“Macelleria sociale” ripete più volte il professor Paglianti, antropologo, durante il suo intervento al convegno “dalla scoperta di sé alla trasizione”. “Macelleria sociale” quando si vuole far coincidere genere e sesso anatomico. “Macelleria sociale” quando essere uomo o donna significa rispondere ad una lista di ruoli stereotipati. “Macelleria sociale” quando si negano le sfumature di genere a favore del binarismo sessuale. “Macelleria sociale” quando si pensa che gli ultimi 100 anni di storia cancellino tutti i precedenti. E' fiero di illustrare vite di importanti personaggi del passato nelle vesti del sesso opposto. Il genere è, infatti, una costruzione sociale, una lista di norme non scritte che è variata tanto nei secoli e varia a seconda della società considerata. Sorride mentre elenca i “sintomi” della disforia di genere (della transessualità) contenuti nel manuale diagnostico DSM IV e consiglia, ridendo, “attenti uomini veri, non lavate i piatti e non buttate la spazzatura, potreste essere presi per transessuali”.
Da ognuno dei professionisti che si sussegue al microfono, medici, psicologi, legali e persone direttamente coinvolte con le problematiche trans, emerge la consapevolezza che ogni individuo (trans o non trans) incarna una variante di genere e che ogni transessuale ha la sua personale storia. Società, legge, medicina e servizi devono rinunciare al dualismo di genere sostituendolo con un ventaglio di combinazioni di maschile e femminile, svincolato dalla conformazione genitale.
Ma fuori dal policlinico G.B. Rossi di Verona, che ospita l'evento, ci sono altri “esperti di tematiche sociali”, che esprimono idee diverse. Invece di presentarsi come professori, dottori o medici si presentano con i nomi di “Christus Rex, Lotta studentesca, Famiglia e civiltà e, ben barricati dietro lo slogan le tasse degli studenti non servono per pagare i “disturbi” altrui, distribuiscono volantini dove espongono teorie virilistico-fasciste.
Attraverso “per caso” la strada e un omone grande e grosso, rappresentante di quelli che i giornali chiamano “forze di estrema destra e cattolico tradizionalisti”, mi consegna uno di questi volantini. Apprendo, così, che l'università (la paladina dell'evoluzionismo chirurgico), spiegherà come cambiare sesso, sposarsi ed adottare bambini, a persone che spesso non intraprendono il percorso di transizione per cambiare sesso ma per creare figure a metà tra uomo e donna, che popolano le strade ed i locali notturni. Questa nuova tendenza, lontana dal buon gusto, non dovrebbe assolutamente essere oggetto di discussione all'interno di un'università, popolata da ragazzi e ragazze educati secondo natura per essere uomini e donne veri.
“Piacere, sono Michela e sono trans”, mi viene da dire all'omone, che bofonchia qualcosa tra un “oh ed un ah”. Chiedo perché siano li, a presidiare e a distribuire questi volantini e mi viene risposto “Perché qui si insegna a diventare trans”. Rispondo che, evidentemente, è mal informato. Il convegno tratta, infatti, dell'accettare se stessi senza dover combaciare con stereotipi di genere e che non necessariamente significa affrontare una transizione, ma solo star bene con se stessi. Mi viene risposto, con tono scocciato, che “non sono certo questi i problemi dell'Italia”.
Tornata dall'altro lato della strada Barbara X, scrittrice, attivista per i diritti trans ed antispecista, capendo l'ideologia alla base di tale presidio, espone una bandiera antifascista e sottolinea che manifestare per negare l'esistenza ad una categoria di persone (colpevoli di interpretare il sé secondo scienza e non secondo stereotipo) non può essere permessa, visto che l'Italia, democratica, è antifascista per costituzione.
Con mio grande rammarico, scopro che il presidio è autorizzato e che le “forze dell'ordine” presenti invitano Barbara a mettere via la bandiera perché, così facendo, stava dando via ad un contropresidio che, a differenza di quello dall'altro lato della strada, non aveva il benestare della questura. Le “forze dell'ordine” ci invitano a proseguire verso il convegno perché “il vostro posto è la dentro” mentre, evidentemente, stavamo infastidendo la regolare, giusta, transfobica manifestazione catto-fascista che, protetta dalle forze dell'ordine, era li per insegnare il verbo a chiunque passasse di lì: le persone trans sono una malattia contagiosa, a questo convegno vogliono farvi diventare trans.
“Macelleria sociale” è permettere manifestazioni con questi contenuti. Mi sarebbe stato permesso, davanti ad un convegno che parla di disabilità, di puntare il dito su questa categoria di persone,mezzi uomini e mezzi macchina, nuovi mostri dell'evoluzionismo chirurgico, che popolano i marciapiedi facendo spendere milioni di euro per abbattere le barriere architettoniche?
Secondo il signore della digos avrei tutto il diritto di farlo, perché siamo in democrazia. Io credo sarei stata, giustamente, lapidata dai passanti (che non credo sarebbero stati considerati un contropresidio). Qual'è la differenza tra la prima, reale, e la seconda, provocatoria, manifestazione? Ci sono persone che hanno più diritto all'esistenza di altre? Ci sono fascismi permessi e fascismi vietati? Credete ancora che una legge contro l'omotransfobia non serva?
C'è poi un altro dato, secondo me, altrettanto grave: accettare di essere macellat* socialmente. La stragrande maggioranza di persone, anche transessuali, che partecipa al convegno ritiene che fuori ci siano solo quattro poveracci non degni di attenzione. Peccato che questi “poveracci” siano fuori con uno striscione, un megafono ed altri volantini, a sputare ignoranza, pregiudizio e odio verso le persone trans verso ignari passanti o curiosi che, forse, senza questo bagno di sentenze sarebbero entrati ad informarsi sulle tematiche di genere.
Il convegno è stato definito un trionfo ma, mi chiedo, come possiamo definirci trionfanti se ignoriamo la dilagante transfobia, sminuendo la gravità di certi episodi? Non è forse il caso di smetterla con il qualunquismo e iniziare a reagire agli insulti della gente imbevuta di ideali che puzzano di vecchio?
In nome di quale democrazia dovremmo permettere a questa “macelleria sociale” di funzionare? Perché devo girarmi e vedere la dignità delle persone ridotta a mezzene e frattaglie da macellai legalizzati che brandiscono la lama dell'ignoranza?
Non è forse ora di reagire dando qualche scornata a questo sistema virilistico-fascista che pretende di decidere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato senza sapere nemmeno di cosa stanno parlando?
Non sarebbe, forse, il caso di pensare ad una manifestazione, ad un Verona pride, per dire a questa gente che siamo orgoglios* di essere transgender ed omosessuali e che i socialmente disadattati non siamo noi?
Spero che a seguito di questa riflessione sorgano idee per mettere in atto contromisure da parte della comunità GLBTIQ, in modo che episodi del genere non si ripetano perché, diciamocelo, non ne possiamo più di essere carne da macello.
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