LA LIBERTA NON è UNO SPAZIO LIBERO… di Porpora Marcasciano


La liberta non è uno spazio libero….libertà è partecipazione cantava Gaber in tempi oramai remoti e, insieme a lui, noi lo ripetevamo in ritornello in un'epoca (sottolineo epoca) in cui era ben chiaro che la libertà, la liberazione, la nostra vita poggiavano sulla partecipazione, l'esatto contrario della delega. Partirei proprio dal senso e dal significato di delega e partecipazione Glt per leggere la realtà italiana…pardon Italica!

Il mondo Glt nostrano potrebbe essere rappresentato su tre livelli, quello delle persone con il loro complesso e variopinto mondo gaio, quello delle associazioni con la loro interpretazione del mondo e la conseguente fatica di cambiarlo, quello della politica che si fa o dovrebbe farsi portavoce degli altri livelli. Una perversa e contorta interpretazione di questi tre livelli e della loro relazione si è riflettuta negativamente su quello che si definisce "movimento" che, secondo la logica, dovrebbe includere e unire al suo interno persone, associazioni e rappresentanti. La tendenza del movimento Glt è stata però quella di allargare sempre di più lo spazio o il vuoto tra persone, associazioni e rappresentanza politica al punto che la stragrande maggioranza di trans, gay, lesbiche si sono estraniati, se ne sono lavate le mani delegando tutto, nella migliore delle ipotesi, alle associazioni. Nella "migliore delle ipotesi" perché molti e molte hanno invece dato la delega della loro liberazione a stilisti, discoteche e affini… Non mi soffermo oltre su questo mio vecchio cruccio, diventerei spietata! Le associazioni e i gruppi tra la soverchia di stilisti e discoteche da una parte e la decadenza della rappresentanza politica dall'altro, sbandano, scivolano… litigano! L'associazionismo Glt italiano ha scoperto il gioco, di cui sembra siano diventati tutti dipendenti, del killing circle che consiste nel mettersi in cerchio e sparare! Alla fine son tutti morti! E la rappresentanza politica (la nostra) intanto è stata spazzata via, in un attimo, come polvere.

Forse avevo dormito, mi ero distratta, ero troppo ingenua, ma dopo anni di impegno politico e sociale, il gioco perverso che ci ha portato a questa situazione mi è apparso più chiaro quando è nata Facciamo Breccia. Sotto gli attacchi ripetuti e violenti del Vaticano, da più parti si vedeva o si è voluto vedere, l'allarme che lanciava la Breccia come isteria o puro radicalismo piuttosto che un problema reale. Di fronte a un attacco come quello, programmato, deciso, chiaro contro i diritti e l'autodeterminazione, davo per scontato che, come succede per tutte le categorie del mondo i cui diritti/interessi siano attaccati, si rispondesse in maniera altrettanto decisa, chiara e soprattutto unita. Allora mi sono apparse chiare le dinamiche che avevano infiacchito il movimento, ho compreso a quel punto che la politica manovrava il movimento e non il contrario come giusto che fosse: in piazza non si scende perché siamo sotto campagna elettorale, in piazza non si scende perché gli equilibri in parlamento sono delicati, questa era la risposta! E il primo No Vat fu ridotto e visto come l'espressione delle frange estreme e antagoniste del movimento, intorno ad esso calò un evidente e programmato silenzio. Continuo a chiedermi se i diritti Glt calpestati, l'autodeterminazione negata, la laicità perduta erano frutto della nostra fantasia malata, del nostro voler stare sempre e comunque sulle barricate, della nostra mancanza di fiducia della delega politica? Continuo a chiedermelo alla luce di uno scenario radicalmente mutato, la cui evoluzione avevamo evidenziato da tanto. Da tanto, da sempre ho capito che i miei diritti non mi sono stati regalati, me li sono dovuti conquistare. Sono stata sempre altrettanto convint* che dopo averli conquistati bisognava difenderli e questo lo si fa solo con la partecipazione non delegando la loro difesa a qualcuno.

Ora che i topi sono usciti dalla fogne, disorientate (questa volta veramente) ci chiediamo cosa fare!?

Eravamo tutt* più o meno convinti/e che il passato con il suo carico di violenza, repressione, annullamento….di fascismo fosse sepolto per sempre. Eravamo convinti, anzi avevamo introiettato l'idea che l'umanità stesse risalendo la china in cui era stata cacciata per secoli e che tutti noi stessimo costruendo un mondo nuovo, la nostra vita… la sua qualità. Improvvisamente ci siamo svegliati in un paese che non riconosciamo più, in un paese che non ci riconosce più, a ben guardare potremmo dire un paese che non riconosce più se stesso. Un paese che sembra aver dimenticato l'atto della sua nascita: la Resistenza e la lotta di liberazione; un paese che ha dimenticato la sua storia: la Breccia di Porta Pia, l'indipendenza dallo stato Vaticano; un paese che ha dimenticato di stare in Europa: non in Padania, né in Iran, tantomeno in America. Del resto, di cosa stupirsi! Un paese cresciuto a pane e televisione (quella della peggior specie) perde facilmente la memoria, non può sapere, non può ricordare, perché una televisione come quella italiana, controllata e diretta da esperti comunicatori e seguita da milioni di passivissimi spettatori non può garantire una coscienza…lontanamente critica.

Come può un paese civile assistere nella sua televisione al linciaggio di "pericolosi Viados" con fascisti all'assalto e polizia compiacente!? Come può un paese restare in silenzio quando si parla dell'omicidio di Nicola a Verona o dello stupro di Lorena in Sicilia come di ragazzate. Come può un paese che racconta la sua storia non nominare mai la parola omosessuale quando si parla di deportazione e sterminio? Come si può permettere che le gerarchie vaticane (uno stato straniero) sparino a zero sui diritti di trans, gay, lesbiche, di offenderci, seminare odio nei nostri confronti, assistere muti alla violenza omofoba, allo scempio trans fobico per poi stupirsi quando succede l'irreparabile. Paese ipocrita. Che parla per mesi del family day pagato dai noi contribuenti e non dice nulla di un Pride (Giugno 2007) che porta in piazza il doppio della gente. Mi si perdonerà l' insistenza sulla televisione ma sono convinta che oggi in Italia sia il mezzo di comunicazione più potente. Quella televisione che propina a milioni di spettatori storie di preti, di santi o, in alternativa, quelle di una caserma di polizia o di carabinieri e, bene che va, un programma di quiz. Non mi chiedo più come mai i nostri diritti stanno a zero, il perché è fin troppo evidente. Mi chiedo come mai non c'è stata ancora un minimo di autocritica (da parte di tutti) rispetto alla logica della delega che il movimento Glt italiano ha seguito per tanto tempo. Mi chiedo come mai

c'è ancora chi non ha capito la differenza. E a chi si ostina a dire che si può essere trans, gay, lesbiche di destra, mi piacerebbe che questo lo spiegasse….argomentandolo. Mi piacerebbe nello spirito di Stonewall, che non era uno spazio libero ma uno spazio liberato, si "partecipasse" al Pride in migliaia, in milioni con la coscienza di essere tant*, partecipi della nostra favolosità!

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