India: Gioia e dolore per le 'spose' del Dio indù delle transgender.


Aravan è il Dio protettore delle persone transgender in India. Da centinaia di anni, partecipano in massa al matrimonio con la divinità del tempio di Koothandavar in Koovagam. Una celebrazione di amore e morte, di sacrificio e di vita. La festa che dura 18 giorni, che si conclude tra (aprile-maggio).

KOOVAGAM, India - Persa nei versi del mahabharata, uno dei testi fondamentali dell’induismo, è la storia del principe aravan, figlio di arjuna, uno dei 5 fratelli pandavas. è il tempo della guerra contro i cugini kauravas, l’alba della terribile finale battaglia di kurukshetra, e la crudele dea della guerra Kali è assetata di sangue. chiede il sacrificio di una vita umana per permettere ai pandavas la vittoria sul campo di battaglia. dopo una decisione sofferta, il giovane aravan, ancora vergine, viene scelto come vittima. il principe accetta il proprio destino, ma chiede di poter consumare una notte coniugale prima di morire. nessuna donna accetta di sposare un uomo che la renderà vedova dopo poche ore e cosi’, lo stesso dio Krishna assume le sembianze di una donna bellissima, concede una notte d’amore al giovane aravan e piange, come vedova, la sua morte il mattino seguente.

la storia di aravan vive ancora oggi nel festival di koovagam, un villaggio del tamil nadu perso nei campi di canna da zucchero, dove ogni anno, nella notte di luna piena del mese di aprile, migliaia di persone si riuniscono per celebrare il rito del matrimonio di una notte sola. sono gli hijras, che gli inglesi chiamavano eunuchi. rispetto alle nostre categorie occidentali, sarebbero classificati come “transgender”, ma loro ci tengono a dire che sono un terzo sesso, ne’ uomini ne’ donne.

Gli hijras del sud dell’india accorrono a migliaia per il festival di koovagam, vestiti da sposa celebrano il martirio del giovane aravan sacrificato agli dei dopo una notte d’amore. dopo giorni di feste varie, con concorsi di bellezza e altri intrattenimenti, il centro della festa è la notte di plenilunio nella quale si celebra un matrimonio di massa dei presenti al dio krishna. la notte poi passa tra i campi di canna da zucchero e al mattino seguente il legame viene sciolto, le vedove piangono la morte del loro amato e poi si immergono in un bagno purificatore, promettendo solennemente di ripetere il rito l’anno successivo.

La loro dea è bahuchara, donna bellissima che in varie storie costringe gli uomini a vestirsi da donna e ad adorarla, per evitare l’impotenza o la castrazione. il suo tempio principale è nel gujarat ed è luogo di culto per gli hijras indiani. sono organizzati in famiglie comandate da un guru al quale sono totalmente devoti. dopo un periodo di prova dall’ingresso nella famiglia, una cerimonia di iniziazione, il cui culmine è a volte l’evirazione, ne sancisce l’appartenenza definitiva.

recentemente il festival è diventato però anche il luogo di ritrovo della comunità gay e transgender indiana, comunità non legata alle tradizioni indù e del tutto simile a quelle presenti nel mondo occidentale, impegnate nella pacifica rivendicazione del diritto alla libertà di espressione sessuale. ovviamente i due gruppi non fraternizzano molto e i conflitti a volte sono aperti e violenti. per quanto possa sembrare strano, hijra e transgender non hanno nulla, o molto poco, a che vedere l’un con l’altro.

gli hijra, pur essendo discriminati e violati, sono dentro la società indù. c’è pochissimo di trasgressivo nel loro essere diversi. gli hijra appartengono alla tradizione, hanno Dei protettori le cui gesta sono cantate dall’alba dei tempi e riportate fino a noi nei 90.000 versi del maharabhata, il più lungo poema epico di tutta l’umanità. nella mitologia hijra, il dio krishna prende le sembianze di una donna per soddisfare l’unico desiderio vitale di una giovane vittima destinata al sacrificio.


Hijra, In arabo significa "migrazione" e la loro identità è un viaggio tra i generi, sospeso tra il Parlamento e le bidonville, tra prostituzione, accattonaggio e un'aurea spirituale. Sono gli Hijra, gli eunuchi di Pakistan e India.

Lo status di eunuco, l'appartenenza al "terzo sesso" condanna queste persone a una vita sospesa tra il rispetto reverenziale che viene loro tributato nei villaggi e la schiavitù dell'elemosina e dell'emarginazione nelle grandi città. Recentemente gli eunuchi hanno iniziato a rivendicare una maggiore rappresentazione a livello politico e identitario, ottenendo alcuni seggi in Parlamento e il riconoscimento del "terzo sesso" nella modulistica burocratica statale.

Gli Hijra conobbero il loro massimo splendore sotto la dinastia Moghul (musulmana) e molti dei più grandi maestri Hijra erano santi Sufi. Ma secondo i parametri dell’Islam gli Hijra – che adorano anche divinità hindu – sono colpevoli di idolatria (shirk). Inoltre vivono una vita moralmente discutibile: si pensi ai tabù sessuali che infrangono. L’islam tradizionalmente riconosce solo due generi: maschile e femminile. Tuttavia alcuni Hijra sono riusciti a fare il pellegrinaggio alla Mecca facendosi passare per donne e accompagnati da un parente o responsabile maschio.

Gli Hijra vivono al limite di tutto quello che è accettabile. Soprattutto sono temuti perchè possono dare e togliere quello che non hanno: fertilità. Nel subcontinente indiano essere privi di figli è la peggiore cosa che possa capitare.Un’altra fonte di discriminazione è il fatto che molti Hijra si prostituiscono o intrattengono relazioni omosessuali. Infine molte leggende attribuiscono loro rapimenti di bambini che poi sarebbero trasformarli in Hijra. Sebbene questo mito resista, le procure coloniali e post-coloniali non hanno nessuna prova per sostenere queste voci.

la realtà in cui gli Hijra sono maggiormente accettati e perché?
La situazione migliore è in India, che è uno stato laico. Il Pakistan è ufficialmente una repubblica islamica mentre il Bangladesh sta subendo una forte pressione da parte di certo radicalismo islamico di origine saudita e pachistana. Corti islamiche possono condannare gli Hijra a pene corporali o addirittura alla lapidazione per atti osceni, prostituzione o concorso in adulterio. In India, invece, gli Hijra sono stati capaci di organizzarsi in Ong e associazioni per la difesa dei diritti umani. Alcuni di loro sono addirittura sindaci e parlamentari. Nel 2000 un Hijra, Asha Devi, venne eletta sindaco di una città di media grandezza, Gorakhpur, nell' Uttar Pradesh.

La comunità degli Hijras funziona come una casta: hanno proprietà comuni, case nelle quali vivono insieme creando nuove parentele fittizie. Si suddividono in sette sottocaste nazionali derivanti da altrettanti avi simbolici, con rappresentanti nazionali e regionali ed un consiglio degli anziani. Esiste inoltre una gerarchia tra discepoli e guru ed è, come di consueto, prevista l'espulsione dalla comunità in caso di disobbedienza alle regole di casta.

Sebbene i transgender indiani hanno fatto progressi, soprattutto nel Tamil Nadu, dove il governo paga per l'intervento chirurgico di riassegnazione del sesso, e dove sono stati ammessi al voto per la prima volta nelle elezioni statali di recenti, riconosciuti come un "terzo genere" in , molti vivono ancora ai margini della società.

Malgrado siano ricercati per fidanzamenti e matrimoni, gli hijras vivono comunque segregati ai margini nella società. Siccome il loro status li rende vittime di discriminazioni soprattutto nel mondo del lavoro, l’unica maniera che hanno per guadagnarsi da vivere – oltre alle feste a cui sono chiamati – è prostituirsi o mendicare nelle strade.

Gli hijras vanno fieri della loro personalità. Si definiscono creature che non sono né uomo né donna. Nei testi antichi venivano descritti come il risultato della parità tra le forze generatrici del padre e della madre.
Alcuni di loro praticano ancora la castrazione rituale e totale, per essere trasformati da maschi impotenti in persone nuove e potenti. Offrendo alla loro divinità protettrice i loro genitali, confidano di ricevere una straordinaria virilità nelle loro vite future.

"Non abbiamo né padre, né fratelli, nessuno, solo Dio". "Siamo sole".

Vanessa Mazza.

Fonte storica.http://kshetrapuranas.blogspot.com/2011_01_01_archive.html

Commenti

Anonimo ha detto…
E` un piccolo capolavoro, per l'accuratezza, la dolcezza e la partecipazione. Grazie di questo dono.

Chiara

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