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giovedì 18 aprile 2019

Brunei, la comunità LGBT fugge dal Paese


Pochi giorni fa, un uomo 40enne ha raccontato a Vanity Fair la sua fuga dal Brunei e l’odio da parte della sua famiglia nei suoi confronti per la sua omosessualità. Lui sembra sia stato il primo a scappare. Ma l’intera comunità LGBT sta cercando di fuggire dal Paese, per non essere arrestata, incarcerata e rischiare di essere condannata a morte per lapidazione. Una nuova storia è quella di Zoella Zayce, una ragazza transgender di 19 anni, fuggita dal Brunei lo scorso anno per Vancouver.

In Canada, proprio come il suo conterraneo, ha fatto domanda per lo status di rifugiato, che dovrebbe essere accolta, visto che rischia la morte. Al momento vive a Vancouver, in un seminterrato. La risposta alla sua domanda di asilo non dovrebbe tardare ancora molto ad arrivare, essendo passati circa 4 mesi dalla sua presentazione. Oltre che per le leggi omofobe ispirate alla sharia, Zoella è fuggita anche dalla sua famiglia, che non avrebbe mai accettato la sua transessualità. Della quale è ancora ignara.
L’odio della famiglia e delle istituzioni in Brunei


Zoella non ha detto a nessuno di essere una ragazza transgender. Nemmeno alla sua famiglia, conservatrice. La sua identità di genere è un segreto per tutti, ma i familiari pensavano fosse omosessuale. Per questo motivo, a 11 anni, l’hanno portata da un esorcista, che l’avrebbe “liberata” dalla sua condizione. Naturalmente, invece che guarire, Zoella è rimasta traumatizzata, data anche l’età che aveva al momento dell’esorcismo.


La ragazza ha spiegato che ha scelto il Canada perché è uno Stato molto aperto, dove ognuno può vivere la sua vita liberamente, indipendentemente dal suo orientamento sessuale. Inoltre, il Canada è molto distate dal Brunei, quindi è anche difficile che la sua famiglia riesca a raggiungerla e rintracciarla, riportandola a casa. Nonostante l’attacco alla comunità LGBT, Zoella spera un giorno di fare ritorno nel suo paese di origine, poiché si sente molto legata alle sue tradizioni. Al momento, però, tornare significa rischiare la vita. Quindi, attende la decisione del Canada, e nel frattempo lavoro full time per dimostrare la sua volontà di iniziare una nuova vita lì.


Lapidazione a morte per l'adulterio e i rapporti omosessuali fra uomini, in osservanza al codice islamico della sharia, la legge coranica. Sono queste le controverse misure entrate in vigore nel piccolo, ricchissimo sultanato del Brunei, nel Sud-est asiatico. La notizia nei giorni scorsi aveva suscitato condanne da tutto il mondo. Choccata la comunità gay del piccolo stato nel nord dell'isola di Borneo che ha parlato di ritorno al “Medioevo”. Nei giorni scorsi è stata anche lanciata una campagna di boicottaggio dall'dall'attore George Clooneycontro gli alberghi di lusso posseduti in varie parti del mondo dal sultano del Brunei.
SVOLTA INTEGRALISTA - L'omosessualità era già un reato in Brunei, punibile con pene fino a dieci anni di carcere. Le nuove misure fanno parte di un processo avviato nel 2014 per una progressiva introduzione della sharia nel piccolo paese asiatico, dove i due terzi dei 420mila abitanti sono di religione musulmana. Il nuovo codice si applica a tutti i musulmani che abbiano raggiunto la pubertà, anche se alcune misure coinvolgono anche i non musulmani. Reati come lo stupro, l'adulterio, la sodomia, la blasfemia e la rapina avranno ora come massima pena la condanna a morte. I rapporti lesbici verranno invece puniti con un massimo di 40 frustate e dieci anni di carcere. Per il furto è prevista l'amputazione degli arti. In Brunei la pena di morte non è mai stata abolita, ma l'ultima esecuzione risale al 1957.

L'UNIONE EUROPEA - “Alcune delle pene previste nel codice penale” in Brunei “equivalgono a torture, atti di trattamento crudele, inumano o degradante che sono vietati dalla Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti che è stata firmata dal Brunei-Darussalam nel 2015”. A sostenerlo è il portavoce del servizio di azione esterna dell'Ue (Eeas) dopo l'entrata in vigore delle nuove misure previste dalla sharia. “È fondamentale che il governo del Brunei garantisca che l'attuazione del codice penale non violi i diritti umani e che sia pienamente coerente con tutti gli impegni e gli obblighi internazionali e regionali in materia di diritti umani intrapresi” dal sultanato. “L'Unione europea si aspetta anche che il Brunei mantenga la sua moratoria di fatto sull'uso della pena di morte”, conclude il portavoce.

NON SOLO IL BRUNEI - Secondo l'associazione Nessuno Tocchi Caino la criminalizzazione per atti sessuali tra persone dello stesso sesso è portata alle estreme conseguenze della pena capitale in almeno 12 Paesi membri dell'Onu, tutti a maggioranza musulmana, dove è prevista dalla legge ordinaria o applicata in base alla legge della sharia, che in alcuni casi funge da codice penale: Afghanistan, Arabia Saudita, Brunei Darussalam, Iran, Iraq, Mauritania, Nigeria, Pakistan, Qatar, Somalia, Sudan e Yemen. Negli Emirati Arabi Uniti, avvocati e altri esperti non concordano sul fatto se la legge federale preveda la pena di morte per il sesso consensuale tra omosessuali o solo per stupro.

PENA DI MORTE PER LAPIDAZIONE - Nel mondo in altri sei Paesi essere omosessuale può costare la vita, con la pena di morte per lapidazione. La pena capitale con questa modalità è in vigore in sei nazioni, tutti Stati membri delle Nazioni Unite. Tre si trovano in Asia (Iran, Arabia Saudita e Yemen) e altre tre in Africa (Nigeria, Sudan e Somalia) dove la lapidazione è prevista per legge e viene effettivamente praticata. La lapidazione è una opzione possibile per legge anche in Mauritania, Emirati Arabi, Qatar, Afghanistan e Pakistan, ma di recente non è stata messa in atto