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domenica 31 agosto 2025

Matrimoni gay, cronologia dei diritti LGBT


La legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso è un fenomeno in crescita e la mappa dei paesi che lo riconoscono include, al momento della stesura (gennaio 2025), gran parte dell'Europa occidentale e meridionale (come Spagna, Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Portogallo, Irlanda, Grecia, Malta), oltre a diversi paesi extra-europei, tra cui Australia, Canada, Stati Uniti, e alcuni in Asia come Taiwan e Thailandia. Questa lista non è esaustiva e la situazione è in continua evoluzione, con la legalizzazione che si estende gradualmente a nuovi paesi.

Ecco alcuni dei paesi dove il matrimonio omosessuale è legale:
In Europa:
Andorra, Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito.

Fuori dall'Europa:
Australia, Canada, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Brasile, Argentina, Colombia, Ecuador, Taiwan, Nepal, Thailandia e Sudafrica, tra gli altri.

È importante notare che la situazione cambia frequentemente, con nuovi paesi che legalizzano il matrimonio tra persone dello stesso sesso nel corso del tempo. I primi 15 a garantire questo diritto hanno aperto la strada a profondi cambiamenti, che vanno dal riconoscimento formale delle famiglie all'anagrafe alla protezione in settori essenziali come la sanità, l'eredità, la previdenza sociale, i documenti dei figli e la sicurezza giuridica.

Prima della legalizzazione, le coppie LGBTQ+ dovevano affrontare una serie di situazioni di fragilità: figli che non potevano essere registrati con il nome di entrambi i genitori o di entrambe le madri, eredità contestate, rifiuto della copertura sanitaria e persino restrizioni alle visite in ospedale in situazioni di emergenza.

Con la conquista del matrimonio egualitario, questi ostacoli hanno iniziato a essere superati.

La legislazione há iniziato a garantire dignità, cittadinanza e protezione alle famiglie LGBTQ+, riconoscendo che il diritto di amare e di costituire una famiglia non deve essere visto come un privilégio, ma come un diritto umano fondamentale.


Olanda. È il primo Paese europeo che nel 2001 legalizza il matrimonio civile per le coppie dello stesso sesso, equiparandole nei diritti e nei doveri in tutto e per tutto alle coppie eterosessuali, adozioni incluse.







Francia. Ad aprile 2013 l’Assemblea Nazionale francese vota a maggioranza la legge che legalizza le nozze gay e riconosce il diritto alle adozioni per le coppie omosessuali. Il 29 maggio dello stesso anno a Montpellier si è celebrato il primo matrimonio gay della quinta Republique francese.




Danimarca. Copenhagen vanta la medaglia d’oro dei diritti gay, essendo stato il primo paese al mondo ad avere autorizzato le unioni civili tra omosessuali nel 1989. A giugno 2012 è arrivato anche il via libera per i matrimoni gay davanti alla chiesa luterana.

Spagna. Con il governo socialista di Zapatero nel 2005 la “cattolicissima” Spagna legalizza i matrimoni gay. Per quanto riguarda la legislazione sulle adozioni, tutte le coppie (etero e omosessuali) anche se non sposate possono adottare bambini.

Svezia. Qui è arrivata prima la possibilità di adottare (nel 2003) e poi la legalizzazione dei matrimoni omosessuali, sia civili che religiosi, nel 2009.


Norvegia. Dall’inizio del 2009 coppie gay ed etero hanno gli stessi diritti e doveri in materia di matrimonio, procreazione assistita e adozioni.








Islanda. I matrimoni omosessuali sono legali dal 2010, mentre le adozioni da quattro anni prima.









Belgio. Nel 2003 re Alberto II firma la legge che legalizza i matrimoni omosessuali. Tre anni dopo, nel 2006, arriva anche il sì alle adozioni per le coppie gay.










Finlandia. Il 28 novembre 2014 il Parlamento di Helsinki ha approvato la legge che regola le nozze gay. Anche le adozioni diventano legali nello stesso anno mentre le unioni civili e adozione dei figli del partner erano già possibili dal 2002.




Repubblica Ceca, Svizzera e Irlanda. Riconoscono le unioni civili di coppie dello stesso sesso.

Lussemburgo. Approvata a giugno 2014 la legge sui matrimoni gay e’ entrata in vigore il 1 gennaio 2015.

Slovenia. Il 4 marzo 2015 il Parlamento sloveno ha approvato un emendamento alla legge sui matrimoni e la fam

Germania. Dal giugno 2017 Berlino dà il via libera ai matrimoni gay. Approvata a maggioranza con 393 voti a favore e 226 contrari la legge che garantisce pari dignità alle nozze tra persone eterossessuali e omosessuali, ha visto contrario il voto della cancelliera Merkel si è espressa per il no, ma ha lasciato libertà di voto ai deputati della coalizione.

Berlino riconosce le unioni civili tra omosessuali e sta dibattendo sulla completa equiparazione fiscale tra coppie etero e gay. Il Bundestag discute anche cambiamenti in materia di adozioni. Ma è possibile che tutto resti fermo fino alle elezioni politiche che si terranno a ottobre di quest’anno.

Portogallo. Nel 2010 Lisbona abolisce ogni riferimento a differenze di sesso nella legge che regola la fattispecie dei matrimoni. È il sesto Paese europeo a legalizzare le nozze gay e l’ottavo nel mondo. Ma a oggi i gay non hanno accesso alle adozioni. 

Gran Bretagna. C’è fermento e attesa tra i gay del Regno Unito. Il 4 giugno di quest’anno la Camera dei Lord ha approvato il disegno di legge sui matrimoni omosessuali, che già aveva ricevuto il via libera dei Comuni. Le coppie gay sono a un passo dal coronamento del loro sogno. Formalmente la legge deve passare un’altra lettura e poi potrà essere firmata dalla Regina.


Stati Uniti e Canada
Canada. I primi due matrimoni gay si celebrano nel 2001, ma bisogna arrivare al 2005 per una legge che legalizzi le unioni tra coppie omosessuali.

Stati Uniti. Il matrimonio tra coppie dello stesso sesso è legalmente riconosciuto in molte giurisdizioni americane. Gli Stati che approvano le unioni omosessuali sono 37 Stati. Non solo. Corti locali hanno poi riconosciuto le unioni tra omosessuali sulla base di singole istanze presentate nei tribunali.

America Latina
Argentina. A luglio del 2010 Buenos Aires si aggiudica la palma di prima capitale sudamericana a legalizzare i matrimoni e le adozioni gay.

Uruguay. Ad aprile 2013 è il secondo Paese dell’America Latina a legalizzare le nozze tra coppie omosessuali.

Messico. I gay possono sposarsi solo nella capitale, a Città del Messico, mentre tutti gli altri Stati si riservano la libertà di legiferare in materia. 

Colombia. Bogotà riconosce le unioni civili tra omosessuali.

Brasile. Il riconoscimento dei matrimoni gay in Brasile inizia nel 2012 e tocca diverse giurisdizioni. Nel 2013 la Corte Suprema sancisce l’estensione della legalizzazione dei matrimoni tra coppie dello stesso sesso a tutto il Paese.

Australia e Nuova Zelanda
Australia. L’Australia non riconosce i matrimoni gay, ma è pendente una proposta del partito Laburista che nel 2011 ha chiesto un referendum in materia, incontrando la netta opposizione del partito Liberale. Alcuni Stati australiani però autorizzano le unioni omosessuali. Nel 2010 la Tasmania è stato il primo Stato australiano a riconoscere legalmente le nozze celebrate in altre giurisdizioni, anche se solo de facto.

Nuova Zelanda. Il 19 agosto 2013 è entrata in vigore la legge che riconosce il matrimonio tra coppie dello stesso sesso.

Africa
Sudafrica. Pretoria è la prima capitale del continente africano e il secondo Paese nel mondo al di fuori dell’Europa che nel 2006 riconosce i matrimoni omosessuali, dopo averne precedentemente riconosciuto le unioni civili.

Asia
Nepal. Dal 2008 si dibatte sulla legalizzazione dei matrimoni gay, da inserire nella nuova Costituzione del Paese, che però non è ancora stata approvata.

Taiwan. L’Alta Corte di Taipei ha chiesto al Consiglio dei Grandi Giudici di pronunciarsi in materia di matrimoni omosessuali, ma finora i giudici non si sono pronunciati. 

Tuttavia, è necessario ricordare che la discriminazione continua ad essere presente, soprattutto nei confronti delle nuove famiglie LGBTQ+ con figli, che continuano ad affrontare sfide per il pieno riconoscimento dei loro diritti e per vivere con uguaglianza e sicurezza.

La Germania vieta la bandiera dell'orgoglio nel parlamento, ma Berlino risponde con una gigantesca marcia


A maggio, la presidente del Bundestag (il Parlamento federale tedesco) Julia Klöckner ha annunciato che durante il mese dell'Orgoglio non sarebbe stato permesso issare la bandiera arcobaleno sull'edificio del Parlamento tedesco, definendola una “manifestazione politica”. Il cancelliere Friedrich Merz ha appoggiato la misura, affermando che il Bundestag “non è un tendone da circo” dove può sventolare qualsiasi bandiera.


La decisione, interpretata come un cenno di approvazione nei confronti dei settori di estrema destra, ha suscitato una massiccia partecipazione al Christopher Street Day di Berlino, una delle più grandi celebrazioni dell'Orgullo in Europa. Gli organizzatori stimano che l'affluenza abbia superato quella degli anni precedenti, a difesa dei diritti LGBTIQA+.


Al contrario, una contro-manifestazione di estrema destra ha riunito appena tra le 30 e le 50 persone, con diversi arresti per porto di armi o simboli nazisti. Quest'anno, gruppi di estrema destra e il partito Alternativa per la Germania (AfD) hanno promosso lo “Stolzmonat” (“Mese dell'Orgoglio Eterosessuale”) come campagna anti-LGBTIQA+, approfittando degli eventi per reclutare simpatizzanti.


Nonostante le minacce e le proteste, in tutta la Germania si svolgono più di 200 attività legate al Pride, dimostrando che il divieto della bandiera non è riuscito a frenare la visibilità e il sostegno alla diversità.

La nuova legge tedesca

Dal 1° novembre 2024 per le persone trans, intersessuali e non binarie, in Germania sarà più facile cambiare l'indicazione del proprio genere sui documenti che potrà essere: “maschile”, “femminile”, “diverso” o rimanere senza indicazione, e sarà altrettanto facile cambiare anche il proprio nome.

Fonte:https://www.lgbtqnation.com/

Preoccupazione in Argentina: i crimini d'odio contro le persone LGBT sono aumentati del 70%

I crimini d'odio contro le persone LGBT+ in Argentina sono aumentati del 70% nel primo semestre del 2025 rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, secondo l'ultimo rapporto dell'Osservatorio Nazionale sui Crimini d'Odio LGBT+. L'organismo ha registrato 102 casi tra gennaio e giugno, contro i 60 registrati nel 2024.


Lo studio rivela che le donne trans continuano ad essere il gruppo più colpito: concentrano il 70,6% degli attacchi (72 casi). Seguono i maschi gay cis (16,7), le lesbiche (6,9), i maschi trans (4,9) e le persone non binarie (1).


Sul totale dei casi, 17 hanno riguardato violazioni del diritto alla vita, inclusi omicidi, suicidi e morti legate alla violenza strutturale che colpisce sistematicamente le persone LGBT+, in particolare le donne trans. Il resto degli episodi (85) era legato a violenze fisiche e attentati all'integrità che non hanno portato alla morte, ma includevano tentativi di suicidio.


Il rapporto sottolinea che il 52,9% delle morti registrate riguardava donne trans, il che conferma, secondo gli autori, che questo gruppo è il bersaglio più ricorrente della violenza strutturale e sociale nel Paese.


La fascia d'età più colpita da questi crimini è quella tra i 20 e i 29 anni, che rappresenta quasi la metà dei casi. Questo dato rafforza la vulnerabilità dei giovani LGBT+ in contesti di discriminazione, esclusione dal mondo del lavoro e mancanza di accesso ai diritti fondamentali.


Il ruolo dello Stato e delle forze dell'ordine


Uno dei punti più allarmanti del rapporto è che nel 64,7% dei casi la responsabilità ricadeva sullo Stato. In 54 casi, gli atti di violenza sono stati perpetrati direttamente dalle forze dell'ordine, mentre in 12 casi la responsabilità ricadeva su altri enti statali per azione o omissione.


“ Lontano dal fornire protezione, lo Stato appare come uno dei principali agenti che perpetrano la violenza nei confronti della diversità sessuale”, sostiene il documento.


L'aumento dei crimini d'odio in Argentina riflette una tendenza preoccupante nella regione, dove gli attivisti mettono in guardia contro l'avanzata dei discorsi anti-diritti e la mancanza di politiche pubbliche efficaci per l'inclusione e la protezione delle diversità sessuali.


“Quello che è successo a una nostra compagna domani potrebbe succedere a chiunque”, ha affermato Angrela Martínez, referente della comunità. “La lotta è per un futuro in cui tutte le persone possano vivere in pace e uguaglianza”.

Fonte:https://www.agencianova.com/

La storia di Charlotte Schneider, nuova viceministra trans in Colombia, che cerca di promuovere i diritti delle donne

 


Nel mese di agosto 2025, la Colombia ha registrato una svolta storica: l’attivista trans Charlotte Schneider è stata nominata viceministra per le politiche femminili. il Ministero per l'uguaglianza e l'equità.


Nata a Cuba e naturalizzata colombiana, Charlotte è laureata in biochimica all'Università dell'Avana e specializzata in Studi Femminili e di Genere all'Università Nazionale della Colombia.


La sua carriera nel settore pubblico è iniziata nel 2023, quando è stata nominata direttrice regionale a Bogotá del Dipartimento per la Prosperità Sociale (DPS). Successivamente, è entrata a far parte del Ministero per l'uguaglianza e l'equità.


In recenti interviste, Charlotte ha sottolineato che il suo obiettivo è quello di rafforzare le politiche pubbliche di protezione delle donne in tutta la loro diversità e di portare avanti la regolamentazione del lavoro sessuale.




Ha anche affermato di essere pronta ad affrontare le critiche, sottolineando che ricopre la carica come donna trans, migrante e praticante di religioni afro, in un paese a maggioranza cattolica.




La nomina ha suscitato reazioni contrastanti, dal sostegno delle organizzazioni femministe e per i diritti umani, che hanno celebrato l'inclusione di una donna trans in una posizione di leadership come un passo avanti verso l'uguaglianza di genere e la diversità.




La scelta di @charlottecallej rappresenta un passo fondamentale per la rappresentatività LGBTQ+, ampliando la visibilità delle persone trans nella politica colombiana e latinoamericana.


Colombia e i diritti LGBTQIA+

Nel 2016 la Corte costituzionale colombiana ha legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, dopo aver concesso alle coppie omosessuali registrate, tra il 2007 e il 2008, la stessa pensione, sicurezza sociale e diritti alla proprietà riservati alle sole coppie eterosessuali registrate. Dal 2012 esiste l’adozione per i single LGBT, mentre dal 2015 quella per le coppie omosessuali. Nel 2011 è stata approvata una legge contro l’omobitransfobia, con le espressioni d’affetto in pubblico protette dalla Costituzione.

giovedì 28 agosto 2025

Papa Leone XVI, riceverà per la prima volta in Vaticano un gruppo cattolico pro-LGBTQ+


Papa Leone XVI riceverà un'organizzazione di riforma cattolica pro-LGBTQ+ chiamata We Are Church durante le celebrazioni di ottobre, è la prima volta che il gruppo viene invitato "in questa forma", ha annunciato il Vaticano questa settimana.   

Otto rappresentanti di We Are Church visiteranno il Vaticano dal 24 al 26 ottobre, durante il “Giubileo delle équipe sinodali e degli organismi partecipativi”, come confermato martedì dalla fonte ufficiale di informazione del Vaticano. La visita rientra nelle celebrazioni dell'Anno Santo 2025, indetto da Papa Francesco prima della sua morte avvenuta ad aprile.

I rappresentanti di We Are Church “incontreranno Papa Leone XIV e varcheranno la Porta Santa”, uno dei riti fondamentali delle celebrazioni dell'Anno Santo cattolico, secondo quanto riferito dal Vaticano.

Fondata nel 1995, We Are Church è stata una critica persistente del Vaticano dall'interno della Chiesa cattolica, criticando in particolare la storia di abusi sessuali della Chiesa e la sua esclusione delle donne dalla leadership religiosa. L'organizzazione, che afferma di “essere presente o di collaborare con gruppi simili” in più di 30 paesi, sostiene anche le riforme LGBTQ+ all'interno della Chiesa, appoggiando le benedizioni per le coppie dello stesso sesso e chiedendo la “fine dell'esclusione delle persone LGBTQ” nel 2021.

salito al soglio pontificio a maggio, Leone XVI – il primo papa nato negli Stati Uniti – è considerato da molti il successore dell'eredità di Francesco come leader progressista. Ma Leone è anche scettico nei confronti delle riforme LGBTQ+ e ha dichiarato che il matrimonio è «tra un uomo e una donna», anche se ha affermato che la Chiesa continuerà a offrire benedizioni alle coppie dello stesso sesso (che non sono equivalenti ai riti matrimoniali) «caso per caso», secondo una precedente dichiarazione rilasciata da Francesco. Non è chiaro per quanto tempo i rappresentanti di We Are Church potranno parlare con Leone quando arriveranno a ottobre.

“Siamo lieti che questo incontro dei gruppi sinodali e degli organismi del Sinodo mondiale si terrà anche in Vaticano nell'ambito dell'Anno Santo e che l'invito sia stato aperto”, ha dichiarato questa settimana alla Radio Vaticana Christian Weisner, cofondatore di We Are Church.

«Il nostro paziente lavoro di oltre 30 anni, durante i quali siamo stati spesso presenti a Roma in occasione di sinodi dei vescovi, commemorazioni conciliari, elezioni papali e altri eventi, può aver contribuito a questo», ha aggiunto Weisner. «Vedo anche il passaggio attraverso la Porta Santa come un segno per la Chiesa nel suo insieme: lasciarsi alle spalle gli errori e ripartire sempre di nuovo nella speranza cristiana».

Vittoria storica per i diritti dei transgender in Kenya: l'Alta Corte di Eldoret si pronuncia a favore dell'atleta S.C in un caso di violazione dei diritti

In Kenya, le persone transgender affrontano sfide come discriminazione e violenza, ma stanno ottenendo vittorie significative per i propri diritti, con una sentenza storica del 2025 che impone al governo di creare una legge di protezione specifica per loro.


La vittoria in tribunale di una donna trans in Kenya potrebbe avere implicazioni di ampia portata per i diritti delle persone trans nella nazione dell'Africa orientale, dopo che un giudice ha riconosciuto che la donna ha subito un trattamento inumano e degradante da parte delle autorità governative e ha ordinato al Parlamento di emanare misure di protezione e riconoscimento legale per le persone trans keniane.

La ricorrente, Shieys Chepkosgei, è stata arrestata nel 2019 e accusata di “usurpazione di identità”, nonostante fosse in possesso di documenti ufficiali, tra cui un certificato di nascita e un passaporto con indicazione del sesso femminile, e avesse vissuto in un altro Paese dove aveva anche gareggiato in competizioni di atletica leggera femminile.

Chepkosgei è stata arrestata dalla polizia keniota mentre visitava un ospedale universitario, secondo quanto riportato da Q News. È stata rinviata a giudizio in un istituto femminile, sottoposta a perquisizione corporale e condannata dal tribunale a sottoporsi a una “ identificazione di genere”, che comprendeva un esame dei genitali, test ormonali, prelievi di sangue e esami radiologici.

Chepkosgei ha contestato in tribunale la sua incarcerazione e le visite mediche non consensuali, sostenendo che fossero incostituzionali, violassero la sua dignità intrinseca e mettessero in luce una lacuna legislativa nel trattamento delle persone transgender in custodia cautelare in Kenya.

Il giudice R. Nyakundi dell'Alta Corte di Eldoret ha concordato che i diritti di Chepkosgei alla dignità, alla privacy e alla libertà da trattamenti inumani e degradanti erano stati violati, secondo Jinsiangu, un gruppo keniano per i diritti delle persone intersessuali, transgender e gender non conformi. Le è stato riconosciuto un risarcimento pari a circa 8000 dollari.

Ma il giudice è andato oltre, ordinando al governo keniota di avviare un'iniziativa legislativa in Parlamento che affronti i diritti dei kenioti transgender, sia con nuove tutele sia modificando la legislazione attuale sui diritti delle persone intersessuali attualmente in discussione in Parlamento.

“È la prima volta che un tribunale keniota ordina esplicitamente allo Stato di creare una legislazione sui diritti dei transgender, e la prima volta nel continente africano”, ha dichiarato Lolyne Ongeri di Jinsiangu a Mamba Online.

“Se implementata, questa legge potrebbe porre fine a decenni di invisibilità giuridica e discriminazione subite dalle persone transgender, stabilendo un chiaro riconoscimento legale dell'identità di genere, protezioni contro la discriminazione nel mondo del lavoro, nell'alloggio, nella sanità e nell'istruzione, e l'accesso ai servizi pubblici senza pregiudizi o molestie”.

Il Kenya ha una storia travagliata in materia di diritti LGBTQ+, con pene risalenti all'era coloniale ancora in vigore per i comportamenti omosessuali e una legislazione discriminatoria modellata sul famigerato Anti-Homosexuality Act dell'Uganda - che prevede la pena di morte per l'omosessualità - introdotta in Parlamento.

Le relazioni omosessuali rimangono criminalizzate, con la “conoscenza carnale contro l'ordine naturale” e la “grave indecenza” punibili con fino a 14 anni di carcere.

Le persone transgender in Kenya sono vittime di diffuso stigma, discriminazione e violenza. La legge attuale impedisce ai kenioti transgender di cambiare legalmente la propria identità di genere rispetto a quella assegnata alla nascita.

Sebbene le persone LGBTQ+ abbiano trovato sollievo nei tribunali, l'omofobia pervade la società e il legislatore kenioti.

Nel 2023, la Corte Suprema del Kenya ha confermato una decisione che garantisce a un gruppo per i diritti LGBTQ+ lo status ufficiale e il riconoscimento legale come organizzazione non governativa (ONG). La decisione ha scatenato proteste nella seconda città più grande del Paese, guidate da religiosi e politici omofobi.


Fonte: Commissione per i diritti umani del Kenya (KHRC), 24 de Agosto del 2025.