Translate
venerdì 5 dicembre 2025
La Scala condannata: libertà di espressione difesa
Ci sono gesti che diventano simboli. Il 4 maggio, una giovane lavoratrice della Scala ha scelto di rompere il silenzio gridando “Palestina libera”. Per quel gesto è stata licenziata, ma la giustizia ha parlato: il Tribunale del Lavoro di Milano ha annullato il provvedimento, riconoscendo che non si può punire un dipendente per aver espresso un’opinione. Questa sentenza non è solo una vittoria personale: è un precedente che riafferma il diritto alla libertà di espressione nei luoghi di lavoro e smaschera i limiti del potere disciplinare quando diventa censura. Applaudiamo questa lavoratrice coraggiosa, che ha trasformato un grido in un atto di dignità. La sua resistenza ci ricorda che la voce, quando è autentica, può ancora aprire varchi di giustizia.
Il contesto: il 4 maggio 2025, durante il concerto inaugurale dell’assemblea della Asian Development Bank al Teatro alla Scala, la dipendente – una studentessa universitaria assunta come maschera – ha gridato “Palestina libera” dalla galleria.
Il licenziamento: la Fondazione Teatro alla Scala ha disposto l’interruzione immediata del contratto, motivando la decisione con “giusta causa”.
La causa legale: la lavoratrice ha impugnato il provvedimento davanti al Tribunale del Lavoro di Milano.
La sentenza (novembre 2025): il giudice ha dichiarato il licenziamento illegittimo, condannando il teatro a pagare tutte le mensilità fino alla scadenza naturale del contratto e a coprire le spese legali.
La motivazione: il tribunale ha stabilito che un’espressione politica non costituisce giusta causa di licenziamento.
Il significato politico: sindacati e osservatori hanno definito la vicenda un “licenziamento politico”. La sentenza è stata letta come una vittoria contro il tentativo del governo e della premier Giorgia Meloni di imporre silenzio e disciplina anche fuori dal dibattito parlamentare.
Questa decisione giudiziaria non riguarda solo una singola lavoratrice: è stata interpretata come un atto di resistenza civile contro un clima politico che tende a reprimere dissenso e libertà di parola. La vittoria in tribunale diventa così un segnale forte: anche di fronte al potere istituzionale, la giustizia può ancora difendere chi sceglie di non tacere.Fonte autorevole
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)

Nessun commento:
Posta un commento