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martedì 23 ottobre 2012

C’è anche un Islam che dialoga con omosessuali e trans



Rouba Morcos è palestinese. Rouba Morcos è lesbica. Porta sulle sue spalle il peso di oppressioni stratificate. Rouba è tra le fondatrici di Aşwa Nisā Filastiniyyāt miliyātt (voci di donne lesbiche palestinesi) e ha dichiarato: «Avevo dimenticato la mia lingua, non sapevo come dire fare l’amore in arabo, senza che queste parole suonassero scioviniste, aggressive e aliene rispetto alla mia esperienza».

Rouba insieme a tante persone del mondo Lgbt arabo e iraniano hanno capito che ricercare i diritti è anche lavorare sul linguaggio. Le parole feriscono, umiliano e in certi casi uccidono. Rouba lo sa e per questo nelle sue lotte per l’affermazione dei diritti del mondo Lgbt ha messo il linguaggio al primo posto. L’attivista palestinese è solo una delle persone che si incontrano nella lettura di “Che genere di Islam, omosessuali, queer, transessuali tra shari’a e nuove interpretazioni” di Jolanda Guardi e Anna Vanzan (Ediesse).

Le autrici, saggiamente, non hanno voluto salire sul carrozzone di chi considera l’Islam omofobico e sono state altrettanto intelligenti da non dichiarare che invece l’Islam è tollerante o addirittura gay friendly. Si sono sottratte alla logica della tifoseria pro e contro, molto tipica di quando si parla di mondo arabo o iraniano. E ci hanno regalato un libro in cui la storia dell’omosessualità nelle società islamiche è trattata con serietà e complessità.

I testi di satira denigratori vengono analizzati dalle due autrici accanto a storie d’amore strappalacrime che la letteratura ha saputo magistralmente raccontare. Ne è un esempio infatti la storia tra il sultano Mahmud di Ghazna, conquistatore di imperi, e il suo schiavo Ayaz. Si scopre, andando avanti nella lettura, che nella poe- sia di donne per donne la cucina è più seducente di un talamo nuziale.

Ed è lì, nella cucina, che la noce moscata grattuggiata o la mandorla scorticata evocano pratiche erotiche tutte al femminile per il femminile. Ma accanto a storie e facezie ci sono momenti di pura riflessione. Guardi e Vanzan danno ampio spazio al dibattito che coinvolge chi oggi nel mondo musulmano vuole conciliare la fede con la propria identità omosessuale/transessuale partendo dalla reinterpretazione dei testi sacri. Una teologia della liberazione che lavora sul corpo e la lingua della società.

Poi in questa densa trattazione del tema non mancano certo i paradossi. La storia di Fareydûn Molkārā ha fatto scuola in questo senso. Fareydun. Un operatore televisivo iraniano, denunciava pubblicamente il suo disagio di sentirsi una donna intrappolata nel corpo di un uomo. Per questo ha chiesto pubblicamente al vate della Repubblica Islamica Khomeini di poter cambiare sesso. Khomeini si era espresso negli anni ’60 a favore di quella che veniva chiamata allora chirurgia correttiva. Fareydun quindi riesce a coronare il suo sogno e ancora oggi – pur se inquadrati in una cornice di “malattia” – i trans iraniani possono non solo cambiare sesso, ma lo fanno con un contributo finanziario dello stato.

Questo però in Iran si accompagna alla pena capitale per gli omosessuali colti o solo sospettati di atti promiscui. «Nel nostro paese non ci sono omosessuali» ha dichiarato più volte il presidente della repubblica islamica Mahmud Ahmadinejad, una frase che forse è il paradosso più grande che incontriamo nello scorrere le pagine di “Che genere di Islam”. È un libro senza risposte quello di Guardi e Vanzan, ma sul tema (anche grazie al nutrito apparato critico fatto di bibliografia, filmografia e note esplicative) è tra i più esaurienti e seri apparsi nel panorama editoriale italiano sul tema in questione.

sabato 20 ottobre 2012

Riguardo il diritto di manifestare la propria transfobia: La Macelleria Sociale ha riaperto i battenti

pubblicata da Michela Angelini il giorno Sabato 20 ottobre 2012 alle ore 11.58 ·


“Macelleria sociale” ripete più volte il professor Paglianti, antropologo, durante il suo intervento al convegno “dalla scoperta di sé alla trasizione”. “Macelleria sociale” quando si vuole far coincidere genere e sesso anatomico. “Macelleria sociale” quando essere uomo o donna significa rispondere ad una lista di ruoli stereotipati. “Macelleria sociale” quando si negano le sfumature di genere a favore del binarismo sessuale. “Macelleria sociale” quando si pensa che gli ultimi 100 anni di storia cancellino tutti i precedenti. E' fiero di illustrare vite di importanti personaggi del passato nelle vesti del sesso opposto. Il genere è, infatti, una costruzione sociale, una lista di norme non scritte che è variata tanto nei secoli e varia a seconda della società considerata. Sorride mentre elenca i “sintomi” della disforia di genere (della transessualità) contenuti nel manuale diagnostico DSM IV e consiglia, ridendo, “attenti uomini veri, non lavate i piatti e non buttate la spazzatura, potreste essere presi per transessuali”.



Da ognuno dei professionisti che si sussegue al microfono, medici, psicologi, legali e persone direttamente coinvolte con le problematiche trans, emerge la consapevolezza che ogni individuo (trans o non trans) incarna una variante di genere e che ogni transessuale ha la sua personale storia. Società, legge, medicina e servizi devono rinunciare al dualismo di genere sostituendolo con un ventaglio di combinazioni di maschile e femminile, svincolato dalla conformazione genitale.



Ma fuori dal policlinico G.B. Rossi di Verona, che ospita l'evento, ci sono altri “esperti di tematiche sociali”, che esprimono idee diverse. Invece di presentarsi come professori, dottori o medici si presentano con i nomi di “Christus Rex, Lotta studentesca, Famiglia e civiltà e, ben barricati dietro lo slogan le tasse degli studenti non servono per pagare i “disturbi” altrui, distribuiscono volantini dove espongono teorie virilistico-fasciste.



Attraverso “per caso” la strada e un omone grande e grosso, rappresentante di quelli che i giornali chiamano “forze di estrema destra e cattolico tradizionalisti”, mi consegna uno di questi volantini. Apprendo, così, che l'università (la paladina dell'evoluzionismo chirurgico), spiegherà come cambiare sesso, sposarsi ed adottare bambini, a persone che spesso non intraprendono il percorso di transizione per cambiare sesso ma per creare figure a metà tra uomo e donna, che popolano le strade ed i locali notturni. Questa nuova tendenza, lontana dal buon gusto, non dovrebbe assolutamente essere oggetto di discussione all'interno di un'università, popolata da ragazzi e ragazze educati secondo natura per essere uomini e donne veri.

“Piacere, sono Michela e sono trans”, mi viene da dire all'omone, che bofonchia qualcosa tra un “oh ed un ah”. Chiedo perché siano li, a presidiare e a distribuire questi volantini e mi viene risposto “Perché qui si insegna a diventare trans”. Rispondo che, evidentemente, è mal informato. Il convegno tratta, infatti, dell'accettare se stessi senza dover combaciare con stereotipi di genere e che non necessariamente significa affrontare una transizione, ma solo star bene con se stessi. Mi viene risposto, con tono scocciato, che “non sono certo questi i problemi dell'Italia”.



Tornata dall'altro lato della strada Barbara X, scrittrice, attivista per i diritti trans ed antispecista, capendo l'ideologia alla base di tale presidio, espone una bandiera antifascista e sottolinea che manifestare per negare l'esistenza ad una categoria di persone (colpevoli di interpretare il sé secondo scienza e non secondo stereotipo) non può essere permessa, visto che l'Italia, democratica, è antifascista per costituzione.

Con mio grande rammarico, scopro che il presidio è autorizzato e che le “forze dell'ordine” presenti invitano Barbara a mettere via la bandiera perché, così facendo, stava dando via ad un contropresidio che, a differenza di quello dall'altro lato della strada, non aveva il benestare della questura. Le “forze dell'ordine” ci invitano a proseguire verso il convegno perché “il vostro posto è la dentro” mentre, evidentemente, stavamo infastidendo la regolare, giusta, transfobica manifestazione catto-fascista che, protetta dalle forze dell'ordine, era li per insegnare il verbo a chiunque passasse di lì: le persone trans sono una malattia contagiosa, a questo convegno vogliono farvi diventare trans.

“Macelleria sociale” è permettere manifestazioni con questi contenuti. Mi sarebbe stato permesso, davanti ad un convegno che parla di disabilità, di puntare il dito su questa categoria di persone,mezzi uomini e mezzi macchina, nuovi mostri dell'evoluzionismo chirurgico, che popolano i marciapiedi facendo spendere milioni di euro per abbattere le barriere architettoniche?

Secondo il signore della digos avrei tutto il diritto di farlo, perché siamo in democrazia. Io credo sarei stata, giustamente, lapidata dai passanti (che non credo sarebbero stati considerati un contropresidio). Qual'è la differenza tra la prima, reale, e la seconda, provocatoria, manifestazione? Ci sono persone che hanno più diritto all'esistenza di altre? Ci sono fascismi permessi e fascismi vietati? Credete ancora che una legge contro l'omotransfobia non serva?



C'è poi un altro dato, secondo me, altrettanto grave: accettare di essere macellat* socialmente. La stragrande maggioranza di persone, anche transessuali, che partecipa al convegno ritiene che fuori ci siano solo quattro poveracci non degni di attenzione. Peccato che questi “poveracci” siano fuori con uno striscione, un megafono ed altri volantini, a sputare ignoranza, pregiudizio e odio verso le persone trans verso ignari passanti o curiosi che, forse, senza questo bagno di sentenze sarebbero entrati ad informarsi sulle tematiche di genere.

Il convegno è stato definito un trionfo ma, mi chiedo, come possiamo definirci trionfanti se ignoriamo la dilagante transfobia, sminuendo la gravità di certi episodi? Non è forse il caso di smetterla con il qualunquismo e iniziare a reagire agli insulti della gente imbevuta di ideali che puzzano di vecchio?

In nome di quale democrazia dovremmo permettere a questa “macelleria sociale” di funzionare? Perché devo girarmi e vedere la dignità delle persone ridotta a mezzene e frattaglie da macellai legalizzati che brandiscono la lama dell'ignoranza?

Non è forse ora di reagire dando qualche scornata a questo sistema virilistico-fascista che pretende di decidere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato senza sapere nemmeno di cosa stanno parlando?

Non sarebbe, forse, il caso di pensare ad una manifestazione, ad un Verona pride, per dire a questa gente che siamo orgoglios* di essere transgender ed omosessuali e che i socialmente disadattati non siamo noi?

Spero che a seguito di questa riflessione sorgano idee per mettere in atto contromisure da parte della comunità GLBTIQ, in modo che episodi del genere non si ripetano perché, diciamocelo, non ne possiamo più di essere carne da macello.




martedì 9 ottobre 2012

Expedia a favore dei matrimoni gay: Un spot pubblicitario mostra il rapporto commovente di un padre con la figlia lesbica.

Un momento difficile quando un padre deve decidere, in abbracciare un nuovo rapporto con la figlia che vuole sposare un'altra donna, è riportato splendidamente in questa pubblicità Web da Expedia. pubblicità super gay-friendly ,  che sta causando commozione per la sua bellezza e sensibilità. Stato trasmesso  in tv per la prima volta settimana scorsa, si tratta del spot pubblicitario di un sito online di viaggio ( Expedia) che mostra un padre che si prepara per il matrimonio di sua figlia lesbica. 

Nel video, dice Goldstein, mi aspettavo che mia figlia si sposasi con un uomo. "Le ho detto: 'Questo non era il sogno che avevo fatto per mia figlia,'", riferisce l'episodio in cui la fidanzata di sua figlia vieni a chiedere la sua mano al padre. Anche se in un primo momento ero riluttante, accettai l'unione. Il video ha ricevuto fino a questo Martedì 9 ottobre 5409 "mi piace" e 172 "non piace", il che significa una maggiore tolleranza della gente.

La pellicola è descritta come "Ogni viaggio è unico. In questo viaggio, Artie Goldstein attraversa il paese per partecipare al matrimonio di sua figlia con una persona dello stesso sesso, un viaggio che gli metterà alla prova, sfidando gli e cambiando in modo inaspettato". 


Lo slogan della pubblicità di Expedia è "Trova la tua intesa."

domenica 7 ottobre 2012

Vivere con un segreto

Scritto da: Marc Martin
Inserito il: 08:08 | 14 giugno 2012
Traduzione: Vanessa Mazza 07 ottobre 2012


Amber, una pacata, ragazzina, di 12 anni, che ama Hello Kitty e il fashion design, vive con un segreto. Si tratta di un segreto che la maggior parte in sesta elementare non riesce a capire, lei che si nasconde dietro le gonne rosa e make-up. E 'un segreto che ha portato a nascondere tutte le sue foto da bambino, come se la sua infanzia non fosse mai esistita.

Amber è nato  bambino.

Quando aveva 10 anni, ha smesso di farsi chiamare col suo nome, Aaron e iniziò a vestirsi come una ragazza. L'anno scorso, ha iniziato a prendere farmaci per impedirle di passare attraverso la pubertà.

"Posso essere quello che sono", ha detto Amber. "Posso essere una ragazza."

Un numero crescente di bambini come Amber si stanno rendendo conto che sono transgender e la ricerca di cure presso le cliniche in tutta la nazione. A causa della loro età, il viaggio complesso ed emozionale è tanto dei genitori. Le famiglie sono costrette a prendere decisioni difficili sulla terapia e farmaci, e su cosa raccontare agli amici e parenti. Stanno cercando di dare ai loro figli un'educazione normale, proteggendoli dal male e dal imbarazzo.

"Come ci si sposta all'interno della società con un bambino di genere-variante?", Ha detto Nancy Quay, uno psicoterapeuta nel programma di genere dei servizi presso l'Università del Michigan."Cosa dire ai vostri vicini di casa? Come si fa a mantenere il vostro bambino al sicuro? "

Per i genitori di Amber, Michelle e Jamie, negli ultimi anni sono stati una montagna russa di emozioni - senso di colpa per non aver riconosciuto prima che la loro figlia era transgender, dolore per la perdita di Aaron e le preoccupazioni per il futuro di Amber.

Il cognome della famiglia è stato chiesto di non essere divulgato dietro richiesta di Amber. Sono tutti d'accordo, però, sia del video e delle fotografie. Michelle ha detto la famiglia e gli altri vicino conoscono la transizione di Amber.

Raccontare la loro storia, ha detto, "è la cosa giusta da fare .... Speriamo che porterà una maggiore consapevolezza e possa aiutare altre famiglie. "

Michelle ha detto di credere che lasciare Amber prendere il farmaco e vivere come vuole è l'unica vera scelta. "Siamo convinti che questo è il suo volere autentico", ha detto.

Jamie è solidale, ma non è così sicuro. "Questo è un territorio piuttosto serio", ha detto lui."Come genitore, sei sempre a ripensare".

Soltanto alcune cliniche intorno alla nazione si occupano di bambini transgender. Solo fino a circa cinque anni fa i dottori cominciarono a trattarli con farmaci bloccanti la pubertà per dargli il tempo per esplorare la loro identità di genere prima di prendere gli ormoni cui effetti sarebbero irreversibili.

Il farmaco è approvato dalla Food and Drug Administration per i bambini che iniziano la pubertà precoce, ma non per gli adolescenti transgender. Due organizzazioni professionali che studiano problemi ormonali e di genere consigliamo l'uso dei farmaci in alcuni casi transgender, ma i medici restano divisi sul fatto di prescrivere il farmaco controverso e costoso.

I sostenitori dicono che i farmaci possono prevenire la devastazione di una ragazza transessuale quando lei sente cresce peli sul viso o la voce si abbassa e quando un ragazzo transgender sviluppa il seno o comincia le mestruazioni. Si può ridurre la depressione e l'ansia ed eliminare la necessità di alcuni interventi chirurgici futuri, ha detto Jo Olson, medico di Amber e il direttore sanitario della clinica transgender all'Ospedale dei Bambini di Los Angeles.

"La pubertà nel corpo  giusto è già abbastanza difficile", ha detto Olson. "La pubertà in un corpo sbagliato è davvero molto difficile."

Altri medici, tuttavia, esprimono cautela sulla base di una mancanza di ricerca. Walter Meyer, un endocrinologo e psichiatra in Texas che lavora con pazienti transessuali, ha detto che i bloccanti per la pubertà sono utili per alcuni adolescenti, ma che conoscere quali a volte è difficile. Non tutti i bambini che si identificano con il sesso opposto finiscono come adulti transgender, ha detto, e dare farmaci a loro si può andare troppo lontano.

I farmaci sono amministrati per un innesto chirurgico nel braccio o le iniezioni mensili. Loro sopprimono la produzione d'ormoni sessuali, facendolo più facile da passare come il genere opposto, Olson disse. Se i bambini smettono di prendere i farmaci, loro passeranno attraverso pubertà.

Olson ha riconosciuto che i medici prendono decisioni cliniche sulla base di istinti e osservazioni, piuttosto che di ricerca. "Questo è ciò che rende questo incredibilmente difficile", ha detto. Olson ha detto che prescrive bloccanti solo ad adolescenti che sono in assistenza psicologica e sono stati persistenti sulla loro identità di genere.

Il padre di Amber disse che lui pensa ai soppressori di pubertà come un tappabuchi per "assicurarsi che tutti siano al 100 % ."

Ma Amber insiste che lei non vuole mai essere maschile. "Perché avrei iniziato se sto per cambiare idea?"

Aaron era un bambino quando ha fatto le sue scelte. Non gli piacevano auto o camion, scegliendo bambole di Barbie e ha vestiti su vestiti invece. Presto, lui fu attratto a "cose veramente affascinanti, splendenti, graziose," disse Michelle.

Ottenere un vestito è stata una battaglia. Ha rifiutato di indossare pantaloncini o pantaloni, chiedendo ogni giorno di indossare la sua versione di un abito - un bianco T-shirt oversize con una cintura. Il giorno di Halloween, che voleva un costume femminile, come Trilli.

11 Ottobre 2012: Giornata Internazionale del Coming Out

Giovedì 11 ottobre 2012 si celebrerà il XXIV Coming Out Day, una ricorrenza internazionale in cui si riflette sull'importanza del “coming out” (espressione che deriva dalla frase inglese coming out of  the closet, letteralmente “uscire dall'armadio a muro”).

L’idea del coming out fu introdotta nel 1869 dal tedesco Karl Heinrich Ulrichs, pioniere del movimento per i diritti di gay, lesbiche e transgender, che sosteneva l’importanza di “uscire allo scoperto” al fine di modificare l’opinione pubblica.

Il primo Coming Out Day si è tenuto negli USA l’11 ottobre 1988, grazie allo psicologo Robert Eichberg e al politico e attivista LGBT Jean O’Leary, i quali scelsero tale data in occasione dell’anniversario della seconda marcia nazionale su Washington per i diritti di uomini e donne omosessuali. Da allora, ogni anno, si organizzano eventi per celebrare il coming out in ogni parte del mondo, tutti ispirati al medesimo messaggio: “Sii te stesso, non uno stereotipo”.

Da recenti dati ISTAT è emerso che nel nostro Paese le persone che si sono dichiarate omosessuali o bisessuali sono circa un milione, ovvero il 2,4% della popolazione residente in Italia. Alla domanda “Con chi avete fatto per la prima voltacoming out”, queste hanno risposto di sentirsi più a loro agio a parlare con i propri amici e i colleghi piuttosto che con genitori o parenti, ad indicare ancora una profonda e radicata cultura etero-normativa che spesso è l’unica disponibile all’interno delle mura domestiche.

Il Coming Out Day si configura quindi come un evento fondamentale, in grado di promuovere e favorire una presa di coscienza di tutta la popolazione, perché solo attraverso un reale rispetto e una sincera accettazione potremmo permettere che il nostro amico, collega o figlio si possa sentire sereno e forte tanto da fare “coming out”.

Dalla presentazione del libro “Oltre le Gabbie dei Generi – Il Manifesto Pangender”, di Mirella Izzo, in uscita il 24 ottobre 2012:

(…) Un noto pensatore e maestro spirituale, Gurdjeff, amava dire che gli esseri umani nascono senza anima e che, per ottenerla, devono andarsela a prendere sulla Luna. Solo dopo questo viaggio simbolico potranno dichiararsi realmente umani e non semplici meccanismi biologici. Una metafora, ovviamente, ma che ci indica una realtà spesso dimenticata o rimossa: noi non siamo automaticamente “noi”. Milioni di condizionamenti, finanche prenatali, possono indirizzarci in un altrove nel quale non ci troveremo mai a nostro agio. L’“identità sessuata” non è questione inerente solo il sesso o il genere o l’orientamento sessuale delle persone. E’ un fenomeno globale che ci riempie tutti (o, al contrario, ci svuota o, ancora, ci rende distonici). Sentirsi a proprio agio con se stessi e sentire che si e quel che davvero ci si sente d’essere e che non si e caduti prigionieri di un “gioco di ruolo” nel quale la socialità dominante ci vorrebbe il più possibile uguali e omogenei a un predefinito modello o persona(ggio).

martedì 2 ottobre 2012

I Sigur Ros e John Cameron Mitchell insieme per il bellissimo video di Seraph



I Sigur Ros continuano il Valtari Mystery Film Experiment: questa volta c'è addirittura la mano del regista John Cameron Mitchell e del disegnatore Dash Shaw.

John Cameron Mitchell ce l'avete presente? E' il regista di due film culto come 'Hedwig - La diva con qualcosa in più' e 'Shortbus - Dove tutto è permesso', amatissimo dalla comunità gay proprio per le sue opere audaci.

Adesso si è messo con i Sigur Ros per realizzare 'Seraph', che comprende due canzoni dell'ultimo album della band ('Rembihnútur' e 'Ekki múkk') e fa parte della serie Valtari Mystery Film Experiment, ossia un progetto che dà massima libertà ai registi ma con un budget ristretto.

Il video ripercorre la vita di un personaggio di 'Shell Game' - film d'animazione che Mitchell sta producendo con il disegnatore Dash Shaw - dalla sua difficile giovinezza fino alla prigione.



Secondo le parole di Mitchell, che è amico di Jónsi (cantante dei Sigur Ros) da ben otto anni, 'Seraph' fonde "bullismo, religione e odio". Ma il Valtari Mystery Film Experiment è un progetto conosciuto soprattutto per il video di 'Fjögur Píanó', in cui appare Shia LaBeoufcompletamente nudo.

Altri video, ad esempio, sono 'Ég anda' 1, 'Ég anda' 2, 'Varúð', 'Rembihnútur', 'Varðeldur' e 'Dauðalogn'.

Fonte:http://artthreat.net/2012/10/sigur-ros-john-cameron-mitchell/

Uruguayani protestano dopo ondata di crimini contro transessuali nel paese.

Migliaia di sostenitori del Movimento (LGBT)  lesbiche, gay, bisessuali e transgender del Uruguay si sono riuniti  venerdì scorso  nel centro di Montevideo per difendere i loro diritti e per chiedere una risposta contro l'ondata di criminalità che ha punito la comunità transessuale quest'anno nel paese. La marcia, in cui ogni 28 settembre le minoranze sessuali uruguaiane ricorda il giorno della diversità sessuale, è andato tutto in modo festoso e pacifico il viale principale della capitale  è stato solo oscurato da un costante ricordo dei cinque transessuali che sono stati uccisi nel paese quest'anno .

Come ha spiegato alla agenzia Efe la avvocato transessuale Michelle Suarez, questi crimini "estremamente feroce" è la questione più importante da prendere in considerazione in questo momento da parte della comunità LGBT. "Questi cinque omicidi sono stati crudeli, perché successivamente sono state bruciati o tentato di bruciare. Erano lavoratrici del sesso, e la mancanza di risposte su questo tema è stato messo sul tavolo, ovviamente, la discriminazione fondata, che sembrano indicare che i transessuali siano esseri torturabili ​​e assassinabili"  ha detto Suárez.

"Come sempre, si guarda un gruppo discriminato e vulnerabile e si ritiene che i colpevoli sono tra di loro, non credo che sia un atteggiamento che porta al progresso", ha aggiunto. Nonostante questa circostanza, Suarez ha rilevato che negli ultimi anni in Uruguay "ci sono stati enormi progressi" nel trattamento di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, e che il paese è " all'avanguardia nella costituzione e nell'ambito giuridico" a cui manca solo l'applicazione di politiche sociali che cercano di aiutare le persone discriminate.

A questo proposito, il Ministero dello Sviluppo Sociale dell'Uruguay ha annunciato oggi che i transessuali possono essere qualificate come beneficiari di Social Card Uruguay, che permette di accedere all'offerta completa di assistenza sociale e il benessere dei programmi, del lavoro e di educazione per prevenire la sofferenza e l'esclusione sociale.



Negli ultimi sei anni, l'Uruguay ha:

legalizzato le unioni civili per le coppie dello stesso sesso
l'adozione di bambini da parte di genitori dello stesso sesso
recongiuzioni familiare di stranieri omosessuale
cambiamento di sesso agevolati e le variazioni delle identità di genere
gay e lesbiche possono servire nelle forze armate.