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mercoledì 20 aprile 2011

Un’iraniana in Valsesia nell’ultimo romanzo di Perissinotto


Chi semina vento raccoglie tempesta. Da questa premessa parte lo scrittore torinese Alessandro Perissinotto riferendosi alla Lega Nord che fa del disseminare odio uno strumento politico, con l’idea che l’odio si possa poi controllare. Ma la situazione può sfuggire di mano, nella realtà come nel romanzo Semina il vento (Piemme) che racconta la storia d’amore tra Shirin, nata a Parigi da iraniani laici della diaspora, e un ragazzo piemontese emigrato nella capitale francese, dove lavora in un museo e arrotonda come barista. A distruggere il loro amore sarà l’incapacità degli abitanti di un paesino in Valsesia, in provincia di Vercelli, di apprezzare Shirin, andando oltre le sue origini.

Da dove nasce l’idea?

Dall’ordinanza del sindaco leghista di Varallo Sesia contro il burkini sulle spiagge fluviali, anche se non copre il viso e non contravviene a nessuna legge dello stato. Vietarlo è un atto gratuito, anche perché non sono in tante a indossarlo. Per il sindaco è stato un modo per far parlare di sé usando il razzismo come mezzo di propaganda. Paradossalmente, non sono pochi i leghisti di origine meridionale (come lasciano intuire i loro cognomi) che, dopo aver vissuto il razzismo sulla loro pelle, a loro volta discriminano i nuovi arrivati.

Perché questa storia?

In tempo di guerra i nazisti arrestavano gli ebrei e i vicini applaudivano, perché l’odio era arrivato in molti angoli della società civile. L’odio disseminato oggi dalla Lega non è molto diverso, soprattutto quello nei confronti dello straniero musulmano.

L’invidia ha un ruolo, nel suo romanzo come nelle persecuzioni degli ebrei?

Sì, perché quando i genitori di Shirin giungono in Piemonte con un Land Rover superaccessoriato, la gente al bar non può fare a meno di pensare che siano arabi – anziché iraniani - e che abbiano guadagnato denaro con chissà quali traffici loschi, non arrivando a capire che anche uno straniero può essere un professionista affermato.

Perché un’iraniana a Parigi?

Un amore così non poteva sbocciare in Italia: Parigi resta un luogo di scambio, cultura e libertà malgrado la politica francese di questi tempi sia tutt’altro che libertaria. Inoltre, l’Iran era uno dei paesi più occidentalizzati e credo che il nostro sguardo, tanto critico, sia ingiusto.

Farian Sabahi, docente presso l’Università di Torino e giornalista specializzata, scrive per il Sole24ore, Io Donna e Vanity Fair. Collabora con alcune radio locali e straniere

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