Si chiama Egalia e i piccoli vengono apostrofati tutti con il pronome neutro «hen» usato nei circoli femministi.
MILANO - Accanto alla cucinetta e alle verdure finte, ci sono i mattoncini Lego e gli aeroplani, e tra le bambole – rigorosamente nere - spuntano robot e il modellino di un treno giapponese. Niente adesivi colorati azzurri e rosa e fiocchetti sui grembiulini, e il divieto assoluto per maestre e inservienti di appellarsi ai bimbi usando il pronome «lei» o «lui». Ecco le regole dell'asilo Egalia, dove tutti i piccoli sono uguali e dove si impara a non discriminare interessi e diritti partendo dal sesso del singolo individuo.
UNA SCUOLA PER POCHI – Aperto dallo scorso anno, vanta una lista d'attesa lunghissima: ha solo 33 posti, troppo pochi rispetto alle richieste della zona, il distretto di Sodermalm, isoletta densamente popolata poco a sud del centro di Stoccolma, Svezia. E vanta anche – raccontano orgogliose le maestre - un numero molto basso di defezioni: nonostante il programma pedagogico sia rigido, solo un bimbo si è ritirato nel corso del primo anno di attività.
IL PROGETTO PEDAGOGICO – Alla base del progetto di Egalia sta la lotta alla discriminazione sessuale. I bimbi, tutti da 1 a 6 anni, non vengono chiamati a seconda del loro sesso ma sono appellati indistintamente con il nome «friend», amico/a, e per dire «lui» o «lei» viene usato il pronome neutro svedese «hen», inesistente nel vocabolario svedese ma usato nei circuiti femministi ed omosessuali. I giochi e i libri sono mischiati, nella tipologia e nei colori, senza creare aree spiccatamente femminili separate da zone maschili. Un esperto di differenze di genere segue gli iscritti ed istruisce le maestre, tutto all'insegna della totale parità. «La società si aspetta che le bambine siano femminili, dolci e carine e che i bambini siano rudi, forti e impavidi. Egalia dà invece a tutti la meravigliosa opportunità di essere quel che vogliono», dichiara una delle insegnanti. Oltre a insegnare a non discriminare i generi, nell'asilo Egalia si gioca con bambole di colore e si leggono libri che raccontano anche storie diverse, come l'amore tra due giraffe maschi. E in libreria non compaiono i classici come Cenerentola e Biancaneve, così ricchi di stereotipi sulla figura femminile.
LE CRITICHE – Ma non tutti apprezzano il progetto pedagogico, e molti si chiedono se davvero tali accorgimenti servano a sradicare le credenze sessiste nei più piccoli, o se non finiscano semmai per confondere ulteriormente la socialità dei bimbi tutta in divenire. La lotta alla discriminazione e alla parità tra i sessi, cavallo di battaglia della Svezia, ha portato a un'esagerazione e a una sorta di «follia di genere», sostengono alcuni opinionisti. Mentre altri mettono in guardia: impedire ai maschi di trasformare un bastoncino in una spada e di urlare facendo la lotta potrebbe sortire l'effetto contrario.
Il documentario "Dio odia i gay?" (45 minuti) del network televisivo internazionale Current di sky canale 130. Con un reportage sorprendente e inquietante sul clima di odio verso le persone LGBT che vivono nel terrore, in particolare dopo la visita di alcuni "evangelizzatori", esportatori di omofobia dagli USA.. Current che tramite i loro inviati ci portano in Africa per mostrarci come alcuni missionari protestanti hanno cominciato a diffondere odio nei confronti delle persone Omosessuali. Il documentario video io oggi ve lo propongo qui. Guardate con attenzione. " Dio odia i gay?"
Mi ha colpito una frase detta nel documentario.
Leggiamo dalla Bibbia "Prima di formarti nel grembo di tua madre, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato" (dal libro di Geremia 1,5). Questo significa che fin dal primo momento della nostra esistenza, Dio sa quello che noi siamo, persone da rispettare ed amare.
Origini della persecuzione delle persone LGBT
Prima dell'avvento del Cristianesimo, l'omosessualità era accettata come una normale espressione della sessualità da quasi tutte le culture antiche. Esistono documentazioni che confermano l'esistenza e la normalità di unioni omosessuali sin dagli inizi della storia documentata in Egitto, Cina, Grecia, Roma e Giappone. Tra i più famosi esempi ricordiamo la coppia egiziana Khnumhotep e Niankhkhnum, la coppia greca Armodio e Aristogitone e anche quella romana tra l'imperatore Adriano e Antinoo. Il primo utilizzo documentato del termine "matrimonio" riferito ad una coppia dello stesso sesso si ha nell'Impero Romano. Matrimoni omosessuali sono diffusi in questo periodo (esempio fra tutti, il matrimonio voluto dall'imperatore Nerone con il liberto Sporo).
Il sorgere del Cristianesimo cambiò le attitudini alle unioni omosessuali e portò alla persecuzione gay e alla nascita dell'omofobia[senza fonte]. Nell'anno 342 gli imperatori cristiani Costante e Costanzo II, figli dell'imperatore Costantino I, approvarono una legge riletta da alcuni storici come una legge contro la prostituzione omosessuale, contro il matrimonio omosessuale e, più severamente, contro l'omosessualità in genere. Nel 390, gli imperatori cristiani Valentiniano II e Teodosio I dichiararono il sesso omosessuale illegale e coloro che erano colpevoli di questo delitto erano condannati alla pubblica esecuzione, bruciati sul rogo. L'imperatore cristiano Giustiniano I di Bisanzio (527-565) fece degli omosessuali un capro espiatorio per problemi quali "carestia, terremoti, e pestilenze." Ciò coincise con "l'entrata in vigore" del cristianesimo all'interno dell'Impero Romano.
La violenza:
La violenza contro le persone LGBT è rappresentata da azioni lesive dell'integrità psicofisica della persona, in ragione della sua transessualità o del suo orientamento sessuale. Tali azioni provengono, indifferentemente, da singoli individui, anche in concorso tra loro, o da gruppi organizzati, a volte quali parti di istituzioni governative. La violenza può estrinsecarsi differenti modi: attraverso condotte violente o vessatorie o per mezzo di giudizi morali negativi o di censura. Essa colpisce chi trasgredisce regole "eteronormative" e contravviene a protocolli basati su uno specifico ruolo di genere. In alcuni ordinamenti giuridici, l'omosessualità è criminalizzata e pertanto, le istituzioni di tali Paesi sono abilitate a perpretare violenza nei confronti delle persone bisessuali, omosessuali e transesuali. Anche le persone che sono erroneamente considerate LGBT possono esserne colpite.
La violenza contro le persone LGBT rientra tra i crimini d'odio, ossia quei crimini che colpiscono la vittima a causa della sua, reale o presunta, appartenenza ad un gruppo sociale. Nel caso in esame, il gruppo sociale individuato è composto da persone bisessuali, omosessuali, transessuali o transgender. Lo scopo dell'aggressione ha finalità omofobiche o transfobiche.
La questione della omosessualità è trattata in modo eterogeneo dai differenti gruppi religiosi. Alcuni di questi considerano l'omosessualità degna si condanna morale. In particolare le confessioni cristiane sono spaccate nella lettura dei testi ritenuti sacri. Ad esempio, secondo una prima interpretazione la Bibbia, nel vecchi testamento, confermerebbe che i rapporti tra sessuali tra persone dello stesso sesso costituiscono atti peccaminosi, altri invece hanno respinto tale lettura considerandola un'interpretazione errata. Nell'ebraismo sono notevoli le divisioni riguardo all'interpretazione della Torah. Nessuna di queste confessioni giustifica però atti di violenza verso le persone LGBT.
Differente è invece l'approccio della religione islamica verso l'omosessualità e in generale verso la morale sessuale. Vario è il trattamento giuridico e sociale all'interno delle singole correnti di pensiero islamiche. Oltre alla condanna morale, alcune comunità si spingono a comminare sanzioni giuridiche anche gravi. I rapporti omosessuali portano ufficialmente alla pena di morte in sette nazioni islamiche: Arabia Saudita, Iran, Mauritania, Sudan, Somalia, Somaliland e Yemen. Molte organizzazioni internazionali per i diritti umanitari, come Human Rights Watch e Amnesty International, denunciano la pericolosità tali leggi. Dal 1994 la commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite ha dichiarato che leggi di questo genere violano i diritti garantiti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomoe dal patto internazionale sui diritti civili e politici.
Secondo l'Agenzia per i diritti Fondamentali (FRA) dell'Unione Europea l'omofobia nel 2009 danneggia la salute e la carriera di quasi 4 milioni di persone inEuropae l'Italia è il paese dell'Unione Europea con il maggior tasso di omofobia sociale, politica ed istituzionale. (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.)
Sin dalla nascita del Cristianesimo, e successivamente di tutte le religioni sempre più recenti[senza fonte], l'attività omosessuale è stata repressa da diversi corpi giuridici e membri della società predisposti per tale "delitto" mediante pene quali mutilazione, morte, prigionia temporanea o a vita, ammende, esecuzioni pubbliche e ostracismo sociale. Tali leggi e codici, contrari nella maggior parte dei casi alla sodomia ed ai rapporti intimi, furono in vigore in Europadal V al XX secolo, mentre in altre regioni (musulmane, asiatiche, centroamericane) sono ancora esistenti. Tra gli stati che hanno storicamente punito l'omosessualità con la morte ricordiamo:
27 giugno 2011In India preferiscono i figli maschi. E i genitori ricchi sottopongono le femmine ad interventi di genitoplastica
Sono numerose le bambine indiane costrettea cambiare sesso da genitori desiderosi di un figlio maschio. A rivelarlo è un rapporto dell’autorevole giornale Hindustan Times, che bolla come “scioccante” e “senza precedenti” la tendenza che si materializza negli ultimi tempi negli ospedali e cliniche di Indore, città dell’India centrale, nello stato del Madhya Pradesh, e di cui sono vittima bambini da 1 ai 5 anni. I chirurghi di Indore sono stati contattati per la “conversione” di centinaia di ragazze, successivamente imbottite di farmaci ormonali. “Il processo utilizzato per ‘ricavare’ un figlio maschio da una femmina è conosciuto come genitoplastica”.
LA CAPITALE DELLA GENITOPLASTICA – Nella società indiana assume un valore importante la nascita di un figlio maschio ed erede. Le femmine sono spesso viste come un fardello costoso. Per questo i test per la determinazione del sesso durante la gravidanza sono illegali per impedire l’aborto di feti femminili. In alcuni stati il rapporto tra donne e uomini è sceso a 7 a 10. Secondo quanto riportato dal Mail Online, i genitori ricchi da Delhi e Mumbai si recano ad Indore, capitale degli interventi di genitoplastica. Il costo dell’intervento chirurgico per correggere le figlie è relativamente basso. Costa 2mila euro.
LE PROTESTE - La notizia dell’abuso della pratica negli ultimi giorni ha fatto il giro del web ed è stata duramente condannata dagli utenti dei social network. Ha scritto ad esempio l’attivista femminista Taslima Nasreen: “Shocking! Non solo le persone uccidono i feti femminili, ora le ragazze vengono trasformate in maschi attraverso la genitoplastica”. “Dovrebbero andare in prigioni i medici che la praticano”, ha denunciato. La Commissione nazionale per la protezione dei diritti del bambino siè messa in moto chiedendo al governo del Madhya Pradesh di indagare medici ed ospedali citati nell’inchiesta dell’Hindustan Times.
LA DIFESA – L’intervento nell’occhio del ciclone consiste nella ‘costruzione’ di un pene con i tessuti dell’organo femminile e di una cura di ormoni maschili. I medici si difendono dalle accuse sostenendo di intervenire solo su bambini i cui organi esterni non corrispondevano a quelli interni. Ma non apportano prove a sostegno della validità delle loro affermazioni. “Quando il bambino cresce può essere confuso circa il sesso al quale appartiene”, ha detto MilindJoshi, un chirurgo pediatrico che segue la procedura in uno degli ospedali incriminati. “Questa chirurgia – ha aggiunto – ferma il disordine del bambino circa la determinazione del sesso e blocca i problemi psicologici”. I genitori dei bambini operati sottoscrivono: “Mio figlio non sarà confuso sul suo sesso in futuro e vivrà una vita normale, senza alcun ricordo dell’intervento chirurgico”.
PROBLEMI PSICOLOGICI – Un altro chirurgo pediatrico, Brijesh Lahoti, sottolinea invece la facilità con la quale è possibile arrivare al cambio di sesso dei propri figli: “In India non c’è alcun problema nello svolgimento di questi interventi. Basta il consenso dei genitori e una dichiarazione giurata. Si tratta di interventi chirurgici di ricostruzione con i quali viene determinato il sesso del bambino in base ai suoi organi interni e non solo sulla base degli organi esterni”. Il tutto in assenza di norme che tutelino i diritti del bambino, di sensibilizzazione della gente sul tema e una politica efficace. Per molti è l’operazione chirurgica a causare problemi psicologici. “L’intervento chirurgico può avere effetti psicologici profondi alungo termine su un individuo, che potrebbe un giorno non accettare il sesso assegnatogli dai genitori”, dice Suchitra Inamdar, consigliere di Mumbai.
I colori dell'arcobaleno arrivano nelle città del mondo. Dopo la decisione di New York di legalizzare le unioni gay, la festa ha un motivo in più per essere celebrata. Oltre a Napoli e Rimini strade affollate anche a Parigi, Seattle, Helsinki, Valencia, St. Louis. Per chiedere parità, cortei da giugno ai prossimi mesi.
Milano.
Il primo pride sotto Pisapia 9, che però al corteo non è stato presente, è partito con le note dell'Inno d'Italia. Chi è uscito dalla metropolitana in piazza Lima è quindi passato sotto un arco arcobaleno, il primo dei coreografici simboli con cui Corso Buenos Aires è stato allestito in occasione del gay pride. La destinazione finale è Piazza Castello. Presenti Agedo (associazione genitori di omosessuali), Arcilesbica, Arcigay, Renzo e Lucio, Famiglie Arcobaleno, associazione Radicale, ma soprattutto tante persone senza simboli se non l'arcobaleno, chi sul viso, chi tra i capelli, chi sulla maglietta o su una bandiera. "A seguito del grande successo dell'Europride di Roma, anche a Milano patrocinio al GayPride - aveva scritto su Twitter, Giuliano Pisapia -. (il Pride) del 25 giugno". Già in campagna elettorale, tra la comunità lgbt milanese e l'allora candidato a sindaco del centrosinistra, si era istaurato un dialogo e un rapporto di fiducia. Pisapia era stato l'unico aspirante primo cittadino a incontrare le associazioni e a impegnarsi ufficialmente per l'istituzione del registro delle coppie di fatto. Con il pride in città, "il primo segnale è appena arrivato", si legge sul sito di Arcigay. Berlino.
Più di un milione di persone sono arrivate alla 33esima edizione della "Christopher Street Day", il pride berlinese, tra i più famosi del mondo. Quest'anno omosessuali, lesbiche e transgender hanno preparato anche una mega-protesta contro il Papa Benedetto XVI in occasione della sua visita il 22 settembre, contro la sua politica poco gay friendly e convinti che il pontefice sia il "responsabile della loro oppressione". L'associazione lesben- und schwulenverband berlin-brandenburg (Lsvd) il 22 settembre ha in programma una manifestazione "contro l'omofobia nella politica sessuale e dei sessi del Papa", organizzata da una coalizione di 33 organizzazioni unite sotto il nome di "Il Papa arriva!". "Ci rivolgiamo contro il Papa in quanto uno dei principali responsabili dell'oppressione di lesbiche, gay e transgender nel mondo. Sul piano internazionale lo stato vaticano combatte al fianco di brutali dittature contro i diritti di lesbiche, gay e transgender", si legge nella petizione, firmata da 1620 persone.
Parigi.
Dal 1971 c'è in Francia un movimento omosessuale molto compatto e visibile. La prima manifestazione omosessuale indipendente organizzata nel paese risale al 1977, seguita a ruota da manifestazioni contro la discriminazione negli anni successivi. Alla Marché des Fiertés, il gay pride parigino, partecipano più di 500mila persone tra lgbt ed etero, in un'interminabile carovana danzante. Serate a tema in tutta la città soprattutto nel distretto di Marais. Il gay pride di Parigi ha preso il via alle 14 da Place du 18 Juin, fermata della metro Montparnasse-Bienvenue, per percorrere la città attraverso Boulevard du Montparnasse, Boulevard St-Germain fino alla grande festa finale di Place de la Bastille.
BRASILE, TRE MILIONI AL GAY PRIDE PIU' GRANDE DEL MONDO
La bandiera dell'arcobaleno sventola con allegria tra le strade della capitale paulista
Dopo i gay pride di Roma, Parigi e Berlino, dopo i festeggiamenti - appassionati (e liberatori ?) - in tutto il mondo per la legalizzazione dei matrimoni tra omosessuali a New York, non poteva mancare San Paolo. Nella città più popolosa del Brasile da 15 anni si tiene la più famosa parata per i diritti gay del pianeta. Quest'anno ancora più allegra dopo la svolta storica nello stato di New York. I coloratissimi brasiliani non si sono certo fatti fermare dalla pioggia: erano ben tre milioni, numeri che fanno impallidire qualsiasi altra manifestazione sull'orgoglio omosesuale del pianeta. Ne facevano parte non soltanto omosex, bisex o trans anche semplici simpatizzanti etero che hanno partecipato ballando e mascherandosi sul'Avenida Paulista, uno dei viali più trafficati di San Paulo, quasi fosse il carnevale. E' anche se in Brasile le coppie gay sono riconosciute, le discriminaizoni sono sempre dietro l'angolo, soprattutto da parte dei gruppi cattolici oltranzisti. Come ricorda un trans che vuole rimanere anomino: " C'è anche un'altra lettura del Vangelo: abbiamo tutti gli stessi diritti, siamo tutti uguali, vogliamo rispetto per tutti. Non vogliamo altri diritti. Vogliamo solo essere riconosciuti come gli altri. Ecco quello che vogliamo." Una parada arcobaleno in un paese dove le differenze sono la normalità . Fino al punto che al Congresso è ora in discussione una legge, osteggiata dalle lobby cattoliche, che prevede di perseguire chi promuove la discrinimazione contro gli omosessuali. La coloratissima parata di San Paolo si è svolta lo stesso giorno di un altro gay pride, altrettanto grandioso e festoso, a New York, e di uno invece molto più timido e impaurito, in Turchia. L'anno scorso ad Ankara erano solo in 200 a sfilare per i diritti dei cosiddetti diversi, quest'anno erano 5000, sfidando paure e pregiudizi.
New York
IlGay Pride a New York è stato un successone – lo saprete tutti, ma scriverlo, immortalarlo in queste poche righe, seppur virtuali, è d’obbligo, a maggior ragione che l’evento è stato scandito da momenti a dir poco entusiasmanti. Chi tra gli americani potrà mai dimenticare l’approvazione dei matrimoni omosessuali da parte del governatore Andrew Cuomo? Nessuno, ovviamente. Al Pride hanno preso parte in tantissimi: non soltanto tutta la comunità LGBT, ma anche vari esponenti politici, felici di poter festeggiare assieme ai loro cittadini. Il nostro non è stato meno in quanto a colori, aspettative e speranze, ma loro sono più avanti – è inutile negarlo.
Le stime ufficiali parlano di mezzo milione di partecipanti; gli organizzatori, invece, di oltre due milioni. Indipendentemente dai dati, state pur certi che la Grande Mela è stata invasa da una ordata di gente stufa di discriminazione, omofobia, diritti imperfetti… Insomma, stanca di essere considerata di “serie B”.
Hanno conquistato la vera cittadinanza finalmente, dando uno scossone di quelli mai visti prima a tutto il mondo. Tom Duane, senatore, ne è sicuro e aggiunge: “È come Natale e Capodanno insieme ma ritengo che oggi sarà ancora più festosa“.
La 36/ma strada ha dato il via a tutto con una marcia nunziale in grande stile; a Stonewall Inn, nei pressi del Greenwich Village, l’evento è stato suggellato. Non poteva essere diversamente: nel 1969, infatti, proprio qui, i gay iniziarono la loro ribellione contro le autorità, dando inizio al movimento dei diritti degli omosessuali (nel 1970, ci sarà la prima parata a tinte arcobaleno).
Avete provato in tempi recenti a digitare nella casella di ricerca di Google le parole gay, transgender, bisexual o lesbian? Fatelo ora e vi accorgerete che alla destra della casella stessa appare un arcobaleno.
È il modo adottato dal team Google per evidenziare che giugno è il mese dell’orgoglio omosessuale celebrato in tutto il mondo con feste e parate.
Gay/ Brasile: oggi celebrate 43 "nozze" omosessuali, è record Ultima cerimonia collettiva risale a tre settimane fa in Usa
Rio de Janeiro, 23 giu. (TMNews) - Oggi 43 coppie gay si sono sposate in Brasile, nel corso di una cerimonia collettiva organizzata dallo Stato di Rio de Janeiro: un record mondiale, secondo le autorità. "La cerimonia di oggi è la concretizzazione delle conquiste del movimento gay dopo anni di lotta. Il nostro obiettivo è ottenere sempre di più quei diritti civili che ci sono negati da secoli", ha commentato Claudio Nascimento, segretario ai Diritti individuali e collettivi di Rio de Janeiro. Quaranta coppie si sono dette "si" pubblicamente una ad una prima di firmare il contratto che ufficializza la loro unione "omoaffettiva stabile". Tre hanno preferito mantenere l'anonimato. La grande stazione Central do Brasil, nei pressi del centro, ha fatto da cornice alla cerimonia nel corso della quale 22 coppie di donne e 18 di uomini si sono sposate. Secondo Nascimento, si tratta di un record mondiale. "La più grande cerimonia collettiva di unioni omoaffettive si era svolta in Massachusetts (Usa) tre settimane fa, con 30 coppie. Rio de Janeiro scrive la Storia", ha dichiarato all'Afp. La Corta suprema del Brasile, il più grande Paese cattolico del mondo, aveva riconosciuto il 5 maggio "l'unione stabile" per le coppie dello stesso sesso, garantendo loro gli stessi diritti di una coppia eterosessuale sposata. Un pronunciamento della Corte suprema era stato richiesto dal governatore dello Stato di Rio, Sergio Cabral, che rivendicava uguali diritti per tutti i suoi funzionari, e dal Procuratore generale del Brasile. (con fonte Afp)
Solo ieri è balzata agli onori della cronaca la lodevole iniziativa della Chiesa Valdese che, nell’intento di garantire l’uguaglianza di ogni fedele dinnanzi a Dio, domenica celebrerà il primo matrimonio gay nonostante l’assenza di una controparte legislativa nello Stato Italiano. Oggi un’altra iniziativa, di carattere non religioso, si propone un fine simile: rendere le nozze omosessuali legali all’interno dei confini dell’Unione Europea.
La proposta arriva da ExpoGays.com e si affida a una recente proposta dell’Unione Europea che, con il regolamento 211/2011 dello scorso 16 febbraio, ha istituito il diritto di iniziativa legislativa da parte dei cittadini. Con un milione di firme raccolte fra i residenti, infatti, si può proporre alla Commissione Europea, nell’esclusivo ambito delle sue attribuzioni, la presa in carico di un argomento su cui si ritiene necessario un atto giuridico. È in quest’ottica che nasce “PeticionGay“, la prima iniziativa di 1.000.000 di europei a favore del matrimonio LGBT.
Il progetto si esplica tramite un apposito sito Web tradotto in tutte le lingue dell’Unione, dove chiunque può firmare per proporre le nozze gay in Europa, indipendentemente dall’orientamento sessuale, dal credo politico o da altri fattori. L’iniziativa, online da circa un mese, conta al momento poco meno di 10.000 firme. Un numero esiguo del tutto giustificabile, perché la petizione ha iniziato a circolare soltanto nelle ultime ore su Internet, nel totale silenzio dei media tradizionali. Al momento, il paese con la più forte partecipazione è la Polonia, seguita a ruota da Spagna e proprio dallo Stivale. Per essere effettiva, inoltre, la petizione deve raccogliere le firme di almeno un terzo dei residenti negli stati membri, con una soglia specifica minima stabilita per ogni nazione.
L’intento è quello di spostare la responsabilità del matrimonio omosessuale dalla competenza dei singoli stati nazionali a quella dell’UE che, già nella propria carta fondante, ben specifica il divieto di discriminazione anche sulla base dell’orientamento sessuale. In questo modo, non sarebbero più i singoli governi a permettere o proibire le unioni gay, ma sarebbe l’Europa stessa a decidere. Al momento, le nozze LGBT sono garantite solo in Svezia, Spagna, Portogallo, Belgio e nei Paesi Bassi, mentre Danimarca, Finlandia, Regno Unito, Germania, Belgio, Repubblica Ceca, Slovenia, Francia, Lussemburgo, Austria e Ungheria hanno introdotto altre forme di riconoscimento delle unioni civili.
L’iniziativa è stata accolta in modo favorevole dal popolo della Rete, anche se alcuni hanno manifestato una certa ritrosia per la richiesta dei dati della carta d’identità o del passaporto. Si tratta, tuttavia, di un opzione necessaria per la validazione della firma, così come previsto dalle norme europee in materia, di cui gli organizzatori assicurano l’assenza di diffusione dei dati personali a terzi, quali aziende o sponsor.
Il problema delle coppie di fatto è sicuramente uno dei temi più sentiti dell’ultimo decennio, soprattutto in un paese come l’Italia che, ancora oggi, stenta ad approvare basiche norme di civiltà per proteggere i propri cittadini daireati di omofobia. Chissà che non siano davvero i cugini europei a dare uno scossone alla politica del Bel Paese.
Milano, 23 giugno 2011 - “L’omossessualità è una scelta consapevole e più evoluta. Quello omossessuale è l’amore puro”. Ne è convinto l’oncologo Umberto Veronesi, intervenuto sul tema oggi a Milano, a margine della presentazione dell’annuale Conferenza mondiale ‘The future of science’ che si terrà a Venezia dal 18 al 20 settembre.
Veronesi si colloca “sul fronte opposto” rispetto ai sindaci che in questi giorni hanno espresso dichiarazioni contestate dalle associazioni che difendono i diritti dei gay. In particolare rispetto al sindaco di Bologna, Virginio Merola, che ha dichiarato di voler favorire le coppie sposate ai fini delle graduatorie pubbliche, a dispetto di quelle di fatto, omosessuali comprese. Le dichiarazioni del primo cittadino del capoluogo emiliano arrivano dopo quelle di Fabio Federico, sindaco di Sulmona, che avrebbe definito alcuni tipi di omosessualità un’aberrazione genetica, frasi poi rinnegate.
“L’amore omosessuale - replica Veronesi - è l’amore più puro. L’amore etero, invece, è strumentale alla procreazione: ‘Io ti amo non perché amo te, ma perché in te ho trovato la persona con cui fare un figlio’. L’amore omosessuale no. Un omosessuale dice: ‘Amo te perché sei più vicino a me, perché hai un cervello più vicino al mio. Il tuo pensiero, la tua sensibilità, i tuoi sentimenti sono più vicini ai miei’”.
Secondo lo scienziato è difficile dire se la chimica, o qualcos’altro, abbia un ruolo nella sessualità. “Aver qualcosa di chimico dentro” che spinge verso l’eterosessualità o l’omosessualità “vorrebbe dire che uno è predisposto e che geneticamente nasce già omosessuale. Questo non lo penso. La sessualità si diffonde in rapporto agli stili di vita, alla cultura del momento, è anche un atteggiamento contagioso”, osserva Veronesi.
LA REPLICA DI GIOVANARDI - “Vasco Rossi e Umberto Veronesi sono in corsa per il premio ‘delirio d’estate’”, è la nomination che Carlo Giovanardi propone per il Blasco “per aver definito vergognose le leggi che impediscono di guidare ubriachi” e per l’oncologo “per aver definito il rapporto omosessuale ‘piu’ puro di quello eterosessuale’ perche’ quest’ultimo e’ finalizzato alla procreazione”.
“Per fortuna questi vaneggiamenti non riusciranno a vanificare l’opera di milioni di famiglie e di educatori - aggiunge il sottosegretario alla presidenza del Consiglio - che sanno bene che il futuro dei giovani e la sopravvivenza della nostra societa’ dipendono dal saper mettere assieme il rispetto della liberta’ di tutti ma anche dal non esaltare comportamenti che, da un lato, mettono a rischio la vita di terze persone e, dall’altro, non possono essere certamente definiti piu’ evoluti e superiori all’amore che lega un uomo ad una donna”.
Un vento nuovo è iniziato a soffiare su Milano grazie a un rinnovato coinvolgimento dei cittadini.
Come la maggior parte dei milanesi, anche la comunità lgbt (lesbica, gay, bisessuale, transessuale, transgender) si aspetta segnali di cambiamento importanti. Chiediamo gesti concreti in cui leggere il pieno riconoscimento del fatto che: Milano siamo anche noi!
In occasione di questa importante manifestazione che coinvolge la comunità LGBT e la città intera, vogliamo ringraziare la nuova amministrazione per il Patrocinio del Comune al Pride Milano 2011. Il patrocinio, concesso per la prima volta nella storia della nostra città, permette di veder riconosciuta la nostra appartenenza come comunità al nostro territorio e fa sperare che concetti come “Noi” e “Voi” cessino di produrre divisioni e steccati, perché siamo tutte e tutti cittadini di Milano. Abbiamo quindi individuato delle questioni specifiche su cui chiediamo risposte concret.
Vogliamo vivere in una città che INCLUDA E TUTELI Chiediamo: - l’adesione del Comune di Milano alla rete “Ready” (Enti locali contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere); - l’istituzione di un Tavolo permanente del Comune con le associazione lgbt finalizzato alla creazione di un clima di inclusione; - l’istituzione di una rete di sportelli contro l’omofobia e la transfobia e la formazione dei dipendenti comunali su questi temi; - di riprendere le iniziative di prevenzione e di sensibilizzazione sulle malattie sessualmente trasmesse.
Vogliamo vivere in una città che RICONOSCA le nostre relazioni affettive. Chiediamo: - l’istituzione di un registro delle Unioni civili come strumento di legittimazione e di visibilità delle nostre relazioni e una politica della famiglia che non discrimini le unioni formate da persone dello stesso sesso; - di tutelare i nostri figli, riconoscendo la nostra capacità di essere genitori responsabili e ricchi di valori.
Vogliamo vivere in una città che VALORIZZI il nostro contributo culturale, politico e sociale. Chiediamo: - la creazione di uno spazio Comunale, un Centro LGBT capace di dialogare con le realtà presenti sul territorio per promuovere l’accoglienza, la corretta informazione, la crescita culturale; - che vengano sostenuti quegli eventi di socializzazione, di incontro e di confronto culturale che le nostre associazioni propongono alla comunità milanese.
Anche per questo saremo in piazza sabato 25 giugno (concentramento in piazza Lima alle 16.30) e invitiamo tutte le persone che si riconoscono in questi punti a manifestare con noi.
Promosso dal Coordinamento Arcobaleno delle associazioni LGBT di Milano e Provincia: Agedo – Associazione Genitori di Omosessuali, Arcilesbica Zami Milano, Arcigay Milano CIG, Arcobaleni in marcia, Associazione radicale Certi diritti, Famiglie Arcobaleno, GayLib, GayStatale, Guado, KOB Kollettivo Omosessuale Bicocca, LineaLesbica Amica, Le Rose di Gertrude. _____
Nel 2005 davanti a Palazzo Marino sfilavano i carri e volavano insulti all’allora sindaco Gabriele Albertini, che non hai mai voluto metterci il logo del Comune. Nemmeno Letizia Moratti dopo di lui.
Ma il primo atto della giunta di Giuliano Pisapia è la concessione del patrocinio al gay pride che si snoderà tra piazza Lima e il Castello Sforzesco sabato 25 giugno, partenza alle 16.30. Voto all’unanimità, sembra quasi uno scherzo (non ci credeva nemmeno qualche consigliere cattolico del Pd raggiunto da un sms) visto che le discussioni dei giorni scorsi sono state proprio su un eccesso di assessori in quota alla cattolicissima Rosy Bindi.
Ma la delibera 24 non lascia equivoci, patrocinio alla «Gay Pride Parade, Christopher Street day 2011 organizzata dal Centro di iniziativa gay-comitato provinciale arcigay di Milano onlus». Che reagisce con euforia alla notizia, «è il primo forte segno di discontinuità - afferma il presidente Marco Mori - ci speravamo, lo aveva promesso in campagna elettorale. Io ho un piccolo sogno, sarebbe bello che quando il corteo passerà sotto palazzo Marino e chiameremo il sindaco, così come successo con la Moratti che però non ci ha mai risposto, Pisapia decidesse di affacciarsi».
burrnesh è una donna di un paese balcanico, in genere l’Albania oppure il Kosovo, che si veste come un uomo e viene considerata come tale nella società. Tra i suoi privilegi, si ricorda quello di fumare e consumare alcolici. Si tratta di una figura anacronistica destinata ad estinguersi nei prossimi decenni. Un'antica tradizione delle montagne albanesi e kosovare che risale a più di 300 anni fa.
Nella società albanese di un tempo, una donna non aveva il diritto di vivere da sola. Per farlo lo stesso, aveva in alcuni casi la possibilità di modificare il proprio status davanti alla gente del paese, sottoponendosi ad una cerimonia in presenza degli uomini più influenti del villaggio. Durante la cerimonia, era prevista una vestizioneed il taglio di capelli. La ragazza doveva fare voto di castità. È detta infatti anche vergine giurata. Un'usanza dura, che va rispettata fino in fondo per l'onore della famiglia. "Non si diventa vergini per questioni religiose: la burrnesh sono sia musulmane sia cristiane.
Hanno rinunciato alla femminilità per diventare maschi. E poter così bere, fumare e sparare. Ma anche prendersi cura dei fratelli, amministrare i beni di famiglia e costruire la casa per gli anziani genitori. Oggi ne sono rimaste poche decine. Vivono sulle montagne del Paese delle aquile, al confine con il Kosovo.Le burrnesh (dal termine albanese burré, uomo) sono un’antica tradizione delle montagne albanesi e kosovare che risale a più di 300 anni fa. E a celebrarle è il Kanun di Lekë Dukagjini, il più austero dei codici nazionali giunti fino a oggi. La conversione avviene quando la bambina, fiorita fanciulla, giura la sua verginità davanti ai 12 uomini più importanti del villaggio. Una donna che ha promesso castità infinita e totale per conquistarsi l’onore di essere uomo. Di vestirsi, di armarsi, di combattere, ma anche di concedersi lussi perfettamente maschili, come il fumo e l’alcol, proibiti alle donne nella società albanese. Le vergini giurate apparivano un tempo anche in Serbia e in Montenegro, oggi sono «un incanto umano» molto raro e se ne trovano pochissime (si parla di qualche decina) nascoste nelle montagne dove l’Albania confina col Kosovo. Le ragioni e i misteri che hanno portato donne kosovare e albanesi a farsi vergini per sempre sono da cercare nei costumi e nelle viscere di questa terra.Una fanciulla magari bella, magari sognatrice di famiglia e di bambini, che regala la sua vita all’onore di sua madre e di suo padre. Vite santificate, perché in quelle terre perdute una figlia, purissima guerriera, dà alla sua famiglia un vanto che tocca la gloria epica.
Qualcosa che ricorda un mito nazionale della passata ideologia comunista: quello del malesor (montanaro), cioè il guerriero coraggioso, simbolo dell’indipendenza secolare dagli ottomani. Abbandonando riti e miti, la tradizione delle vergini ha una spiegazione molto più moderna. In un’Albania rurale dove per una donna il fumo, il lavoro, il sesso e qualunque soffio di libertà diventano una vergogna, la burrnesh si mette addosso questa maschera semplicemente per vivere. E forse anche per nascondere la sua omosessualità, un sacrilegio che nel suo paese non è neppure immaginato. Non è il caso di Qamile Stema, 87 anni, gilet nero con orologio a pendolo. «Ero una normalissima ragazza, ma sono diventata uomo solo per far felice mio padre» racconta, sventolando le mani rugose come la corteccia dei suoi alberi. «Lui aspettava il maschio, ma io sono nata la nona di nove femmine. Non avevo scelta». O Diana Rakipi, 54 anni, sesta di nove figli: «Il mio fratellino morì per la maledizione di un malocchio. Così per ricordarlo ho voluto diventare un maschio bello com’era lui» racconta Diana, che succhia una sigaretta dopo l’altra con il gusto di chi da femmina non avrebbe potuto farlo. Diana veste oggi la divisa della guardia giurata nel porto di Durazzo dove lavora. Il cappello militare non nasconde l’antica femminilità che le passeggia sulla pelle e nel sorriso. Voglia di femminilità tradita dall’anello d’oro e dagli occhi turchini.«Delle donne amo la sensibilità, mentre dei maschi apprezzo il coraggio della sincerità». È così inquietante la fusione dei sessi in questo strano essere, che pare arrivato da un altro mondo. «Nulla di strano, la nostra è una terra di magici travestimenti» racconta l’antropologo albanese Moikom Zego. «In qualche villaggio dopo la nascita di un figlio l’uomo si finge madre e accoglie gli ospiti sdraiato nel letto. Vestito da donna».
Le ragioni per un cambio del genere potevano essere molteplici:
La tradizione risale a circa tre secoli fa ed è oramai completamente estinta in Serbia. Anche se non è più praticata nei paesi di lingua albanese, vivono in quella zona ancora parecchie burrnesh anziane.
BURRNESH Levraze, montagne dell'Albania settentrionale, autunno 1944 “Non uccidetemi, vi prego. Non sono un uomo come sembro.” Il traduttore passò l'informazione dall'albanese al tedesco. L'ufficiale nazista strabuzzò gli occhi. Rimase sorpreso. Era abituato a sentire le scuse e le spiegazioni più incredibili quando stava per fucilare qualcuno. Questa ancora non l'aveva sentita. Due giorni prima era stato ucciso in un agguato un sottufficiale tedesco, proprio sulla strada di ingresso a Levraze. Per rappresaglia stavano fucilando venti uomini del villaggio. Una giornata grigia, di nebbia. Nella fossa comune si trovavano già diciannove corpi. Hairì stava in piedi, gli occhi gonfi per le lacrime. Due occhi dolci. Doveva avere una cinquantina d'anni. Forse meno. I capelli corti, castani, erano striati da ciocche di capelli bianchissimi. Il tedesco ghignò. Disse qualcosa nella sua lingua. Ad Hairì parve un verso con troppe consonanti. Il ruffiano traduttore disse: “Dimostralo.” Quattro tedeschi, le armi spianate, e una trentina di donne albanesi stavano fissando quella scena irreale. Hairì si guardò attorno. Sapeva che stava per tradire un giuramento fatto ventidue anni prima. Un tradimento che sarebbe andato al di là di tutto. Al di là del tempo e dello spazio. Al di là dell'identità e degli eventi della vita. Sentì la presenza dei diciannove corpi che stavano dietro, nella fossa. Alcuni erano ancora agonizzanti, in attesa del colpo di grazia. Decise di tentare quella disperata sortita.
Famoso è il libro di Elvira Dones sull'argomento, vergine giurata
Il reportage pubblicato da Panorama nel 2008, la giornalista Stella Pende si avventura sui monti dell'Albania, al confine con il Kosovo, per raccontare le vite ordinarie di quattro uomini fuori dal comune. Sono Qamile Stema, Dila Deda, Fatime Xhedia e Diana Rakipi: nati donne, il destino ed una amara tradizione li hanno costretti a cambiare la loro natura per sempre, costringendoli a diventare "vergini giurate" per poter vivere alla pari con i maschi.
Il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha approvato oggi a Ginevra una risoluzione storica che promuove l’uguaglianza degli individui indipendentemente dal loro orientamento sessuale, segnando un importante passo in avanti nella lotta per i diritti gay. La risoluzione è stata presentata dal Sud Africa ed è stata varata con 23 voti a favore, 19 contrari e 3 astensioni. L’agenzia France Presse ha riferito che ci sono stati forti contrasti e un acceso dibattito interno al gruppo africano presieduto dalla Nigeria. Questi Paesi africani contrari alla risoluzione pro-gay hanno accusato il Sud Africa di aver rotto con la tradizione del gruppo africano di trovare un consenso prima di votare una risoluzione.
«La risoluzione – ha detto il rappresentante del Sudafrica presentando il testo – non cerca di imporre certi valori ai Paesi, ma cerca di favorire il dialogo». Nella risoluzione storica a favore della causa gay si afferma che tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti e a ciascuno di loro spettano tutti i diritti e le libertà senza distinzione di alcun tipo. Inoltre prevede anche uno studio sulle eventuali leggi discriminatorie e sulle violenze nei confronti di individui o gruppi a causa del loro orientamento sessuale.
Il rappresentante degli Stati Unitiha affermato che il voto della risoluzione entra nella storia della lotta per l’uguaglianza e la giustizia. Il deputato dei Radicali e rappresentante del Partito Radicale Nonviolento, transnazionale e transpartito (Prntt) all’Onu Sergio Rovasio ha espresso grande soddisfazione per questo straordinario passo avanti fatto dallaCommissione Onu per i Diritti Umani.
«In diverse occasioni il Prntt aveva ceduto il proprio tempo di parola alle organizzazioni lgbt di Paesi dove vi sono gravi persecuzioni contro le persone omosessuali e transessuali – ha spiegato il deputato radicale Sergio Rovasio -. La strada per il superamento delle diseguaglianze va avanti con sempre più determinazione. Sarebbe ora che anche l’Italia adeguasse il proprio ordinamento interno – ha concluso Rovasio – seguendo quanto l’Onu, l’Ue e molti altri Paesi democratici fanno per la lotta alle discriminazioni».
In Italia esiste il Sindaco Fabio Federico di Sulmona, ma per fortuna c'è l'ONU.
Un video (del 2006) sta circolando in questi giorni sulla rete e sta scatenando moltissime polemiche ... le immagini immortalano l'attuale sindaco di Sulmona, Fabio Federico (Pdl), che si scaglia verbalmente contro gli omosessuali e espone la sua assurda teoria omofoba e razzista (faccio presente che il sindaco in questione è anche un medico):
"Se hai degli ormoni maschili e un genoma maschile, fai il maschietto. Il contrario è fuori natura, ci sono delle possibilità di composizione intermedie di questi assetti genetici. Ci sono delle aberrazioni genetiche che determinano il fatto che non si sia né perfettamente uomo e né perfettamente donna"
"Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di scelte fatte per un gusto personale. Niente a che dire sul gusto. Ogni omosessuale può vivere la sua vita sessuale come meglio crede. Se gli piace, gli piace. Non posso certo giudicarlo"
Parlando della sua "sfera personale":
"Ho due figlie femmine, e purtroppo anche tra le donne esiste l'omosessualità. Preferirei che le mie figlie crescessero in maniera normale e facessero una vita normale, con una famiglia normale. Se poi dovessi vedere che le cose non vanno tanto bene, le farei curare. Chi è omosessuale fa una scelta contraria a quella indicata dalla natura"
Per quanto riguarda invece leggi come i "Pacs" o quella sulle adozioni gay:
"Non posso pensare che queste famiglie possano regolarmente adottare dei bambini. Il condizionamento psicologico sarebbe tale, che questi bambini avrebbero sicuramente dei problemi. Sono contrario all'equiparazione tra famiglie omosessuali ed eterosessuali"
Il video in questione è stato caricato a inizio mese in forma satirica da un utente youtube, ma quando il sindaco Pdl l'ha notato circolare sulla rete, ne ha chiesto l'immediata rimozione perchè lui non avrebbe "mai autorizzato la pubblicazione del video", che "non aveva alcun interesse pubblico" e che, a suo dire, era lesivo della sua immagine.
Richiesta che a quanto sembra è stata accolta, e youtube ha dovuto rimuovere il video dalla rete (anche se già circola una versione"senza censura" - vedi qui sotto).
Il video delle affermazioni omofobe del sindaco di Sulmona, Fabio Federico (Pdl)
Ma il sindaco raggiunto ultimamente sulla questione, ha confermato più o meno gli stessi pensieri ... sentite qui che dice:
"Da una parte ci sono delle questioni psicologiche, interne o esterne alla famiglia, che determinano le scelte sessuali dei ragazzi e delle ragazze. Ma ci sono, invece, dei casi di aberrazioni nella produzione ormonale. Ci sono dei ragazzi che hanno un aspetto femminile, e hanno la ginecomastia. In alcuni casi, c'è una iperproduzione di estrogeni. Quelle sono malattie, da curare".
E se tornasse a casa e sua figlia le dicesse di essere lesbica?: "Cercherei di capire se ha problemi di carattere ormonale. Voglio capire se la scelta dipenda da una problematica di tipo fisico o medico. Se sei femmina e la natura ti ha fatto femmina, e invece ti piacciono le femmine, avrò il diritto di sapere cosa c'è che non va?".
Per lui, una eventuale legge contro l'omofobia discriminerebbe gli eterosessuali: "Ieri sera a Sulmona ci sono state delle risse, nel corso delle quali hanno picchiato degli eterosessuali. Perché deve esistere una legge che ghettizza ancora di più gli omosessuali? Perché chi picchia un gay deve essere punito in maniera diversa da chi picchia un etero?".
Netta la contrarietà alle adozioni: "Sono per madre natura. Le adozioni devono avvenire da parte di un padre maschio e una madre femmina. Ci strappiamo i vestiti per difendere la natura - dicendo, ad esempio, no al nucleare - e poi madre natura diventa un optional quando si parla di omosessualità e adozioni".(Repubblica.it)
Direi, più che un video "lesivo per la sua immagine", è un video (oltre che il resto delle sue teorie) lesivo all' l'intelligenza delle persone e che meriterebbe una denuncia per le vergognose affermazioni contro gli omosessuali! Questa è omofobia allo stato puro!
l'omosessualità non è classificata come patologia da svariati decenni ormai e, di conseguenza non esistono cure né farmaci in quanto NON è una malattia. Se hai dato, come spero, qualche esame di genetica, saprai benissimo che genere e identità di genere sono due cose molto lontane e diverse tra loro, prova ne sia il fatto che esistono tantissimi eterosessuali effeminati (ma eterosessuali), come esistono tantissimi omosessuali mascolini al 100%.
GAY: RISOLUZIONE ONU;CONCIA, ORA SI VOTI LEGGE ANTI-OMOFOBIA
(ANSA) - ROMA, 17 GIU - 'Ho appreso con molta felicita' la notizia della storica approvazione da parte del Consiglio dei Diritti Umani dell'Onu di una risoluzione contro le discriminazioni, che permettera' alle Nazioni Unite di lottare con ancora piu' determinazione ed efficacia contro il dramma della persecuzione degli omosessuali: tuttora, infatti, in alcuni paesi fondamentalisti e' prevista la pena di morte, l'ergastolo o il carcere per le persone gay, lesbiche e trans'.
La parlamentare del Pd Paola Concia commenta cosi' la risoluzione Onu anti-discriminazioni.
'Il nostro paese - aggiunge - purtroppo non puo' essere ancora protagonista delle battaglie a favore della depenalizzazione universale dell'omosessualita', perche' e' uno dei paesi dove gli omosessuali sono ancora discriminati'. 'Infatti - continua la parlamentare - purtroppo ormai da qualche anno il nostro paese, sulle questioni del rispetto delle minoranze, viene costantemente monitorato dall'ONU, che ci considera un paese a rischio, perche' non consideriamo gli omosessuali cittadini come tutti gli altri'. 'Ricordiamoci - aggiunge - che siamo l'unico fra i paesi fondatori dell'Ue a non avere nel proprio ordinamento leggi che tutelino le persone omosessuali. La giusta risposta a questi dubbi che la comunita' internazionale avanza nei nostri confronti, sarebbe dunque l'approvazione finalmente di quelle leggi antidiscriminatorie e di uguaglianza che il nostro paese aspetta ormai da troppo tempo'.
'Mi auguro - conclude Concia - che dopo gli accorati appelli del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e di Hillary Clinton, il centro destra italiano si decida almeno ad ascoltare le Nazioni Unite, approvando finalmente una legge che punisca con un aggravante specifica le aggressioni a sfondo omofobo o transfobico'. (ANSA).
I cosiddetti moti di Stonewall, chiamati anche nel loro insieme dal movimento gay statunitenserivolta di Stonewall, furono una serie di violenti scontri fra gliomosessuali e la polizia aNewYork. La prima notte degli scontri fu quella di venerdì 27 giugno1969poco dopo l'1:20 di notte, quando la polizia irruppe nel bar chiamato "Stonewall Inn", un bar gay in Christopher Street nel Greenwich Village.
"Stonewall" (così è di solito definito in breve l'episodio) è generalmente considerato da un punto di vista simbolico il momento di nascita del movimento di liberazione gay moderno in tutto il mondo. Per questo motivo il28 giugno è stato scelto dal movimento LGBT come data della "giornata mondiale dell'orgoglio LGBT" o "Gay pride". Simbolo dei moti di Stonewall è diventata la donna transessuale Sylvia Rivera, che si vuole abbia iniziato la protesta gettando una bottiglia contro un poliziotto.
Ogni anno a giugno le associazioni gay e lesbiche celebrano la giornata dell'orgoglio. Il "Gay Pride" ricorda la prima rivolta dei gay contro la polizia allo "Stonewall" di New York il 27 giugno 1969.
La marcia si tenne per la prima volta nel luglio 1969, e da allora ogni anno, nell'anniversario del 27 giugno 1969: il giorno degli scontri di Stonewall. Trent'anni fa non c'era nessun movimento gay in America. Le associazioni omosessuali si contavano sulle dita di una mano: si trovavano solo a San Francisco, Los Angeles, Washington e New York e avevano nomi mimetici, che eludevano la loro natura. I pochi omosessuali dichiarati che ne facevano parte chiedevano solo di esser lasciati vivere con le loro scelte senza venir discriminati sul lavoro o minacciati. Ogni millimetro di tolleranza guadagnata (tolleranza sdegnosa, "basta che non diano fastidio") veniva visto da queste associazioni come un successo fragile da non turbare con rivendicazioni che potessero urtare le sensibilità dominanti. Il Manuale diagnostico e statistico dell'Associazione americana di psichiatria definiva l'omosessualità come una malattia mentale. Non esisteva, nel 1969, nessun movimento dii diritti per gli omosessuali, proprio mentre la questione dei diritti civili (per i neri, per le donne, per i poveri, per le minoranze in genere) raggiungeva la massima importanza negli Stati Uniti e in molte parti del mondo. Alle leggi contro l'amore omosessuale, che ancora vigono in cinque degli stati confederati, si aggiungevano norme di fatto che impedivano, anche a New York, il funzionamento di associazioni, locali, attività: le autorità spesso chiudevano un occhio salvo metter loro pesantemente i bastoni tra le ruote ogni volta che capitava. La sera del 27 giugno 1969 era un venerdì, e lo Stonewall Inn era pieno come un uovo. Il locale di Christopher Street, nel Greenwich Village, era uno dei più noti locali gay di Manhattan, discretamente appartato dall'esterno e periodicamente tartassato dalla polizia con una scusa o l'altra. Era frequentato da pochi vistosi travestiti e molti anonimi clienti, soprattutto giovani, rassicurati dalla riservatezza del posto e dal fatto che la polizia portasse sempre via per prime le checche e desse loro il tempo di dileguarsi. Quel venerdì per i tavoli si piangeva la morte di Judy Garland, icona di femminilità sempre venerata dalla cultura gay, quando verso mezzanotte sei agenti della polizia di New York, quattro uomini e due donne, piombarono allo Stonewall con un mandato per controllare che non venissero venduti alcoolici, per cui i gestori non avevano mai ottenuto la licenza (fino a due anni prima nessun locale poteva servire alcoolici agli omosessuali, per legge). Il mandato era pretestuoso, il reato tollerato in mille altri casi, ma era un'occasione per far tenere bassa la cresta ai locali gay. I poliziotti presero a distribuire minacce e rompere oggetti a colpi di manganello, e fecero uscire i clienti a uno a uno, fermando i travestiti. Ma quella sera qualcuno reagì. Non solo le solite energumene truccate e sui tacchi che volevano saggiamente sfuggire alla notte in cella: per la prima volta gli avventori resistettero all'intimidazione assieme, uomini e donne, gay e eterosessuali. Volarono bicchieri e sgabelli, i poliziotti furono presto in difficoltà e bloccati all'interno, mentre fuori una folla di centinaia di persone, in parte espulsi dal locale, in parte accorsi dai dintorni, resisteva all'arrivo dei rinforzi, accendeva falò e dava luogo ai tumulti da cui nacque il movimento gay americano. Gli scontri durarono un paio d'ore, con alcuni feriti non in modo grave e una dozzina di arrestati sia eterosessuali che gay. I quotidiani newyorchesi (e persino il progressista Village Voice) riferirono l'accaduto con ironie volgarissime a base di "mascara che colava", reggiseni, unghie laccate e "api regine che pungono", rinforzando l'orgoglio degli insorti.
Nelle sere successive le manifestazioni davanti allo Stonewall ripresero e si scontrarono ancora con la polizia che voleva disperderle. Il seme era gettato, e dalle pavide e represse associazioni "omofile" si staccò nelle settimane successive un movimento più radicale di persone che chiedevano di avere i diritti degli altri (e che vennero accusati dalle prime di essere "comunisti" e voler compromettere il quieto vivere) e sceglievano per la prima volta di usare la parola "gay" per le loro rivendicazioni. Tra i volantini diffusi in quei giorni, uno diceva "Pensate che gli omosessuali siano disgustosi? Potete scommetterci il culo che lo siamo!". "Alla polizia sono sicuri di una cosa sola: sentiranno ancora parlare delle Ragazze di Christopher Street", chiudeva la suo spregevole cronaca il Daily News del 6 luglio. Lo Stonewall è sempre in Christopher Street : è stato dichiarato monumento nazionale.