Monsinor Charamsa, ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede fa coming out e gela il Vaticano: «Voglio scuotere questa mia Chiesa. So che ne pagherò le conseguenze: l'amore omosessuale è un amore familiare, aprano gli occhi»

Sabato 03/10/2015, a meno di 24 ore dall'inizio del Sinodo dei vescovi sulla famiglia monsignor Krzysztof Olaf Charamsa, 43 anni, polacco e teologo di primo piano nella Congregazione per la dottrina della fede, ha fatto coming out: " Sono un gay felice e ho un compagno". Immediata e durissima la reazione della Santa Sede. Il monsignore è stato subito allontanato dal suo incarico in Vaticano e ora rischia un processo canonico nella sua diocesi di Pelplin in Polonia che prevede come pena massima la riduzione allo stato laicale.

Charamsa , sacerdote dal 1997, è dal 2003 ufficiale della Congregazione per la dottrina della fede, quando il prefetto dell’ex Sant’Uffizio era ancora il cardinale Joseph Ratzinger, nonché segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale vaticana e professore alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum. Un canonista di primissimo livello, dunque, con un curriculum prestigioso. Alla vigilia del Sinodo, che dal 4 al 25 ottobre prossimi dovrà valutare l’accesso alla comunione per i divorziati risposati ma anche le eventuale aperture per i gay.

«Voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità. Sono pronto a pagarne le conseguenze, ma è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l’astinenza totale dalla vita d’amore, è disumana». Monsignor Krzysztof Charamsa, lo dice con un sorriso serio e pacato. ha detto al quotidiano italiano Corriere della Sera.



Oggi monsignor Charamsa sarà a Roma alla prima assemblea internazionale dei cattolici lgbt organizzata dal Global Network of Rainbow Catholics alla vigilia del Sinodo sulla famiglia, per sostenere il dialogo sui gay cattolici.«Dedico il mio coming out ai tantissimi sacerdoti omosessuali che non hanno la forza di uscire dall'armadio, alla fantastica comunità gay, lesbica e transessuale che chiede il rispetto vicendevole dei diritti»

«S. Uffizio il cuore dell'omofobia»

Alla domanda se ci siano «tantissimi» gay anche in Vaticano ha annuito, commentando: «In ogni società di soli uomini ci sono più gay che nel mondo come tale». Ha aggiunto: «Devo parlare di ciò che ho subito al S.Uffizio, che è il cuore dell'omofobia della Chiesa cattolica, un'omofobia esasperata e paranoica». Monsignor Krzysztof Charamsa non si stupisce della decisione della Chiesa di rimuoverlo dagli incarichi e si dice «cosciente della gravità della mia decisione e delle sue conseguenze». «Il Vaticano dice che il mio non è un stato un gesto responsabile? E invece è stato un gesto di piena responsabilità», ha sottolineato. «Se vogliono sbattermi fuori dalla porta, non posso che prenderne atto». Ma questo non significa un allontanamento dalla Chiesa: «La Chiesa mi ha dato molto- ha detto il presule - Amo la mia Chiesa e la ringrazio per il bene che mi ha dato».


Perché ha deciso di fare coming out?
«Arriva un giorno che qualcosa si rompe dentro di te, non ne puoi più. Da solo mi sarei perso nell'incubo della mia omosessualità negata, ma Dio non ci lascia mai soli. E credo che mi abbia portato a fare ora questa scelta esistenziale così forte - forte per le sue conseguenze, ma dovrebbe essere la più semplice per ogni omosessuale, la premessa per vivere coerentemente - perché siamo già in ritardo e non è possibile aspettare altri cinquant'anni. Dunque dico alla Chiesa chi sono. Lo faccio per me, per la mia comunità, per la Chiesa. È anche mio dovere nei confronti della comunità delle minoranze sessuali». 


Cosa pensa di ottenere?
«Mi pare che nella Chiesa non conosciamo l’omosessualità perché non conosciamo gli omosessuali. Li abbiamo da tutte le parti, ma non li abbiamo mai guardati negli occhi, perché di rado essi dicono chi sono. Vorrei con la mia storia scuotere un po’ la coscienza di questa mia Chiesa. Al Santo Padre rivelerò personalmente la mia identità con una lettera. E comunicherò chi sono alle università romane dove insegno: con mio grande dolore è probabile che non potrò più lavorare nella scuola cattolica».

Lo fa alla vigilia del Sinodo sulla famiglia, che inizia domani in Vaticano.
«Sì, vorrei dire al Sinodo che l’amore omosessuale è un amore familiare, che ha bisogno della famiglia. Ogni persona, anche i gay, le lesbiche o i transessuali, porta nel cuore un desiderio di amore e familiarità. Ogni persona ha diritto all'amore e quell'amore deve esser protetto dalla società, dalle leggi. Ma soprattutto deve essere curato dalla Chiesa. Il Cristianesimo è la religione dell’amore: è ciò che caratterizza il Gesù che noi portiamo al mondo. Una coppia di lesbiche o di omosessuali deve poter dire alla propria Chiesa: noi ci amiamo secondo la nostra natura e questo bene del nostro amore lo offriamo agli altri, perché è un fatto pubblico, non privato, e non è una ricerca esasperata del piacere».

Questa però non è la concezione della Chiesa.
«No, non sono posizioni dell’attuale dottrina della Chiesa, ma sono presenti nella ricerca teologica. In quella cristiana in modo ponderoso, ma abbiamo anche ottimi teologi cattolici che su questi aspetti producono contributi importanti».

Il Catechismo cattolico sulla base della lettura biblica definisce l’omosessualità come una tendenza «intrinsecamente disordinata»...
«La Bibbia non parla mai di omosessualità. Parla invece degli atti che io definirei “omogenitali”. Possono essere compiuti anche da persone eterosessuali, come succede in molte prigioni. In questo senso potrebbero essere un momento di infedeltà alla propria natura e quindi un peccato. Quegli stessi atti compiuti da una persona omosessuale esprimono invece la sua natura. Il sodomita biblico non ha niente a che fare con due omosessuali che oggi in Italia si amano e vogliono sposarsi. Non trovo nella scrittura nemmeno una pagina, neanche in San Paolo, che possa riferirsi alle persone omosessuali che chiedono di essere rispettate nel loro orientamento, un concetto sconosciuto all'epoca».

La dottrina cattolica esclude dal sacerdozio i gay: lei come ha potuto diventarlo?

«È una regola introdotta nel 2005 quando io ero già sacerdote, e che vale solo per le nuove ordinazioni. Per me è stato un trauma. Prima non era così e credo che sia un errore da correggere». 

Lei ha sempre saputo di essere gay?
«Sì, ma all'inizio non lo accettavo, mi sono sottomesso con pignoleria zelante all'insegnamento della Chiesa e al vissuto che mi imponeva: il principio che “l’omosessualità non esiste”. E se c’è va distrutta». 

Come è passato dal rifiuto alla «felicità» di essere gay?
«Studiando, pregando e riflettendo su di me. Sono stati fondamentali il dialogo con Dio e il confronto con la teologia, la filosofia, la scienza. Adesso, poi, ho un compagno che mi ha aiutato a trasformare le ultime paure nella forza d’amore». 

Un compagno? Questo non è ancora più inconciliabile con il sacerdozio cattolico?
«So che la Chiesa mi vedrà come qualcuno che non ha saputo mantenere una promessa, che si è perso e per di più non con una donna, ma con un uomo! E so anche che dovrò rinunciare al ministero, che pure è tutta la mia vita. Ma non lo faccio per poter vivere con il mio compagno. Questa è una decisione molto più ampia che nasce dalla riflessione sul pensiero della Chiesa». 

Cioè?
«Se non fossi trasparente, se non mi accettassi, non potrei comunque essere un buon sacerdote perché non potrei fare da tramite alla felicità di Dio. Penso che su questi temi la Chiesa sia in ritardo rispetto alle conoscenze che ha raggiunto l’umanità. È già successo in passato: ma se si è in ritardo sull'astronomia le conseguenze non sono così pesanti come quando il ritardo riguarda qualcosa che tocca la parte più intima delle persone. La Chiesa deve sapere che non sta raccogliendo la sfida dei tempi».

La lettera a Papa Francesco

Papa Francesco viene definito «fantastico» perché «ci ha fatto riscoprire la bellezza del dialogo, non dialogavamo. Ora il sinodo sulla famiglia sia davvero di tutte le famiglie e nessuna sia esclusa». Krysztof Charamsa chiede al papa anche di modificare il catechismo e afferma che informerà personalmente il pontefice: «Devo ancora consegnargli la lettera».
 

Papa Francisco aprirà questa Domenica uno secondo sinodo sulla famiglia, dove si discuterà il tema dell'omosessualità. Il tema divide profondamente la Chiesa Cattolica, per altre e una questione di disturbo che deve essere combattuta, mentre altri credono che sia una realtà che deve essere preso in considerazione.


Il Vaticano ha confermato che papa Francisco ha incontrato un vecchio amico gay e il suo compagno durante la sua visita a Washington, un incontro che ha avuto luogo un giorno prima che il pontefice incontrasi in segreto con Kim Davis, la funzionaria municipale della Contea di Rowan, in Kentucky, diventata icona del mondo conservatore cattolico per essersi rifiutata di celebrare unioni omosessuali nella contea americana e, per questo, aver trascorso cinque giorni in prigione. Il Vaticano ha detto in una dichiarazione precedente che questo incontro con Davis non deve essere interpretata come sostegno per la sua posizione su questo tema controverso.




Il canale di notizie americano CNN è stato il primo a segnalare l'incontro e ha pubblicato un video in cui il papa e il suo vecchio amico Yayo Grassi si abbracciano calorosamente il 23 settembre presso l'Ambasciata del Vaticano a Washington.

E 'stato un gesto affettuoso tipico del Pontefice, ma anche pieno di simbolismo, alla vigilia della riunione dei vescovi.

In una dichiarazione, il portavoce vaticano ha detto che l'incontro del Papa e Grassi era personale.

Yayo Grassi, e apertamente gay, e nell'occasione ha portato il suo compagno, Iwan Bagus, nonché molti altri amici all'ambasciata del Vaticano il 23 settembre per una breve visita con il Papa. Un video dell'incontro mostra Grassi e Francesco salutandosi con un caloroso abbraccio. In un'intervista esclusiva con la CNN, Grassi ha detto che la visita è stata organizzata personalmente con il Papa via e-mail "Tre settimane prima del viaggio, mi ha chiamato al telefono e ha detto che gli sarebbe piaciuto darmi un abbraccio", ha detto Grassi.

Ha anche detto che il Papa sempre saputo che era gay, ma mai condannato il loro orientamento sessuale o della loro relazione omosessuale.

"Non è mai stato giudicante", ha detto Grassi. "Non ha mai detto qualcosa di negativo".

Papa Francesco è stato elogiato per cambiare il tono di condanna dell'omosessualità che la Chiesa cercava un approccio più compressibile. Questa nuova prospettiva è riassunta nella sua famosa dichiarazione del  2013  sul gay: "Chi sono io per giudicare".


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