1 DICEMBRE. GIORNATA MONDIALE LOTTA ALL'AIDS


Il Governo ha risposto positivamente all'interrogazione urgente di Franco Grillini (Valdo Spini e Fabio Baratella) in occasione del primo dicembre giornata mondiale per la lotta all'aids.

Nell'interrogazione i tre deputati della Costituente socialista avevano chiesto al Ministro della salute di intervenire per superare la disparità tra regione e regione nell'accesso al test diagnostico per il virus hiv.

E' noto che in Italia si stimano 120 mila sieropositivi quasi la metà non è al corrente della propria condizione sierologica. Si stimano poi 4 mila nuove infezioni ogni anno.

Molte persone arrivano al test dell'hiv solo a malattia conclamanta, e molti non si recano nei centri diagnostici, per paura e perché in alcuni centri il test diagnostico non è gratuito e anonimo come impone la legge.

Il Governo si impegnerà perché la legge sia applicata con vigore su tutto il territorio garantendo le condizioni della massima accessibilità, gratuità e anonimato e ha preso impegni anche per favorire una visione non negativa della condizione dei sieropositivi sui quali grava un ingiusto stigma sociale.

Il Governo ha risposto positivamente anche al quesito sui profilatici sui quali è in corso una campagna del PSE per il taglio dei loro costi e l'abbattimento dell'IVA al 10% per il quale i deputati socialisti hanno presentato un emendamento alla finanziaria 2008.

Domani mattina a Bologna Franco Grillini insieme ai socialisti Mauro Del Bue, Saverio Zavattieri ed Enrico Boselli e la presenza di Alessandro Cecchi Paone, presso il Comune di Bologna, parleranno anche del problema della lotta all'aids in Italia e distribuirano preservativi marchiati Pse.



Segue il testo dell'interpellanza urgente e lo stenografico in corso di seduta



Ufficio Stampa Franco Grillini







Interpellanza urgente

AL MINISTRO DELLA SALUTE

ON. LIVIA TURCO

I sottoscrittori per sapere premesso che,

và riconosciuto al Ministro della Salute coerenza e coraggio nell'aver promosso una Campagna di informazione su HIV/AIDS che riavvicina il Paese agli standards europei e che finalmente il Ministero della Salute ha adottato il preservativo, unico presidio preventivo, quale oggetto della campagna.

Considerato che

l'Italia paga purtroppo il prezzo di una politica preventiva assolutamente inesistente durata più di venti anni.

Una buona campagna preventiva sui media, che ci faccia finalmente dimenticare i messaggi o terroristici o esageratamente edulcorati e moraleggianti delle campagne passate, comunque non esaurisce la vastità e la complessità dei problemi posti in essere dalla diffusione della pandemia hiv/aids.

Tra i più urgenti segnaliamo l'accessibilità al test, come ha sottolineato una inchiesta del mensile "Pride" [allegato A] e del mensile "Il Cassero" [allegato B] che ravvisano, proprio rispetto all'accessibilità al test gravi alterazioni.

L'accesso al test diagnostico viene segnalato in preoccupante diminuzione, con pericolose conseguenze sulla ricostruzione del quadro epidemiologico, e, in caso di sieropositività, con rischio di ritardo nella diagnosi e nel conseguente inizio della terapia con maggiori difficoltà nella preservazione e ricostituzione del sistema immunitario.

Le difficoltà di accesso al test derivano in buona misura dall'inadempimento delle norme del D.M.1/2/91 e della Legge 135 del 1990, che qualificano il test come gratuito, anonimo e volontario.

In molte Regioni, deroghe consentite dal 1995 attribuiscono un costo al test e da anonimo lo ridefiniscono come "confidenziale".

Lo stesso sito del Ministero non può evitare di segnalare quanto sopra riportato, ma evidenziamo che tali deroghe determinano gravissime disparità di trattamento tra i cittadini, e scoraggiano, in moltissimi casi, e soprattutto nei piccoli centri, l'accesso al test.

Le difficoltà a reperire sul territorio nazionale centri che offrano il test in maniera gratuita e anonima paiono insormontabili tanto che il test stesso appare "scoraggiato".

Lo Stesso Ministero della Sanità e Istituto superiore della sanità offrono un elenco lacunoso e datato di centri ai quali rivolgersi per sottoporsi al test (risale al 2006 e molti centri segnalati sono ora chiusi) e di difficile accessibilità sul web (alle pagine: www.iss.it/publ/stru/cont.php?id=2081&lang=1&tipo=7&anno=2006e www.ministerosalute.it/hiv/paginaInternaHiv.jsp?id=183&menu=strumentieservizi)

Aggiunto che

più volte l'Associazionismo che lotta contro al diffusione dell'aids (Lila, Asa, Ala, Anlaids, Nadir, Nps e Arcigay per la popolazione omosessuale) hanno sottolineato, nel corso delle riunioni della Commissione lotta all'aids che il costo del preservativo è troppo elevato e che andrebbe calmierato e che, al preservativo tradizionale si stanno affiancando forme di prevenzione diversificate che in Italia stentano a diffondersi come il preservativo femminile.

e che

l'aids si sta avviando a diventare, grazie ai farmaci, una malattia cronica, e molti Paesi hanno adottato campagne informative che mettono in luce, in positivo, l'esperienza di vira delle persone sieropositivite. E' il caso, ad esempio, di una campagna tedesca con lo slogan "I sieropositivi hanno una sessualità".

In Italia non si è mai lavorato sulla condizione di sieropositività declinata in positivo, ma, al contrario, abbiamo assistito nel corso degli anni a campagne vergognosamente colpevolizzanti per le persone contagiate.

Le stesse oltre a combattere contro il virus si sono scontrate, molto spesso con esisti disastrosi, con violenta discriminazione, esclusione sociale e pregiudizio.

Si chiede al Signor Ministro

- se intenda garantire la piena applicazione della del D.M.1/2/91 e della Legge 135 del 1990 al fine di assicurare in tutti i centri del territorio nazionale, senza eccezioni, un accesso al test pienamente gratuito, anonimo e volontario e promuovere l'accessibilità al test anche sulla base di esperienze pilota come quella di Arcigay Bologna, che per la campagna di accessibilità ha scelto lo slogan “facile come fare il test hiv”.

- Se intenda promuovere la visibilità e la reperibilità dei centri MTS e delle strutture pubbliche che offrono accesso al test hiv gratuito, anonimo e senza impegnativa del medico.

- Se intenda sostenere un rilancio autentico della prevenzione attraverso il finanziamento di progetti per la distribuzione di grandi quantitativi di preservativi.

- Se intenda porre in essere interventi per calmierare il costo dei preservativi e se intenda promuovere l'uso e la diffusione, previa verifica scientifica della sua sicurezza, del preservativo femminile.

- Se il Ministero non intenda promuovere, in via immediata, campagne informative che affrontino il problema dell'inclusione sociale delle persone sieropositive e iniziative pratiche per la lotta alla discriminazione dei sieropositivi.

On. Franco Grillini, On. Valdo Spini, On. Fabio Baratella



On. Franco Grillini, On. Valdo Spini, On. Fabio Baratella



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Svolgimento di interpellanze urgenti

(ore 18).



(Misure di contrasto alla diffusione del virus dell'Aids, con particolare riferimento alle iniziative per garantire l'accesso gratuito e anonimo al test HIV, nonché iniziative per l'inclusione sociale delle persone sieropositive - n. 2-00862)



PRESIDENTE. L'onorevole Grillini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00862, concernente misure di contrasto alla diffusione del virus dell'Aids, con particolare riferimento alle iniziative per garantire l'accesso gratuito e anonimo al test HIV, nonché iniziative per l'inclusione sociale delle persone sieropositive (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).



FRANCO GRILLINI. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica, dal momento che il testo dell'interpellanza è pubblicato in allegato all'ordine del giorno della seduta odierna.



PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Grillini.

Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.



GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, i recenti successi dei trattamenti farmacologici per l'infezione da HIV hanno contribuito a ridurre l'incidenza dell'AIDS. La possibilità di offrire alle persone HIV-positive terapie efficaci nel ritardare l'evoluzione dell'AIDS e nel migliorare la qualità della vita, impone una maggiore attenzione per le fasi iniziali dell'infezione, anche perché la maggiore sopravvivenza delle persone HIV-positive comporta il prolungamento del periodo di trasmissione, e ciò potrebbe preludere ad una riemersione dell'epidemia. Per le note modifiche costituzionali, emerge la necessità inscindibile del coinvolgimento delle regioni nella definizione di un sistema di sorveglianza nazionale sull'infezione e nella contestuale incentivazione dei cittadini ad effettuare il test HIV. A tal fine, il Ministero della salute ha predisposto, in collaborazione con i rappresentanti regionali e con esperti della Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS e dell'Istituto superiore di sanità, un documento tecnico finalizzato all'istituzione di un sistema nazionale di sorveglianza delle nuove infezioni da HIV, che ha già ricevuto il parere favorevole del Coordinamento interregionale per la prevenzione e della Consulta delle associazioni per la lotta contro l'AIDS.

Attualmente si sta elaborando uno schema di decreto ministeriale che possa garantire l'assoluto anonimato, come richiesto dalla normativa vigente, e la gestione del flusso di notifica. In parallelo, si sta avviando un progetto nazionale di estensione del predetto sistema di sorveglianza, coordinato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM), in totale collaborazione con le regioni. Non si può peraltro prescindere da una politica sanitaria di prevenzione realizzata in sede locale, in applicazione di quanto disposto per il rispetto dell'anonimato dalla legge 5 giugno 1990, n. 135, e dal decreto ministeriale 1o febbraio 1991, che prevede l'esenzione dal pagamento delle quote di partecipazione alla spesa, limitatamente alle prestazioni

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di diagnostica strumentale e di laboratorio, e alle prestazioni specialistiche correlate, anche per soggetti affetti da HIV e per quelli per i quali vi sia il sospetto della patologia, ai soli fini dei relativi accertamenti diagnostici.

Nel documento tecnico già citato, per quanto riguarda le modalità di accesso al test, viene espressamente specificato quanto segue. Per facilitare l'accesso al test per i soggetti con comportamenti a rischio e per ridurre il periodo che intercorre tra la diagnosi e la presa in cura dei soggetti positivi, è indispensabile che da parte dei centri di prelievo pubblici accreditati il test sia: anonimo, per garantire la riservatezza delle informazioni e la privacy individuale; gratuito, in quanto l'accertamento diagnostico non deve comportare il pagamento di ticket da parte degli utenti (le motivazioni per l'esenzione sono riferibili o al comportamento a rischio o all'esposizione accidentale da parte di lavoratori); con accesso diretto, per consentire all'utente che si presenta presso una struttura pubblica per l'effettuazione del test HIV senza una prescrizione medica, di acquisirla presso la struttura stessa.

È necessario aggiungere che la consegna dei risultati del test, sia positivi sia negativi, deve essere effettuata direttamente all'interessato da personale appositamente preparato a svolgere supporto e informazione. In particolare, la consegna dei risultati negativi deve essere accompagnata da informazioni sulle caratteristiche dell'infezione, in modo che il soggetto risulti informato sulla possibilità che il test sia risultato negativo pur in presenza di un'infezione, perché il soggetto potrebbe trovarsi nel «periodo finestra». Inoltre, deve essere informato sul rischio di infezione derivante dai propri comportamenti per, eventualmente, modificarli e/o sull'opportunità di sottoporsi a controlli periodici.

La comunicazione dei referti positivi dovrà, invece, costituire la prima occasione per avvicinare i pazienti ai centri specializzati e quindi alla cura dell'infezione. In merito alla necessità che sia data maggiore visibilità alle strutture inserite nel sistema di sorveglianza, il Ministero ha promosso un progetto relativo allo sviluppo di un modello da adottare per migliorare l'adesione al test, individuando metodologie efficaci e implementabili su tutto il territorio nazionale strettamente connesse al ruolo svolto dalle associazioni per la lotta contro l'AIDS, oltre che alla necessità di un continuo aggiornamento dei dati relativi alla reperibilità dei centri abilitati. Si segnala che l'Istituto Superiore di Sanità ritiene di poter stimare che il numero di test HIV effettuati sia rimasto stabile negli ultimi due anni, attestandosi attorno ai 9 milioni, sia nel 2005 sia nel 2006. Anche se il numero dei test sembra rilevante (circa un terzo di essi viene effettuato di routine sui donatori di sangue, gli altri su base apparentemente volontaria), deve essere precisato che oltre il 60 per cento delle persone con AIDS scoprono di essere sieropositive al momento della diagnosi di malattia conclamata. Ciò suggerisce che, comunque, una quota rilevante di sieropositivi non effettua il test sierologico per HIV.

Si precisa, inoltre, che il lavoro menzionato dagli interpellanti, dal titolo Infezione da HIV e AIDS. Centri diagnostico-clinici presenti sul territorio nazionale, pubblicato nell'anno 2006, si riferisce ad un'indagine effettuata nel 2005 dai ricercatori dell'unità operativa Telefono Verde AIDS, ed avviata dopo aver contattato i referenti delle strutture diagnostico-cliniche che effettuano il test per la ricerca degli anticorpi anti-HIV. In merito all'elenco dei centri dove è possibile effettuare il test anti-HIV, si precisa che nel sito istituzionale del Ministero e in quello dell'Istituto Superiore di Sanità sono riportati 524 centri, suddivisi per regioni e province, la cui capillarità sul territorio consente la facile fruizione da parte degli utenti. L'Istituto ha confermato che l'équipe effettua il relativo aggiornamento con cadenza annuale. L'ultimo aggiornamento è stato effettuato nel periodo aprile-settembre 2007, per poter fornire agli utenti che contattano il numero verde AIDS indicazioni precise e puntuali in merito

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alle strutture dove poter effettuare il test. Si precisa, inoltre, che, allo stato attuale, non risulta al Ministero della salute, al contrario di quanto riportato nell'interpellanza in discussione, che in alcune regioni il test non sia gratuito e non abbia la caratteristica dell'anonimato.

Per quanto concerne la promozione di campagne informative, che tengano conto del problema della non discriminazione delle persone sieropositive, a tutti i livelli sociali, si rappresenta che la nuova campagna per la lotta contro l'AIDS 2007-2008, sarà rivolta direttamente e specificamente anche alle persone sieropositive e alla loro sessualità. Ciò rappresenta un elemento fondamentale di novità; va evidenziato, infatti, che oggi le persone sieropositive - per il concorrere di molteplici fattori, tra cui l'efficacia delle cure - hanno prospettive di vita molto differenti dai primi anni dell'epidemia, molte di loro sono libere dalla malattia e continuano ad avere relazioni sessuali. Nonostante ciò, per molte persone sieropositive, una delle paure più grandi è quella di non poter avere più di una vita sessuale soddisfacente; la comprensione e l'apertura nei loro confronti sono obiettivi irrinunciabili in una società civile e aperta a principi di solidarietà. Pertanto, a loro devono essere indirizzati messaggi che presentino la possibilità di continuare ad avere una vita sessuale serena e consapevole, senza esporre altre persone a rischio di infezione. Il messaggio della non discriminazione sarà contenuto negli opuscoli informativi che saranno diffusi sul territorio, rivolti a tutta la popolazione ed in modo particolare ai giovani.

In merito al costo dei preservativi e ad un possibile intervento del Ministero della salute per un calmiere, va precisato, innanzitutto, che il Ministro Livia Turco ravvisa in tale dispositivo medico uno strumento indispensabile per la prevenzione dell'AIDS e delle malattie a trasmissione sessuale.

Nell'ambito del programma «Guadagnare salute», che vede il coinvolgimento del mondo imprenditoriale, è intendimento del Ministro pervenire, appena possibile, alla sottoscrizione di un accordo con le aziende interessate, allo scopo di fornire sul mercato preservativi a costo contenuto, facilmente disponibili per le categorie di cittadini economicamente più deboli e per il mondo giovanile.



PRESIDENTE. L'onorevole Grillini ha facoltà di replicare.



FRANCO GRILLINI. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto della risposta fornita dal sottosegretario e intendo spiegare il perché, sia pure con alcune specificazioni. Anzitutto vorrei ricordare, ma penso che il sottosegretario lo sappia, che sabato prossimo, come ogni 1o dicembre, si celebrerà la Giornata internazionale dedicata dall'OMS (l'Organizzazione mondiale della sanità) alla lotta contro l'AIDS. Nell'ambito di tale giornata assisteremo a numerose iniziative; una ufficiale del Ministero della salute che si terrà a Roma, con un concerto, le altre organizzate dalle associazioni di lotta contro l'AIDS.

Dal momento che intervengo come socialista, membro del Partito socialista europeo, voglio ricordare che il PSE ha deciso di dare vita ad una campagna in tutta Europa e, se fosse possibile, vorrei mostrare il manifesto di tale campagna al sottosegretario e al Presidente dell'Assemblea, nel quale è scritto: «Tagliamo l'AIDS, tagliamo l'IVA sui preservativi» e vi è l'immagine di un profilattico (Il deputato Grillini mostra un volantino). In occasione della predetta campagna verranno distribuiti gratuitamente, a cura del Partito del socialismo europeo, alcuni milioni di profilattici per sensibilizzare l'opinione pubblica, la popolazione e le istituzioni sul fatto che - come è stato affermato da lei, signor sottosegretario, e dal Ministro Turco (di ciò ovviamente mi compiaccio) - il profilattico è uno strumento indispensabile per la lotta ad una malattia che l'Organizzazione mondiale della sanità e l'UNAIDS (l'organizzazione dell'OMS predisposta a combattere l'AIDS) definiscono come uno dei principali problemi sanitari del mondo e, sicuramente, per quanto riguarda l'Africa, come la principale causa di morte della popolazione.

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Signor sottosegretario, ci troviamo di fronte ad una diffusione della malattia che è quasi eufemistico definire preoccupante. Vorrei fornire alcuni dati dell'UNAIDS che sono abbastanza noti e che, presumo, nei prossimi giorni saranno resi noti anche dalla stampa, relativi al numero di malati nel mondo registrati da quando la malattia è apparsa ad oggi: si calcola che siano 33 milioni 200 mila le persone affette da HIV, 2 milioni 500 mila quelle che hanno appena contratto il virus e 2 milioni 100 mila i malati deceduti per AIDS. Si stima, inoltre, che il picco di incidenza globale dell'infezione da HIV (ossia il numero di nuove infezioni contratte ogni anno), sia stato raggiunto alla fine degli anni Novanta quando venivano registrati oltre 3 milioni di nuovi casi all'anno; nel 2007 le nuove infezioni ammontano a 2 milioni 500 mila, con una media di oltre 6 mila 800 al giorno. Per quanto riguarda l'Italia, il dato è di 57 mila casi stimati dal 1982 (quando è iniziato il monitoraggio) e di 35 mila decessi. Tuttavia, come afferma il documento del COA, il centro operativo AIDS del Ministero della salute, è probabile che il numero di decessi a causa dell'AIDS sia sottostimato a causa della non obbligatorietà della notifica del decesso.

Ogni giorno, lo riporta un utile articolo apparso oggi sul Corriere della Sera, undici italiani diventano sieropositivi; sono 4 mila nel 2007, che porteranno a 140 mila il numero di coloro che hanno contratto il virus dell'HIV, di cui il 30-35 per cento è costituito da donne. I nuovi casi di AIDS conclamati alla fine del 2007 saranno circa 1.200.

Signor sottosegretario, sono dati che non possono non destare preoccupazione e che, ovviamente, dovrebbero far sì che l'iniziativa del Governo fosse rapida, efficace e capace di intervenire su questo tema, come hanno fatto tutti gli altri Governi europei. In Italia, purtroppo, se guardiamo a ciò che è stato realizzato in passato, si può affermare che, più che le istituzioni (in particolare il Ministero della salute), hanno lavorato le associazioni.

Sempre in ordine a sabato prossimo, si svolgerà un'iniziativa del partito socialista in quattro città italiane (Roma, Orvieto, Bologna e Milano) dove verrà distribuito il materiale precedentemente mostrato e si svolgerà un'iniziativa delle associazioni di lotta contro l'AIDS, riunite nella consulta ministeriale. Tra l'altro, sono stato tra coloro che hanno partecipato a questa consulta in rappresentanza dell'associazione Arcigay fin dalla sua prima riunione nel 1990.

L'opera di questa associazione è stata assolutamente meritoria. Ad esempio, sabato prossimo l'Arcigay sarà presente in ben 35 città e mi auguro che i mezzi di informazione finalmente si accorgano che il volontariato e l'associazionismo sono intervenuti in questa materia in modo costante dal 1982 ad oggi, spesso senza l'aiuto delle istituzioni, con pochi mezzi e con la grande disponibilità e l'entusiasmo che caratterizzano da sempre il lavoro dell'associazionismo.

Uno dei temi rilevanti del primo dicembre sarà, ovviamente, il problema delle persone colpite dal virus dell'HIV, ovvero delle persone sieropositive, delle quali non si conosce il numero in Italia. Il nostro Paese è, infatti, uno dei pochi Paesi europei che non può rispondere a questa domanda, in quanto non esiste un sistema di rilevazione nazionale così come avviene per i casi di AIDS che abbiamo citato prima. Solo poche regioni e province, inoltre, hanno autonomamente deciso di registrare questo dato essenziale per comprendere l'andamento delle epidemie. I pochi dati aggregati a disposizione sono inviati all'European centre for the epidemiological monitoring of AIDS che in numerose tabelle riporta il dato di assenza per quanto riguarda l'Italia.

I pochi dati che sono in nostro possesso - qualcuno lo citava, anche lei precedentemente - mostrano che le informazioni sulle nuove infezioni non sono molto tranquillizzanti. Se la media nazionale si attesta sul 7,6 per cento ogni 100 mila abitanti, a livello locale si registrano picchi come ad esempio a Rimini (come è scritto in un bell'articolo della rivista del circolo

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dell'Arcigay di Bologna Il Cassero) che si attesta al 14 per cento ogni 100 mila abitanti.

Il dato più preoccupante - lo citava anche lei - è che nel 53 per cento dei casi di AIDS sono intercorsi meno di sei mesi tra il primo test positivo e l'evoluzione dell'infezione. Questo dato ci mostra che molte persone, che hanno avuto comportamenti a rischio, non si sono sottoposte per tempo al test. Il tema del test, a mio avviso, è centrale (come sembra centrale all'associazionismo e al volontariato che si battono su tale terreno), perché in Italia si stima una cifra ben oltre le 100 mila persone sieropositive e di queste oltre il 50 per cento non sarebbe a conoscenza di essere sieropositiva.

La non conoscenza, ovviamente, fa sì che tali persone continuino a tenere comportamenti a rischio, favorendo la diffusione dell'infezione, ma soprattutto fa sì che non si curino della propria salute. Come prevede l'articolo citato in precedenza, ogni diagnosi precoce è essenziale per una buona riuscita della terapia antiretrovirale, mentre il ritardo nella diagnosi comporta sia una maggiore difficoltà nella ricostruzione del sistema immunitario, sia una maggiore esposizione a talune malattie, che approfittano dell'incapacità del sistema immunitario di respingere e attaccare l'organismo. Dunque, siamo in una situazione in cui molte persone sieropositive non sanno di esserlo, non si curano e scopriranno di essere state infettate dal virus HIV soltanto a malattia conclamata. Quindi, bisognerebbe adottare una campagna molto forte per invitare le persone a fare il test. Perché molte persone non si sottopongono al test? Lei ci ha fornito un dato molto interessante relativo a 9 milioni di test l'anno. In Italia vi è una popolazione di 58 milioni di abitanti, pertanto si potrebbe dire che, nel giro di pochi anni, tutti si sottoporranno al test. In realtà, non è così, perché 3 milioni sono test di routine per le persone che donano il sangue, mentre gli altri 6 milioni sono test eseguiti, a volte anche senza chiedere il consenso, come invece prescrive la normativa vigente, nei confronti di chi entra in una qualsivoglia struttura sanitaria italiana. Quindi, spesso si sottopongono al test persone per le quali esso è ridondante, mentre non lo esegue chi dovrebbe.

In alcuni casi, non ci si sottopone al test perché si ha paura di un responso negativo. Perché si ha paura di un responso negativo? Signor sottosegretario, perché esiste ancora uno stigma fortissimo nel nostro Paese verso le persone sieropositive, che vengono percepite come una minaccia. Si sa che rapporti normali con una persona sieropositiva non sono a rischio di contagio, così come i banali rapporti personali, un abbraccio o un bacio, e che, viceversa, sono gli altri a rappresentare un elemento di rischio per le persone sieropositive. Tuttavia, la paura irrazionale verso le persone sieropositive è ancora fortissima e porta moltissime persone sieropositive a nascondersi, a non dirlo a nessuno e, quindi, a vivere la condizione di sieropositività in grandissima sofferenza quando, invece, come ha affermato anche lei, una diagnosi precoce consentirebbe alle persone sieropositive di tenere sotto controllo e ricostruire il sistema immunitario e di condurre un'esistenza pressoché normale, con un'aspettativa di vita tra i trenta e i quaranta anni dopo la diagnosi di sieropositività, che è una malattia che si cronicizzata, con cui si può convivere.

Ovviamente, il messaggio non deve diventare eccessivamente tranquillizzante, perché altrimenti qualcuno potrebbe pensare che, essendoci le pillole, non ci siano problemi e si possano pure tenere comportamenti a rischio. Bisogna, però, anche dire che si può condurre una vita normale come persone sieropositive e che una persona sieropositiva non è un rischio per il resto della società. Dunque, credo che, da tale punto di vista, la campagna del Ministero della salute sia positiva. Ben venga l'osservatorio, ma soprattutto devono essere garantiti la gratuità e l'anonimato, che sono essenziali per spronare il maggior numero possibile di persone a rivolgersi ai centri diagnostici.

Lei ha affermato che il Ministero smentisce che in alcune regioni il test non sia

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gratuito e anonimo. A noi non risulta. Ci risulta, invece, che in alcune regioni venga richiesta addirittura la ricetta del medico, che non può essere anonima, e che vi sia un costo. Tanto è vero che persino sul sito del Ministero della salute, alla domanda se sia possibile sottoporsi a esami e controlli mantenendo l'anonimato, si risponde affermando che nella maggior parte dei centri è possibile, mentre negli altri centri essi sono, comunque, strettamente confidenziali. Quindi, lo stesso Ministero della salute ammette che il test non sia anonimo dappertutto. Inoltre, alla domanda se nelle strutture pubbliche il test sia gratuito, si risponde: spesso lo è, ma non sempre, perché dal 1o giugno 1995 vi sono normative che variano da regione a regione e che integrano il decreto ministeriale 1o febbraio 1991 ed altro. Pertanto, come vede, la conferma di quanto riportato nell'interpellanza viene addirittura dallo stesso sito del Ministero della salute.

Quindi, vi è una disparità, da regione a regione, rispetto all'anonimato e alla gratuità. Se tale anonimato e tale gratuità non vengono assolutamente garantiti su tutto il territorio nazionale, sarà difficile convincere a eseguire il test le persone che hanno tenuto comportamenti a rischio. Mi permetta di affermare, a tal proposito, che sarebbe bene superare la tassonomia del Ministero della salute, perché si parla di una classificazione che io contesto fin dall'apparire della malattia e che credo sia profondamente sbagliata. L'AIDS è l'unica malattia che si definisce per chi la prende e non per come si prende, quindi la classificazione è sbagliata, sia da un punto di vista scientifico, a mio parere, sia dal punto di vista del messaggio che si vuole produrre e propagandare. La classificazione parla di contatti omo/bisessuali, di tossicodipendenti omosessuali, di emofilici, di trasfusi, di contatti eterosessuali (non parla di tossicodipendenti eterosessuali: evidentemente i tossicodipendenti eterosessuali per il Ministero della salute non esistono), poi di altro non determinato. È una classificazione sbagliata, perché l'infezione avviene con modalità conosciute: per via sessuale, con rapporti non protetti dall'uso del profilattico, con l'uso di siringhe infette e durante il parto. L'ultima modalità in qualche modo si può superare attraverso il parto cesareo (sono diminuite radicalmente le infezione da HIV durante il parto), ma tutte le altre avvengono con le ricordate modalità. Perché non classificare in tal modo? Che differenza c'è tra un omosessuale e un eterosessuale, rispetto all'infezione attraverso rapporti sessuali non protetti dall'uso del profilattico?

Ora, da questo punto di vista, è noto che se si parla di come un'infezione si può propagare risulta immediatamente evidente il sistema di prevenzione: se affermo che si trasmette con l'uso di siringhe infette, è evidente che non bisogna usare siringhe infette; se affermo che si trasmette per via sessuale, con rapporti sessuali non protetti, è ovvio che bisogna utilizzare i preservativi nei rapporti sessuali; se invece affermo che l'AIDS è un problema di tossici, di omosessuali e via dicendo, e faccio pudicamente riferimento a contatti eterosessuali per tutti gli altri, allora vi sarà chi è autorizzato a pensare che il problema non lo riguarda, mentre il problema riguarda tutti, e autorizza molti cittadini a pensare che, siccome si tratta di una questione che riguarda tossici e omosessuali, allora possono intrattenere tranquillamente rapporti a rischio. Quindi, è una classificazione sbagliata. Lo ripeto: se si dicesse la verità, cioè che la grande maggioranza delle infezioni da virus HIV avviene attraverso rapporti sessuali non protetti, risulterebbe automatico indicare come bisogna proteggere i rapporti sessuali, cioè con l'uso del preservativo.

In Italia, signor sottosegretario, i preservativi sono carissimi, sono i più cari d'Europa: una media di due euro a profilattico, in vecchie lire sarebbero quattromila. Ormai diventa proibitivo non solo arrivare alla fine del mese, ma anche avere una vita sessuale, perché nel nostro Paese diventa caro anche fare sesso e quindi proteggersi, cioè fare sesso in buona salute. Ora è molto facile, perché in Europa vi è una normativa che propone una tassa minima sui profilattici del 5 per cento. Noi socialisti abbiamo proposto un

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emendamento al disegno di legge finanziaria per il 2008, che tende a ridurre non solo il prezzo del profilattico, ma a favorirne anche la diffusione, erogando al Ministero i fondi e le risorse che ne garantiscano la piena diffusione. Sappiamo bene che, sul profilattico purtroppo è stata combattuta una battaglia ideologica negli ultimi anni, in particolare in Italia. Sappiamo bene che l'informazione è stata difficile, soprattutto nelle scuole, soprattutto laddove è presente l'età giovanile in cui si inizia l'attività sessuale e si scopre la sessualità. A proposito del fatto che tuttora, in Italia, nelle scuole non si faccia educazione sessuale, a me piacerebbe che il Ministero della salute e il Ministero della pubblica istruzione inviassero un messaggio chiaro.

È un diritto dei giovani sapere come evitare le malattie a trasmissione sessuale e come fare in modo di avere una sessualità serena, tranquilla, responsabile e piacevole, dato che il sesso è anche piacere. Bisogna dare alla sessualità una connotazione positiva e non semplicemente gravata dal vecchio moralismo. Il vecchio moralismo, signor sottosegretario, è il principale nemico della battaglia che stiamo conducendo contro la diffusione dell'HIV e delle malattie a trasmissione sessuale. Il moralismo purtroppo ha portato alcune organizzazioni religiose fondamentaliste a fare, come abbiamo osservato nella capitale del Kenya, addirittura i roghi dei profilattici. Bisogna mettere a disposizione questo presidio sanitario in modo tale che costi poco, che sia spesso gratuito, sicuro, che abbia la massima diffusione possibile e che costituisca un elemento normale della consuetudine della nostra vita quotidiana. Per fare tutto ciò occorrono messaggi decisi, spregiudicati, capaci di utilizzare il linguaggio giovanile, di rivolgersi al maggior numero possibile della popolazione e che facciano riferimento ad una visione non negativa della sessualità e del piacere sessuale. Da questo punto di vista, il Ministero finalmente ha approntato una campagna spregiudicata ed anche le associazioni, il volontariato, ed io stesso ci associamo ad un giudizio positivo rispetto a tale azione.

Ci dobbiamo chiedere se tutto ciò sia sufficiente. Ci dobbiamo chiedere se non occorra una disponibilità maggiore di fondi anche nella stessa legge finanziaria. Signor sottosegretario siamo ancora in tempo per stanziare tali fondi perché il costo in termini di sofferenza personale, prima di tutto, ma anche in termini di costi fisici e materiali per le ASL, per il sistema sanitario italiano, di un malato di HIV e di AIDS è altissimo e si potrebbe evitare. L'AIDS è una malattia che si può evitare perché abbiamo uno strumento - l'informazione e la prevenzione - di un'efficacia straordinaria. Per concludere, pur con le precisazioni che ho espresso in precedenza, mi dichiaro di nuovo soddisfatto della risposta del Ministero. Invito tuttavia il Ministro della salute, dato che il tempo è sempre pochissimo, a non ripetere gli errori di tutti i Ministri precedenti.

Ricordo, per esempio, il Ministro Degan, nel 1984, quando disse che l'AIDS non era un problema per l'Italia. Eravamo al quattordicesimo posto nella classifica europea per numero di casi, e ora siamo al terzo, signor sottosegretario, dunque tale tipo di politica dei Ministeri della sanità purtroppo ha fatto sì che ora siamo al terzo posto in Europa. Poi arrivò il Ministro Donat Cattin, che disse che mai e poi mai avrebbe organizzato la propaganda per i profilattici perché secondo lui si rompevano, ma non so da quali informazioni traesse questa convinzione personale. Successivamente, fu nominato Ministro De Lorenzo e vi furono le tangenti, anche se va dato atto allo stesso Ministro De Lorenzo di essere stato il promotore della legge che oggi abbiamo citato, che garantisce l'anonimato e la gratuità, di aver avuto una visione, per la prima volta, laica di questo tema, e di aver lavorato con le associazioni, a suo tempo, del volontariato. Poi arrivò il Ministro Garavaglia e successivamente il Ministro Veronesi, con il quale lavorammo molto bene. Quest'ultimo Ministro ha rappresentato uno spiraglio, una parentesi, e purtroppo, come

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tutti sanno, è durato in carica poco. Poi arrivò il Ministro Sirchia, il quale disse che lo strumento principale per combattere l'AIDS era la castità. Si sa che ovviamente la castità può essere una libera scelta, io sono libertario quindi prevedo anche che se una persona non vuole fare sesso tale scelta sia nel suo assoluto diritto, ma la straordinaria maggioranza dei cittadini fa sesso, spesso e - diciamoci la verità - anche volentieri. Quindi, tale indicazione del Ministro Sirchia era un po' al vento, e rappresentava, ancora una volta, un esempio di applicazione di moralismo. Poi abbiamo avuto come Ministro Storace, che è rimasto in carica troppo poco tempo per fare danni, e finalmente oggi abbiamo il Ministro Turco, che ci ha promesso l'osservatorio, una campagna sulla diffusione dei profilattici, più fondi e più coinvolgimento delle associazioni del volontariato, e infine più iniziativa da parte del Ministero della salute. Voglio sperare che tutte queste promesse diventino realtà.



PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

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