essere cancellate.
La lunga storia dei diritti transgender: dagli Stati Uniti al mondo
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| "Marcella Di Folco, Xica Manicongo, gli hijra dell’India, Matthew Shepard, Miss Major Griffin-Gracy, Elagabalo: volti e memorie trans che attraversano la storia e il mondo." |
Un fenomeno antico, una lotta globale
Le persone transgender non sono una “novità” del nostro tempo. La loro presenza attraversa secoli e culture: dagli hijra in India, riconosciuti come comunità di terzo genere già in epoca precoloniale, alle figure gender-variant nell’antica Roma e nel Brasile coloniale.
🇮🇹 Italia: invisibilità e resistenza
In Italia, la storia trans è segnata da invisibilità e stigmatizzazione. Solo dagli anni ’70 e ’80, con figure come Marcella Di Folco, attrice e attivista, la comunità trans ha iniziato a conquistare visibilità politica. Nel 1982, la legge 164 ha permesso la rettifica anagrafica del sesso, ma senza garantire piena dignità sociale. Oggi, le persone trans italiane continuano a lottare contro discriminazioni quotidiane e contro una politica che spesso le marginalizza.
🇧🇷 Brasile: la memoria di Xica Manicongo
La storia brasiliana custodisce la figura di Xica Manicongo, persona schiavizzata e considerata la prima travesti documentata nel Paese, vissuta a Salvador nel XVI secolo. La sua esistenza testimonia come le identità trans siano parte integrante della storia coloniale e della resistenza culturale. Oggi, il Brasile è ancora uno dei Paesi con il più alto tasso di violenza contro persone trans, ma anche un luogo di forte attivismo e visibilità.
🇮🇳 India: colonialismo e cancellazione
Gli hijra hanno avuto un ruolo riconosciuto nella società indiana per secoli, con funzioni rituali e sociali. Con l’arrivo del colonialismo britannico, furono perseguitati e criminalizzati, ridotti a “fenomeno da estirpare”. Questa cancellazione coloniale ha avuto effetti duraturi, ma negli ultimi decenni la comunità ha riconquistato visibilità, ottenendo nel 2014 il riconoscimento legale come “terzo genere” dalla Corte Suprema indiana.
Le nuove destre e la cancellazione
Oggi, in diversi Paesi, le destre radicali invocano “Dio, patria e famiglia” per giustificare leggi e politiche che cercano di eliminare le persone trans dalla vita pubblica.
Negli Stati Uniti, si moltiplicano le leggi che vietano l’accesso delle persone trans a spazi pubblici e cure mediche.
In Europa, partiti conservatori e cattolici spingono per restringere i diritti acquisiti.
In Brasile e in Italia, la retorica religiosa e nazionalista viene usata per marginalizzare e silenziare le voci trans.
La storia trans è globale, antica e resiliente. Dall’Italia al Brasile, dall’India agli Stati Uniti, ogni comunità ha affrontato cancellazioni, persecuzioni e violenze. Ma ogni volta ha risposto con resistenza, memoria e dignità.
Ricordare queste storie significa comprendere che la lotta per i diritti transgender non è un capitolo isolato, ma parte di una narrazione universale. E che nessun muro eretto in nome di “Dio, patria e famiglia” potrà cancellare la luce di chi resiste.
Matthew Shepard, memoria di un giovane che ha acceso una fiamma
Matthew Wayne Shepard era un ragazzo di 21 anni, studente universitario nel Wyoming. Il 6 ottobre 1998 fu vittima di un brutale crimine d’odio: attirato fuori da un bar, venne aggredito, legato a una recinzione e lasciato in fin di vita nella notte gelida. Morì sei giorni dopo, il 12 ottobre.
La sua morte scosse gli Stati Uniti e il mondo intero. Non fu solo un fatto di cronaca: divenne un simbolo della violenza contro le persone LGBTQIA+ e della necessità di cambiare.
🌈 L’eredità
Veglie e manifestazioni si accesero in tutto il Paese, con cartelli che recitavano “Love conquers hate” e “Hate is not a Laramie value”.
La sua storia contribuì a un movimento di coscienza collettiva, che portò nel 2009 all’approvazione del Matthew Shepard and James Byrd Jr. Hate Crimes Prevention Act, la prima legge federale a proteggere esplicitamente le persone LGBTQIA+ dai crimini d’odio.
Matthew è ricordato come un giovane gentile, con un sorriso contagioso e una profonda empatia: un “vecchio spirito” che credeva nell’uguaglianza prima che fosse sicuro farlo.
✨ Perché ricordarlo oggi
Ogni anno, nel giorno del suo compleanno, la sua memoria diventa un invito a non dimenticare. Matthew Shepard non è solo una vittima: è un insegnante di umanità, che ci ha mostrato quanto sia urgente difendere la dignità e i diritti di tutti.
“Retrocesso giuridico: la Corte di Tokyo cancella i diritti delle famiglie arcobaleno”
Il 28 novembre 2025, l’Alta Corte di Tokyo ha stabilito che il divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso è costituzionale. Otto querelanti LGBTQIA+ avevano chiesto il riconoscimento dei propri diritti e un risarcimento danni, ma la Corte ha respinto le loro richieste.
Questa decisione rappresenta un brusco arretramento rispetto ai verdetti precedenti di tribunali di Sapporo, Nagoya, Osaka, Fukuoka e Tokyo stessa, che avevano riconosciuto l’incostituzionalità del divieto.
Implicazioni giuridiche
Il Giappone rimane l’unico Paese del G7 a non riconoscere legalmente le unioni tra persone dello stesso sesso.
La sentenza rimanda alla Corte Suprema la responsabilità di decidere in via definitiva.
Il Parlamento è stato sollecitato a legiferare, ma il clima politico attuale rende improbabile un cambiamento immediato.
Contesto politico
La nuova premier Sanae Takaichi, esponente dell’ala ultraconservatrice del Partito Liberal Democratico, è nota per la sua opposizione al matrimonio egualitario. La sua vicinanza a gruppi tradizionalisti come Nippon Kaigi rafforza la linea conservatrice del governo.
Davanti al tribunale, coppie LGBTQIA+ hanno manifestato sotto la pioggia, con bandiere arcobaleno appesantite dall’acqua. L’atmosfera è stata descritta come silenziosa e dolorosa, con sguardi bassi e gesti contenuti.
La sentenza di Tokyo non è solo un atto giuridico: è un segnale politico e culturale che riporta il Giappone indietro di anni. In un mondo che avanza verso l’uguaglianza, il Paese resta isolato, prigioniero di una visione tradizionalista che nega dignità e diritti alle famiglie arcobaleno.
Fonti citate
Giornale La Voce – Tokyo dice no ai matrimoni gay
Italia Informa – Giappone più isolato
GiapponeGiappone – Sentenza dell’Alta Corte
Gay.it – La Corte di Tokyo chiede al Parlamento una legge
“Uguaglianza mutilata: l’Albania approva una legge che ignora identità ed espressione di genere”
Nel novembre 2025 il Parlamento albanese ha approvato la nuova Legge di Uguaglianza di Genere, accolta con applausi dalla maggioranza socialista e con proteste fuori dall’aula. La riforma, che avrebbe dovuto avvicinare il Paese agli standard europei, è diventata terreno di scontro politico e culturale.
Due narrazioni opposte
La narrazione positiva (Citizens.al): Alcuni media albanesi hanno sottolineato gli aspetti innovativi della legge:
il riconoscimento del lavoro non retribuito delle donne, come cura domestica e assistenza familiare;
il rafforzamento della lotta alla violenza di genere;
l’introduzione di misure per ridurre le disuguaglianze strutturali tra uomini e donne. Secondo questa lettura, la legge rappresenta un passo avanti verso una società più equa.
La narrazione critica (Gay.it, Sloboden Pecat, altre fonti): Altre testate hanno denunciato invece un arretramento:
il Parlamento ha approvato 22 emendamenti che hanno eliminato i riferimenti a identità di genere ed espressione di genere;
la comunità LGBTIQ+ percepisce la riforma come un segnale di esclusione;
volantini e campagne di disinformazione hanno diffuso paure infondate su “cambi di sesso forzati” o matrimoni egualitari, oscurando il dibattito reale.
Il silenzio europeo
Nonostante l’Albania sia candidata all’ingresso nell’Unione Europea, le istituzioni comunitarie hanno mantenuto un silenzio istituzionale. Questo ha alimentato la sensazione di isolamento della società civile albanese, che si trova a fronteggiare da sola le contraddizioni della riforma.
Un testo ambiguo
La legge approvata contiene elementi di progresso (parità uomo-donna, riconoscimento del lavoro invisibile), ma resta ambigua sul fronte delle tutele per le persone trans e non binarie. È proprio questa ambivalenza che ha generato narrazioni divergenti: da un lato celebrazione, dall’altro denuncia.
La vicenda albanese mostra come una stessa legge possa essere raccontata in modi opposti: progresso o arretramento, inclusione o esclusione. In mezzo, la realtà di una società che lotta contro la disinformazione e cerca di definire il proprio futuro europeo.
Fonti citate
Citizens.al – Gli elementi positivi apportati dal disegno di legge sulla parità di genere
Gay.it (ottobre e novembre 2025)
Sloboden Pecat (Free Press, area balcanica)
Notizie in un Click (Italia, focus Balcani)
sabato 29 novembre 2025
🇨🇦 Il 28 novembre: le scuse del Canada alla comunità LGBTQIA+
Il governo canadese ha istituito il 28 novembre come giornata ufficiale di scuse alla comunità LGBTQIA+. Un gesto simbolico che riconosce decenni di persecuzioni, ma che apre anche interrogativi sulla concretezza delle politiche di inclusione.
La “LGBT Purge” (1950–1990): per oltre quarant’anni, militari, polizia federale (RCMP) e dipendenti pubblici furono indagati, schedati e licenziati perché sospettati di essere gay o lesbiche.Metodi di persecuzione: interrogatori umilianti, sorveglianza, test psicologici, licenziamenti forzati e in alcuni casi imposizione di “terapie di conversione”.
Motivazione ufficiale: lo Stato considerava le persone LGBTQIA+ “ricattabili” e quindi un rischio per la sicurezza nazionale.
Conseguenze: migliaia di carriere spezzate, vite segnate dalla paura e dall’invisibilità.
Nel 2017, il primo ministro Justin Trudeau chiese scusa ufficialmente alla Camera dei Comuni, definendo la purga “una vergogna nazionale”.
Da allora, il 28 novembre è diventato giornata di memoria e riconciliazione, per ricordare le ingiustizie e restituire dignità alle vittime.
Il Canada è oggi considerato un paese all’avanguardia: ha vietato le terapie di conversione, riconosce i diritti delle persone trans e non binarie, e promuove la visibilità queer.
Tuttavia, la comunità denuncia ancora episodi di violenza e discriminazione, ricordando che la memoria deve tradursi in azioni concrete.
Il gesto delle scuse è potente sul piano simbolico: riconoscere il torto subito è un passo fondamentale per la dignità collettiva. Ma la critica degli attivisti è chiara: non basta chiedere perdono se non si garantiscono politiche strutturali contro omofobia e transfobia. La giornata rischia di trasformarsi in un rituale vuoto se non accompagnata da investimenti in educazione, sicurezza e diritti sociali.
Il 28 novembre non è solo una ricorrenza: è un invito a ricordare le vite spezzate dalle discriminazioni e a vigilare affinché la memoria non diventi retorica. La comunità LGBTQIA+ canadese ha trasformato il dolore in lotta e visibilità, ma la battaglia per l’uguaglianza reale continua.
Fonti principali
HuffPost Italia – La purga LGBT canadese
Wikipedia – Anti-gay purges in Canada
The Canadian Encyclopedia – Canada’s Cold War Purge of 2SLGBTQ+
Canadian Museum for Human Rights – The LGBT Purge
LGBT Purge Fund – FAQ
giovedì 27 novembre 2025
La telenovela come educazione popolare: il caso Brasile e la distopia italiana
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| In Três Graças, una svolta intensa segnerà il rapporto tra Leonardo (Pedro Novaes) e Viviane (Gabriela Loran). |
Quando la fiction diventa pedagogia
In Brasile, la telenovela non è solo intrattenimento: è uno strumento di educazione collettiva. Três Graças, con la storia di Viviane – donna trans interpretata da Gabriela Loran – porta in prima serata la dignità di una transizione di genere. Una scena di rivelazione diventa specchio del pregiudizio e occasione di riflessione sociale. In Italia, invece, la televisione continua a raccontare queste vite con superficialità e distorsione, alimentando stigma anziché abbatterlo.
Brasile: la forza della rappresentazione
Le telenovelas brasiliane hanno una tradizione pedagogica: affrontano temi sociali con coraggio e continuità, trasformando la fiction in uno spazio di lotta e dignità.
Esempi recenti di narrazioni trans e LGBTQIA+:
A Força do Querer (2017): la transizione di Ivan, interpretato da Carol Duarte.
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| Ivan (Carol Duarte) de A Força do Querer |
A Dona do Pedaço (2019): Britney, interpretata da Glamour Garcia, attrice trans.
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| Glamour Garcia interpreta Britney in A Dona do Pedaço |
Quanto Mais Vida, Melhor! (2021): tre attrici trans nel cast.
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| Quanto Mais Vida, Melhor”, di Mauro Wilson, punta sulla diversità e porta in scena tre donne trans nel cast: Carol Marra, A Maia e Nany People |
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| Natasha (Linn da Quebrada) |
L’impatto culturale è enorme: milioni di spettatori imparano a riconoscere la violenza simbolica e a normalizzare identità trans, trasformando la TV in un’aula pubblica.
🌈 L’ascesa globale delle storie LGBTQIA+
Nuovi record: i rapporti annuali di GLAAD mostrano un aumento costante di personaggi LGBTQIA+ nelle serie e nei film.
Diversità e autenticità: cresce l’impegno di sceneggiatori e creatori queer, che portano narrazioni più fedeli alle esperienze vissute.
Impatto sociale: queste storie educano, combattono il pregiudizio, validano identità e stimolano il dialogo politico.
🇮🇹 Italia: la distopia della rappresentazione
In Italia la televisione non aiuta a distruggere la discriminazione: la amplifica.
Marginalizzazione: le persone trans vengono collocate ai margini della società, mai nei salotti dove “tutti sono qualcuno”.
Silenzio sulle difficoltà reali: non si racconta la fatica di trovare lavoro, di inserirsi nella società, di affrontare la violenza quotidiana.
Attacchi ignorati: le poche persone trans che riescono a entrare nelle istituzioni vengono derise e denigrate, invece di essere sostenute.
Oblio mediatico: il Transgender Day of Remembrance passa inosservato nei TG italiani, senza reportage né memoria.
Rappresentazioni degradanti: nel cinema e nei programmi TV i personaggi trans sono ancora trattati come caricature da circo, con gag che non fanno più ridere nessuno.
👉 Un caso emblematico: nel 2022 esponenti politici hanno chiesto di bloccare un episodio di Peppa Pig con una famiglia di due mamme, definendolo “propaganda LGBT”. Già nel 2017 si era tentato di censurare il cartone A casa dei Loud su Nickelodeon, perché mostrava una coppia di genitori dello stesso sesso.
La scena di Viviane in Três Graças mostra che la transizione non è un dramma, ma un percorso di autenticità. Il pregiudizio di Leonardo diventa specchio di una società che deve cambiare. In Italia, è tempo di chiedere una televisione che sappia raccontare la realtà trans con rispetto, che dia voce alle difficoltà concrete e che contribuisca a distruggere discriminazioni invece di amplificarle.
Uscire dalla distopia
La televisione ha un potere enorme: può alimentare stigma o costruire dignità. Le telenovelas brasiliane e l’ascesa globale delle storie LGBTQIA+ dimostrano che raccontare con autenticità significa educare e mobilitare. L’Italia deve uscire dalla sua distopia televisiva e aprire spazio a narrazioni che siano specchio di una società più giusta e inclusiva.
Fonti
GLAAD, Where We Are on TV report
Articoli italiani su censura dei cartoni animati (Peppa Pig, A casa dei Loud)
mercoledì 26 novembre 2025
L’Europa riconosce i matrimoni omosessuali: sentenza vincolante della Corte di Giustizia UE
IL 25 novembre 2025 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che i matrimoni tra persone dello stesso sesso, legalmente contratti in uno Stato membro, devono essere riconosciuti da tutti i Paesi dell’UE. La decisione ha valore vincolante e riafferma la superiorità del diritto europeo rispetto alle legislazioni nazionali.
La vicenda nasce dal caso di due cittadini polacchi sposati in Germania, ai quali le autorità polacche avevano negato la trascrizione del matrimonio. Secondo la Corte, tale rifiuto viola la libertà di circolazione e il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
La sentenza non obbliga gli Stati membri a introdurre il matrimonio egualitario nelle proprie leggi interne, ma impone il riconoscimento dello status matrimoniale acquisito altrove. In Italia, ad esempio, i matrimoni omosessuali celebrati all’estero vengono trascritti come unioni civili: la pronuncia europea apre un dibattito sulla necessità di approvare finalmente il matrimonio egualitario anche a livello nazionale.
“Sposati in un Paese UE, sposati in tutti i Paesi UE”: un principio che trasforma la libertà di circolazione in garanzia di dignità e uguaglianza.
Fonte autorevole: Eunews – Sentenza della Corte di Giustizia UE
sabato 22 novembre 2025
Ornella Vanoni (1934–2025), voce e volto della cultura italiana: dalla scena teatrale al mito musicale.
Ornella Vanoni, nata a Milano il 22 settembre 1934, è stata una delle figure più longeve e autorevoli della cultura italiana. La sua carriera, durata oltre settant’anni, ha attraversato teatro, cinema e musica, trasformandola in un simbolo nazionale.
Dalle scene teatrali al canto
Formata al Piccolo Teatro sotto la guida di Giorgio Strehler, Vanoni debuttò nel 1956 con Sei personaggi in cerca d’autore. La disciplina teatrale le fornì un approccio interpretativo unico, che avrebbe poi portato nella musica.
Le “canzoni della mala”
Alla fine degli anni ’50 si impose con le celebri canzoni della mala, ballate ispirate alla cronaca nera milanese. Fu un repertorio anticonvenzionale che la rese subito riconoscibile e diversa dalle altre interpreti dell’epoca.
Successi musicali
Negli anni ’60 e ’70 consolidò la sua fama con brani entrati nella memoria collettiva: “Senza fine”, “Una ragione di più”, “L’appuntamento”, collaborando con autori come Gino Paoli e avvicinandosi alla bossa nova e al jazz. La sua voce intensa e sensuale raccontava un’Italia in trasformazione.
Versatilità artistica
Parallelamente alla musica, Ornella recitò in film e partecipò a programmi televisivi, confermando la sua versatilità. Con oltre cento album pubblicati, ha attraversato generazioni, reinventandosi senza mai perdere autenticità.
Gli ultimi anni
Negli ultimi decenni ha continuato a esibirsi e a collaborare con artisti più giovani, mantenendo un legame forte con il pubblico. La sua scomparsa il 21 novembre 2025, a Milano, segna la fine di un’epoca.
Conclusione
Ornella Vanoni è stata molto più di una cantante: un’artista capace di trasformare fragilità in forza e intimità in racconto collettivo. La sua voce resterà parte integrante della memoria culturale italiana.
venerdì 21 novembre 2025
Quando la storia non insegna: il Ghana e la nuova frontiera della discriminazione
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| John Dramani Mahama |
In Ghana, un Paese che conosce bene il peso del colonialismo e del razzismo, il Parlamento ha scelto di riprodurre nuove forme di oppressione. Il “Human Sexual Rights and Family Values Bill”, promosso nel 2021 da Samuel Nartey George e altri parlamentari con il sostegno della Commissione Affari Costituzionali, Legali e Parlamentari, non è solo una legge: è un manifesto di esclusione che criminalizza identità, solidarietà e amore.
Origini e contesto
La proposta nasce nel 2021, dopo l’apertura di un centro di advocacy LGBTQIA+ ad Accra, che provocò forti pressioni politiche e religiose.
Il testo è stato approvato dal Parlamento nel febbraio 2024, ma non firmato dall’allora presidente Nana Akufo-Addo. Con lo scioglimento del Parlamento a dicembre 2024, la legge è decaduta.
Oggi il nuovo presidente John Dramani Mahama ha dichiarato che, se ripresentata, la firmerà senza esitazione.
Contenuto della legge
Criminalizza l’identificazione come LGBTQIA+ o come alleato.
Prevede fino a 10 anni di carcere per chi difende i diritti queer.
Pene fino a 6 anni per proprietari che affittano a persone LGBTQIA+.
Relazioni omosessuali consensuali punite con fino a 5 anni di carcere.
Le contraddizioni della storia
È paradossale che chi porta ancora le cicatrici di secoli di sfruttamento e discriminazione scelga di infliggerne di nuove. La storia del Ghana, come quella di molte nazioni africane, è segnata da lotte per la dignità e la libertà. Eppure, invece di imparare da quel dolore, si perpetua la logica del capro espiatorio: oggi le persone LGBTQIA+ diventano bersaglio di un sistema che dovrebbe invece difendere i diritti umani universali.
La voce della comunità LGBTQIA+
La comunità queer in Ghana vive nell’ombra, costretta a nascondersi per sopravvivere. Ogni giorno diventa un rischio: affittare una casa, difendere un amico, persino dichiarare la propria identità. Questa legge non protegge valori, ma semina paura. Ha già incoraggiato arresti, violenze e discriminazioni, rafforzando atteggiamenti omofobi e isolando chiunque sia percepito come diverso. Eppure, nonostante il pericolo, attivisti e comunità queer continuano a organizzarsi, mantenendo reti di solidarietà e resilienza.
Questa legge non difende la famiglia, ma tradisce la dignità. Trasforma la paura in norma, la religione in arma, la politica in tribunale morale. È un passo indietro che mostra come la storia, se non ascoltata, si ripete sempre nello stesso punto: l’oppressione di chi è diverso.
Ogni volta che una legge nega un’identità, la storia tradisce se stessa.
Fonti e approfondimenti
Al Jazeera. “Ghana’s parliament passes anti-LGBTQ bill.” 28 Feb. 2024.
CBS News. “Ghana's parliament passes strict new anti-LGBTQ legislation.” 28 Feb. 2024.
DW. “Ghana pushes anti-LGBTQ+ bill as defense of 'family values'.” 14 May 202
“Indietro non si torna: memoria e lotta nel racconto di Monica J. Romano”
“Indietro non si torna” è il titolo del nuovo libro di Monica J. Romano, pubblicato da TEA nella collana Gli Strilli.
Monica J. Romano, nata a Milano nel 1979, è attivista, scrittrice e politica. Ha iniziato il suo percorso di affermazione di genere nel 1998 e nel 2006 ha ottenuto il riconoscimento legale del suo nome e genere. Laureata in Scienze Politiche con una tesi sulla discriminazione delle persone transgender, ha poi conseguito un master in Gender Equality e Diversity Management.
Da oltre vent’anni è impegnata nei movimenti per i diritti delle persone transgender e LGBT+. Nel 2021 è diventata la prima donna transgender eletta al Consiglio comunale di Milano, dove oggi è Vicepresidente della Commissione Pari Opportunità e Diritti Civili e della Commissione Speciale contro i discorsi d’odio.
Autrice di saggi e romanzi che raccontano la vita e le sfide delle persone transgender (Diurna. La transessualità e il lavoro, Trans. Storie di ragazze XY, L’altra metà del cielo), con Indietro non si torna intreccia la sua vicenda personale con la memoria collettiva della comunità LGBT+.
Dalla marginalità alla rappresentanza, dalla violenza alla dignità: il suo percorso è un ponte che ci ricorda che i diritti non sono concessioni, ma conquiste.
📚 Un libro necessario, che restituisce forza e visibilità a chi continua a lottare per un futuro di uguaglianza.
“La Giornata della Coscienza Nera come atto politico”
“Memoria selettiva: perché la schiavitù non ha un memoriale universale?”
Il mondo custodisce memorie con rispetto: Hiroshima, l’Olocausto, i memoriali di guerra in Europa. Sono storie che non devono mai essere dimenticate. E hanno ragione: ricordare è un dovere.
Ma quando si tratta della storia nera, il copione cambia. Ci viene detto: “supera”, “dimentica”, “è passato”. Come se la schiavitù fosse solo un capitolo chiuso nei libri, e non una ferita che continua a sanguinare.
I nostri antenati furono strappati dall’Africa, incatenati, torturati, trattati come merce. E oggi, mentre ci chiedono di “voltare pagina”, il razzismo continua a vivere:
nel giovane nero fermato con violenza dalla polizia,
nella donna nera umiliata sul lavoro,
nella vita spezzata ogni 23 minuti,
nello sguardo di sospetto che ci accompagna in un ascensore.
La verità è che il razzismo non è passato: è presente, strutturale, radicato nelle fondamenta della società. E la memoria non è vittimismo: è coscienza, è resistenza.
20 novembre – Dia da Consciência Negra
In Brasile, dal 2003, il 20 novembre è la Giornata della Coscienza Nera. Una data scelta per ricordare Zumbi dos Palmares, leader della resistenza contro la schiavitù, ucciso nel 1695.
Questa giornata non è solo commemorazione: è un atto politico e culturale. È la risposta a chi ci chiede di dimenticare. È il grido che dice: la nostra memoria è viva, perché il nostro passato è ancora il nostro presente.
Perché oggi
La coscienza nera è un invito universale:
a riconoscere la schiavitù come ferita ancora aperta,
a denunciare il razzismo che continua a uccidere,
a celebrare la cultura afrodiscendente come parte fondamentale della società,
a reclamare rispetto e giustizia, non pietà.
La Giornata della Coscienza Nera ci ricorda che la memoria non è un peso da dimenticare, ma una luce da portare avanti.
Viva Zumbi. Viva la coscienza nera. Viva la memoria che resiste.
giovedì 20 novembre 2025
“Italia Trans Agenda: la memoria che diventa progetto
“Un corpo politico contro la deriva transfobica”
Il 20 novembre è una data che non possiamo dimenticare. Ogni anno, il Transgender Day of Remembrance ci invita a pronunciare i nomi delle persone trans e non binarie vittime di violenza e transfobia. È un rito di memoria, ma anche un atto politico: trasformare il lutto in resistenza, la vulnerabilità in forza collettiva.
In questo tempo di ricordo, Italia Trans Agenda annuncia un passo decisivo: la nascita di un corpo politico nazionale nel 2026. Dopo due anni di coordinamento tra associazioni e collettivi, la rete sceglie di diventare struttura stabile, capace di trasformare conflitti e differenze in agenda comune. Un fronte unitario contro la propaganda d’odio, radicato nelle vite e nei territori trans*, che non uniforma ma mette in relazione.
In un Paese attraversato da politiche transfobiche e retoriche autoritarie, questo annuncio è un atto di visione e di cura. È la promessa che la memoria non resta confinata al silenzio, ma diventa progetto politico. Ogni candela accesa oggi, ogni nome pronunciato, ogni piazza che si illumina è parte di questo corpo collettivo che si prepara a durare.
Ogni candela accesa oggi, ogni nome pronunciato, ogni piazza che si illumina è parte di questo corpo politico che si prepara a durare.
Citazioni utili
Italia Trans Agenda | Associazioni trans e non binary
Gay.it: «Italia Trans Agenda diventa corpo politico: un fronte unitario contro la deriva transfobica».
Italia Trans Agenda – sito ufficiale: «Uniamoci per tessere alleanze e costruire un fronte comune contro la propaganda d’odio in Italia ai danni della comunità trans».
Arcigay Napoli (TDoR 2025): «Napoli ricorda le vittime di transfobia… la mattina con le detenute trans a Secondigliano, alle 19 fiaccolata a Scampia».
Hashtag Sicilia (Trans Pride Catania 2025): «Dal 20 al 22 novembre Catania ospita il Trans Pride 2025: lottare e manifestare per non dimenticare».
martedì 18 novembre 2025
Transgender Day of Remembrance 2025: il prezzo della transfobia nel mondo
Dal Brasile all’Europa, gli attivisti trans nel mirino della violenza
Il 20 novembre si celebra in tutto il mondo il Transgender Day of Remembrance (TDOR), giornata dedicata alla memoria delle persone trans e gender diverse vittime di violenza transfobica. Nato nel 1999 per ricordare Rita Hester, il TDOR è oggi un momento globale di commemorazione e denuncia, preceduto dalla Trans Awareness Week.
I dati del rapporto TGEU 2025
Il nuovo rapporto Trans Murder Monitoring 2025 di TGEU rivela un quadro drammatico:
281 persone trans e gender diverse uccise tra ottobre 2024 e settembre 2025.
Dal 2009, sono stati registrati 5322 omicidi nel mondo.
Cresce la percentuale di attivisti e leader del movimento trans tra le vittime: il 14% nel 2025, contro il 9% nel 2024 e il 6% nel 2023.
La maggioranza delle vittime sono trans donne e persone transfemminili (90%), e persone trans nere o marroni (88%).
Il Brasile resta l’epicentro della violenza, con il 30% dei casi, mentre in Europa se ne contano cinque.
Negli Stati Uniti i casi registrati sono 31, in calo rispetto ai 41 del 2024.
Questi numeri raccontano una realtà dolorosa: la violenza non colpisce solo corpi vulnerabili, ma anche chi difende la comunità, in un tentativo sistematico di spegnere la voce degli attivisti.
🇮🇹 Le commemorazioni in Italia
Il TDOR 2025 sarà ricordato in diverse città italiane:
Siracusa: veglia pubblica con performance artistiche.
Campobasso: iniziativa del Comune e associazioni locali.
Pescara: proiezione del documentario Orlando e discussione collettiva.
Firenze: marcia cittadina organizzata da associazioni LGBTQ+.
Genova: prima adesione ufficiale del Comune, con l’introduzione dell’identità alias nei servizi.
A Milano, il 23 novembre 2025, torna la Trans Lives Matter March, la marcia per le vite trans organizzata da ACET – Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere e dallo Sportello Trans di ALA Milano Onlus in occasione del TDoR. Giunta alla quarta edizione, l’iniziativa – ideata da Monica Romano e Antonia Monopoli
Il TDOR non è solo ricordo: è resistenza poetica e politica. Ogni nome pronunciato, ogni candela accesa, ogni passo interrotto diventa parte di una memoria collettiva che chiede giustizia e dignità. In un tempo in cui gli attivisti stessi sono bersaglio di violenza, commemorare significa anche proteggere la voce della comunità e trasformare il dolore in forza, dal Brasile all’Europa, la memoria diventa vita.”
Fonti e approfondimenti
TGEU – Trans Murder Monitoring 2025: rapporto che evidenzia il nuovo trend di violenza mirata contro attivisti e leader del movimento trans
NUPGE: archivio internazionale che riporta 354 persone trans e gender diverse uccise nel periodo 1 ottobre 2024 – 30 settembre 2025
Advocates for Trans Equality (A4TE): report nazionale USA che ricorda 58 persone trans scomparse nel 2025
Addio alle gemelle Kessler: insieme fino alla fine
Hanno attraversato il Novecento come un riflesso speculare: due corpi, un solo ritmo. Alice ed Ellen Kessler, nate nel 1936, hanno danzato sulle scene d’Europa portando leggerezza, ironia e bellezza. Le ricordiamo come icone televisive, come “le gambe della nazione”, ma soprattutto come sorelle inseparabili, capaci di trasformare la loro complicità in arte.
Il 17 novembre 2025 hanno scelto di congedarsi insieme, a 89 anni, attraverso il suicidio assistito in Germania. Un gesto che non è soltanto cronaca, ma poesia: l’ultimo passo di una coreografia che dura da una vita. Non c’è solitudine in questa decisione, ma la stessa armonia che le ha rese celebri.
Dal varietà italiano alle ribalte internazionali, le Kessler hanno incarnato un’epoca di spettacolo e di sogni. Erano specchi l’una dell’altra, eppure mai copie: due voci, due sorrisi, due presenze che si completavano. La loro arte era un diálogo contínuo, un passo a due che non si è mai interrotto.
La scelta di morire insieme è stata un atto di coerenza e di dignità. Dopo aver condiviso palcoscenici e applausi, hanno voluto condividere anche il silenzio dell’addio. È un gesto che interroga la società sul diritto all’autodeterminazione, ma che rimane soprattutto un segno di amore recíproco e di libertà.
Alice ed Ellen non sono soltanto un ricordo televisivo: sono un simbolo di sorellanza, di complicità e di bellezza che attraversa il tempo. La loro storia ci invita a riflettere sul valore della vita condivisa e sulla possibilità di scegliere il proprio destino con coraggio.
🌹 “Hanno danzato insieme per tutta la vita. Anche l’ultimo passo è stato condiviso.”
Messico, Repubblica Ceca, Brasile, ONU: la destra globale e il golpe digitale contro la memoria e la democrazia
Mentre in Messico la Generazione Z viene mobilitata via social per rovesciare la presidente progressista Claudia Sheinbaum, con un indice di gradimento superiore all’80%, si delinea una strategia inquietante: un golpe digitale orchestrato da interessi stranieri, con il sostegno di big tech e gruppi legati alla destra internazionale.
In Brasile, il timore di un colpo di stato simile al 2013 si fa concreto. Meme, influencer e simboli pop (come la bandiera di One Piece) vengono strumentalizzati da gruppi estremisti per mascherare operazioni di destabilizzazione.
In Europa, la Repubblica Ceca ha approvato una legge che dal 2026 criminalizza la promozione del comunismo, equiparandolo al nazismo, con pene fino a 5 anni. Il post virale di Henrique Lopes denuncia l’ipocrisia di chi celebra questa misura come difesa della libertà, mentre si tratta di censura ideologica.
A livello globale, l’ONU ha votato una risoluzione contro la glorificazione del nazifascismo, proposta dalla Russia. Eppure, i Paesi occidentali – tra cui Italia, Stati Uniti, Regno Unito e gran parte dell’UE – hanno votato contro, rivelando un inquietante doppio standard: si criminalizza la memoria del comunismo, ma si evita di condannare il nazismo.
In Italia, il governo ha approvato il Decreto Sicurezza che limita la libertà di espressione e criminalizza il dissenso. Il generale Vannacci, oggi europarlamentare della Lega, ha celebrato le leggi razziali fasciste, normalizzando il regime di Mussolini.
Il Parlamento europeo ha votato per vietare i simboli comunisti e nazisti, equiparandoli. Il Pd si è astenuto, mentre M5S e AVS hanno votato contro.
🇺🇸 Stati Uniti
Sotto la presidenza Trump, si intensificano le retoriche anti-comuniste e le pressioni sui paesi del Sud Globale.
La CIA viene citata in thread virali come finanziatrice di operazioni contro governi di sinistra in America Latina.
Altri paesi segnalati da Amnesty International e Freedom House
Russia, Cina, Iran, Myanmar, Uganda, Sudan, Afghanistan: regimi autoritari con repressione del dissenso, censura, e persecuzione di minoranze.
In Africa orientale, Tanzania e Kenya mostrano tendenze autoritarie crescenti.
Il mondo si piega a una nuova forma di autoritarismo, mascherata da libertà e ordine. La destra globale usa la Generazione Z come veicolo di caos, le piattaforme digitali come armi geopolitiche, e la censura ideologica come strumento di repressione.
Quando l’antifascismo diventa negoziabile, la memoria vacilla e il futuro si oscura.
(fonti autorevoli)
United Nations – Assemblea Generale: Documenti ufficiali sulle risoluzioni antifasciste.
Amnesty International – Rapporto 2025: Diritti umani e derive autoritarie.
Human Rights Watch – World Report 2025: Analisi su repressione politica e libertà di espressione.
Freedom House – Freedom in the World 2025: Indici sulla democrazia e la libertà digitale.
Reporters Without Borders (RSF): Classifica mondiale sulla libertà di stampa.
El Universal / La Jornada (Messico): Copertura sulle proteste contro Claudia Sheinbaum.
Brasil247 / Folha de São Paulo (Brasile): Notizie e analisi sul rischio di golpe digitale.
Radio Prague International / Euronews (Repubblica Ceca): Informazioni sulla legge anti‑comunismo.
Il Manifesto / Internazionale (Italia): Approfondimenti su Decreto Sicurezza e Vannacci.
Carnegie Endowment / Brookings Institution: Studi su big tech e politica globale.
“ONU: l’Occidente volta le spalle all’anti-nazismo. Un déjà vu distopico che ricorda L’uomo nell’alto castello”
Nel novembre 2025, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato una risoluzione contro la glorificazione del nazismo e del neonazismo. Ma qualcosa di inquietante è emerso dal voto: l’Occidente ha voltato le spalle all’anti‑fascismo.La risoluzione, intitolata “Combating glorification of Nazism, neo‑Nazism & other practices that contribute to fueling contemporary forms of racism, racial discrimination, xenophobia & related intolerance”, ha ottenuto 119 voti favorevoli, 53 contrari e 10 astensioni. Tra i paesi contrari figurano Stati Uniti, Canada, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito, Australia e Ucraina. Una scelta che, secondo molti osservatori, riflette più logiche geopolitiche che principi etici: il timore che la Russia utilizzi la risoluzione come arma diplomatica per screditare chi sostiene l’Ucraina.
Chi ha chiesto la risoluzione e perché
La risoluzione è stata presentata dalla Federazione Russa, come avviene ormai ogni anno dal 2005, in occasione della Giornata della Memoria dell’Olocausto. Mosca rivendica il proprio ruolo storico nella sconfitta del nazismo e utilizza questa iniziativa per ribadire la necessità di una condanna universale e permanente.
Negli ultimi anni, tuttavia, la proposta russa ha assunto anche un chiaro significato geopolitico. Il Cremlino accusa l’Ucraina e alcuni paesi europei di tollerare movimenti neonazisti e di riscrivere la memoria della Seconda Guerra Mondiale. Per Mosca, dunque, chi si oppone alla risoluzione non difende la democrazia, ma indebolisce la lotta contro il fascismo.
Come hanno votato i paesi
Favorevoli (119): Cina, Israele, Sudafrica, Brasile, gran parte dei paesi africani e asiatici.
Contrari (53): Stati Uniti, Canada, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito, Australia, Ucraina.
Astenuti (10): alcuni paesi europei e latinoamericani, che hanno scelto di non schierarsi né con la Russia né con l’Occidente.
Il voto rivela una frattura profonda: da un lato il Sud Globale, che ha sostenuto la risoluzione come atto di memória e giustizia; dall’altro l’Occidente, che ha preferito difendere la propria posizione geopolitica anche a costo di apparire in contraddizione con i valori antifascisti. La Russia, pur strumentalizzando la memoria, ha costretto il mondo a confrontarsi con un paradosso: chi proclama di difendere la democrazia ha scelto di non condannare apertamente il nazismo.
In questo scenario, le parole Occidente e Sud Globale si stagliano come opposti: Impero e Colonia. L’Occidente, aggrappato ai propri privilegi, sembra evocare un “Terzo Reich” come ultimo rifugio ideologico, mentre il Sud Globale, spinto dall’urgenza del collasso climatico, non può più restare subordinato.
Il conflitto appare inevitabile: da un lato un Impero che non vuole cedere, dall’altro un mondo multipolare che si ribella e cerca nuove forme di governance globale. Come in un déjà vu distopico che ricorda L’uomo nell’alto castello, la storia ci avverte: quando la memoria vacilla e l’anti‑fascismo viene abbandonato, il futuro rischia di piegarsi verso scenari che pensavamo impossibili.
La storia non perdona chi dimentica. E il futuro non aspetta chi esita.
United Nations Digital Library, documento A/79/753-S/2025/58.
Wikipedia, voce United Nations General Assembly Resolution ES‑11/8.
Casa del Sole TV, “L’ONU condanna l’esaltazione del nazismo”, novembre 2025.
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