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venerdì 15 maggio 2020

La violenta campagna omofoba in atto in Marocco fa venire i brividi (dall'inizio alla fine)

Di Carlotta Sisti 

Uno dei più preoccupanti effetti perversi che in diverse parti del mondo questa pandemia sta trascinando con sé sono i colpi al cuore dei diritti civili. In mezzo al caos, infatti, proliferano le opportunità per fendere colpi, laddove il livello di sorveglianza non può che abbassarsi, schiacciato dallo tsunami del Covid-19. Lo abbiamo visto, per ben due volte, accadere in Ungheria, dove il primo ministro Viktor Orban, che si è auto proclamato pieni poteri, ha primo reso illegale il cambio di sesso, per poi bocciare la Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne. E di nuovo, lo stiamo vedendo in Libano, dove gli abusi a danno del sesso femminile hanno visto un'impennata impressionante. Oggi, purtroppo, tocca aggiungere all'elenco degli Stati immersi in una condizione di azzeramento dei diritti civili anche il Marocco, dove è in atto un'autentica caccia ai gay. Qui, dove, ricordiamo, l’omosessualità è reato, secondo l’articolo 489 del codice penale e si rischiano fino ai tre anni di reclusione e una multa di 1200 dirham, è successo che un controverso influencer transgender marocchino, trasferitasi in Turchia, di nome Sofia Taloni (usiamo il maschile perché Taloni dichiara di sentirsi un uomo gay), abbia lanciato una sorta di campagna social dal titolo "smascheriamo gli omosessuali". In una serie di streaming live su Instagram, Taloni ha chiesto ai suoi 620 mila follower di scaricare specifiche app per incontri, come Grindr o Hornet per "conoscere la vera natura delle persone che vi sono vicino". E se a monte (e a detta della protagonista, i cui profili sono stati tutti bloccati) l'idea era quella di smascherare l'ipocrisia dello stato marocchino, le conseguenze reali sono state drammatiche.




Molte persone, infatti, hanno seguito le indicazioni di Taloni e adescato on line ragazzi e uomini, per poi caricare in rete pubblicamente le loro foto. Ovviamente il risultato è stato che moltissimi sono stati messi alla gogna ed altrettanti hanno subito violenze ed abusi. Il caso più estremo è quello di uno studente, tornato in Marocco dalla Francia a causa della pandemia, che si è ucciso dopo l'umiliazione che è stato costretto a subire davanti alla sua famiglia. In un Paese dove ancora si lotta strenuamente per il diritto all'aborto, quello dell'omosessualità è uno stigma impossibile da portare. Le conseguenze, soprattutto in tempi di confinamento da coronavirus, sono terribili: ricatti, minacce, denunce, figl* cacciati di casa in piena pandemia, violenze. E certo non aiuta la militarizzazione di fatto del Paese per il contenimento della diffusione del Covid-19, anzi, le forze armate non sono altro che l'ultimo anello di una catena di abusi ed umiliazioni. Qualche tentativo di reazione c'è, ma lo scenario è dei più plumbei. Da Amsterdam, dove si è rifugiato, Mala Badi, performer transessuale, ha dato vita al movimento #QueerRevolutionMorocco, a cui hanno aderito giovani marocchini che vivono nel Paese e all’estero, per chiedere un sostanziale cambio di rotta da parte del governo e un riconoscimento se non dei diritti civili, almeno del diritto al non subire abusi. “Vogliamo misure efficaci contro la violenza, minacce, incitamenti e molestie sulla base dell’orientamento sessuale”, si legge nella petizione lanciata dagli attivisti sulla piattaforma internazionale All Out che potete firmare https://action.allout.org/it/m/6045eca6/#form-section.


Anche Human Rights Watch ha chiesto al governo marocchino di far valere il diritto alla privacy e di depenalizzare le relazioni tra persone dello stesso sesso: "Le autorità marocchine dovrebbero immediatamente intervenire per proteggere la privacy delle persone Lgbt e abrogare le leggi anti-Lgbt che possono solo alimentare questo comportamento omofobico". Adam Alaoui, attivista e reporter de Il Grande Colibrì, portale che si occupa di ciò che accade alla popolazione LGBTQI+ nel mondo, ha scritto un lungo articolo su questa vicenda, nel quale ha spiegato come "diffondendo dati personali sensibili e violando chiaramente la privacy, questa campagna di outing è estremamente grave, ma lo è ancora di più quando consideriamo le micro-realtà, dove i ragazzi non hanno la minima possibilità di esprimere la propria identità e di vivere liberamente il proprio orientamento sessuale: chi lo fa, si imbatte nel rischio di un pestaggio o, nel peggiore dei casi, di un omicidio di onore. Inoltre, la fase di militarizzazione che il regno sta vivendo per evitare la violazione delle norme contro l’epidemia rende ancora più facili e invisibili gli abusi delle forze di sicurezza. Ancora non si hanno dati certi sulle conseguenze di questa caccia alle streghe: notizie sicure sulle reazioni al suo gesto sconsiderato arriveranno nelle ore e nei giorni a venire. Non saranno notizie liete, tanto che sono state già attivate varie linee telefoniche e reti di supporto. Di molte violenze, poi, non si avrà mai notizia. È essenziale che nessuno, dai siti internet agli utenti dei social, faccia nomi e cognomi di chi è stato o sarà vittima del perfido gioco di Taloni: condividere foto, video, messaggi o anche semplicemente link a pagine che mostrano foto, video e messaggi significa portare avanti la gogna mediatica in atto, anche quando lo si fa per denunciare quanto sta avvenendo. Chi dovesse trovare sulle proprie bacheche di Facebook, YouTube o Instagram questo materiale, dovrebbe avere una sola parola d’ordine: segnalare, segnalare, segnalare."

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