Un predicatore urla “Omosessuali contro Dio”, circondato dai passeggeri di una metro di New York, ma a un certo punto qualcuno si dichiara gay e si ribella: “Gesù mi ama, come tutte le creature”. Gli applausi degli americani sono tutti per il secondo.
La scena ritratta nel video si svolge su un treno della metropolitana di New York affollato di gente. Tra di loro, come capita spesso, c’è anche chi si lascia andare a delle considerazioni personali usando i pendolari quasi come fossero degli spettatori di uno “show”. Nello specifico questa volta, a lasciarsi andare in una predica contro gli omosessuali, è una persona che però trova qualcuno che non finge di ignorarlo voltandosi dall’altra parte ma decide di rispondergli. Quando, infatti, il primo inizia a urlare le sue invettive contro i gay (“Omosessuali contro Dio” e ancora “Micheal Jackson è morto perché gay, i gay sono come i pedofili”) qualcuno a un certo punto si alza, si dichiara subito gay, e gli risponde. “Io sono una persona gay e Gesù mi ama, come ama tutte le creature”, così urla contro l’omofobo. Ne viene fuori un dibattito a due scandito subito da qualche applauso, con il predicatore che continua a offendere con le sue invettive contro i gay. Ma alla fine è proprio il passeggero omosessuale a zittirlo con una pioggia di consensi che arrivano da tutti gli altri presenti nella metropolitana che si schierano, applaudendo, dalla sua parte. A loro il gay si rivolge: “Non ascoltatelo, è pieno d’odio”.
La Duma Federale Russa ha approvato in prima lettura una legge che renderà illegale scrivere un articolo, organizzare eventi o parlare in pubblico di omosessualità. Analoghe leggi sono già state approvate nelle regioni di Rjazan’ nel 2006, Archangel’sk nel 2011 e Kostroma e San Pietroburgo nel 2012, e anche le regioni di Novosibirsk, Samara, Kirov, Krasnojarsk e Kaliningrad stanno considerando l’adozione di norme simili.
L’omosessualità è stata depenalizzata nella Federazione Russa nel1999 ora ritorna ad essere una condizione perseguita, e purtroppo le opposizioni pubbliche sono sistematicamente represse attraverso fermi e licenziamenti.
Un forte segnale di protesta è giunto negli scorsi giorni dal Consiglio Comunale di Venezia, che all’unanimità ha denunciato questi fatti e impegnato la Giunta a sospendere ogni accordo di cooperazione con la città di San Pietroburgo. Il Consiglio Comunale di Milano ha deciso nei mesi scorsi la sospensione del gemellaggio con la stessa città.
L’Unione Europa attraverso una dichiarazione di Catherine Ashton, rappresentante per la politica estera europea, ha sottolineato come ”la messa in atto di questa legge può rafforzare la discriminazione contro lesbiche, gay, bisessuali e transessuali così come contro chi difende le loro scelte, in particolare limitando le loro libertà d’espressione, di associazione e di riunione”. Nella dichiarazione inoltre si fa specifico riferimento agli impegni internazionali della Russia ”nel quadro del Consiglio d’Europa, come firmataria della Convenzione dei diritti umani”
Non stiamo parlando di un Paese che non ha mai conosciuto l’alfabeto dei diritti civili ma di una pericolosa regressione che a dispetto di scienza e cultura si attesta su crinali di pericolosità a noi storicamente noti. Alla stato di fatto non valgono le migliaia di studi scientifici in materia di orientamento sessuale e identità di genere e nemmeno l’attestarsi della battaglia per i diritti civili in tutti i programmi politici di rilevanza internazionale. E dal prossimo voto, quello definitivo, a cui seguirà solo la firma del Presidente Putin, in una parte dell’Europa gli omosessuali non potranno più vivere e parlare liberamente.
Chiediamo al Governo italiano e a tutte le forze politiche, di attivarsi immediatamente nei confronti del Federazione Russa affinché vi sia un ripensamento rispetto a una legge che reintroduce in Europa provvedimenti che si sperava, viste le persecuzioni dei decenni passati non riemergessero più, e di agire nelle istituzioni Europee al fine di costruire un’azione politico diplomatica adatta a far sentire la voce di tutti i Paesi del nostro Continente.
Primi firmatari:
Camilla Seibezzi Consigliera Comunale di Venezia
Guido Allegrezza Sel Lazio
Lucia Annunziata giornalista
Ritanna Armeni, giornalista scrittrice
Natalia Aspesi giornalista
Angela Azzaro, vice direttore settimanale gli Altri
Laura Balbo, sociologa
Riccardo Barena
Imma Battaglia presidente Di’Gay Project
Donatella Becattini portavoce Equality Italia Livorno
Andrea Benedino, portavoce Equality Italia Piemonte
Irene Bignardi giornalista e critico cinematografico
Paola Brandolini presidente nazionale Arcilesbica
Laura Callegaro
Antonio Capitani giornalista astrologo
Fabio Cerasi
Massimo Cirri psicologo
Anna Paola Concia, deputata
Lella Costa, attrice
Eleonora Dall’Ovo, conduttrice Radio Popolare
Domenico D’Orsogna professore ordinario Universita’ di Sassari
Adele Falabella
Flavio Favelli artista
Giovanna Frene
Maria Luisa Frisa curatore e critico d’arte
Germana Galli editor Mu6
Franco Grillini presidente nazionale Gaynet
Yuri Guaiana segretario nazionale Associazione Radicale Certi Diritti
STAMPA ESTERA - Il principale candidato a governatore di Bangkok strizza l'occhio alla comunità LGBT
Il bacino elettorale trans gender è diventato improvvisamente appetibile per la politica. O chissà cosa. Resta il fatto che in Thailandia c'è almeno un politico convinto che sia davvero così. "La società moderna accetta i vari generi di appartenenza sessuale. Bangkok deve essere una città in grado di comprendere a fondo le differenze di genere e non limitarsi ad accettare i diversi stili di vita. Deve essere la città di tutte le diversità": così recita uno spot della campagna elettorale di Pongsapat Pongcharoen, ufficiale di polizia formato negli Stati Uniti, che secondo i sondaggi sarà presto il nuovo governatore della città di Bangkok.
Veloce, minimale e patinato, il video mostra un montaggio di facce sorridenti in sequenza, molte delle quali di "kathoey", i transgender tailandesi conosciuti ai più con la definizione inglese meno elegante di "ladyboys".
Che sia l'alba di una nuova era elettorale, nella quale i politici corteggiano il voto dei transessuali? Nemmeno Nok Yollada, il primo transessuale tailandese ad occupare un incarico pubblico, aveva osato fare leva su quel bacino elettorale. Quando la abbiamo intervistata un anno fa, prima della vittoria alle urne, ci aveva detto che "nella sua campagna elettorale le questioni legate all'appartenenza sessuale erano state assenti o a malapena sollevate".
Per valutare l'efficacia della nuova campagna elettorale ci siamo rivolti a un transessuale che guarda con occhio acuto alla politica, il quale ci ha detto: "Una bella mossa, non c'è che dire. Mi piace, ma bisogna tenere a mente che si tratta pur sempre di politica. L'unica cosa che vorrei è una serie di scelte politiche concrete, tali da rendere BKK (Bangkok) una città davvero LGBT friendly". Lo spot elettorale non fa alcun riferimento a nulla del genere; forse nelle intenzioni dello staff di Pongsapat c'era soltanto la volontà di colpire (e se così fosse, complimenti, visto che almeno con noi la cosa ha funzionato, e come). In fin dei conti sono solo pochi anni che i transgender non vengono più bollati come "malati di mente" dall'esercito tailandese (vedi l'articolo su Global Post "The Lovely Conscripts", 2010). O forse Pongsapat si considera niente più che un uomo al passo coi tempi. A pensarci bene, il nostro ha anche chiamato il figlio appena nato "In Touch", e cioè “In contatto”, per non parlare della sua promessa elettorale riguardo alla distribuzione di energy drink gratis ai tassisti...
Per la verità lo spot di Pongsapat Pongcharoen passa in rassegna tutta una schiera di identità sessuali da far perdere la testa a chi non fosse ben informato sulla materia. Scopriamo così che esistono i kathoey, ma anche le tom (lesbiche mascoline) e le dee (lesbiche femminine), nonché una serie di altre identità oscure ai più, compreso chi scrive, che ha scoperto in questa occasione che una cherry è una donna che va a caccia di kathoey e via di questo passo.
Allora, quali potrebbero essere le conclusioni da trarre da tutto ciò? Che viviamo nel 21esimo secolo e nulla può impedirci di immaginare una società nella quale politici che vogliono andare al potere tengano in considerazione anche uguali opportunità per tutti.
di Patrick Winn per Global Post (Usa), 6 febbraio 2013
Si è celebrata ieri la Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili. Una violazione feroce della dignità e del corpo, da una tradizione becera. Ogni paese ha le sue tradizioni e spesso, dietro questa frase, si difendono usi e costumi che sono violenti, ingiusti e inutili. Non perché una tradizione è una tradizione può essere difesa sempre e comunque. Le mutilazioni genitali è la più becera, tradizione contro le donne.
Basta uno sguardo alla mappa europea delle diverse legislazioni in materia di unioni omosessuali per capire che l’Italia resta sempre la retroguardia, quando si tratta di diritti civili. Non fu così del resto anche per la possibilità di divorziare e per la regolamentazione dell’aborto, ammesse qui da noi con un ritardo di decenni rispetto ai nostri partner occidentali? Il matrimonio fra persone dello stesso sesso che la settimana prossima sarà legge dello Stato nella limitrofa Francia, e a seguire di poco nel Regno Unito governato dai conservatori, dopo che la Spagna già lo aveva introdotto nel 2005, vige inoltre nei seguenti paesi europei: Portogallo, Islanda, Belgio, Olanda, Danimarca, Norvegia, Svezia. Luoghi barbarici, nevvero? Ma non basta. In altri paesi “sovversivi” come la Germania, la Slovenia, la Croazia, la Finlandia, non c’è il matrimonio gay ma le unioni fra persone dello stesso sesso sono registrate e codificate come patti civili, contemplati dalla legge. Per intenderci, sul modello dei famosi Dico o Pacs contro i quali la Chiesa italiana mobilitò nel 2007 un massiccio Family Day, contraddistinto dalla presenza in piazza di tanti leader politici pluri-divorziati e puttanieri (a quel tempo Fini e Casini stavano ancora con Berlusconi).
Il fatto imbarazzante è che per trovare sulla mappa europea altre nazioni come l’Italia che finora hanno rifiutato anche solo di regolamentare le unioni civili fra omosessuali –non parliamo di matrimonio e di adozione dei figli- bisogna spostare lo sguardo verso est: gli altri paesi balcanici e le nazioni rimaste schiacciate per cinquant’anni dal giogo sovietico. A proposito, sarà un caso ma proprio in questi giorni Putin ha fatto approvare dalla Duma russa una legge che vieta “la propaganda omosessuale”. In altre parole, non solo ai gay sono negati i diritti di vivere pubblicamente le proprie relazioni, ma viene loro proibito rivendicarli. A ovest restiamo solo noi italiani (e la piccola Irlanda) a mantenere legislazioni che rifiutano l’idea stessa di unione omosessuale. Del resto non è solo Berlusconi col contorno dei leghisti a ergersi come difensore della cosiddetta “famiglia tradizionale”; ma anche l’attuale premier Monti ci tiene a precisare che, secondo lui, il matrimonio è concepibile solo fra un uomo e una donna. Come già avvenuto per il divorzio e l’aborto, questo è un classico caso in cui la società civile esprime livelli di consapevolezza di gran lunga più avanzati della sua classe dirigente. Le persone normali non aspettano con tremore la reprimenda del presidente dei vescovi, o il corsivo dell’”Osservatore Romano”, prima di esprimersi in merito all’amore fra Gino e Luca, o fra Rosetta e Maria. Mi è stato raccontata di recente la reazione partecipe e solidale di un piccolo paese di provincia di fronte a un pubblico “outing”, cioè alla rivelazione che un loro figliolo conviveva felicemente con una nota personalità gay. Certo, l’omofobia è ancora diffusa, ed è una vergogna che il Parlamento non sia stato capace neanche di approvare una legge che la persegua severamente. Ma a prevalere nell’esperienza maggioritaria del paese sono i sentimenti di condivisione. Né la religiosità costituisce più una barriera in merito. A rimanere intimorita, è la politica. Speriamo che il vento di Parigi soffi presto fino a Roma. Io non riesco a capire perché nel 2013 si dovrebbero negare il matrimonio e le adozioni ai gay. Resto qui pronto a discuterne.
Due anni dopo la speranza suscitata dalla
Primavera araba, i nuovi regimi si dimenticano troppo spesso dei
rispetti dei diritti dell’uomo, e la vera sfida ora è quella di
sottoscrivere le loro democrazie a questi principi, ha prevenuto nella
giornata di giovedì l’organizzazione non governativa Human Rights Watch
(HRW). “La parte più complessa della caduta dei regimi è quella di
sostituire proprio questi regimi repressivi con delle democrazie fondate
su rispetti dei diritti dell’uomo”, ha tenuto a sottolineare Kenneth
Roth, direttore esecutivo dell’organizzazione di difesa dei diritti
dell’uomo, presentando nella capitale britannica il suo rapporto per il
2013.
Human Rights Watch
constata dunque la situazione dei partiti islamici che minacciano di
utilizzare la religione per sopprimere i diritti delle donne, dei
dissidenti o delle minoranze”, con il pretesto che sono imposti
dall’Occidente e incompatibili con l’Islam o la cultura araba.
Tra
I casi simbolo della Primavera araba c’è l’Egitto la cui situazione è
scossa da una ondata di violenza che ha provocato la caduta di Hosni
Mubarak. La nuova Costituzione del paese redatta da una commissione
dominata dagli islamici e contestata dall’opposizione contiene delle
“disposizioni vaghe” sulla libertà di espressione, la religione ola
famiglia, che hanno pericolose implicazioni per i diritti delle donne e
delle libertà sociali.
Nella Libia resa fragile dalla
debolezza delle proprie strutture, e dopo il passaggio dell’eredità del
potere personale di Muammar Gheddafi, le autorità trovano difficoltà nel
controllare le forze armate durante il conflitto e le milizie che
controllano diverse regioni commettono grave violenze in tutta impunità.
Due anni dopo la caduta di Gheddafi milioni di persone sono sempre
detenute sia dal governo sia dalle milizie senza prospettiva di un
processo per ora, come evidenziato nel rapporto.
La
situazione in Siria desta altrettanto preoccupazioni all’organizzazione.
Le forze del governo sono responsabili di “crimini contro l’umanità” e
di “crimini di guerra” e alcune forze dell’opposizione di grave azioni
come “atti di tortura” ed “esecuzioni”. L’organizzazione stima che il
deferimento del caso siriano di fronte alla Corte penale internazionale
tramite il Consiglio di sicurezza dell’ONU avrà un effetto concreto e
che comporterà l’inizio della giustizia per le vittime. Inoltre
l’organizzazione deplora che molti governi occidentali non fanno
abbastanza per creare le giuste pressioni sulla Russia e sulla Cina,
alleate di Damasco.
L’emergenza passa anche per
l’attuazione di istituzioni di governo efficace, di tribunali
indipendenti e di una polizia professionale, come evidenziato
dall’organizzazione. Il sostegno dell’Occidente ai diritti dell’uomo e
alla democrazia nel Medio Oriente si è rivelato inefficace finché erano
in gioco fattori come il petrolio e interessi militari, ricorda
l’organizzazione.
Prendetevi 8 minuti di tempo. Io sono stupita e commossa. Ho voluto condividere con voi. Spero che vi piacerà tanto quanto a me. Non è un uomo e una donna, o uomo e un uomo o una donna e una donna ... ma due persone, in piedi di fronte alle persone più importanti della loro vita che esprimono il loro amore e la loro devozione, testimoniato da familiari e amici e riconosciuto dalla legge.
Il matrimonio della coppia gay Clinton & Callum in Australia
La storia , e condi-visa in foto e video dell'evento che formalmente li ha uniti nello spirito.Circondato da amici e parenti, Callum è Clinton nella giornata più importamti delle loro vite.
Il 1º dicembre del 1955, a Montgomery, Rosa, allora sarta, stava tornando a casa in autobus e, poiché l'unico posto a sedere libero era nella parte anteriore del mezzo, quella riservata ai bianchi, andò a sedersi lì. Poco dopo salirono sull'autobus alcuni passeggeri bianchi, al che il conducente James Blake le ordinò di alzarsi e andare nella parte riservata ai neri. Rosa però si rifiutò di lasciare il posto a sedere e spostarsi nella parte posteriore del pullman: stanca di essere trattata come una cittadina di seconda classe (per giunta costretta anche a stare in piedi), rimase al suo posto. Il conducente fermò così l'automezzo, e chiamò due poliziotti per risolvere la questione: Rosa Parks fu arrestata e incarcerata per condotta impropria e per aver violato le norme cittadine. È da allora conosciuta come " the woman who didn't stand up/la donna che non si alzò ".
La protesta degli afroamericani
Quella notte, cinquanta leader della comunità afro-americana, guidati dall'allora sconosciuto pastoreprotestanteMartin Luther King si riunirono per decidere le azioni da intraprendere per reagire all'accaduto, mentre c'erano già state le prime reazioni violente: il giorno successivo incominciò il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery, protesta che durò per 381 giorni; dozzine di pullman rimasero fermi per mesi finché non fu rimossa la legge che legalizzava la segregazione. Questi eventi diedero inizio a numerose altre proteste in molte parti del paese. Lo stesso King scrisse sull'episodio descrivendolo come "l'espressione individuale di una bramosia infinita di dignità umana e libertà" e aggiungendo che Rosa "rimase seduta a quel posto in nome dei soprusi accumulati giorno dopo giorno e della sconfinata aspirazione delle generazioni future".
Da quel momento, Rosa Parks divenne un'icona del movimento per i diritti civili.
Sebbene non fosse una dei leader del movimento per i diritti civili che si stava sviluppando nell'ultima parte degli anni 1950, la figura di Rosa rimaneva un simbolo importantissimo per gli attivisti, ed era quindi mal vista dagli ambienti contrari alla protesta nera. Ricevette numerose minacce di morte e non riuscì a trovare più lavoro, quindi si trasferì a Detroit, nel Michigan, all'inizio degli anni sessanta, dove ricominciò a lavorare come sarta. Dal 1965 al 1988 lavorò come segretaria per il membro del CongressoJohn Conyers.
Alla sua storia è ispirato La lunga strada verso casa, film del 1990 di Richard Pearce con Whoopi Goldberg. A Rosa Parks è stato dedicato un film intitolato The Rosa Parks Story. È un film americano del 2002 scritto da Paris Qualles e diretto da Julie Dash. Angela Bassett interpreta Rosa Parks. È stato trasmesso dal canale televisivo CBS il 24 febbraio 2002. La sua storia ha ispirato il libro per ragazzi L'Autobus di Rosa di Fabrizio Silei.
Primo sì al matrimonio tra omosessuali, fortemente voluto dai socialisti di Hollande.
L'Assembela nazionale francese ha approvato oggi l'articolo 1 del progetto di legge che legalizza le nozze gay. L'articolo chiave del progetto di legge sul matrimonio e l'adozione elimina quindi l'esigenza di una differenza tra i sessi come condizione fondamentale per il diritto al matrimonio. La legge sul matrimonio per tutti è stata una delle principali promesse della campagna elettorale del presidente Francois Hollande, che in queste ore è in missione in Mali.
Con una schiacciante maggioranza, 249 sì e 97 no, i deputati hanno dato il via libera alla norma che ridefinisce il matrimonio come "un accordo tra due persone di sesso diverso o del medesimo sesso".
Due settimane per l'approvazione finale
Ora i deputati francesi continuano la discussione del progetto di legge, sul quale sono stati presentati migliaia emendamenti, che si prevede andrà avanti per due settimane, compresi i weekend.
Si tratta di un disegno di legge particolarmente osteggiato dal centro-destra e dal mondo cattolico, che il 13 gennaio hanno portato in piazza a Parigi un milione di persone (350mila secondo la polizia).
L'approvazione finale della legge è comunque data ormai per scontata.
Il progetto di legge sulle nozze gay, che va a ritoccare il codice civile, è stato adottato in novembre dal governo. Per molti si tratta di un cambiamento epocale. Il governo va diritto per la sua strada, seguendo altri undici paesi d'Europa e del mondo che hanno già fatto il grande salto, come Olanda, Belgio o Canada.
Giovedì, 14. Febbraio 2013, 08:00 - 23:00 Luogo Mondo
One Billion rising, la campagna lanciata da Eve Ensler nel 15° anniversario del V-Day, è l’invito ad un’azione globale e nasce dalla volontà di fermare in ogni modo e con ogni mezzo non violento, il perpetrarsi della strage in atto sulla nostra terra. Su una popolazione mondiale di circa 7 miliardi di persone, la violenza riguarda il destino di più di un miliardo di donne e ragazze nel mondo, una su tre. One billion rising non appartiene ad alcuna organizzazione politica o partitica, ed è un evento autogestito. L’invito di Eve Ensler, ideatrice della campagna, è di creare attraverso il ballo una forma di protesta celebrativa e non violenta, con la volontà di trasformare il 14 febbraio 2013 in una giornata di riscatto universale contro le ingiustizie che le donne sopportano.
Una giornata di riscatto universale contro le ingiustizie e le violenze che le donne sono costrette a subire sarà dedicata il 14 febbraio 2013. Ancora oggi, le Nazioni unite affermano, che, nel mondo, una donna su tre sarà picchiata o violentata nel corso della sua vita. Un’atrocità che riguarda più di un miliardo di persone. A questo orrore Eve Ensler, fondatrice del V-day ed autrice del leggendario testo “I monologhi della vagina” ha deciso di rispondere con una visione meravigliosa, un evento di portata mondiale che mira a coinvolgere milioni di persone, perché, se “un miliardo di donne violate è un’atrocità, un miliardo di donne che ballano è una rivoluzione”. E’ nata la Campagna One billion rising che avrà il suo culmine il 14 febbraio, 15° anniversario del V-day, il movimento globale nato per contrastare la violenza. In quella data tutti sono invitati ad un atto simbolico di libertà, a unirsi a questa ‘sollevazione’: lasciare qualsiasi cpse stiano facendo, gli uffici, le abitudini quotidiane e danzare per le strade.
La canzone ufficiale dell’evento sarà Break the chain (Spezzare le catene). Lo short movie della campagna incarna perfettamente l’idea di fondo che vuole ‘esplodere’, rendere possibile il cambiamento. Nel video di appena tre minuti donne di tutte le parti del mondo vengono sottoposte a soprusi: dalle mutilazioni genitali allo sfruttamento lavorativo, dalla violenza sessuale alle molestie, ma una vibrazione profonda scuote la terra, sempre più forte. Un ritmo che sale, sempre più trascinante, fino a divenire un ballo liberatorio e gioioso. Una presa di coscienza della donna, della sua forza di riscatto e di autoderminazione, rappresentata dal gesto, fortissimo, del braccio alzato. Una donna che non è più solo ‘vittima’ da salvare ma protagonista del proprio rinascere.
A One billion rising hanno aderito attivisti, artisti, ministri, leader di movimenti sociali, membri del parlamento e migliaia di associazioni ed organizzazioni di 189 paesi del mondo, da Amnesty International a Se Non Ora Quando? con il supporto di testimoni come Robert Redford, Yoko Ono, Naomi Klein, Jane Fonda, Laura Pausini, Vandana Shiva, il Dalai Lama, Anne Hathaway, Berenice King, la figlia Martin Luther King. La campagna non appartiene ad alcuna organizzazione politica o partitica. In Italia è curata dal comitato Vday Modena. In moltissime città si stanno organizzando dei flash mob per il 14 febbraio. L’elenco completo delle iniziative è disponibile a questo link, mentre per le adesioni si può consultare la pagina Facebook del coordinamento italiano. Sul sito http://www.onebillionrising.org/ è possibile trovare video, notizie costantemente aggiornate, foto, informazioni su come unirsi alla campagna e molto altro.
SONO STANCA Eve Ensler Sono stanca della cultura dello stupro, della mentalità dello stupro, delle pagine di Facebook pro stupro. Sono stanca delle milioni di persone che firmano quelle pagine con i loro veri nomi senza vergognarsi. Sono stanca delle persone che domandano il loro diritto allo stupro su quelle pagine, appellandosi alla libertà di parola o giustificandisi con la frase “E' solo un gioco”. Sono stanca di persone che non capiscono che lo stupro non è un gioco, e sono stanca di sentirmi dire che non ho senso dell'umorismo, che la maggiorparte delle donne non ha senso dell'umorismo quando invece la maggiorparte delle donne che consoco (e ne conosco parecchie) sono dannatamente divertenti. Noi semplicemente non pensiamo che un pene non richiesto infilato dentro al nostro ano o alla nostra vagina faccia piegare dalle risate. Sono stanca del lungo tempo che serve per avere una risposta contro lo stupro. Sono stanca del fatto che ci vogliano settimane perchè Facebook cancelli le pagine pro stupro. Sono stanca che centinaia di migliaia di donne in Congo stiano ancora aspettando che gli stupri finiscano e che chi le ha rapite venga ritenuto responsabile. Sono stanca che migliaia di donne in Bosnia, Burma, Pakistan, Sud Africa, Guatemala, Sierra Leone, Haiti, Afghanistan, Libia, ma potremmo dire un luogo qualsiasi, stiano ancora aspettando di avere giustizia. Sono stanca che gli stupri avvengano in pieno giorno. Sono stanca che in Ecuador 207 cliniche siano supportate dal governo perchè catturino, violentino e torturino donne lesbiche per farle divetare etero. Sono stanca che una donna su tre dell'esercito americano venga stuprata dai suoi cosiddetti “compagni” Sono stanca delle forze che negano ad una donna che è stata stuprata il diritto all'aborto. Sono stanca del fatto che dopo che quattro donne hanno dichiarato di essere state palpeggiate, strattonate e umiliate da Herman Cain, lui stia ancora concorrendo alla carica di Presidente degli Stati Uniti. E sono stanca che vedere che quando la giornalista della CNBC Maria Bartimoro gli ha chiesto una spiegazione sia stata fischiata. Non Herman Cain, è stata fischiata lei. Questo mi ricorda che sono stanca degli studenti che hanno protestato contro il sistema giudiziario invece che contro il presunto rapitore pedofilo di 8 bambini, o del suo capo Joe Paterno, che non ha fatto nulla per proteggere quei bambini dopo aver saputo cos'era successo loro. Sono stanca che le vittime dello stupro siano ri- stuprate ogni volta che lo rendono pubblico. Sono stanca che le donne affamate somale siano stuprate nei campi profughi in Kenya, e sono stanca di sapere che le donne che hanno subito stupro presenti all'Occupy Wall Street siano state messe a tacere riguardo a questo perché loro stavano partecipando ad un movimento che si batte per la fine della rovina e dello stupro dell'economia e della terra... Come se lo stupro del loro corpo fosse qualcosa di separato. Sono stanca di donne che ancora tacciono riguardo allo stupro perché sono state portate a credere che sia colpa loro o che loro debbano aver fatto qualcosa perchè accadesse. Sono stanca che la violenza sulle donne non sia al primo posto nelle priorità internazionali quando una donna su tre sarà stuprata o picchiata durante la sua vita, come se la distruzione e la mutilazione e la sottovalutazione delle donne non fosse la distruzione della vita stessa. Niente donne niente futuro, amico. Sono stanca di questa cultura dello stupro in cui i privilegiati con poteri politici ed economici possono prendere quello che vogliono, quando lo vogliono, nella quantità che vogliono, ogni volta che lo vogliono. Sono stanca delle resurrezioni senza fine delle carriere degli stupratori e degli sfruttatori della prostituzione – registi, leader mondiali, dirigenti d'azienda, star del cinema, atleti – mentre le vite delle donne che hanno violato sono per sempre distrutte spesso obbligate a vivere in esilio dagli affetti e dalla società. Sono stanca della passività degli uomini buoni. Dove diavolo siete? Vivete con noi, fate l'amore con noi, siete nostri padri, nostri amici, siete nostri fratelli, generati, amati e per sempre sostenuti da noi, quindi perchè non vi sollevate insieme a noi? Perchè non puntate dritti al centro della follia che ci sta violentando ed umiliando? Sono stanca di essere anno dopo anno stanca degli stupri. E di pensare allo stupro ogni giorno della mia vita da quando avevo 5 anni. E di sentirmi male dallo stupro, e depressa dallo stupro e arrabbiata dallo stupro. E di leggere nella mia follemente piena casella posta di orribili storie di stupro ad ogni ora di ogni singolo giorno. Sono stanca di essere educata nei confronti dello stupro. E' passato troppo tempo, siamo state troppo a lungo incomprese. Noi abbiamo bisogno di occupare con lo stupro ogni scuola, parco, radio, rete televisiva, casa, ufficio, fabbrica, campo profughi, base militare, camera osucra, nightclub, vicolo, aula di tribunale, ufficio delle nazioni unite. Noi abbiamo bisogno che la gente provi davvero ad immaginare, una volta per tutte, cosa si prova ad avere il proprio corpo invaso, la propria mente schiacchiata, la propria anima strappata. Noi abbiamo bisogno che la nostra rabbia e la nostra compassione ci unisca perchè possiamo cambiare il sistema globale dello stupro. Nel pianeta ci sono approssimativamente un miliardo di donne che sono state violate. UN MILIARDO DI DONNE. Il tempo è adesso. Preparatevi per l'insurrezione. Inizia oggi, fino all'apice del 14 febbraio 2013 quando un miliardo di donne si solleveranno per chiedere la fine dello stupro. Perchè noi siamo stanche.