17 Dicembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle sex workers


Il 17 dicembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle sex workers – Anche io sono una puttana



Care ragazze,
copio e incollo (che adesso si può dire anche “condivido”) dal blog, Femminismo a Sud, delle cattive ragazze, tutte carissime, che vanno dappertutto, anche in paradiso.

Se ancora non lo conoscete, v’invito a farlo. Non lo lascerete più.
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Giovedì 17 dicembre 2009

Giornata Mondiale contro la violenza sulle Sex Workers

In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle Sex Workers, che si celebra ogni anno il 17 dicembre, il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, l’Associazione La Strega da Bruciare e l’Associazione Radicale Certi Diritti, terranno presso la sede dei radicali, in

Via di Torre Argentina, 76 – Roma (III° Piano)
dalle ore 15, una Conferenza Stampa –
Incontro Pubblico sulla condizione delle prostitute in Italia e sui temi relativi alle proposte di regolamentazione della prostituzione.

Troppo spesso l’omicidio o la violenza su una Sex Worker viene indagato in maniera superficiale e priva di autentica indignazione. La condanna morale, la stigmatizzazione e la mancanza di riconoscimento del lavoro sessuale ha portato ad una generalizzata criminalizzazione di chi ha scelto questa attività anche se non infrange nessuna legge.

Questo impedisce di avere il controllo sul proprio lavoro e sulla propria vita, ci mette al margine della società e ci espone a rappresaglie e violenze inaudite. Questo diventa un terreno fertile su cui crescono sfruttamento incontrollato, abuso e costrizione, orari di lavoro inaccettabili, condizioni di lavoro insalubri, ripartizione ingiusta dei guadagni e irragionevoli restrizioni della libertà di movimento

Parlare di prostituzione e sex work in Italia è una faccenda veramente spinosa, tutti e tutte quelle che ne parlano sembrano “non sapere nulla di ciò di cui si sta parlando”. Come se fossero investiti/e da un senso di legittimità diffusa a dire la propria, per altre/i, sulle loro spalle, senza pensare di interpellarle/i. Presupponendo che questi/e ultimi/e non abbiano una voce.

E allora è stata prodotta una spilletta “anche io sono una puttana”, riprendendola da un collettivo di donne catalane. Piaceva questo slogan perché dava visibilità alla consapevolezza delle lavoratrici del sesso, al loro orgoglio di essere tali e al loro deciso rifiuto della “vergogna” comunemente associata al mestiere. Perché alludeva alla necessità di non nascondersi, di non fare il gioco della doppia morale. Ma, al contempo, quello che ci affascinava, era il fatto di poter portare addosso quell’”epiteto” che ancora oggi – tutte le donne sanno – corrisponde ad un’offesa. “Puttana”, ben lungi da designare una professione, è innanzitutto qualcuna che “la da’ via”. Il sottotesto, ci fosse bisogno di spiegarlo, è che la cosa peggiore che una donna puo’ fare, è avere una vita sessuale di cui disporre liberamente.

E allora il cerchio si chiude, siamo da capo, e ripartiamo da qui: se FARE la puttana è un lavoro, chi lo fa deve poter emergere come tale. Se puttane siamo tutte (perche’ tutte vogliamo disporre liberamente della nostra vita sessuale) bene, allora: eccoci!

SIAMO TUTT* PUTTANE

Vanessa Mazza

sito:http://femminismo-a-sud.noblogs.org/

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