da Berlino
NELLA FOTO
Christian Finckh, direttore del personale di Allianz.
Il nome di Allianz, il gruppo assicurativo più grande del mondo, non ha quasi bisogno di presentazioni. Non è dunque la ricerca di facile pubblicità la ragione che ha spinto il direttore del personale Christian Finckh, spalleggiato dal capo del gruppo Michael Diekmann, a inviare una email riservata ai rappresentanti del personale delle 30 principali imprese tedesche quotate in Borsa invitandoli a un confronto comune per affrontare l'ultimo tabù: le condizioni di lavoro delle minoranze sessuali all'interno delle aziende.
SULLA STAMPA LA LETTERA RISERVATA. La riservatezza è durata poco e il messaggio spedito con la posta elettronica è piombato anche nelle redazioni dei giornali. «Con lo slogan 'Insieme per ottenere di più' gli amministratori di Allianz intendono invitarla, assieme a rappresentanti del mondo politico, economico e sociale, a una discussione su una migliore integrazione di lesbiche, gay, bisessuali e transgender nel mondo del lavoro», è l'inizio della lettera ripubblicata testualmente sull'Handelsblatt, «e con questo vorremmo impegnarci per una sensibilizzazione verso queste persone e per dare una spinta verso un processo di cambiamento all'interno della cultura di impresa. Siamo certi che un tale impegno porti anche vantaggi economici a un'azienda».
Il gruppo assicurativo contro il tabù dell'omosessualità
NELLA FOTOMichael Diekmann, presidente del gruppo Allianz.
La proposta è stata accolta dai destinatari con un misto di curiosità e sorpresa. Ma il quotidiano anseatico, sempre sensibile a tastare il polso del mondo economico è certo: «Il più grande gruppo assicurativo mondiale è pubblicamente sceso in campo per frantumare l'ultimo tabù dell'economia tedesca; l'omosessualità, ma anche la trans e la bisessualità, sono ora nell'agenda di Allianz».
Vengono a galla così domande di enorme portata: si tratta di una nuova e contemporanea forma di cultura d'impresa? Oppure Allianz si spinge, in maniera sleale, a invadere la sfera privata dei propri dipendenti? E ancora: non si corre in questo modo il rischio, anche non intenzionale, di chiamare in causa la politica con la sua mania di regolamentazione?
IL COINVOLGIMENTO DELLE IMPRESE. Sono domande cui i rappresentanti delle imprese che Allianz vorrebbe coinvolgere hanno cominciato a farsi, dopo il primo momento di sorpresa.
La questione è stata ormai posta sul tappeto in modi clamorosi e il dibattito è già cominciato. «Un portavoce della Lufthansa ha osservato che gli orientamenti sessuali dei dipendenti non sono fatti che devono interessare i vertici di un'azienda», ha ripreso l'Handelsblatt, «e la stessa opinione è stata ascoltata dalle parti di Volskwagen: le preferenze sessuali dei collaboratori non giocano alcun ruolo da noi».
I DUBBI SULLA PROPOSTA. I destinatari della mail si sono mostrati dubbiosi se accettare o meno l'invito alla discussione di Allianz, che vorrebbe far partire l'iniziativa alla fine di settembre.
Il quotidiano economico ha raccolto altri commenti: «Un portavoce del gruppo commerciale Metro ha detto che la tutela e l'incoraggiamento delle minoranze sessuali è già parte della loro politica del personale e dunque si sta valutando quale ulteriore conoscenza possa venire dall'adesione al confronto, mentre il capo del personale della Eon, Regine Stachelhaus ha già deciso di inviare al tavolo un semplice dirigente di settore. Due altre aziende interpellate, la Eon e la Henkel si sono mantenute sul vago e anche dalla stessa Allianz non è venuto nessun commento, anche perché l'amministrazione è rimasta spiazzata dalla soffiata ai giornali».
La richiesta di sostegno al network Milk
NELLA FOTOJutta Rump, docente di direzione del personale alla Scuola superiore di scienze applicate di Ludwigshafen.
Il colosso assicurativo non intende muoversi da solo su questo terreno e ha chiesto la collaborazione di un network molto noto, Milk, impegnato da anni non solo nell'eliminazione degli svantaggi per le minoranze sessuali, ma soprattutto nell'individuazione dei meccanismi per favorirne l'ascesa.
«Il suo presidente Stuart Cameron ha sostenuto che il tema deve essere più presente in una cultura aziendale moderna», ha aggiunto l'Handelsblatt, «e gli attivisti sono sicuri di aver trovato in Allianz, un'impresa tradizionalmente conservatrice, il partner ideale per portare la questione allo scoperto».
IN AZIENDA CIRCA IL 7% DI OMOSEX. A differenza del dibattito sulle quote rosa in azienda, recentemente riportato alla ribalta politica dalla ministra Ursula von der Leyen, in questo caso una difficoltà è rappresentata dalla difficoltà di riferirsi a dati certi.
Nessun collaboratore è infatti obbligato a fornire indicazioni sul proprio orientamento sessuale. Ci si basa su pure stime, secondo le quali la quota di lavoratori omosessuali nelle aziende tedesche oscillerebbe tra il 5 e il 7% dell'intera forza lavoro. E nessun imprenditore contesta seriamente il fatto che essi debbano essere trattati in maniera uguale.
Non esistono indicazioni che rivelino, per esempio, salari più bassi ed è difficile anche indagare se ci siano disparità riguardo la carriera.
LA PAURA DI DISCRIMINAZIONI. Resta la considerazione che molti omosessuali evitano di dichiarare il proprio orientamento sessuale per paura di giudizi o discriminazioni. «E proprio tali discriminazioni», ha concluso Jutta Rump, docente di direzione del personale alla Scuola superiore di scienze applicate di Ludwigshafen, «o una sorta di riservatezza nell'approccio con i colleghi di lavoro omosessuali ha come conseguenza una perdita di produttività. E questo è un tema che dovrebbe interessare in primo luogo le aziende. Negli ultimi cinque-dieci anni, tuttavia, le condizioni di lavoro sono già migliorate».
Fonte:http://www.lettera43.it/attualita/22700/allianz-diritti-assicurati.htm
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