LA TRANSESSUALITA' non è più classificata dall'Oms come malattia mentale.


Nel mese dell’orgoglio LGBT, l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, da un motivo in più per festeggiare e toglie la transessualità dalla lista delle malattie mentali.

La decisione dell'Oms è stata accolta con gioia dalle organizzazioni che da tempo si battono per vedere riconosciuti i diritti dei transessuali: è "l'equivalente di aver tolto l'omosessualità dai disordini psichiatrici, è una pietra miliare", ha commentato Sally Goldner dell'australiana TransGender Victoria. Un passo in avanti che aiuterà a combattere lo stigma e la transfobia, ha aggiunto, sottolineando che "non si può più dire che è un disordine mentale: c'è l'Oms che dice di no, che è solo parte della diversità umana e deve essere trattata con rispetto".


La classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi di salute correlati appena presentata dall'Organizzazione mondiale della sanità, andava necessariamente riveduta e corretta e dopo diciotto anni la nuova edizione, l'undicesima, ha visto finalmente la luce. Anche se dopo la presentazione alla prossima Assemblea generale dell'Oms, sarà ufficialmente in vigore "solo" nel 2022, per essere recepita con modalità differenziate dai singoli Stati membri. L'ICD-10, rilasciato nel 1990, fu recepito dalla Tailandia solo nel 1994


La svolta sulle persone transgender. Dopo un lavoro molto complesso, durato oltre dieci anni, l'ICD-11 è un "manuale" decisamente nuovo. Intanto perché è completamente elettronico, e questo ne agevola la consultazione e l'uso. Ma soprattutto perché registra svolte epocali: come lo spostamento dell'incongruenza di genere dai codici relativi ai disturbi mentali a quelli sulle condizioni di salute sessuale. «La logica - spiegano dall'Oms - è che mentre le prove sono ora chiare sul fatto che non si tratta di un disturbo mentale, classificazione che può causare uno stigma enorme per le persone transgender, restano significative esigenze di assistenza sanitaria che possono essere soddisfatte meglio se la condizione è classificata sotto l'Icd». No allo stigma, quindi; sì a una migliore presa in carico. Anche perché proprio per le condizioni di salute mentale «i codici ICD sono particolarmente importanti, «in quanto è uno strumento diagnostico». La transessualità - ha spiegato Lale Lay, coordinatrice del team che gestisce le problematiche di adolescenti e popolazioni a rischio - è stata inserita in un capitolo di nuova creazione, per dare spazio a condizioni legate alla salute sessuale e che non necessariamente hanno a che fare con altre situazioni codificate nell'ICD».



Secondo quanto riportato su tgcom24.mediaset.it, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato:

«L'incongruenza di genere è stata rimossa dalla categoria dei disordini mentali dell'International Classification of Diseases per essere inserita in un nuovo capitolo delle “condizioni di salute sessuale”».

L’Oms ha anche aggiunto:
«è ormai chiaro che non si tratti di una malattia mentale e classificarla come tale può causare un'enorme stigmatizzazione per le trnpersone transgender».

Sono trascorsi quasi trent’anni da quando l’omosessualità è stata rimossa dalla “enciclopedia delle malattie” stilata dall’Organizzazione mondiale della sanità. Un momento storico, quello del 17 maggio 1990, che ha aperto la strada a un lungo percorso (ancora incompiuto) di conquiste nel campo dei diritti della persona. E che si ripete oggi, con la decisione dell’Oms di rimuovere la transessualità dalla categoria dei disordini mentali dell’International classification of diseases(Icd).

La decisione dell’Oms è stata accolta con favore dalle associazioni Lgbtqi, come Arcigay, che ora chiede una “necessaria revisione dell’attuale normativa italiana, per una semplificazione delle procedure ed il rispetto del principio di autodeterminazione della persona“. Secondo il segretario nazionale di Arcigay Gabriele Piazzoni, inoltre, “da oggi chiunque dovrà adeguarsi alla verità scientifica: la transessualità non è una malattia ma una possibilità, libera e legittima, come abbiamo sempre sostenuto”. A parlare è anche l’attivista Lgbt ed ex parlamentare Vladimir Luxuria: “È un segnale positivo che fa capire che chi è a disagio con il proprio corpo anagrafico e lo modifica per armonizzarlo alla sua mente non è un disturbato ma una persona che ha diritto a pari opportunità affettive e lavorative”.
Il termine ‘transessuale’ fu coniato nella prima volta 1949 dal dottor David Cauldwell, ma è diventato di uso comune soltanto in seguito alla pubblicazione del libro ‘Il fenomeno transessuale’ ( The transsexual phenomenon ) da parte di Harry Benjamin ( sessuologo ed endocrinologo ). Negli anni precedenti alla coniazione e all’avvio degli studi sulla transessualità, essa era considerata una malattia da cui si poteva guarire con un percorso di psicoterapia e tramite un accanimento “terapeutico”: alle persone che presentavano situazioni di disforia ( un alterazione dell’umore in senso depressivo ) nei confronti del proprio sesso, venivano somministrati, in maniera ripetuta, ormoni del proprio sesso genetico. Solo in seguito a numerosi casi di tentativi di suicidio, registrati dopo questi accanimenti “terapeutici”, si cominciò a studiare la transessualità

Fu il sessuolo ed endocrinologo Harry Benjamin ad ipotizzare per primo che la persona transessuale dovesse ricevere un supporto psicologico e psichiatrico per affrontare correttamente le terapie endocrinologiche e chirurgiche e concludere in sicurezza il percorso di transizione di genere.

La nuova Classificazione Internazionale delle Malattie, che sarà effettiva dal gennaio 2022, oltre a sdoganare l’idea pregressa sugli individui transgender e ad aumentare l’accettazione sociale degli stessi, mira anche a fornire quanto più supporto possibile a chi decide di intraprendere un percorso di transizione garantendo loro l’accesso agli adeguati trattamenti sanitari.

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