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mercoledì 30 gennaio 2008
lunedì 28 gennaio 2008
FREEHELD, LA STORIA DI LAUREL HESTER: LA POLIZIOTTA LESBICA CHE CORRE VERSO GLI OSCAR
La storia di Laurel Hester era già balzata agli onori della cronaca nel 2005. La storia di una poliziotta lesbica alla quale viene diagnosticato un cancro terminale ai polmoni e deve lottare per il diritto a trasferire la sua pensione alla compagna Stacie Andree: in New Jersey infatti, nonostante dal 2004 siano concessi i benefici derivanti dalle domestic partnership anche alle coppie gay, essi valgono solo per gli impiegati statali e non della contea. Laurel aveva già chiesto all'autorità legislativa della Ocean County, la Board of Chosen Freeholders, di decidere in suo favore, ma la sua richiesta era stata rigettata.
E' nel dicembre del 2005 che Cynthia Wade, regista, legge di Laurel sul New York Times. La Wade viene a sapere di una ennesima convocazione dei Freeholders, e parte alla volta del New Jersey con una piccola troupe, decisa a riprendere tutto. Al termine della riunione la Wade è esterefatta e dice alla sua troupe: "Devo farlo: tutto questo è scandaloso". Lascia marito e figli in California e vive a stretto contatto con Laurel e Stacie per il tempo che resta loro.
Il documentario quindi da una parte segue le vicende politiche che la coppia ha dovuto affrontare, con il fronte dei Frehholders repubblicani che faceva muro contro le richieste di Laurel, ma dall'altra è anche la storia umana di due donne che si amano e che devono affrontare insieme una malattia allo stadio terminale. E così la Wade si è trovata faccia a faccia con la scelta di non filmare molti dei momenti di sofferenza di Laurel, o di affidare la sua telecamera a Stacie nelle ultime settimane.
Nella riunione del gennaio 2006 Laurel era troppo malata per presenziare, ma aveva ugualmente registrato un messaggio da mostrare all'assemblea. L'enorme eco del suo caso era riuscita ad arrivare anche al governatore del New Jersey John Corzine ed era chiaro che qualcosa sarebbe cambiato: il repubblicano John Kelly, il più fiero oppositore del caso Hester, non è presente alla votazione. La richiesta viene accolta. Laurel morirà un mese dopo.
Nel film dice "Spero che questo film ispirerà qualcuno. Spero che possa infondere coraggio a chi lotta contro la discriminazione, come ho fatto io. Spero che chi ha uuna malattia terminale possa ricevere speranza dall'ascoltare la mia storia".
Nel febbraio del 2007 il New Jersey è diventato il terzo stato americano ad avere le unioni civili per gay e lesbiche. Il governatore Corzine ha citato il caso di Laurel come uno dei motivi che lo hanno spinto a ritenere assolutamente necessaria una legislazione del genere.
Freeheld ha già vinto, tra gli altri premi, quello Speciale della Giuria allo scorso Sundance Film Festival ed è ora in corsa per la categoria Documentario breve ai prossimi Oscar. La lunghezza di 38 minuti non è molto competitiva, stando alle parole della stessa Wade: "non abbiamo potuto partecipare a molti festival di corti purtroppo, ma ho voluto questa lunghezza perchè è quella perfetta per essere mostrata in una lezione in classe o in una riunione in municipio. La mia vittoria è arrivare al pubblico eterosessuale il più possibile, specialmente in questo anno di elezioni. Ora la mia figlia più grande è alle medie e se qualcuno glielo chiede risponderà che tutte le coppie, gay o etero, devono avere gli stessi diritti. Questo è un progetto di famiglia: con una famiglia che ne supporta un'altra".
Petizione per la vita di Hamzeh e Loghman: due giovani gay che si amano e rischiano la condanna a morte in Iran. E non dimentichiamoci di Pegah: ilReg
http://www.petitiononline.com/irangay/petition.html
Petizione per la vita di Hamzeh e Loghman: due giovani gay che si amano e rischiano la condanna a morte in Iran. E non dimentichiamoci di Pegah: il Regno Unito potrebbe consegnarla al boia
del Gruppo EveryOne (www.everyonegroup. com)
La Repubblica Islamica dell'Iran perseguita gli omosessuali, i dissidenti e i liberi pensatori, attuando nei loro confronti una politica criminale. Le relazioni omosessuali in Iran sono considerate un crimine passibile di sadiche punizioni corporali e della pena di morte. Il 23 gennaio 2008 Hamzeh Chavi e Loghman Hamzehpour, due ragazzi gay di appena 18 e 19 anni, sono stati arrestati a Sardasht, nell'Azerbaijan iraniano. Le autorità usano metodi di tortura fisica e psicologica per ottenere le confessioni delle persone che cadono nelle loro mani, e i due giovani hanno ammesso di amarsi, di avere una relazione sentimentale. La loro confessione è bastata perché il tribunale islamico li rinviasse a giudizio con due accuse gravissime: Mohareb, il reato di chi è "nemico di Allah" e Lavat, sodomia. Il codice penale iraniano prevede la forca per gli omosessuali, che sono considerati "nemici di Allah". In Iran esistono tuttavia anche
personalità politiche e religiose moderate, che vorrebbero cambiare le cose ed evitare che tanti innocenti perdano la vita. Il popolo iraniano per la maggior parte è contrario all'orrore delle condanne alla forca e alla lapidazione; solo pochi fondamentalisti ritengono che tortura e fustigazione siano strumenti leciti. I movimenti clandestini per i diritti umani si battono con eroismo contro queste pratiche barbariche e a rischio delle loro vite cercano di costruire un Iran migliore, in cui le minoranze siano rispettate e la vita umana torni a essere un valore. Migliaia di islamici ritengono che Allah sia un Dio d'amore e che la pena di morte e le punizioni corporali crudeli siano crimini contro l'umanità. Ricordiamo che il 5 dicembre 2007 un ragazzo iraniano innocente fu martirizzato dal regime di Teheran e quindi assassinato sulla forca. Da tutto il mondo, in risposta alla campagna per la vita di Makwan Moloudzadeh avviata dal Gruppo EveryOne, migliaia di islamici, cristiani, induisti, buddisti e laici avevano inviato fiori rossi e bianchi al presidente Ahmadinejad e ai giudici dell'Iran: rossi, perché non fosse versato sangue innocente; bianchi per supplicare i carnefici di risparmiare la vita di un altro condannato senza alcuna colpa. Una grande campagna internazionale che è servita solo a ritardare un'esecuzione già decisa. Così Makwan è oggi il simbolo del martirio di tanti innocenti, vittime di un regime spietato. Ricordiamo che anche Pegah Emambakhsh, lesbica iraniana che si trova attualmente nel Regno Unito, in attesa del giudizio in appello, rischia di essere deportata in Iran, verso la tortura e la lapidazione. Il Gruppo EveryOne ha ricevuto notizie poco confortanti dal Regno Unito, dove la Corte d'Appello è orientata a non concedere asilo all'iraniana, in spregio a tutte le Convenzioni internazionali. Pegah è annientata dall'atteggiamento del governo inglese e ci ha comunicato di essere stanca di lottare, di non voler più apparire sulle pagine dei giornali, di non credere più a quela che Anne Frank definì "l'intima bontà dell'uomo". Dobbiamo rispettare la volontà di Pegah, ma dobbiamo essere pronti a dire no al governo del Regno Unito, che ha abbandonato la via del rispetto dei diritti delle donne, degli omosessuali, dei rifugiati. Dobbiamo essere pronti a sollevare un coro di proteste, in tutto il mondo, per fermare la mano del boia e dei suoi complici. Ecco perché vi invitiamo a dedicare a questa
petizione qualche minuto del vostro tempo; aderite con la vostra firma e poi inviate una protesta a tutti gli indirizzi indicati qui sotto, perché molte vite umane e il concetto stesso di giustizia, il valore stesso dei Diritti Umani, sono in gioco.
Per il Gruppo EveryOne:
Roberto Malini, Matteo Pegoraro, Dario Picciau, Ahmad Rafat, Arsham Parsi, Laura Todisco, Glenys Robinson, Steed Gamero, Fabio Patronelli, Francesca Turuani, Alessandro Matta, Cristos Papaioannou, Paul Albrecht.
**** Per ulteriori informazioni, puoi contattare il Gruppo EveryOne:
matteo.pegoraro@everyonegroup. com :: info@everyonegroup. com :: www.everyonegroup. com
Telefono: +39 334 8429527 - Fax: +39 055 0518897 ****
Per sostenere la petizione e protestare contro queste gravissime violazioni dei diritti umani, ti preghiamo di inviare e-mail e, ove possibile, fax di protesta a:
dr-ahmadinejad@ president. ir
info@dadgostary- tehran.ir
infoDesk@ohchr. org
iranembassy@ hotmail.com
info@iran-embassy. org.uk
Ambasciata iraniana in Italia
00162 Roma (RM)
Via Nomentana, 361
06 86328493
06 86391029
Iranian Ambassador
Embassy of Iran
16 Prince's Gate
London SW7 1PT
info@iran-embassy. org.uk
Tel: 020 7225 3000
Fax: 020 7589 4440
Per sostenere la campagna di concessione dell’asilo a Pegah Emambakhsh, invia anche un’e-mail di protesta a:
smithjj@parliament. uk
public.enquiries@ homeoffice. gsi.gov.uk
asylum@iglhrc. org
W le differenze - W la parità di diritti e doveri
abbasso la falsità e l'ipocrisia - abbasso le omologazioni egualitariste
condividi le informazioni e le esperienze
http://albamontori. blogspot. com
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personalità politiche e religiose moderate, che vorrebbero cambiare le cose ed evitare che tanti innocenti perdano la vita. Il popolo iraniano per la maggior parte è contrario all'orrore delle condanne alla forca e alla lapidazione; solo pochi fondamentalisti ritengono che tortura e fustigazione siano strumenti leciti. I movimenti clandestini per i diritti umani si battono con eroismo contro queste pratiche barbariche e a rischio delle loro vite cercano di costruire un Iran migliore, in cui le minoranze siano rispettate e la vita umana torni a essere un valore. Migliaia di islamici ritengono che Allah sia un Dio d'amore e che la pena di morte e le punizioni corporali crudeli siano crimini contro l'umanità. Ricordiamo che il 5 dicembre 2007 un ragazzo iraniano innocente fu martirizzato dal regime di Teheran e quindi assassinato sulla forca. Da tutto il mondo, in risposta alla campagna per la vita di Makwan Moloudzadeh avviata dal Gruppo EveryOne, migliaia di islamici, cristiani, induisti, buddisti e laici avevano inviato fiori rossi e bianchi al presidente Ahmadinejad e ai giudici dell'Iran: rossi, perché non fosse versato sangue innocente; bianchi per supplicare i carnefici di risparmiare la vita di un altro condannato senza alcuna colpa. Una grande campagna internazionale che è servita solo a ritardare un'esecuzione già decisa. Così Makwan è oggi il simbolo del martirio di tanti innocenti, vittime di un regime spietato. Ricordiamo che anche Pegah Emambakhsh, lesbica iraniana che si trova attualmente nel Regno Unito, in attesa del giudizio in appello, rischia di essere deportata in Iran, verso la tortura e la lapidazione. Il Gruppo EveryOne ha ricevuto notizie poco confortanti dal Regno Unito, dove la Corte d'Appello è orientata a non concedere asilo all'iraniana, in spregio a tutte le Convenzioni internazionali. Pegah è annientata dall'atteggiamento del governo inglese e ci ha comunicato di essere stanca di lottare, di non voler più apparire sulle pagine dei giornali, di non credere più a quela che Anne Frank definì "l'intima bontà dell'uomo". Dobbiamo rispettare la volontà di Pegah, ma dobbiamo essere pronti a dire no al governo del Regno Unito, che ha abbandonato la via del rispetto dei diritti delle donne, degli omosessuali, dei rifugiati. Dobbiamo essere pronti a sollevare un coro di proteste, in tutto il mondo, per fermare la mano del boia e dei suoi complici. Ecco perché vi invitiamo a dedicare a questa
petizione qualche minuto del vostro tempo; aderite con la vostra firma e poi inviate una protesta a tutti gli indirizzi indicati qui sotto, perché molte vite umane e il concetto stesso di giustizia, il valore stesso dei Diritti Umani, sono in gioco.
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domenica 27 gennaio 2008
27 gennaio Giorno della Memoria
Quando si parla di sterminio nazi-fascista inevitabilmente la nostra mente va a quella che è stata una delle tragedie umane più terribili del secolo passato: milioni di ebrei uccisi nei campi di concentramento in nome di una folle idea, la purezza della razza.
Tra quelle persone, c’erano anche rom, sinti, disabili, testimoni di Geova ed omosessuali, troppo spesso dimenticati, anche volutamente.
Il 27 gennaio 1945, verso mezzogiorno, la prima pattuglia alleata giunse in vista del lager di Auschwitz. Il mondo seppe di una verità che ancora ferisce e grida l'orrore dell’Olocausto. Con una legge pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31 luglio 2000 la Repubblica italiana, come altri stati europei, riconosce il 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, come "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte e affinché simili eventi non possano mai più ripetersi.
Dal 27 gennaio 2001, data della liberazione di Auschwitz, tutta l'Italia si riunisce intorno alla Memoria dell'Olocausto. Incontri, seminari e eventi mediatici si svolgeranno per tutta la giornata. Il Convegno internazionale su "L'antisemitismo e i moderni crimini contro l'umanità", in programma domani e lunedì 28 a Palazzo Barberini, rappresenta il culmine delle manifestazioni, svoltesi anche in settimana, per il Giorno della Memoria.
venerdì 25 gennaio 2008
Barbato invia scuse a Marini per insulti in aula a Cusumano
Reuters - da 30 minuti
ROMA (Reuters) - Il senatore dell'Udeur Tommaso Barbato, che ieri nell'aula di Palazzo Madama aveva aggredito il collega Nuccio Cusumano colpevole di aver annunciato il suo voto di fiducia al governo Prodi, ha inviato oggi una lettera di scuse al presidente del Senato Franco Marini, in cui si dice "umanamente e sinceramente dispiaciuto".
Pubblicità
"Non cerco giustificazione alcuna per il mio comportamento di ieri nell'Aula, che condanno senza riserve tanto più per il risalto che questo ha avuto sui media nazionali e internazionali", si legge nella missiva.
"Intendo altresì rassicurarLa di aver mai rivolto al collega espressioni di carattere omofonico (scritto esattamente così nel testo, ndr) né, tanto meno, di aver indirizzato sputi contro la sua persona", prosegue il senatore nella sua lettera di scuse.
Ieri, in una sequenza ripresa dai fotografi, dalla diretta televisiva e davanti agli occhi di decine di giornalisti, Cusumano, poi espulso dall'Udeur, è stato aggredito verbalmente, con un tentativo anche di aggressione fisica.
Cusumano, nella confusione, è stato colto da malore e trasportato fuori dall'aula in barella.
"Sono umanamente e sinceramente dispiaciuto per il mio gesto, Presidente, soprattutto perché l'Aula del Senato, per il suo alto significato istituzionale, non merita simili oltraggi".
"Con il senatore Cusumano ho condiviso due anni di vita parlamentare e politica e nel suo tradimento ho visto il tradimento di tanta gente della mia Campania che, in occasione delle ultime elezioni, ha voluto affidargli il proprio voto - spiega nella lettera il senatore Barbato - Il tradimento del popolo Udeur e del suo segretario Mastella, che tanto hanno fatto per lui, aiutandolo, accogliendolo e facendolo eleggere al Senato, il pensiero per la sofferenza e il disagio di questi nostri elettori, unito al forte stato di tensione e alle pressioni di questi giorni, hanno fatto il resto.
"Le chiedo scusa, Presidente - conclude la missiva - per non aver saputo contenere la mia rabbia e, soprattutto, per la modalità deprecabile con la quale essa si è manifestata. Per questo chiedo scusa a Lei, al senatore Cusumano, ai miei colleghi senatori e agli italiani tutti che ci onoriamo di rappresentare".
ROMA (Reuters) - Il senatore dell'Udeur Tommaso Barbato, che ieri nell'aula di Palazzo Madama aveva aggredito il collega Nuccio Cusumano colpevole di aver annunciato il suo voto di fiducia al governo Prodi, ha inviato oggi una lettera di scuse al presidente del Senato Franco Marini, in cui si dice "umanamente e sinceramente dispiaciuto".
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"Non cerco giustificazione alcuna per il mio comportamento di ieri nell'Aula, che condanno senza riserve tanto più per il risalto che questo ha avuto sui media nazionali e internazionali", si legge nella missiva.
"Intendo altresì rassicurarLa di aver mai rivolto al collega espressioni di carattere omofonico (scritto esattamente così nel testo, ndr) né, tanto meno, di aver indirizzato sputi contro la sua persona", prosegue il senatore nella sua lettera di scuse.
Ieri, in una sequenza ripresa dai fotografi, dalla diretta televisiva e davanti agli occhi di decine di giornalisti, Cusumano, poi espulso dall'Udeur, è stato aggredito verbalmente, con un tentativo anche di aggressione fisica.
Cusumano, nella confusione, è stato colto da malore e trasportato fuori dall'aula in barella.
"Sono umanamente e sinceramente dispiaciuto per il mio gesto, Presidente, soprattutto perché l'Aula del Senato, per il suo alto significato istituzionale, non merita simili oltraggi".
"Con il senatore Cusumano ho condiviso due anni di vita parlamentare e politica e nel suo tradimento ho visto il tradimento di tanta gente della mia Campania che, in occasione delle ultime elezioni, ha voluto affidargli il proprio voto - spiega nella lettera il senatore Barbato - Il tradimento del popolo Udeur e del suo segretario Mastella, che tanto hanno fatto per lui, aiutandolo, accogliendolo e facendolo eleggere al Senato, il pensiero per la sofferenza e il disagio di questi nostri elettori, unito al forte stato di tensione e alle pressioni di questi giorni, hanno fatto il resto.
"Le chiedo scusa, Presidente - conclude la missiva - per non aver saputo contenere la mia rabbia e, soprattutto, per la modalità deprecabile con la quale essa si è manifestata. Per questo chiedo scusa a Lei, al senatore Cusumano, ai miei colleghi senatori e agli italiani tutti che ci onoriamo di rappresentare".
VERGOGNA AL SENATO. BARBATO URLA A CUSUMANO: "FORCIO". STRANO GLI URLA "CHECCA ISTERICA"
ROMA, 24 GEN - Il capogruppo dell'Udeur al Senato Tommaso Barbato ha aggredito Nuccio Cusumano subito dopo l'intervento nel quale l'esponente del Campanile ha annunciato il suo si' al governo Prodi.
Cusumano, dopo essersi messo a piangere, si e' sdraiato tra i banchi colto da malore. Ora dei colleghi gli sono intorno per cercare di prestargli i primi soccorsi.
Barbato ha gridato a Cusumano degli insulti, tra cui ''cornuto e frocio''. Poi, e' stato allontanato dai commessi e
da alcuni senatori del centrodestra. Ora sta arrivando tra i banchi di Palazzo Madama il medico del Senato per prestare le prime cure.
---
GOVERNO: GAGLIARDI, STRANO A CUSUMANO "CHECCA SQUALLIDA" =
(AGI) - Roma, 24 gen. - "Checca squallida". La senatrice di
Prc, Rina Gagliardi, giornalista, inizia il suo intervento in
aula dando la solidarieta' al senatore Nuccio Cusumano
apostrofato in vario modo ed in particolare dal senatore di AN,
Nino Strano, che dopo l'annuncio di dare la fiducia a Prodi lo
ha apostrofato "checca squallida". (AGI)
---
Nota stampa. On. Grillini (socialisti). "Cusumano Frocio", barbarica omofobia di Barbato
Al Senato il Capogruppo dell'Udeur Barbato si è comportato in modo barbaro e penoso urlando epiteti come "frocio" all'indirizzo di Cusumano che ha deciso di votare la fiducia al Governo Prodi.
Ancora una volta emerge la barbara omofobia che pervade il nostro Paese e purtroppo non è di casa solo presso alcuni esponenti estremisti del centro-destra o del bigottismo clericale, ma tocca anche chi dovrebbe dare prova di sobrietà e di stile.
Capisco che lo stile, in questo momento, non è la principale preoccupazione degli esponenti dell'Udeur ma usare insulti razzisti nelle aule parlamentari dovrebbe essere non solo vietato, dal buonsenso e dalle norme del regolamento, ma anche severamente proibito dalla propria coscienza.
Spiace dover constatare ancora una volta, che l'utilizzo degli epiteti omofobi proviene da personalità, si fa per dire, del mondo cattolico.
On. Franco Grillini
deputato socialista
Cusumano, dopo essersi messo a piangere, si e' sdraiato tra i banchi colto da malore. Ora dei colleghi gli sono intorno per cercare di prestargli i primi soccorsi.
Barbato ha gridato a Cusumano degli insulti, tra cui ''cornuto e frocio''. Poi, e' stato allontanato dai commessi e
da alcuni senatori del centrodestra. Ora sta arrivando tra i banchi di Palazzo Madama il medico del Senato per prestare le prime cure.
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GOVERNO: GAGLIARDI, STRANO A CUSUMANO "CHECCA SQUALLIDA" =
(AGI) - Roma, 24 gen. - "Checca squallida". La senatrice di
Prc, Rina Gagliardi, giornalista, inizia il suo intervento in
aula dando la solidarieta' al senatore Nuccio Cusumano
apostrofato in vario modo ed in particolare dal senatore di AN,
Nino Strano, che dopo l'annuncio di dare la fiducia a Prodi lo
ha apostrofato "checca squallida". (AGI)
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Nota stampa. On. Grillini (socialisti). "Cusumano Frocio", barbarica omofobia di Barbato
Al Senato il Capogruppo dell'Udeur Barbato si è comportato in modo barbaro e penoso urlando epiteti come "frocio" all'indirizzo di Cusumano che ha deciso di votare la fiducia al Governo Prodi.
Ancora una volta emerge la barbara omofobia che pervade il nostro Paese e purtroppo non è di casa solo presso alcuni esponenti estremisti del centro-destra o del bigottismo clericale, ma tocca anche chi dovrebbe dare prova di sobrietà e di stile.
Capisco che lo stile, in questo momento, non è la principale preoccupazione degli esponenti dell'Udeur ma usare insulti razzisti nelle aule parlamentari dovrebbe essere non solo vietato, dal buonsenso e dalle norme del regolamento, ma anche severamente proibito dalla propria coscienza.
Spiace dover constatare ancora una volta, che l'utilizzo degli epiteti omofobi proviene da personalità, si fa per dire, del mondo cattolico.
On. Franco Grillini
deputato socialista
CADE IL GOVERNO PRODI: ABBATTUTO DA MASTELLA E DAL VATICANO
PRODI BATTUTO AL SENATO, CADE IL GOVERNO
IL PREMIER AL QUIRINALE PER LE DIMISSIONI
Il Senato nega la fiducia al governo con 161 no, 156 sì e un astenuto, Giulio Andreotti. Decisivi Mastella, Dini e Fisichella. I votanti sono stati 318. Prodi ha atteso l'esito del voto a Palazzo Chigi. Prima del dibattito, il premier aveva avuto un nuovo colloquio col capo della Stato Napolitano. Rissa in Aula tra esponenti dell'Udeur: Cusumano dichiara il suo sì al governo, e Barbato gli si scaglia contro
LA CONGIURA CONTRO I CATTOLICI OVVERO CONTRO L'UDC
RATZINGER "CENSURATO" ALL'UNIVERSITA' LA SAPIENZA
giovedì 24 gennaio 2008
TERAPIE AI GAY. L'ORDINE DEI MEDICI SMENTISCE LA SENATRICE BINETTI
Esprimo soddisfazione per il pronunciamento, raccolto in un'inchiesta di Stefano Bolognini in uscita sul mensile gay "Pride" del febbraio prossimo, dell'Ordine dei medici sulle terapie riparative, quelle che vorrebbero "convertire" gli omosessuali in eterosessuali.
In particolare lo psichiatra Elvezio Pirfo, referente per l'Albo degli Psicoterapeuti dell’Ordine dei Medici di Torino, che sull'argomento si è confrontato con il presidente dell'ordine dei medici, Amedeo Bianco, e parla in nome e per contro, dello stesso ha dichiarato: "Gli psichiatri non possono curare qualcosa che non ritengono una malattia. Il nostro manuale diagnostico, il DSM 4°, non contiene l'omosessualità tra le malattie. E' stata cancellata nel DSM 3, da molti anni ormai. Come può un medico a curare qualcosa che non è una malattia?
Possiamo intervenire quando l'omosessualità, e succede, comporta, nello sviluppo evolutivo, un elemento di turbativa del vissuto del soggetto, ma non curiamo l'omosessualità, ma il disturbo reattivo che della persona mi porta.
Non ripariamo proprio niente, e nemmeno possiamo entrare nel merito delle terapie riparative, senza accordarci su di un inquadramento morale. E' falso ciò che alcuni hanno dichiarato ai giornali che l'omosessualità è tra i disturbi del comportamento".
Tra coloro che hanno dichiarato che l'omosessualità è un disturbo, anche la neuropsichiatra teodem Senatrice Binetti, che aveva dichiarato a "La Stampa": "noi specialisti continuiamo a collocare l'omosessualità tra i disturbi del comportamento sessuale".
La smentita inequivocabile dell'Ordine dei medici segue quella degli psicologi e sarebbe bene che gli Ordini stessi mettessero sotto inchiesta quegli "specialisti", come la Binetti, che in nome di una fede religiosa continuano a non seguire il Codice deontologico.
Sulle terapie riparative ho presentato un'interrogazione al Ministro Livia Turco nella quale chiedo una condanna ufficialmente delle stesse, un documento ufficiale che ribadisca che l'omosessualità non è una patologia e un'indagine Ministeriale che verifichi la diffusione del fenomeno e denunci ai rispettivi ordini psichiatri e psicologi che, offrendo le terapie riparative, non seguono il codice deontologico.
In particolare lo psichiatra Elvezio Pirfo, referente per l'Albo degli Psicoterapeuti dell’Ordine dei Medici di Torino, che sull'argomento si è confrontato con il presidente dell'ordine dei medici, Amedeo Bianco, e parla in nome e per contro, dello stesso ha dichiarato: "Gli psichiatri non possono curare qualcosa che non ritengono una malattia. Il nostro manuale diagnostico, il DSM 4°, non contiene l'omosessualità tra le malattie. E' stata cancellata nel DSM 3, da molti anni ormai. Come può un medico a curare qualcosa che non è una malattia?
Possiamo intervenire quando l'omosessualità, e succede, comporta, nello sviluppo evolutivo, un elemento di turbativa del vissuto del soggetto, ma non curiamo l'omosessualità, ma il disturbo reattivo che della persona mi porta.
Non ripariamo proprio niente, e nemmeno possiamo entrare nel merito delle terapie riparative, senza accordarci su di un inquadramento morale. E' falso ciò che alcuni hanno dichiarato ai giornali che l'omosessualità è tra i disturbi del comportamento".
Tra coloro che hanno dichiarato che l'omosessualità è un disturbo, anche la neuropsichiatra teodem Senatrice Binetti, che aveva dichiarato a "La Stampa": "noi specialisti continuiamo a collocare l'omosessualità tra i disturbi del comportamento sessuale".
La smentita inequivocabile dell'Ordine dei medici segue quella degli psicologi e sarebbe bene che gli Ordini stessi mettessero sotto inchiesta quegli "specialisti", come la Binetti, che in nome di una fede religiosa continuano a non seguire il Codice deontologico.
Sulle terapie riparative ho presentato un'interrogazione al Ministro Livia Turco nella quale chiedo una condanna ufficialmente delle stesse, un documento ufficiale che ribadisca che l'omosessualità non è una patologia e un'indagine Ministeriale che verifichi la diffusione del fenomeno e denunci ai rispettivi ordini psichiatri e psicologi che, offrendo le terapie riparative, non seguono il codice deontologico.
Adozioni lesbo sì
STRASBURGO (22 gennaio) - Rifiutare ad una lesbica di adottare un bambino è discriminazione sessuale: lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani. La vittoria davanti ai giudici di Strasburgo di un’insegnante francese di scuola materna, dichiaratamente gay, apre nuove opportunità per gli omosessuali della Francia, ma anche di altri Paesi membri del Consiglio d’Europa, soprattutto di quelli che già prevedono nel loro ordinamento l’adozione da parte dei single.
La vicenda. Il caso su cui oggi si è pronunciata la Corte europea dei diritti dell’uomo è quello di una donna di 45 anni, E. B., che dal 1990 vive con una compagna, di professione psicologa, in una località del dipartimento francese del Giura. Di fronte al rifiuto opposto alla sua domanda di adozione dalle autorità locali competenti, E. B. ha avviato nel 1998 una battaglia legale, prima nel suo Paese e poi davanti ai giudici europei che oggi, riuniti nella Grande Camera, hanno riconosciuto, dieci contro sette, la violazione dell’articolo 14 (divieto di discriminazione) combinato con l’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Inoltre la Corte, undici voti contro sei, ha assegnato alla donna anche un indennizzo di 10mila euro per danni morali, oltre a 14.528 per le spese.
Le motivazioni della sentenza. Il "no" francese alla richiesta di adozione era stato motivato principalmente dall’assenza della figura paterna di riferimento e dal comportamento - definito «ambiguo» - della compagna della donna, che non avrebbe mostrato interesse per l’adozione. Nella sentenza, i giudici della Corte di Strasburgo hanno confutato entrambe le tesi e hanno messo in evidenza che il rifiuto opposto a causa dell’orientamento sessuale della donna «costituisce una discriminazione», vietata dalla Convenzione europea per i diritti umani.
Il diritto francese, sottolineano i giudici europei, autorizza l’adozione di un bambino da parte di un single, «aprendo così la strada all’adozione da parte di una persona omosessuale». Inoltre, si legge nella sentenza, il codice civile resta «muto» sulla necessità di un referente dell’altro sesso. La Francia, fanno notare i giuristi, non dovrà quindi modificare la sua legislazione per adeguarsi alla sentenza di Strasburgo, ma piuttosto l’interpretazione e l’attuazione della normativa esistente.
Le ripercussioni in Europa. Soddisfatta l’avvocato Caroline Mecary, che ha tutelato gli interessi dell’insegnante lesbica davanti alla Corte europea. «Si tratta di un risultato molto importante. Da oggi la Francia non potrà più rifiutare il suo consenso alla richiesta di adozione di tutti i single omosessuali. Ma la regola varrà anche per tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa in cui è prevista l’adozione da parte di persone singole», ha commentato. Le adozioni da parte di coppie dello stesso sesso sono già da tempo legali in Svezia, Olanda, Spagna, Gran Bretagna e Belgio. In Islanda, Norvegia, Germania e Danimarca le coppie gay hanno invece norme più rigide: l’adozione è possibile solo quando si tratta di figli di uno dei due partner nati da precedenti unioni.
Fonte: Il Messaggero
mercoledì 23 gennaio 2008
Shangay: essere gay in Cina
L’evoluzione sociale e politica di un paese si misura anche dal suo atteggiamento verso le minoranze. Grazie al contributo di Pasquale Quaranta e Iqbal Rustom, Sferalab inaugura oggi una panoramica sul contesto sociale che circonda gli omosessuali nel mondo. Per conoscere la storia di una persona o della comunità di una città, ma anche per comprendere il significato di parole come Pacs, spesso accompagnate da giudizi carichi di ignoranza sul tema.
ShangGay
di Pasquale Quaranta e Iqbal Rustom
I differenti punti di vista si ritrovano nel sostenere che la Cina abbia conosciuto un’evidente trasformazione dei costumi grazie allo sviluppo finanziario ed economico degli ultimi anni. Kenneth Tan, titolare della boutique “manifesto”, parla di una vera e propria “metamorfosi” quando confronta la realtà odierna con quella di soli cinque anni fa. Malgrado questo progresso folgorante, la vita di molti gay e lesbiche a Shanghai, nel caso specifico, è soffocata dalla pressione sociale e dall’opinione pubblica.
Ma c’è una forte volontà, da parte dei giovani omosessuali cinesi, di essere liberi, come dimostra questa interessante indagine.
Le due facce della medaglia
Due gruppi di persone si esprimono in questo video: da un lato troviamo gli adulti della generazione precedente. Essi hanno difficoltà ad esprimersi sul tema dell’orientamento omosessuale, talvolta sono evasivi, talvolta perplessi. Si può sottolineare la loro ignoranza sull’argomento (considerano l’omosessualità una malattia) ed è evidente l’ancoraggio di queste persone a un sistema dato di norme fisse e immutabili, un sistema permeato da omofobia ed eteronormatività (la convinzione che l’eterosessualità sia l’unica forma di sessualità “normale”). Ad una più attenta analisi si osserva che non è solo il dato generazionale ad influenzare le opinioni delle persone intervistate, ma anche l’interiorizzazione degli stereotipi derivanti da una cultura tradizionalista che fa breccia anche nelle menti più giovani. Dall’altro lato troviamo testimonianze di alcuni giovani che si esprimono con grande dignità: la ragazza lesbica e la coppia gay hanno l’aria di vivere con fierezza la loro sessualità, e fa tenerezza la testimonianza di uno dei due ragazzi, che afferma di sentirsi confuso rispetto al proprio stile di vita a causa dell’incomprensione della società in cui vive.
La speranza
Nella clip si sottolinea infine l’aspetto demografico della più popolosa città della Cina, che favorisce l’aggregazione di sempre più numerosi gay e lesbiche in bar e discoteche dedicate, o gay friendly: un’evoluzione favorita - secondo Peter Chorba, portavoce del gruppo lgbt (lesbico, gay, bisex e trans) di Shanghai - dalla presenza di molti espatriati che visitano per turismo e/o si trasferiscono stabilmente, magari per lavoro, nella cosiddetta “Parigi d’Oriente”. Che la Cina si stia pian piano (solo nel 2001 il governo ha tolto l'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali) mettendo al passo con l’Europa nell’affermare una cultura delle differenze? C’è molto più di una semplice speranza negli occhi dei giovani omosessuali cinesi per sostenerlo.
W le differenze - W la parità di diritti e doveri
abbasso la falsità e l'ipocrisia - abbasso le omologazioni egualitariste
condividi le informazioni e le esperienze
http://albamontori. blogspot. com
ShangGay
di Pasquale Quaranta e Iqbal Rustom
I differenti punti di vista si ritrovano nel sostenere che la Cina abbia conosciuto un’evidente trasformazione dei costumi grazie allo sviluppo finanziario ed economico degli ultimi anni. Kenneth Tan, titolare della boutique “manifesto”, parla di una vera e propria “metamorfosi” quando confronta la realtà odierna con quella di soli cinque anni fa. Malgrado questo progresso folgorante, la vita di molti gay e lesbiche a Shanghai, nel caso specifico, è soffocata dalla pressione sociale e dall’opinione pubblica.
Ma c’è una forte volontà, da parte dei giovani omosessuali cinesi, di essere liberi, come dimostra questa interessante indagine.
Le due facce della medaglia
Due gruppi di persone si esprimono in questo video: da un lato troviamo gli adulti della generazione precedente. Essi hanno difficoltà ad esprimersi sul tema dell’orientamento omosessuale, talvolta sono evasivi, talvolta perplessi. Si può sottolineare la loro ignoranza sull’argomento (considerano l’omosessualità una malattia) ed è evidente l’ancoraggio di queste persone a un sistema dato di norme fisse e immutabili, un sistema permeato da omofobia ed eteronormatività (la convinzione che l’eterosessualità sia l’unica forma di sessualità “normale”). Ad una più attenta analisi si osserva che non è solo il dato generazionale ad influenzare le opinioni delle persone intervistate, ma anche l’interiorizzazione degli stereotipi derivanti da una cultura tradizionalista che fa breccia anche nelle menti più giovani. Dall’altro lato troviamo testimonianze di alcuni giovani che si esprimono con grande dignità: la ragazza lesbica e la coppia gay hanno l’aria di vivere con fierezza la loro sessualità, e fa tenerezza la testimonianza di uno dei due ragazzi, che afferma di sentirsi confuso rispetto al proprio stile di vita a causa dell’incomprensione della società in cui vive.
La speranza
Nella clip si sottolinea infine l’aspetto demografico della più popolosa città della Cina, che favorisce l’aggregazione di sempre più numerosi gay e lesbiche in bar e discoteche dedicate, o gay friendly: un’evoluzione favorita - secondo Peter Chorba, portavoce del gruppo lgbt (lesbico, gay, bisex e trans) di Shanghai - dalla presenza di molti espatriati che visitano per turismo e/o si trasferiscono stabilmente, magari per lavoro, nella cosiddetta “Parigi d’Oriente”. Che la Cina si stia pian piano (solo nel 2001 il governo ha tolto l'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali) mettendo al passo con l’Europa nell’affermare una cultura delle differenze? C’è molto più di una semplice speranza negli occhi dei giovani omosessuali cinesi per sostenerlo.
W le differenze - W la parità di diritti e doveri
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E' morto Heath Ledger: iI gay de tutto il mondo piangono un eroe
New York, 22 gen. (Apcom) - Secondo le prime indiscrezioni la morte dell'attore australiano Heath Ledger potrebbe essere stata causata da un overdose. E' quanto è trapelato dalle fonti della polizia di New York, anche se mancano le conferme, che ha detto che l'attore sarebbe deceduto questo pomeriggio alle ore 14.30 circa (le ore 20.30 in Italia).
Ledger è stato trovato privo di conoscenza in un appartamento del centro di Manhattan, dove era in attesa di un massaggio a domicilio. La sua governante era andata ad avvisarlo dell'arrivo della massaggiatrice e lo ha trovato morto.
Heath Ledger aveva 28 anni ed era stato candidato all'Oscar nel 2005 per il film Brokeback Mountain. Aveva appena terminato di girare l'ultimo episodio della serie di Batman "The Dark Knight", dove interpretava il ruolo di "Joker".
Si era fidanzato con l'attice Michelle Williams, conosciuta sul set di Brokeback Mountain, con la quale aveva una figlia di due anni. La coppia si era separata di recente.
Addio broken boy, comunque tu sia morto. Pillole e massaggiatrici, polmoniti e droghe, ipotesi di suicidio e smentite farciscono questa notte triste e sbalorditiva. Ci attacchiamo a foxnews.com e tmz.com per sapere qualcosa in più di quel tuo corpo nudo riverso nel letto. Ci attacchiamo allo scorrere delle notizie come ad una bottiglia di jackdaniels, ubriacandoci di particolari e dettagli morbosi, avvicinandoci ad osservare la tua morte da quanto più vicino sia possibile, così magari da non riuscire a vederne, né a sentirne l’interezza. E ci sembra di vedere sui nostri volti quello stesso stupore e quella irrequietezza trattenuta tra i denti del tuo indimenticabile cowboy, che con i solchi delle tue mascelle serrate ha saputo raccontare la rabbia di chi non riesce a spiegare se stesso al mondo, né il mondo a se stesso. Addio broken boy.
Ali Saleem, 28 anni, la sera in tv diventa «la signora Nawazish»
La «drag queen» pachistana adorata
da modelle e mullah
«Sono una drag queen, tesoro, non un fondamentalista. Ma penso che il Pakistan dovrebbe essere ancor più anti- Usa: perché siamo un Paese normale, non di barbuti estremisti come dicono gli americani. E siamo gente "cool", io ne sono la prova, anche se Musharraf ha già deciso l'esito delle nuove elezioni e qui la vita è pericolosa...». Ali Saleem, 28 anni, nato al confine afghano da padre generale e madre impiegata, può dire ciò che vuole. A chi lo intervista, perfino (soprattutto) in televisione. Dove dal 2005 conduce su Aaj Tv il programma più popolare dell'intero Pakistan: «Late Night Show With Begun Nawazish Ali». Ovvero: programma notturno (in realtà è in prime time) con la signora Nawazish. Che poi è sempre lui.
Sari sfavillanti, make-up pesante, brillantini sulle braccia depilate, gioielli eccessivi (finti), vocina e gesti da vera coquette. Nel programma «adorato da modelle e mullah» (certificano i media locali), la «vedova» Begun Nawazish parla di sesso come nessuna vera donna potrebbe fare (tantomeno se sposata), pena l'onore della famiglia. E intervista politici e atleti, attrici e avvocati, chiunque sia o voglia diventare un Vip (perfino un mullah vi ha partecipato). Con i maschi flirta spudoratamente, con le femmine è competizione a 360 gradi. Con tutti dice cose che nessuno penserebbe possibili in un Paese retto da una (semi?) dittatura, in balia (almeno al Nord) di talebani e islamici estremisti, radicato in tradizioni (in campagna ma non solo) maschiliste e sessuofobe. Dove — è storia vicina — gli studenti coranici della Moschea Rossa della capitale bruciavano i negozi di video («anti-islamici»), le loro compagne rapivano prostitute e maitresse di un vicino bordello («miscredenti »).
A Ali-Nawazish invece tutto è lecito, tranne parlare delle turbolente zone del Nord, o del Belucistan, punti dolenti per Islamabad da cui questa regioni vorrebbero l'autonomia. «Nessuna minaccia, nessun messaggio di odio, al contrario», racconta Ali-Nawazish (che vuol dire gentilezza). E che iniziò a voler essere femmina fin da bambino («pregavo tantissimo per diventarlo»), anche se si innamorò di una serie di ragazze e poi donne. Tra cui Benazir Bhutto, l'ex premier che voleva tornare ad esserlo, uccisa in un attentato a fine 2007, che diventò il suo primo personaggio tra gli amici di scuola, poi nei cabaret. «Nel 2003, quando Musharraf liberalizzò l'etere, passai in tv e smisi di impersonare Benazir, lasciai finalmente emergere la diva che c'era in me», la vedova Nawazish. Che presto diventò la star più amata di tutto il Paese. Merito del presidente Musharraf, sostiene Ali Saleem in accordo con intellettuali e commentatori locali che pur s'oppongono allo strapotere dell'ex generale, ma ne riconoscono le aperture sul fronte della libertà dei media (tranne in stato d'emergenza, come in novembre). Ma merito anche del fatto che il Pakistan è un Paese molto più «cool» di quanto si pensi all'estero, perlomeno complesso e sorprendente.
Se l'omosessualità è vietata (seppure diffusa e non particolarmente punita), i transessuali o i gay che appaiono tali fanno parte integrante della società: la tradizione di origine indiana accetta infatti da sempre l'esistenza di molti/e «hijra», che formano una loro casta e sono ritenuti «nè uomini nè donne», un «terzo genere» a cui si attribuivano ieri poteri magici, presente oggi nel cinema e nella letteratura. Ali dice che lui in realtà «fuori dallo studio tv non si traveste», che «vorrebbe sposarsi» (con una donna), avere bambini. Ma finché resterà Begun Nawazish, la Vedova Gentilezza, sarà nel cuore dei pakistani. E potrà dire tutto quello che vuole. Contro l'America, contro il governo, perfino contro il presidente (che, dice Ali, «è un mio fan»). Ali-Nawazish Ali Saleem, 28 anni, nato nel Nord del Pakistan da padre generale e madre impiegata, ha impersonato per anni nei cabaret Benazir Bhutto. Dopo l'apertura dell'etere di Musharraf nel 2003 ha lanciato in tv la signora Nawazish, con uno show dal successo travolgente
corrieri della serra.it
23 gennaio 2008
da modelle e mullah
«Sono una drag queen, tesoro, non un fondamentalista. Ma penso che il Pakistan dovrebbe essere ancor più anti- Usa: perché siamo un Paese normale, non di barbuti estremisti come dicono gli americani. E siamo gente "cool", io ne sono la prova, anche se Musharraf ha già deciso l'esito delle nuove elezioni e qui la vita è pericolosa...». Ali Saleem, 28 anni, nato al confine afghano da padre generale e madre impiegata, può dire ciò che vuole. A chi lo intervista, perfino (soprattutto) in televisione. Dove dal 2005 conduce su Aaj Tv il programma più popolare dell'intero Pakistan: «Late Night Show With Begun Nawazish Ali». Ovvero: programma notturno (in realtà è in prime time) con la signora Nawazish. Che poi è sempre lui.
Sari sfavillanti, make-up pesante, brillantini sulle braccia depilate, gioielli eccessivi (finti), vocina e gesti da vera coquette. Nel programma «adorato da modelle e mullah» (certificano i media locali), la «vedova» Begun Nawazish parla di sesso come nessuna vera donna potrebbe fare (tantomeno se sposata), pena l'onore della famiglia. E intervista politici e atleti, attrici e avvocati, chiunque sia o voglia diventare un Vip (perfino un mullah vi ha partecipato). Con i maschi flirta spudoratamente, con le femmine è competizione a 360 gradi. Con tutti dice cose che nessuno penserebbe possibili in un Paese retto da una (semi?) dittatura, in balia (almeno al Nord) di talebani e islamici estremisti, radicato in tradizioni (in campagna ma non solo) maschiliste e sessuofobe. Dove — è storia vicina — gli studenti coranici della Moschea Rossa della capitale bruciavano i negozi di video («anti-islamici»), le loro compagne rapivano prostitute e maitresse di un vicino bordello («miscredenti »).
A Ali-Nawazish invece tutto è lecito, tranne parlare delle turbolente zone del Nord, o del Belucistan, punti dolenti per Islamabad da cui questa regioni vorrebbero l'autonomia. «Nessuna minaccia, nessun messaggio di odio, al contrario», racconta Ali-Nawazish (che vuol dire gentilezza). E che iniziò a voler essere femmina fin da bambino («pregavo tantissimo per diventarlo»), anche se si innamorò di una serie di ragazze e poi donne. Tra cui Benazir Bhutto, l'ex premier che voleva tornare ad esserlo, uccisa in un attentato a fine 2007, che diventò il suo primo personaggio tra gli amici di scuola, poi nei cabaret. «Nel 2003, quando Musharraf liberalizzò l'etere, passai in tv e smisi di impersonare Benazir, lasciai finalmente emergere la diva che c'era in me», la vedova Nawazish. Che presto diventò la star più amata di tutto il Paese. Merito del presidente Musharraf, sostiene Ali Saleem in accordo con intellettuali e commentatori locali che pur s'oppongono allo strapotere dell'ex generale, ma ne riconoscono le aperture sul fronte della libertà dei media (tranne in stato d'emergenza, come in novembre). Ma merito anche del fatto che il Pakistan è un Paese molto più «cool» di quanto si pensi all'estero, perlomeno complesso e sorprendente.
Se l'omosessualità è vietata (seppure diffusa e non particolarmente punita), i transessuali o i gay che appaiono tali fanno parte integrante della società: la tradizione di origine indiana accetta infatti da sempre l'esistenza di molti/e «hijra», che formano una loro casta e sono ritenuti «nè uomini nè donne», un «terzo genere» a cui si attribuivano ieri poteri magici, presente oggi nel cinema e nella letteratura. Ali dice che lui in realtà «fuori dallo studio tv non si traveste», che «vorrebbe sposarsi» (con una donna), avere bambini. Ma finché resterà Begun Nawazish, la Vedova Gentilezza, sarà nel cuore dei pakistani. E potrà dire tutto quello che vuole. Contro l'America, contro il governo, perfino contro il presidente (che, dice Ali, «è un mio fan»). Ali-Nawazish Ali Saleem, 28 anni, nato nel Nord del Pakistan da padre generale e madre impiegata, ha impersonato per anni nei cabaret Benazir Bhutto. Dopo l'apertura dell'etere di Musharraf nel 2003 ha lanciato in tv la signora Nawazish, con uno show dal successo travolgente
corrieri della serra.it
23 gennaio 2008
martedì 22 gennaio 2008
Il trans, il cummenda e la famigliaNella casa un mix di belle donne, ragazzi fascinosi e alcuni personaggi-macchietta
E' un'Alessia Marcuzzi vestita di bianco quella che apre la prima puntata del Grande Fratello 8, carica di novità e suspance.
In studio Alfonso Signorini e Katia Ricciarelli, pronti a commentare gli ingressi dei ragazzi nella Casa, accolti dalla coppia rappresentativa del Grande Fratello formata da Katia e Ascanio.
Dopo i saluti di rito, la Marcuzzi presenta i primi due concorrenti: Roberto Mercandalli, 26 anni, milanese, perfetto rappresentante della classe dei figli di papà eleganti e rampanti. Materiale perfetto per la Gialappa's e inquadrato da Signorini come un incrocio fra un personaggio dei Vanzina e un cumenda milanese (ve lo ricordate Gabriele lo scorso anno?).
Insieme a Roberto varca la porta rossa Lina (Carmela) Carculo, medico napoletano di 25 anni che rappresenta al massimo la sua città.
Dopo aver presentato i tre aspiranti concorrenti del Gf8 che hanno vissuto sottovetro per tre giorni, Alessia introduce la grande novità dell'ottava edizione del Grande Fratello: la famiglia Orlando, mamma, papà e i tre figli, Filippo, Carmela, Giuseppe, Fabio e Domenico. Gli Orlando arrivano dalla provincia di Messina e, anche loro come i precedenti concorrenti, rappresentano il classico stereotipo del siciliano e si presentano all'ingresso della Casa con dei cestini pieni di vettovaglie.
I coniugi Orlando vengono fatti entrare in una porta coperta di giornali: è l'appartamento in cui vivranno i concorrenti che però, come avranno modo di capire fin da subito, è tutto da costruire.
Ad attendere gli altri due concorrenti pronti ad entrare in Casa sono Cristina Plevani, vincitrice del primo Grande Fratello, e Milo Coretti, vincitore della scorsa edizione; i nuovi ingressi sono quelli di Andrea Bellumore, bolognese, e Christine Del Rio, anglo-milanese. Sono loro che, nella costruzione del percorso narrativo del Gf8, rappresentano i "belli della situazione".
Si torna nella bolla di Ponte Milvio dove Elia, Berto e Alì aspettano il verdetto del pubblico, chiamato a scegliere chi escludere e chi far entrare in Casa e Alessia manda la clip che riassume i tre giorni di vita dei reclusi alla luce del sole; ma il collegamento viene interrotto perché un gruppo di ragazzi armati di coltelli, di Fiamma Tricolore, ha sfondato le transenne di protezione della bolla.
Altra sorpresa: la Marcuzzi presenta il profilo di 4 ragazze che non sanno se entreranno o meno nella Casa; Alice (Floriana, la ricordate?), poi ci sono Valentina, Caterina e Nadia (Serena Garitta docet), 27 anni impiegata in un'agenzia di viaggi. Il Grande Fratello decide che ad entrare nella Casa sono la pugilessa Alice Caligiuri e Nadia Castaldi, accolti da Augusto De Megni e Catrina Davies del Gf5.
Per "garantire l'incolumità dei concorrenti rinchiusi nella bolla", il Gf decide di trasferirli direttamente a Cinecittà; il tutto mentre chi è già entrato viene trasferito nel camping, la residenza provvisoria dei partecipanti in attesa di terminare la casa ufficiale.
Roberto il milanese resta in Casa e aspetta l'arrivo degli altri mentre Alessia annuncia che a quattro ragazzi tocca la stessa sorte del gruppo precedente: si tratta di Mirko, Matteo, Gian Filippo e Gregory; a raggiungere il milanese Roberto è Gian Filippo Failla, prototipo del bravo ragazzo all'antica.
Fa il suo ingresso Raffaella Fico, bellissima 19enne napoletana, e Mario Ferretti, muratore, padre single e amante della natura e della sua terra; ad introdurli Fedro e Melita.
Dopo la famiglia Orlando il Grande Fratello 8 osa di più e scherza con la coppia formata da Thiago e Benedetta: tra i due, marito e moglie da poco, solo uno potrà entrare in Casa. Benedetta, 32 anni, sprona il marito ad entrare, e così sia.
Katia e Ascanio accolgono Francesco Botta e Teresa Stinziani, romano e molisana, che rappresentano in qualche modo una rottura rispetto agli altri concorrenti; intanto il verdetto del pubblico da casa premia il libanese Alì Ayach, che dalla bolla passa alla Casa.
E' passata la mezzanotte, i bambini sono a letto, l'attesa è alta e così la Marcuzzi presenta Silvia Burgio, 28 anni di Gallarate: è lei il personaggio più atteso della serata, la transessuale di cui tutti parlano. Silvia, spiega la Marcuzzi, si è sottoposta ad un intervento che le ha permesso di diventare donna ma gli altri concorrenti non sono al corrente dell'identità di Silvia.
I ragazzi vengono mandati nel camping da ripulire e solo Roberto resta nella Casa, scegliendo di passare la notte con Gian Filippo.
Nessuna nomination per la prima settimana ma il televoto è aperto al numero 48421: la persona che vincerà il televoto la prossima settimana riceverà una sorpresa.
lunedì 21 gennaio 2008
IL DILEMMA DEL TRANS
Sulla presenza del transessuale, nessuno conferma e nessuno smentisce, ma i ben informati assicurano che ci sarà. Il direttore Donelli e la Marcuzzi cascano dalle nuvole quando si fa riferimento alla polemica suscitata dall’intervista del Corriere.it all’esclusa Francesca Vivaldi, ma il responsabile della rete ne approfitta per ribadire che: «Mediaset non ha mai fatto, né fa né mai farà discriminazioni sessuali. Quando abbiamo visionato i 20 mila candidati, lo abbiamo fatto senza alcuna forma di pregiudizio positivo o negativo». In fondo l'obiettivo del Grande Fratello è sempre lo stesso: fare spettacolo creando tensioni, alleanze e raccontando uno spicchio del nostro Paese. Lo sottolinea Andrea Palazzo, coordinatore degli autori: «Il tentativo è di coprire tutta la Penisola, ma c’è una prevalenza del Centro-sud, con presenze del Nord: due milanesi. E un brasiliano».
TUTTO UN CANTIERE - Lunedì i concorrenti non si incontreranno dentro una casa, ma dentro un cantiere. Saranno loro a doversi rimboccare le maniche e costruire non uno, ma tre appartamenti diversi e incompleti, in cui abiteranno per 100 giorni, sognando il montepremi di 500 mila euro. L’idea della produzione è quella di creare le dinamiche del vicinato. Nel condominio, grande 1600 metri quadrati, ognuno sarà costretto a bussare alla porta dell’altro, perché in una casa manca il bagno e in un’altra la cucina.
BRACCATI DALLA MULTIMEDIALITA' - Anche quest’anno la grande giostra girerà in tutte le piattaforme multimediali possibili: dal digitale terrestre, al satellite, al tvfonino, ai blog e ai siti amatoriali (il sito ufficiale, invece, è www.grandefratello.mediaset.it). Canale5 è schierata alla grande per la visibilità del GF. Su Mattino5 Barbara D’Urso e Claudio Brachino dedicheranno uno speciale, il sabato sera dopo il prime time ci saranno nuove strisce del programma e la copertura domenicale sarà assicurata. E dopo due anni di "separazione", anche Sky fa la pace con Mediaset e si allea per gettare il suo occhio sul reality dei reality. Mentre su Premium venderà il programma a 2 euro al giorno o a 60 per tutta la sua durata. Mentre gli 80mila GF dipendenti in viaggio o al lavoro, potrenno seguire le vicende dei reclusi della casa dallo schermo del proprio videofonino, grazie a DVB-H di 3 Italia.
http://www.corriere.it/
Grande Fratello, la trans esclusa:«Al mio posto presa una "operata"»
«Ma anche io lo sono», dice . «Da tre anni mi promettono la partecipazione al programma, ma poi niente»
ROMA - «Non aprite quella porta senza di me». Francesca Vivaldi non ci sta. L'attrice trans era pronta a far parte dell'ottava edizione del Grande Fratello. Un sogno inseguito da tempo e mai raggiunto, considerando che «da tre anni a questa parte - racconta lei- mi viene promesso di riuscire a varcare la soglia della casa più spiata d'Italia e poi puntualmente non mi viene concesso».
A quattro giorni dal via all'ottava edizione la Vivaldi si toglie il sassolino dalla scarpa, visto che anche quest'anno, la partecipazione al Grande Fratello è destinata a restare per lei una chimera. «Un'ombra sembra abbattersi su di me» dice. Al suo posto, rivela, prenderanno una trans "operata" dal presunto nome Silvia, superando tutte le sue aspettative. «Ma anche io sono operata - dice Francesca - e anzi a breve mi sposerò».
In realtà la Vivaldi non riesce a buttare giù il rospo di questa ennesima esclusione e promette battaglia: «Questa volta - dice - sono pronta a sparare a zero, raccontando tutta la verità su amicizie e coinvolgimenti vari che hanno preceduto la mia conoscenza al grande pubblico». E alcuni di questi colpi sono già in canna. Uno è quello secondo cui dietro l'ultima esclusione dal GF ci sarebbero degli «screzi» tra la Vivaldi e un'autrice del programma di Canale 5, come racconta la diretta interessata, convinta tra le altre cose che la sua ormai superata «appartenenza alla scuderia di Lele Mora, il famoso agente delle star, abbia rappresentato un "rischio" per l'immagine del programma».
ROMA - «Non aprite quella porta senza di me». Francesca Vivaldi non ci sta. L'attrice trans era pronta a far parte dell'ottava edizione del Grande Fratello. Un sogno inseguito da tempo e mai raggiunto, considerando che «da tre anni a questa parte - racconta lei- mi viene promesso di riuscire a varcare la soglia della casa più spiata d'Italia e poi puntualmente non mi viene concesso».
A quattro giorni dal via all'ottava edizione la Vivaldi si toglie il sassolino dalla scarpa, visto che anche quest'anno, la partecipazione al Grande Fratello è destinata a restare per lei una chimera. «Un'ombra sembra abbattersi su di me» dice. Al suo posto, rivela, prenderanno una trans "operata" dal presunto nome Silvia, superando tutte le sue aspettative. «Ma anche io sono operata - dice Francesca - e anzi a breve mi sposerò».
In realtà la Vivaldi non riesce a buttare giù il rospo di questa ennesima esclusione e promette battaglia: «Questa volta - dice - sono pronta a sparare a zero, raccontando tutta la verità su amicizie e coinvolgimenti vari che hanno preceduto la mia conoscenza al grande pubblico». E alcuni di questi colpi sono già in canna. Uno è quello secondo cui dietro l'ultima esclusione dal GF ci sarebbero degli «screzi» tra la Vivaldi e un'autrice del programma di Canale 5, come racconta la diretta interessata, convinta tra le altre cose che la sua ormai superata «appartenenza alla scuderia di Lele Mora, il famoso agente delle star, abbia rappresentato un "rischio" per l'immagine del programma».
venerdì 18 gennaio 2008
Eugenio Scalfari17 gennaio 2008)Laicità: i rapporti tra Chiesa e politica.
Nel pieno di una crisi della tenuta democratica della nostra Repubblica davanti agli assalti clericali dello Stato Vaticano, uno dei più grandi intellettuali liberal e laici viventi dice la sua sul tema: Stato e Laicità, rispondendo ai lettori del quotidiano 'la Repubblica' da lui fondato.
mercoledì 16 gennaio 2008
Aguilera, un video per il suo bebè
'SAVE ME FROM MYSELF
Così ringrazia i fan e il marito Jason
La neomamma Christina Aguilera, che ha dato alla luce sabato il suo primogenito Max Liron, per ringraziare i fan e il marito dell'affetto dimostratole durante la gravidanza, ha pubblicato sul suo sito web una versione inedita della canzone "Save Me From Myself", tratta dall'album "Back To Basics". Il video del pezzo contiene immagini mai viste del matrimonio tra la star e Jason Bratman e un messaggio per i fan.
Così ringrazia i fan e il marito Jason
La neomamma Christina Aguilera, che ha dato alla luce sabato il suo primogenito Max Liron, per ringraziare i fan e il marito dell'affetto dimostratole durante la gravidanza, ha pubblicato sul suo sito web una versione inedita della canzone "Save Me From Myself", tratta dall'album "Back To Basics". Il video del pezzo contiene immagini mai viste del matrimonio tra la star e Jason Bratman e un messaggio per i fan.
VESCOVO ORTODOSSO FERMATO IN VATICANO: DOV`E` LA LIBERTA` DI CULTO?
15/01/2008) Durante il sit-in in ricordo di Alfredo Ormando la Polizia di Stato e la Polizia Vaticana ha trattenuto il vescovo Giovanni Mapelli. Franco Grillini denuncia l`ingerenza della Chiesa cattolica e il mancato rispetto della libertà di culto.
COMUNICATO STAMPA DELL'ONOREVOLE FRANCO GRILLINI
Il Vescovo Giovanni Mapelli, ordinato dalla Chiesa Ortodossa Autonoma dell'Europa Occidentale e delle Americhe, è stato fermato dalla Polizia italiana, su territorio italiano, perché ha partecipato, in abito ecclesiastico, al sit-in, del 12 gennaio 2008, in ricordo di Alfredo Ormando, un omosessuale che si è suicidato in Piazza San Pietro.
Le circostanze del fermo, con la Polizia che doveva stabilire, a stretto contatto con le autorità di Polizia vaticana, se Mapelli fosse o meno Vescovo, fanno pensare ad un abuso da parte delle autorità vaticane e ad una violazione dall'articolo 19 della Costituzione italiana che stabilisce che i cittadini hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma e di esercitarne in privato e in pubblico il culto.
Ho depositato una interrogazione parlamentare nella quale chiedo al Ministro degli Interni, Giuliano Amato, di avere maggiori informazioni rispetto alla circostanze che hanno portato al fermo e al ruolo abbia svolto lo Stato Città del Vaticano nell'intera vicenda.
Ancora vogliamo sapere se Amato non ritenga che il fermo e il sequestro della stola, non rappresentino una violazione della libertà religiosa così come tutelata dall'articolo 19 della Costituzione italiana che stabilisce che i cittadini hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma e di esercitarne in privato e in pubblico il culto.
Infine chiediamo al Ministero degli Interni di porgere le scuse ufficiali al Vescovo Mapelli e alla Chiesa Ortodossa Autonoma dell'Europa Occidentale e delle Americhe.
Questa vicenda dimostra che il Vaticano non vuole la libertà religiosa, e che è stato fatto un uso della Polizia italiana assolutamente inaccettabile, per il quale dobbiamo chiederci se, per caso, il Vaticano, che ormai blocca qualunque legge che non gli aggrada, sia ormai padrone e dia ordini anche alle nostre autorità di polizia.
In Italia non esiste libertà religiosa perché le religioni non sono sullo stesso piano, e non è garantita la pari dignità di tutte le confessioni.
L'immagine della polizia italiana che si porta via un vescovo e lo trattiene per tre ore, e gli sequestra i paramenti sacri è plateale dimostrazione che in questo paese il prepotente predominio della struttura di potere del vaticano rappresenta ormai un serio limite all'espressione della libertà religiosa e delle libertà in generale.
Franco Grillini
Deputato socialista
redazione@gay.tv
Niente visita ratzingeriana all'Università La Sapienza e il mondo politico s'indigna
LA LETTERA
AGGIORNAMENTO ORE 23 DEL 15 GENNAIO 2008
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha scritto una 'lettera personale' (repubblica.it) al Papa. Sarebbe interessante sapere cosa ci sia scritto. Perché se è una lettera personale, allora non si capisce perché sia stato reso pubblico l'atto di invio. Se invece la lettera del Presidente della Repubblica Italiana, massima istituzione e garanzia dello Stato, riguardasse la comunicazione di una manifestazione di scuse di natura pubblica verso lo stato Vaticano, allora è bene che quel testo sia reso pubblico.
L'abile mossa vaticana di annullare la prevista visita di Ratzinger fa impazzire i difensori della tolleranza
Napolitano scrive a Ratzinger, Prodi difende Ratzinger, il centro destra s'indigna, Mussi è dispiaciuto, Casini grida ''Con questa intolleranza quale futuro avranno i giovani?''. Abilissimi politici i vertici vaticani. Ci sono proteste? Non andiamo. Sbrigatevela voi. Così chi dichiarava pubblicamente il proprio dissenso ha ora la colpa/peccato di avere impedito a Ratzinger di partecipare; di avere pubblicamente alimentato pericolosissime intolleranze; di avere messo in pericolo la democrazia. E la propaganda si mette in moto facendo dimenticare al mondo che nessuno ha chiesto a Ratzinger di non andare. È semplicemente stato messo in atto il sacrosanto diritto a protestare per una visita che si riteneva inopportuna: quella di un capo di stato estero che a più riprese ha manifestato la sua avversità alla scienza. Si possono contestare i modi, ma i giovinastri sono giovinastri si sa. E non badano tanto alla diplomazia. Ora bisognerà attendere eventuali epurazioni dei ''67'', i docenti dissidenti che hanno a loro volta contestato la visita di Ratzinger. Ha ragione Casini, davvero una gran brutta cosa l'intolleranza, soprattutto quando viene manifestata a qualcuno di gradito al di Lei partito, vero Onorevole? Pensi un po' a chi l'intolleranza di Ratzinger se la vive sulla pelle tutti i giorni. E che magari pensa, nonostante tutto, che nessuno ha il diritto di impedire a nessuno di fare ciò che crede compreso rispondere positivamente all'invito di un Rettore. Poi se si sceglie di non andare, non si andrà seguendo il proprio diritto al libero arbitrio, ma senza dare colpe a qualcun altro.
di Jean Paul Satrape (Lamanicatagliata.com)
martedì 15 gennaio 2008
Papa alla Sapienza, no degli scienziatiLettera di 67 cervelli contro l'intervento di Ratzinger: evento incongruo. Il Vaticano: «La visita ci sarà»
ROMA - Un evento «incongruo» e non in linea con la laicità della scienza: così i sessantasette firmatari di una lettera indirizzata al rettore dell'Università La Sapienza Renato Guarini giudicano l'intervento di Benedetto XVI previsto giovedì 17 al termine della cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico. E scoppia la polemica: Radio Vaticana reagisce bollando l'iniziativa come «censoria», il vicesindaco di Roma Maria Pia Garavaglia parla di «richiesta paradossale». «Nessun cambio di programma. La visita del Papa alla Sapienza, giovedì, si terrà» comunicano intanto fonti del Vaticano. «Il Papa è stato invitato - sottolineano le fonti - e la visita si terrà regolarmente».
I FIRMATARI - Tra i firmatari della lettera inviata al rettore della Sapienza compaiono i fisici Andrea Frova, autore con Mariapiera Marenzana di un libro su Galileo e la Chiesa, Luciano Maiani, da poco nominato presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), Carlo Bernardini, Giorgio Parisi, Carlo Cosmelli.
IL TESTO - «Magnifico Rettore - si legge nella lettera -, con queste poche righe desideriamo portarLa a conoscenza del fatto che condividiamo appieno la lettera di critica che il collega Marcello Cini Le ha indirizzato sulla stampa a proposito della sconcertante iniziativa che prevedeva l'intervento di papa Benedetto XVI all'Inaugurazione dell'Anno Accademico alla Sapienza. Nulla da aggiungere agli argomenti di Cini, salvo un particolare. Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella città di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: "All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto". Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano. In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato». «Non abbiamo voluto le firme dei colleghi che hanno incarichi direttivi, ma le adesioni sono arrivate numerose e superano di dieci volte il numero dei firmatari», spiega il fisico Andrea Frova. «La lettera - aggiunge - era un documento interno, poi finito nelle mani della stampa». Non c'è alcune legame con la protesta studentesca che si sta organizzando in queste ore in vista della cerimonia di giovedì 17.
«È UN MESSAGGERO DI PACE» - «Rispetto le opinioni di tutti coloro che le esprimono con correttezza» e, in ogni caso, l'inaugurazione dell'anno accademico e la visita di Papa Ratzinger saranno due «momenti separati» e il Pontefice sarà accolto come un «messaggero di pace». È quanto scrive il Rettore dell'Università «La Sapienza» Renato Guarini rispondendo così agli oltre oltre 60 docenti che gli hanno chiesto di annullare la visita di Benedetto XVI.
RADIO VATICANA: INIZIATIVA CENSORIA - «La comunità universitaria attende con interesse l'incontro con Benedetto XVI, tuttavia non manca qualche contestazione e iniziative di tono censorio» segnala la Radio vaticana a proposito della visita del Papa alla «Sapienza. L'iniziativa dei 67 docenti è definita ironicamente dalla emittente pontificia «tollerante appello». La Radio vaticana inoltre intervista il genetista Bruno Dalla Piccola, docente di genetica medica alla «Sapienza», che definisce l'appello anti-Ratzinger «un'uscita vergognosa che sicuramente non fa onore ad un'università grande, importante come la Sapienza». Dalla Piccola ricorda che la sua università «alcuni anni fa ha ospitato dei Raeliani che volevano fare la clonazione dell'uomo» e «in altri tempi è stata aperta a politici di ogni tipo o addirittura a degli attori». «Non si vergognano coloro che hanno firmato - si chiede il genetista - di voler impedire di parlare a una persona che gode di rispetto a livello mondiale?». A giudizio di Dalla Piccola «qualcuno ha paura di sentire quello che il Papa vuole dire» e contro di lui c'è «una pregiudiziale».
GARAVAGLIA: «RICHIESTA PARADOSSALE» - «Paradossale» è il termine usato dalla vicesindaco di Roma Maria Pia Garavaglia per commentare la richiesta di revocare l'invito al Papa. «Trovo paradossale - afferma Garavaglia - che un gruppo di docenti universitari, in vista della visita di Benedetto XVI all'Università romana La Sapienza, chieda di revocare l'invito rivoltogli in precedenza».
«SETTIMANA ANTICLERICALE» - È partita intanto, con un pranzo a base di pane, porchetta e vino, la «settimana anticlericale», 4 giorni di contestazioni studentesche organizzate dal collettivo di Fisica che andranno avanti fino a giovedì contro l'intervento di Benedetto XVI all'apertura dell'anno accademico della Sapienza. I manifestanti si sono riuniti davanti al vecchio dipartimento di Fisica con dei banchetti su cui si vendono panini con porchetta a 1,50 euro; vino e succhi di frutta a 50 centesimi. Attaccati al muro alcuni manifesti rappresentano una parodia del ministro dell'Università Fabio Mussi e del sindaco di Roma Walter Veltroni riuniti in un abbraccio al Papa. «Noi l'abbiamo chiamata la Santa alleanza dell'inquisizione alla Sapienza», hanno detto gli studenti intervenuti al pranzo sociale «anticlericale» inneggiando al «sapere che non ha bisogno nè di padri nè di preti».
VEGLIA DI PREGHIERA - D'altra parte i giovani universitari cattolici si preparano all'evento con una veglia di preghiera che si svolgerà all'interno della cappella dell'ateneo. A presiedere la preghiera sarà monsignor Enzo Dieci, vescovo ausiliare per il Settore nord della capitale e incaricato per la cooperazione missionaria tra le Chiese. Il Papa visiterà il più grande ateneo d'Europa in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico. E tuttavia, si precisa nel programma ufficiale, il Papa offrirà la sua riflessione ai docenti presenti, dopo l'inaugurazione vera e propria dell'anno accademico; un modo per dire che l'intervento del Pontefice non costituisce un atto ufficiale ma solo un contributo, un elemento di alto profilo offerto all'attenzione di tutti.
14 gennaio 2008(ultima modifica: 15 gennaio 2008)
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lunedì 14 gennaio 2008
INCHIESTA DI PANORAMA: LE FAMIGLIE GAY ESISTONO E SONO FELICI
Mentre la Binetti rischia di far cadere il governo Prodi pur non far passare la legge antiomofobia, a Roma Costanza accompagna al nido la piccola Alice avuta insieme alla compagna Domitilla. Mentre D'Alema sbotta contro i matrimoni gay, Micaela e Annie fanno il bagnetto a Rebecca e Noa. Le famiglie gay ci sono già:
questo il titolo dell'inchiesta pubblicata in copertina sul numero attualmente in edicola di Panorama. Una disamina dei nuclei familiari sempre più numerosi anche nel nostro paese. Storie di un'Italia che cambia. Nonostante tutto.
"Ancora una volta la società cambia e la politica e la legge non se ne accorgono. Come quarant'anni fa, quando il Parlamento fingeva di non vedere le migliaia di coppie che chiedevano di potersi rifare legalmente una vita, o le migliaia di donne che la vita la rischiavano sotto i ferri delle mammane. Si può non essere d'accordo sulle scelte personali di uomini e donne che decidono di formare una famiglia con un partner dello stesso sesso. Si può avvertire più di un brivido al pensiero di bimbi, concepiti naturalmente o artificialmente, cresciuti da due mamme o da due papà. Ma quelle persone, quei bambini esistono, e sono sempre di più".
Solo negli Stati Uniti, dove il fenomeno viene etichettato come "gayby boom", madri lesbiche e padri gay sono stimati in un numero tra i 6 e i 10 milioni, mentre i relativi figli delle coppie sono circa 14 milioni. Significative, anche se ovviamente inferiori, le cifre italiane: secondo l'Istituto superiore di sanità sono circa 100.000 i bambini e i ragazzi cresciuti da genitori gay. Per i sociologi Marzio Barbagli e Asher Colombo il 3,4 % dei gay da loro intervistati nell'ambito di una ricerca è padre, il 5,4 % delle lesbiche è madre. Sopra i 35 anni le percentuali salgono al 10 e al 19 %. Quello che rappresenta la maggiore novità è però il crescente numero di coppie gay che vorrebe avere un figlio, ossia circa il 49 %; anche se sono soprattuto le donne a volere dei figli e che per farlo o chiedono aiuto ad amici gay o emigrano all'estero per praticare quell'inseminazione artificiale che in Italia è proibita dalla legge 40.
SOLO LE FAMIGLIE ETERO SONO FELICI: IL RAPPORTO DEL CISF ETICHETTA COME "PRIVE DI VALORE AGGIUNTO PER LA SOCIETA'" LE RELAZIONI E LE FAMIGLIE OMOSESSUALI >>>
"Per tutelarsi, molte coppie omosessuali cercano di ufficializzare almeno un po' il loro rapporto iscrivendosi nello stesso stato di famiglia (la legge consente di creare una famiglia angrafica anche tra non consanguinei) o ai registri delle unioni civili disponibili in una trentina di comuni italiani (nella Roma del sindaco Walter Veltroni e del Vaticano è appena fallita la battaglia per istituirne uno). Ma i vantaggi sono simbolici e in compenso ci sono gli oneri. Fiscali: i redditi si sommano e le tasse aumentano.
Essere genitori come gli altri, con gli stessi diritti e gli stessi doveri: questo chiedono le coppie omosessuali. Ma la società italiana è pronta ad accettare questa rivoluzione o è d'accordo con il ministro della Famiglia Rosy Bindi, quando sostiene che "il desiderio di maternità e paternità un omosessualese lo deve scordare"?"
La giornalista Valeria Gandus racconta le storie di queste famiglie normali.
Giuseppina e Raphaelle, francesi, docenti universitarie, unite dal pacs oltralpe, mamme felici grazie alla fecondazione in vitro della piccola Lisa Marie, spensierata bimba di 4 anni, benvoluta dalle maestre della scuola materna locale, dai compagni e dai loro genitori.
Micaela e Annie, che hanno concepito Rebecca e Noa grazie al loro miglior amico Lenny, che aveva sempre desiderato dei figli e mai trovato la donna giusta. Ma ha giudicato Micaela e Annie le mamme ideali per i suoi bambini, entrambi legalmente riconosciuti anche dal padre.
Delfina e Marta, mamme di Alessandro, che vivono e lavorano nella base americana di Capodichino a Napoli e hanno festeggiato il nascituro con una festa stile Usa, organizzata dai loro colleghi militari.
E tutti i bambini sono felici e perfettamente adattati, come conferma anche lo psichiatra Vittorio Lingiardi, docente all'Università La Sapienza di Roma: "La ricerca scientifica disconferma (ogni) preoccupazione e stabilisce che i figli di genitori omosessuali sono psicologicamente sani e adattati in percentuali sovrapponibili ai figli cresciuti in famiglie eterosessuali".
Carlo, 11 anni, romano, figlio biologico dell'ex marito di Francesca, oggi compagna di Alessandra, quando dice ai suoi compagni delle scuole medie che sua mamma è lesbica, loro "nun ce credono!".
redazione@gay.tv
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MADRE NATURA LI HA FATTI COSI`ANIMALI OMOSESSUALI
(14/01/2008) Pinguini, bisonti, scimmie, leoni, fenicotteri, delfini: sono tanti gli animali che si accoppiano con partner dello stesso sesso e addirittura mettono su famiglia. Se fosse un`anomalia o una tara genetica la natura avrebbe dovuto porre rimedio già molto tempo fa. Ma se essere gay invece fosse del tutto naturale?
Probabilmente i più famosi di tutti sono stati Roy e Silo, due pinguini dello zoo di Central Park. Per anni hanno rifiutato gli approcci delle femmine e si sono accoppiati tra di loro, fino a che il loro desiderio di paternità li ha spinti a covare a lungo un sasso, come se fosse un uovo. Uno dei guardiani dello zoo lo ha poi sostituito con un vero uovo fecondato, che i due pinguini hanno accudito fino a farlo schiudere. Roy e Silo sono così diventati i genitori putativi di un cucciolo di femmina di nome Tango.
E' solo uno dei casi, forse il più eclatante e il più romantico, quasi da film Disney, di omosessualità nel regno animale. Ricordiamo anche la vicenda di Carlos e Fernando, i due fenicotteri dello zoo di Slimbridge in Inghilterra, "coppia di fatto" da 6 anni ai quali fu affidato un cucciolo rimasto orfano per venire incontro al loro ricercare costantemente un figlio nei nidi delle altre coppie.
Poi ci sono i maschi delle pecore delle Montagne Rocciose che vivono in vere e proprie società omosessuali, si accoppiano leccandosi i genitali e avendo rapporti anali: per gli scienziati i montoni che non hanno rapporti con altri maschi sono paradossalmente i più effeminati. Le giraffe maschio fanno orge tra di loro , così come i delfini, le orche e le balene. I primati più vicini all'uomo invece, i bonobo, hanno una innata tendenza ai rapporti tra esemplari dello stesso sesso: le femmine si accoppiano tra di loro ogni due ore e i maschi fanno una specie di scherma con il pene e si massaggiano i genitali a vicenda. Anche se gli animali con la maggior frequenza di rapporti omosessuali restano i mastodontici bisonti delle praterie nord americane.
Fatto sta che secondo il portale Life-science sono quasi 500 le specie animali nelle quali sono documentati comportamenti gay e che, come efficacemente osserva la pubblicazione scientifica Seed, sarebbero decapitate se vivessero in Arabia Saudita.
L'ECCEZIONE DEL PAVONE
In campo biologico la teoria sessuale per cui il fine dell'accoppiamento è unicamente la riproduzione è nata con Charles Darwin. Osservando le multicolori code dei pavoni maschi, lo scienziato inglese era giunto alla conclusione che il folto piumaggio servisse ad attirare le femmine e a spingerle all'accoppiamento. Da qui l'assimilazione da parte della cultura di massa del dogma secondo cui gli uomini cercano il sesso e le donne sono più restie e impongono maggiore selezione per preservare la specie. Ditelo alle femmine dei bonobo.
Oltre ovviamente all'etichettare qualsiasi devianza sessuale rispetto alla funzione riproduttiva come, appunto un errore, una perdita di tempo e un comportamento contro natura, inclusi la masturbazione e l'omosessualità. Anche se, con l'evolversi della specie, questa "inefficienza" sessuale, invece che venire meno non ha fatto che complicarsi: più un animale è complesso più mostra segni di "devianza" sessuale
Nel 1997 la biologa americana Joan Roughgarden, docente all'università di Stanford, si era recata al Gay Pride di San Francisco per sfilare con un gruppo di transessuali (n.d.r. la Roughgarden è una transessuale): "ero stupita da quanti gay, lesbiche, bisessuali e transessuali ci fossero al gay pride, la materia che insegno considera l'omosessualità una specie di anomalia. Ma se lo scopo del rapporto sessuale è solo la riproduzione, come sosteneva Darwin, perchè ci sono tanti gay? Per molti biologi si tratta di una specie di difetto (ma) se così fosse, gli omosessuali e le lesbiche sarebbero un errore che la natura avrebbe dovuto correggere molto tempo fa. Ma non è successo. A un certo punto ho avuto un'illuminazione: quando una teoria scientifica sostiene che qualcosa non funziona in tante persone, forse c'è qualcosa che non va nella teoria".
Alla fin fine il pavone è un'eccezione.
LA FINE DELLA GUERRA DEI SESSI
Se l'omosessualità fosse una malattia genetica sarebbe 3-4 volte più diffusa di una qualsiasi malattia genetica ad ampia diffusione, come ad esempio il morbo di Huntington, sottolinea la Roughgarden nel suo libro Evolution's rainbow edito dalla University of California Press. Quindi un difetto che l'evoluzione avrebbe teso non a preservare ma ad eliminare. Ma se guardiamo all'omosessualità da un punto di vista sociologico, comincia a risultare chiaro il motivo che ha spinto la scienziata a definire l'omosessualità un elemento caratteristico delle società avanzate, nonchè garanzia di una pacifica convivenza in contrapposizione alla guerra dei sessi di darwiniana memoria. Come nelle società dei macachi del Giappone, in cui i maschi sono transitori e le femmine proteggono le strutture sociali e tengono a freno episodi di violenza e di esuberanza sessuale dei maschi attraverso il lesbismo. "I rapporti omosessuali sono uno dei modi per creare un'intimità fisica - dice la Roughgarden - Quando gli animali hanno un comportamento omosessuale, significa che stanno usando i genitali per fini sociali". Al contrario di Darwin che riteneva il nostro stato naturale il conflitto, la Roughgarden è propensa invece per la collaborazione e l'omosessualità è un preludio alla cooperazione sociale, un modo per evitare disordini e conflitti: "sono convinta che nel giro di cinquant'anni la dicotomia omo-etero non esisterà più, perchè preservarla richiede troppe energie da parte della società. I comportamenti complicati sono eccessivamente faticosi", quindi prima o poi per la biologa anche l'uomo tornerà al modello osservato nei primati. O almeno a non considerare le migliaia di specie animali, tra le quali l'uomo, che deviano rispetto ai principi della selezione sessuale darwiniana delle eccezioni senza importanza.
Monito dell’ordine degli psicologi ai falsi guaritori di gay
«Lo psicologo non può prestarsi ad alcuna “terapia riparativa” dell’orientamento sessuale di una persona». Parola dell’Ordine degli psicologi italiano. Il Presidente dell’Ordine, Giuseppe Luigi Palma, entra nel merito delle cure psicologiche curative degli omosessuali che l’équipe del dottor Tonino Cantelmi, titolare della cattedra di Psicologia della Pontificia Università, avrebbe intrapreso su alcuni omosessuali per renderli eterosessuali. Sulle pagine di “Liberazione”, Palma spiega che «lo psicologo non deroga mai ai principi del codice deontologico». Codice che all’articolo 4 prevede: «nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità».
ZAPATERO: LA MORALE NON VA IMPOSTA Il premier spagnolo ai vescovi martedì 08 gennaio 2008 , di il Corriere della Sera
MADRID — Se il Vaticano ha cercato di mediare e di riportare la pace tra governo socialista e arcivescovi in Spagna, la missione per adesso è fallita.
L'incidente aperto il 30 dicembre dalle dichiarazioni degli arcivescovi di Madrid, Valencia e Toledo su divorzio, aborto e nozze gay alla manifestazione pubblica in difesa della famiglia tradizionale non è ancora chiuso. Il presidente José Luis Rodriguez Zapatero ha insistito che non accetterà interferenze: «Nessuno può imporre fede, morali o costumi — ha detto —, ma soltanto il rispetto delle leggi, che costituisce il dna della democrazia».
Zapatero aveva già assicurato una settimana fa che non intende modificare la legge sull'aborto, ma quel fronte si sta surriscaldando dopo le inchieste della magistratura sulla legittimità di varie interruzioni di gravidanza praticate dalla sanità privata in Catalogna. Da domani fino a sabato trenta cliniche spagnole hanno proclamato lo sciopero degli aborti, per protesta contro «la persecuzione e l'assedio» dei controlli. La legge spagnola consente l'interruzione volontaria dopo la 12esima settimana di gravidanza soltanto se sono a rischio la salute mentale e fisica della donna.
La tensione in Spagna tra il potere statale e quello ecclesiastico, a due mesi dalle elezioni politiche, rappresenta un terreno minato per il Partito socialista, ma anche per gli avversari del Partito popolare che, infatti, mantiene un basso profilo nella polemica.
Nota stampa. Grillini (socialisti). Vaticano. Celebrato decennale della morte di Ormando lo Ian Palach italiano della laicità.
Dieci anni fa in Vaticano, sotto il colonnato di Bernini, Alfredo Ormando si cospargeva di benzina e si immolava per protesta contro l'omofobia religiosa e clericale e la prepotenza della gerarchia cattolica nella nostra società.
Alfredo Ormando rappresenta in Italia per la laicità quello che ha rappresentato in Cecoslovacchia per la libertà Ian Palach.
A dieci anni di distanza le ragioni di quel gesto sono state confermate dalla pretesa vaticana di avere l'ultima parola su tutte le questioni che riguardano i diritti individuali e di libertà.
Mai come oggi è messa in discussione la laicità dello Stato e mai come oggi è necessaria una forte riscossa laica contro la pretesa vaticana di trasformare l'Italia in una teocrazia di fatto.
Per questo ritengo che abbiano ragione i docenti dell'Università di Roma La Sapienza a criticare la presenza papale nell'ateneo ed è per questo che sono intervenuto alla manifestazione di protesta davanti al Vaticano in ricordo di Ormando dove ho sottolineato la necessità di una forte resistenza laica, per rilanciare la battaglia sui diritti civili in Italia e sulle coppie di fatto, e per ricordare che in tutto il Mondo è il fanatismo delle religioni monoteiste, all'origine della sofferenza personale di migliaia di persone, che portano anche a gesti come quello di Alfredo Ormando.
On. Franco Grillini
Deputo socialista
venerdì 11 gennaio 2008
Matrimoni gay, unioni civili e diritto all’adozione. Non c’è candidato alle presidenziali americane che non sia stato chiamato ad esprimere un proprio parere su temi che coinvolgono la comunità omosessuale. Più o meno fedeli all’impostazione condivise in larga parte dai partiti cui appartengono, gli esponenti democratici e repubblicani in corsa per la Casa Bianca non esitano ad accentuare avversioni o ad ostentare aperture per conquistare un elettorato bersagliato da spot, slogan e sondaggi. La lunga maratona delle primarie diventa allora l’occasione per interpretare i timori dell’America più conservatrice o per ridare slancio al movimento dei diritti civili, intorpidito dall’avanzata di quella destra neocon artefice della rielezione di George W. Bush.
Tra cambiamento e continuità, democratici e repubblicani non possono esimersi da un confronto sul terreno dei diritti civili, presentando un’idea di società, di cui la comunità Lgbt è gioco-forza parte integrante. E se è facile individuare in candidati conservatori come il pastore battista Mike Huckabee la volontà di stigmatizzare l’aspirazione delle coppie omosessuali a vedersi riconosciuti gli stessi diritti di cui godono tutti gli altri cittadini, ricorrendo ad espressioni come “peccato” e “male”, più indefinito è il fronte liberal.
Da Hillary Clinton a Barack Obama, il senatore afroamericano che dilaga nei sondaggi e nelle previsioni di voto, fino al repubblicano Rudy Giuliani, le posizioni su temi-chiave come il matrimonio gay e il diritto all’adozione finiscono per uniformarsi e assomigliarsi.
Per l’ex first lady, su cui la comunità omosessuale ha sempre detto di puntare non senza qualche spaccatura al suo interno, le uniche unioni possibili sono quelle civili, diverse cioè dal matrimonio vero e proprio, ma purchè prevedano e garantiscano stessi diritti e pari dignità. Compresa la possibilità per le coppie omosessuali di adottare figli. Riconosciuto da tutti è poi l’impegno profuso dalla senatrice di New York per una legislazione che censuri discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale.
Un curriculum che non si discosta troppo da quello del suo rivale più tenuto, Obama, un cristiano che professa la non ingerenza delle proprie credenze religiose nell’attività politica. Non tanto da dirsi a favore dei matrimoni gay, ma sufficiente per farsi attore di una legislazione che metta al bando i crimini legati all’odio e sostenitore di unioni civili, adozioni e libero accesso nell’esercito. Sulla stessa scia anche l’ex senatore della North Carolina, quell’Edwards che aveva tentato in ticket con John Kerry di spodestare il presidente Bush al rinnovo del mandato, e Giuliani.
L’ex primo cittadino della Grande Mela disorienta un po’ il suo elettorato quando non sconta una vera e propria diffidenza per un atteggiamento giudicato troppo “liberal”. Eppure quella stessa America conservatrice che ha tentato di togliere dignità scientifica al darwinismo, non ha potuto fare altro che accettare un vice presidente padre di una lesbica dichiarata come Dick Cheney.
Tra i contendenti repubblicani, non emergono grandi differenze sostanziali tra il già citato Huckabee, forse il più colorito, il senatore dell’Arizona, John McCain, e l’ex governatore Romney. Proprio Romney si è trovato, suo malgrado, a prendere atto di un primato per lo stato da lui amministrato: il Massachusetts è stato infatti il primo a riconoscere e legalizzare i matrimoni gay. Strenuo oppositore di qualunque unione regolamentata tra persone dello stesso sesso, Romney, un mormone, si richiama ai valori della famiglia, considerata la colonna portante della società americana.
Quella stessa società, così variegata e composita, che sarà chiamata a designare l’uomo o la donna che guideranno gli Stati Uniti per i prossimi quattro anni. In casa democratica, cui guarda tradizionalmente la comunità omosessuale d’America, la sfida Clinton-Obama è tutta incentrata sulla contrapposizione tra esperienza e cambiamento. Dinamica che si accentua e che assume sempre di più i toni aspri da campagna elettorale.
Ad una Hillary fino a ieri a picco nei sondaggi e in rimonta dopo la sorpresa del New Hampshire, il senatore di Chicago aveva fatto sapere in modo polemico che la “Casa Bianca non è ereditaria”, alludendo alla presenza altalenante di due “casate”, i Clinton e i Bush, da vent’anni ai più alti incarichi politici. Nei giorni scorsi, era stata invece la senatrice di New York a stuzzicare il rivale, attaccandolo proprio sulla retorica del cambiamento, tante volte richiamata dal vincitore del caucus dell'Iowa nei suoi interventi. “La questione è come garantire il cambiamento, assicurandoci di nominare ed eleggere chi agisce e non chi parla soltanto, occorre iniziare a separare la retorica dalla realtà”. Stoccata cui Obama aveva replicato a stretto giro di posta: “Non abbiamo bisogno di leader che ci dicano cosa non possiamo fare, ma che credano in cosa possiamo ottenere”. Aspettando il “Super Tuesday”, il giorno in cui si terranno le primarie in almeno 22 stati, fissato al 5 febbraio prossimo, è facile prevedere nuovi duelli a distanza tra i due protagonisti di questa lunga ed estenuante maratona elettorale.
Alessandro Biccari
redazione@gay.tv
BARACK OBAMA VS HILLARY CLINTON: COSA NE PENSANO I DUE CANDIDATI DEMOCRATICI DEI DIRITTI LGBT?
Barack Obama è stato eletto nel '96 nello stato dell'Illinois come senatore dove è rimasto in carica per 8 anni; nel 2004 è stato eletto Senatore federale. Si è sempre attestato su posizioni liberali con la piena approvazione di associazioni come Planned Parenthood per il suo supporto alla pianificazione famigliare (meno figli, gravidanze pianificate e sostegno alle famiglie indigenti) e per il diritto all'aborto.
Per quanto riguarda gay e lesbiche Obama ha sempre appoggiato le legislazioni che impediscono le discriminazioni sulla base dell'orientamento sessuale. Chicago infatti è una delle città più evolute e liberali degli States, rubando a Boston e New York il titolo di città dove la comunità gay è più integrata nel tessuto sociale.
Human Rights Watch ha dato un voto di 89 su 100 sull'operato di Obama senatore a favore delle cause gay. In particolare, Obama ha sponsorizzato l'inserimento nella legge sui crimini d'odio anche i crimini basati sull'orientamento sessuale e l'identità di genere; ha sostenuto la legge federale che vieta la discriminazione sui luoghi di lavoro con clausole apposite contro la discriminazione verso gay lesbiche e trans. Inoltre, Obama si è sempre schierato per l'abolizione della don't ask don't tell, la politica che impedisce ai gay di servire apertamente nell esercito, a favore di una politica di piena accettazione basata sul comune patriottismo di chi serve nelle forze armate.
Per quanto riguarda matrimonio, unioni civili e adozione, Barack Obama si è dichiarato a favore dei pieni diritti di adozione delle persone gay e lesbiche al pari delle persone eterosessuali. Ma è contrario ai matrimoni gay per via del suo credo religioso cristiano, ma è a favore di unioni civili a livello statale, lasciando ogni stato libero di decidere se permetterle o meno. In particolare, come senatore ha votato contro il Federal Marriage Amendment e il Defense of Marriage Act, leggi introdotte da Clinton prima e Bush poi che restringono la definizione di coppia a un uomo e una donna.
"Lasciare alle coppie omosessuali una serie di diritti di base permette loro di vivere una vera relazione in un modo che non causa discriminazioni. E' il giusto equilibrio da cercare in questa società."
Hillary Clinton, senatrice di New York dal 2001, ha una lunga esperienza in campo politico che risale ai tempi della prima
amministrazione Clinton in cui tentò inutilmente di far passare una legislazione che rendeva l'assistenza medica universale e non più in base al reddito (attualmente chi può paga per le cure; i meno abbienti quindi altri non possono accedere al servizio sanitario). Human Rights Watch le ha dato un voto di 89 su 100 come senatrice degli States, criticandola però per l'appoggio dato alla guerra in Iraq.
In particolare, per quanto riguarda i gay nell'esercito Hillary valuta una questione di sicurezza nazionale l'abolizione della politica don't ask don't tell sponsorizzata a suo tempo dal marito. Per la discriminazione sul lavoro Hillary vuole una legge federale che vieti la discriminazione basata sull'orientamento sessuale e una che estenda al partner convivente i benefici previsti per gli impiegati federali. Inoltre, ha co-sponsorizzato una legge a favore dell'assistenza medica gratuita alle persone sieropositive con bassi redditi e una modifica al Local Law Enforcement Enhancement Act che prevede il passaggio a reato federale per gli episodi di violenza a causa di razza, colore, religione, nazionalità, orientamento sessuale o handicap della vittima.
Hillary non ha appoggiato le leggi che chiedevano pari diritti di immigrazione ai partners omosessuali stranieri di cittadini americani, come è gia previsto per le coppie etero. Ma è a favore dell'adozione per coppie gay e lesbiche e delle unioni civili ma ha appoggiato la legge del marito, il Defense of Marriage Act, che impedisce il riconoscimento federale dei matrimoni omosessuali. Ma in campagna elettorale, nel corso di un'intervista a 365gay.com, si è schierata a favore della piena civil partnership, nessun diritto escluso.
Giorgio Lazzarini
redazione@gay.tv
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mercoledì 2 gennaio 2008
Filmato che sintetizza il pensiero del papaboy
Filmato che sintetizza il pensiero del papaboy medio.
Per chi non lo sapesse i papaboys sono un preoccupante fenomeno sociale, secondo alcuni provocato dalla massiccia presenza del papa nei Tg.
I papaboys si muovono in greggi come le pecore, guidati solitamente da preti, attratti da un'ossessione per il papa che rasenta la morbosità sessuale. Sovente si ammucchiano nelle GMG, starnazzando in orribili canzoni frasi sconnesse di cui probabilmente non conoscono neppure il significato, dato lo scarso intelletto del papaboy indottrinato, che difficilmente supera quello di un pappagallo, a prescindere da sesso, razza e condizione sociale.
Il passatempo principale del papaboy, oltre che segregarsi in chiesa a leccare i piedi del clero, è quello di diffondere la linea politica del veticano. Inutile dire che al primo accenno di contraddittorio il papaboy fugge dal dibattito, sbottando frasi senza senso come "gesù piange" o "la fede non la si può mettere in dubbio" o "senza Dio sei vuoto" o "W il papa".
I loro siti internet hanno un effetto altamente purgante, rispecchiano in pieno la pochezza e inutilità della loro esistenza, volta esclusivamente a starnazzare in ogni circostanza la grandezza del pontefice, non diversamente da come la gioventù hitleriana faceva col Führer
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