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venerdì 15 maggio 2020

Ungheria: Orban pronto a violare i diritti dei transgender con nuova legge

di Laura Pasotti


In Ungheria è a rischio il diritto di cambiare legalmente nome e genere. Lo prevede una proposta di legge che avrebbe conseguenze drammatiche nella vita di tutti i giorni per le persone transgender. Tanto che le associazioni si sono già rivolte a Corte dei diritti dell'uomo, UE e ONU.

Il 31 marzo, in piena emergenza sanitaria da coronavirus e appena due settimane dopo l’assunzione di pieni poteri da parte del primo ministro Viktor Orbán, il governo dell’Ungheria ha presentato una proposta di legge che mette a rischio il diritto delle persone trans di cambiare legalmente nome e genere.


La proposta, prevista all'articolo 33 di un decreto “omnibus” che mira a emendare diverse norme, prevede di sostituire il termine “sesso” sulle carte di identità con la dicitura “sesso alla nascita”, stabilendo che questo non possa essere modificato.

Già al centro di un dibattito generale in parlamento, la proposta è stata discussa dal Comitato parlamentare sulla giustizia e il voto finale è atteso tra il 18 e il 21 maggio. «Se la proposta diventerà legge, lo Stato ungherese riconoscerà solo il sesso biologico registrato all'anagrafe e non fornirà alle persone trans alcun documento che ne rifletta l’identità di genere», afferma Barnabás Hidasi, presidente dell’associazione ungherese Transvanilla che dal 2011 si occupa di consulenza, assistenza e sostegno alla comunità trans nel Paese.

Attualmente l’Ungheria non ha una legislazione in merito, ma a partire dal 2004 è stata adottata una procedura amministrativa che, dopo una diagnosi di salute mentale e il parere di ginecologo o urologo, consentiva di cambiare legalmente nome e genere, anche senza interventi chirurgici.

«Questa procedura ha funzionato molto bene nel passato ma dal 2018 è stata bloccata proprio per la mancanza di una legislazione in materia», spiega Hidasi. Con la conseguenza che molte persone trans non sono più riuscite a modificare il proprio nome e genere: nell'aprile 2019 Transvanilla ha portato i casi di 23 persone in questa situazione davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

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