“Memoria selettiva: perché la schiavitù non ha un memoriale universale?”
Il mondo custodisce memorie con rispetto: Hiroshima, l’Olocausto, i memoriali di guerra in Europa. Sono storie che non devono mai essere dimenticate. E hanno ragione: ricordare è un dovere.
Ma quando si tratta della storia nera, il copione cambia. Ci viene detto: “supera”, “dimentica”, “è passato”. Come se la schiavitù fosse solo un capitolo chiuso nei libri, e non una ferita che continua a sanguinare.
I nostri antenati furono strappati dall’Africa, incatenati, torturati, trattati come merce. E oggi, mentre ci chiedono di “voltare pagina”, il razzismo continua a vivere:
nel giovane nero fermato con violenza dalla polizia,
nella donna nera umiliata sul lavoro,
nella vita spezzata ogni 23 minuti,
nello sguardo di sospetto che ci accompagna in un ascensore.
La verità è che il razzismo non è passato: è presente, strutturale, radicato nelle fondamenta della società. E la memoria non è vittimismo: è coscienza, è resistenza.
20 novembre – Dia da Consciência Negra
In Brasile, dal 2003, il 20 novembre è la Giornata della Coscienza Nera. Una data scelta per ricordare Zumbi dos Palmares, leader della resistenza contro la schiavitù, ucciso nel 1695.
Questa giornata non è solo commemorazione: è un atto politico e culturale. È la risposta a chi ci chiede di dimenticare. È il grido che dice: la nostra memoria è viva, perché il nostro passato è ancora il nostro presente.
Perché oggi
La coscienza nera è un invito universale:
a riconoscere la schiavitù come ferita ancora aperta,
a denunciare il razzismo che continua a uccidere,
a celebrare la cultura afrodiscendente come parte fondamentale della società,
a reclamare rispetto e giustizia, non pietà.
La Giornata della Coscienza Nera ci ricorda che la memoria non è un peso da dimenticare, ma una luce da portare avanti.
Viva Zumbi. Viva la coscienza nera. Viva la memoria che resiste.

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