di Loredana Lutta
Polonia
«Al for-no, al for-no», hanno urlato gli ultrà del Wisla Cracovia mentre il difensore della squadra avversaria veniva portato fuori campo in barella. Poi è toccato a un loro giocatore, brasiliano, e sugli spalti dello stadio in cui si disputava questo derby del campionato polacco, i rivali del Cracovia Krakow hanno cominciato a grattarsi le ascelle e a urlare come scimmie. Nei Paesi dell’Est europeo razzismo e xenofobia sono tra i connotati del tifo più violento, sbandierato anche fuori dagli stadi. A Kiev, capitale dell’Ucraina, sollecitati dal partito di estrema destra Svoboda, a settembre 5mila tifosi sono scesi in strada per protestare contro la presenza di giocatori stranieri nel campionato nazionale. Per le strade di Varsavia, in occasione della festa dell’indipendenza del Paese lo scorso novembre, tra i circa 2mila manifestanti dell’estrema destra che hanno sfilato inneggiando alla “Polonia ai polacchi”, c’erano 350 iscritti a diverse società calcistiche.
In questa regione del continente, gli episodi di razzismo nel calcio dal 2009 sono monitorati e documentati dall’East Europe Monitoring Centre, particolarmente attivo proprio in Ucraina e in Polonia, i due paesi che ospiteranno i campionati europei del 2012. Oltre all’Osservatorio, Fare (Football against racism in Europe), la rete di organizzazioni contro le discriminazioni nel calcio nata nel 1999 e sostenuta anche da Uefa e Fifa, in Ucraina ha promosso un manuale sui simboli dell’odio nello sport e corsi di formazione perché steward e tifosi imparino a identificarli; ha organizzato tornei con la partecipazione di profughi e rappresentanti di minoranze etniche e preparato un video di sensibilizzazione sul razzismo.
In Polonia, in vista di Euro 2012 la Polizia ha stabilito un partenariato con Mai più, l’organizzazione antirazzismo...
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