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venerdì 30 novembre 2012
venerdì 23 novembre 2012
Dichiarazione d'amore gay nel cortile della scuola .
Non vieni indicato dove si trova la scuola o che siano i due giovani, ma la dichiarazione nel cortile della scuola dimostra che non tutti si fanno travolgere dalla paura e dei pregiudizi. devo dire che mi sono messa a piangere con le immagini , congratulazioni agli studenti e tanti auguri e felicita!
Sbagliato, e la mancanza d'amore.
Sbagliato, e la promiscuità il disequilibro, e questo vediamo tanto nelle coppie etero come in quelle gay.
Sbagliato, e la mancanza d'amore .
Questi ragazzi meritano tutto il mio rispetto per il loro coraggio!!! dice una ragazza alla fine del video.
Il 20 novembre si celebra in tutto il mondo la giornata internazionale dedicate alle vittime della transfobia
Il TDOR si tiene in onore di Rita Hester, una donna transessuale afro-americana uccisa il 28 novembre 1998 in Massachussets.Un crimine di odio. I media trattarono la notizia dell’omicidio, riferendosi a lei al maschile, come fece il “Boston Globe”, parlando di “doppia vita” e in altri casi non citando neppure il suo nome , sostituendolo con il termine “travestito”.
Rita fu uccisa per la seconda volta, nella sua dignità di persona, nelle consapevoli scelte di vita e libertà. Le indagini sull’omicidio di Rita Hester, come nella maggior parte dei casi di omicidi di persone transgender, non si sono ancora concluse.
L’assassinio di Rita Hester, ha dato inizio al progetto web "Remembering Our Dead" ed alla fiaccolata a San Francisco nel 1999, cui sono seguite commemorazioni in tutto il mondo nella giornata del 20 di novembre.
Anche quest'anno, nel mondo, oltre 200 vittime hanno perso la vita. L'Italia è seconda nel mondo per numero di vittime dopo la Turchia
La discriminazione e l'odio transfobico non producono soltanto cadaveri, ma anche morti viventi. Negando alle persone transessuali/transgender il diritto all'autodeterminazione, al lavoro, a quella naturale progettualità necessaria per vivere una vita dignitosa, una cittadinanza alla pari. Costruendo ostacoli sociali e giuridici che rubano la vita "alla vita.
Migliaia di persone i tutto il mondo hanno onorato le centinaia di persone uccise a causa della loro identità di genere sul Transgender Day of Remembrance .
Ci sono stati eventi per l'occasione in tutto il mondo, dal Canada agli Stati Uniti , Francia, Nuova Zelanda e Sud Corea.
Veglie a lume di candela sono state fate in diverse città, tra cui Manchester, nel nord dell'Inghilterra, Sacramento, nello stato americano della California e Genova in Italia.
Un evento a Kuala Lumpur, Malesia dove esperti hanno parlato di come di come vieni tratto sui media, sui diritti e la religione che ha portato alla violenza contro le persone transgender.
Mentre la chiesa a Groningen, dei Paesi Bassi, hanno fatto un gioco chiamato 'De gendermonologen' (I monologhi di genere) con un discorso della turca Sevval attivista trans Kiliç.
Natacha Kennedy, co-organizzatrice della TDoR London ha detto: 'le persone trans sono sempre esistiti in ogni civiltà nel corso della storia umana.
'La loro persecuzione, tuttavia, è, relativamente recente, risalente probabilmente non più di 500 anni nella maggior parte dei casi.'
I nuovi dati rilasciati questa settimana dal progetto Trans monitoraggio Murder mostra che 265 persone trans sono state vittime di uccisioni violente in tutto il mondo nel corso degli ultimi 12 mesi.
I dati mostrano un aumento di quasi il 20% rispetto allo scorso anno, quando 221 omicidi trans sono stati segnalati.
transfobia: lettera aperta ai candidati alle primarie
pubblicata da Michela Angelini il giorno Giovedì 22 novembre 2012 alle ore 15.06
Scrivo questa lettera aperta ai politici che si presentano alle primarie, che inseriscono nelle “carte di intenti” e “road map” una legge contro l'omotransfobia, perché ho il timore che non abbiano chiaro di che si parli quando usano questo termine. Tutti i candidati, nessuno escluso, dimostrano insicurezza e scarsa conoscenza dell'argomento quando, nei dibattiti, l'argomento transfobia viene sfiorato.
Ieri, 20 novembre, sono state commemorate le vittime di omicidi transfobici che, per quest'anno, sono 1083 nel mondo. L'Italia con le sue 15 vittime si conferma il primo paese dell'Unione Europea per omicidi di persone transessuali e, considerando tutto il continente europeo, è seconda solo alla Turchia con 23 morti.
“È terribile e faremo qualcosa nei primi 100 giorni di governo!”, risponderebbe un mio ipotetico interlocutore politico. Non possono esistere, nel 2012, persone giustiziate con colpi di pistola, mutilate vive, picchiate fino morire di traumi interni solo perché facenti parte di una minoranza discriminata. Palese che, chiunque, condannerebbe questi atti di efferata violenza ma cos'è la violenza?
L'Organizzazione mondiale della sanità definisce la violenza come “utilizzo intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o reale, contro se stessi, un’altra persona, o contro un gruppo o una comunità, che determini o che abbia un elevato grado di probabilità di determinare lesioni, morte,danno psicologico, cattivo sviluppo o privazione. ”
Leggendo questa definizione mi viene da pensare ad un soggetto. Lo Stato, nella figura di medici, giudici, giuristi, avvocati, impiegati pubblici. Poi, però, mi viene da puntare lo sguardo anche sulla società che ci circonda ed includo in quella definizione massmedia, farmacisti, datori di lavoro, impiegati postali, padroni di casa. Ogni soggetto cui siamo costretti a mostrare un documento o il codice fiscale è potenzialmente artefice di transfobia. Come possiamo essere soggetti attivi e partecipi di questa società se ogni giorno subiamo danni psicologici da mal-educati cittadini e istituzioni, cui non interessa minimamente impegnarsi nel riconoscere la nostra identità e garantirci i diritti costituzionalmente dovuti a tutti gli italiani, noi compresi?
Lo stato, nella figura di uno psichiatra di un ospedale pubblico e nella figura di un endocrinologo di un ospedale pubblico, ci consente l'avvio dell'iter di transizione prima e ci prescrive ormoni poi. Lo stato, tramite la legge – sanatoria 164/82 accetta che la transessualità sia una variante di genere e che, chi ne fa richiesta, debba essere assistito dal servizio pubblico nella transizione. Questo non è sempre vero, soprattutto al sud Italia, carente di strutture con personale educato alle nostre problematiche, non è così raro incontrare professionisti che si rifiutano di ottemperare al loro dovere o rendono molto difficoltoso l'inizio del percorso. Non è transfobia questa?
L'interpretazione data alla sopracitata legge, da parte della giurisprudenza, ci permette di cambiare i documenti non quando cambiamo lineamenti del viso e forme del corpo, ma solo a seguito di interventi chirurgici genitali. Arriva, per tutte e tutti, quel momento in cui non si è più credibili nei panni del sesso che il documento indica, ma allo stato non importa. Ci costringe a vivere in società con la faccia che dice donna e i documenti che dicono uomo o con la faccia che dice uomo e i documenti che dicono donna.
Lo stato aiuta, così facendo, le persone transfobiche ad identificarci come diversi ogni qualvolta sia necessario mostrare un documento: ufficio di collocamento, lavoro, posta, farmacie, controlli delle forze dell'ordine, stipula di un contratto d'affitto, iscrizione alla palestra o quando si richiede la tessera per la raccolta punti al supermercato. Lo stato, restando in silenzio e additandoci come persone diverse, non si rende colpevole di transfobia? Come può, la sola legge contro la transfobia impedire, a chi ci sottopone a colloquio di lavoro, di scartarci con qualche scusa? Non potremmo, ad esempio, essere inclusi in una qualche categoria protetta, per facilitarci l'ingresso (e la permanenza) nel mondo del lavoro? La transfobia si combatte dando visibilità positiva alle persone transessuali e, facilitare l'assunzione, è uno tra i modi migliori di favorire l'integrazione.
Che messaggio si da quando ci mostrano, in tv e sui giornali, solo ed esclusivamente come donne aggettivate al maschile, come fenomeni da baraccone cui non è concessa nemmeno la dignità del pronome corretto, come prostitute e consumatrici di droghe? Perché non si parla di quelle transessuali integrate nella società che contribuiscono a mandare avanti l'Italia? Quanti sanno che esistono anche uomini transessuali? Non è transfobia questa?
Quante volte, durante una causa di separazione, l'avvocato consiglia a persone transessuali (ma anche, purtroppo omosessuali) di non avanzare troppe richieste al partner (anche se legittime) perché “non si sa mai che giudice si incontri all'udienza”? Non è omotransfobia questa?
Come accennavo, non per legge ma per interpretazioni della giurisprudenza, dobbiamo sottoporci ad interventi chirurgici distruttivi e ricostruttivi, disposti da un giudice, per poter avanzare richiesta, al tribunale, di adeguamento dei documenti.
Pare sia più importante aver documenti congrui ai genitali che alla faccia, ma noi non giriamo nude e nudi tra la gente. Probabilmente vi passiamo accanto ogni giorno senza che nemmeno ve ne accorgiate. Porre il focus sulla presenza o assenza di gonadi invece che sull'apparenza non è transfobia?
Avete mai pensato a chi appartiene il vostro corpo? Volendo fare una mastoplastica esagerata, tatuarvi da testa ai piedi, riempirvi di piercing ovunque, rifarvi naso, polpacci e glutei o chiedendo di dividere la lingua in due parti, per farla assomigliare a quella di una lucertola, verrebbe da pensare che appartenga all'individuo che lo abita. Se siete transessuali non la pensereste così. Nonostante fior fior di medici che, con visite e relazioni, dichiarano che non siamo affatto pazzi, ma che dobbiamo cambiare il nostro corpo per star bene con noi stessi e con gli altri, dobbiamo chiedere il permesso a un giudice, che autorizzerà un chirurgo ad intervenire:
Per rimuovere il seno e creare un simil pene ad un uomo transessuale (ftm) o creare una simil vagina ad una donna transessuale (mtf) serve, quindi, il benestare di un tribunale.
Dal chirurgo non è richiesto un certificato che dica che siamo capaci di intendere e di volere, ma una sentenza, che lo autorizzi a procedere, probabilmente per non essere accusato di lesioni personali.Occorrerà, quindi, un giudice che valuti la correttezza del nostro percorso di transizione avviato da medici di ospedali pubblici (già in atto quando ci si presenta in tribunale), che hanno scritto nero su bianco una diagnosi: soffriamo della differenza tra la nostra apparenza esteriore ed il nostro sentire interiore che non ci permette di vivere serenamente e, per questo, necessitiamo di cure mediche atte a far coincidere le due cose.
Per raggiungere lo stato di salute ci sarà, quindi, chi ha necessità di intervenire chirurgicamente e fare, ad esempio, di un pene una vagina, ma anche chi necessita solamente di vivere nei panni sociali del genere opposto e che non ha la minima intenzione di sottoporsi ad interventi mutilanti.
Questo giudice, la cui necessità reale non mi è ancora chiara, potrebbe leggere la documentazione fornita dal nostro avvocato, composta di relazioni di psicologi, psichiatri ed endocrinologi, tutti professionisti statali, che dicono all'unisono, che la persona portata a giudizio sta seguendo un iter medico trasparente e legale. Sarebbe troppo facile.
Il giudice prenderà tutta la documentazione medica e, senza farsi troppe domande, chiederà ad un CTU, un medico assunto dal tribunale ma pagato dalla persona transessuale, di verificare la documentazione medica fornita. L'udienza verrà così rimandata di due o tre mesi, per dare tempo al perito di indagare sul percorso di transizione.
Cosa dovrei pensare quando vengono date motivazioni del tipo “verificare se è veramente questa la strada migliore da percorrere”, come giustificazione all'imposizione di tecnico di parte? Devo pensare che un rappresentante della giustizia italiana non si fidi di un team di medici della sanità pubblica italiana? Vorrei poi sapere, visto che si chiede se la chirurgia sia la strada migliore da percorrere, quali possano essere le possibili alternative per una persona che, come minimo, prende ormoni da un anno al momento della prima udienza.
Questo ipotetico giudice costringerebbe, forse, un ragazzo FtM a vivere per sempre con il seno, producendo “l'effetto donna barbuta del circo” ogni volta che, questo, si trova in contesti sociali? Decreterebbe, forse, che i medici che hanno condotto questa donna a diventare uomo si son sbagliati, imponendo di assumere estrogeni per tornare come prima? Quali competenze ha un giudice del genere per valutare se far procedere o meno una persona transessuale nel percorso di transizione?
Richiedere una verifica, inutile, a spese della persona transessuale, riguardo il lavoro fatto da medici statali non è transfobia?
Poi c'è l'ultimo grave atto di violenza sociale. Ad oggi, sono state autorizzate persone al cambiamento dei documenti solo a seguito di avvenuta sterilizzazione per rimozione chirurgica degli organi genitali, maschili per le MtF o femminili per gli FtM, ad esclusione di un unico caso dove, però, la sentenza sottolinea che anni di terapia con androcur, il farmaco che, oltre ad abbassare i livelli di testosterone distrugge le cellule testicolari, sono ragionevolmente sufficienti per essere sterile. Non è transfobia costringere una persona alla sterilizzazione? Non è transfobia negare il cambio di documenti, ad inizio terapia, costringendo le persone transessuali ad anni di stigma sociale, in una società che lo stato non educa alle diversità? Non è transfobia far firmare un consenso informato che ci avvisa della probabile sterilità, data dalla terapia ormonale, invece di indicarci come conservare i gameti?
Ecco qua la transfobia legalizzata, quella continua violenza psicologica ed esclusione sociale prodotta dal nostro stato menefreghista, perpetuata ai danni del gruppo dei e delle transessuali. Prima, ci negano la dignità di aver documenti conformi al nostro essere, rendendo difficoltoso l'accesso al lavoro e amplificando lo stigma sociale di tutte quelle persone che incrociano i nostri documenti. Poi, vestendo la toga di un giudice, decide se autorizzare o meno un chirurgo ad intervenire sul nostro corpo. Infine, nei panni di una giurisprudenza basata sul pregiudizio, ci costringe ad essere sterilizzati per adeguare i documenti, anche se non sentiamo la necessità di sottoporci a chirurgie distruttive.
Il costo di questa violenza, alla faccia della gratuità del percorso, tra terapia, psicologi, relazioni psichiatriche, perizie di parte e spese legali può arrivare anche a 15.000 euro.
Reputo lo Stato primo soggetto da denunciare al varo di una legge che punisca la transfobia, perchécolpevole di alimentare la violenza nei nostri confronti quando dovrebbe essere al nostro fianco, come garante della nostra salute.
Chiudo con una domanda: volete rischiare che lo Stato sia il primo ad essere chiamato al banco degli imputati, o nelle vostre “road map” e “carte di intenti” è previsto qualcosa di pratico per cambiare le cose e permetterci di vivere dignitosamente e serenamente all'interno della società?
In bocca al lupo per le primarie, spero vinca il più sensibilizzato da questa mia lettera.
Inviata in data 22/11/2012 alle email dei candidati alle primarie del centrosinistra. Risponderanno?
lunedì 19 novembre 2012
Storia di Adela, la prima trans cubana a diventare un consigliere comunale
Nel 1980 era stata denunciata dalla famiglia
e incarcerata in quanto«socialmente pericolosa»
MILANO - Per decenni è stata discriminata e vittima di violenze omofobe. Ma i tempi stanno cambiando anche a Cuba e Adela Hernandez, all'anagrafe Jose Agustin Hernandez, è stata eletta la scorsa settimana delegato al governo municipale di Caibarien (ruolo che equivale a quello di consigliere comunale) ed è diventata la prima transessuale cubana a ottenere un incarico pubblico nel paese caraibico. La quarantottenne, nata in una piccola città della provincia centrale di Villa Clara, ha definito «storica» la sua elezione e ha dichiarato che durante il mandato politico si batterà affinché i diritti degli omosessuali e dei trans siano tutelati.
e incarcerata in quanto«socialmente pericolosa»
MILANO - Per decenni è stata discriminata e vittima di violenze omofobe. Ma i tempi stanno cambiando anche a Cuba e Adela Hernandez, all'anagrafe Jose Agustin Hernandez, è stata eletta la scorsa settimana delegato al governo municipale di Caibarien (ruolo che equivale a quello di consigliere comunale) ed è diventata la prima transessuale cubana a ottenere un incarico pubblico nel paese caraibico. La quarantottenne, nata in una piccola città della provincia centrale di Villa Clara, ha definito «storica» la sua elezione e ha dichiarato che durante il mandato politico si batterà affinché i diritti degli omosessuali e dei trans siano tutelati.
BALLOTTAGGIO - La Hernandez ha sbaragliato la concorrenza vincendo il ballottaggio per l'incarico pubblico con 280 voti contro i 170 del diretto avversario. La vittoria le permetterà di presentarsi l'anno prossimo all'elezione per il rinnovo del Parlamento cubano. Eppure prima di questo straordinario traguardo, la quarantottenne ha subito numerose umiliazioni. In un paese in cui trans e omosessuali per decenni sono stati perseguitati e costretti a lavorare nei campi forzati, la Hernandez non ha mai nascosto le sue preferenze sessuali: ha vissuto sin dalla sua infanzia come una donna e nel 1980, ritenuta «socialmente pericolosa», è stata condannata a due anni di carcere. A denunciarla fu la sua stessa famiglia dopo averla ripudiata. Nonostante le sofferenze e le discriminazioni, la quarantottenne non ha mai rinunciato a lottare per i suoi diritti: «I miei vicini mi conoscono come Adela l'infermiera - spiega la consigliera comunale in un'intervista al quotidiano britannico Guardian di Londra - La preferenza sessuale non determina se sei un rivoluzionario o meno. Ciò che è importante è come sei fatto dentro».
OPERAZIONE CHIRURGICA - Nel corso degli anni la quarantottenne ha svolto svariati lavori e non si è sottoposta a nessuna operazione chirurgica, nonostante dal 2007 il governo del Paese caraibico sia diventato molto più tollerante nei confronti degli omosessuali includendo l’intervento per cambiare sesso all’interno del suo sistema di assistenza sanitaria gratuita. La Hernandez non esclude l'operazione chirurgica, ma afferma che per adesso questa non è la sua priorità: «Ora rappresento una comunità - ha spiegato al quotidiano britannico - ma non dimenticherò mai di essere una portavoce dei diritti dei gay». Le battaglie della Hernandez saranno certamente supportate da Mariela Castro, nipote di Fidel e figlia del presidente, Raúl Castro, che da anni è la più importante attività per i diritti degli omosessuali nel paese: «Con il tempo si evolve, le persone omofobe sono in minoranza - continua la Hernandez -. Certo, forse, l’omofobia esisterà sempre, ma diventare delegato è davvero un grande trionfo».
di Francesco Tortora (Pubblicato il 19 novembre 2012 | 13:32)
OPERAZIONE CHIRURGICA - Nel corso degli anni la quarantottenne ha svolto svariati lavori e non si è sottoposta a nessuna operazione chirurgica, nonostante dal 2007 il governo del Paese caraibico sia diventato molto più tollerante nei confronti degli omosessuali includendo l’intervento per cambiare sesso all’interno del suo sistema di assistenza sanitaria gratuita. La Hernandez non esclude l'operazione chirurgica, ma afferma che per adesso questa non è la sua priorità: «Ora rappresento una comunità - ha spiegato al quotidiano britannico - ma non dimenticherò mai di essere una portavoce dei diritti dei gay». Le battaglie della Hernandez saranno certamente supportate da Mariela Castro, nipote di Fidel e figlia del presidente, Raúl Castro, che da anni è la più importante attività per i diritti degli omosessuali nel paese: «Con il tempo si evolve, le persone omofobe sono in minoranza - continua la Hernandez -. Certo, forse, l’omofobia esisterà sempre, ma diventare delegato è davvero un grande trionfo».
di Francesco Tortora (Pubblicato il 19 novembre 2012 | 13:32)
venerdì 16 novembre 2012
L’Argentina riconosce il femminicidio come reato penale.
di Angela Amarante
Un murales contro la violenza sulle donne
Con 204 voti favorevoli e nessun contrario, la Camera dei deputati argentina ha approvato il disegno di legge per l’inserimento del femminicidio nel codice penale.
D’ora in poi verrà imposto il carcere o l’ergastolo per “chi uccide per odio di genere” e per “quanti uccidono un ascendente, discendente, coniuge o persona con la quale egli sostiene, ha mantenuto o ha provato senza successo ad iniziare una relazione”.
Si tratta di un provvedimento ritenuto fondamentale dopo i numerosi casi di omicidi di donne da parte del partner – 282 nel corso del 2011, secondo l’Osservatorio sugli omicidi di genere in Argentina.
Il termine “femminicidio”, inteso come la violenza fisica, psicologica, economica, istituzionale, rivolta contro la donna in quanto tale, è stato coniato proprio in America Latina, con riferimento alla strage delle donne di Ciudad Juarez, in Messico. In questa poverissima città, dove imperano le gang di narcotrafficanti, vengono ammazzate centinaia di donne ogni anno. Di molte non si trovano nemmeno i corpi, squagliati da un potente acido che la mafia messicana chiama “lechada”.
In tutto il Messico, dal 2006 al 2009, sono state assassinate 3.726 donne. Tutte le vittime subiscono lo stesso brutale trattamento: rapite mentre vanno a lavoro o tornano a casa, violentate, mutilate e uccise. Sono quasi sempre donne indigene, molto povere e quindi non in grado di coprire gli alti costi della giustizia.
Il Messico è la regione col più alto numero di vittime, ma l’intera America Latina può essere considerata la capitale del femminicidio. In Bolivia nel 2007 gli omicidi sono stati 420. In Nicaragua, solo nel 2010 sono state uccise circa 600 donne indigene. Nello stesso anno, a El Salvador, circa 500. Nel 2011 più di 200 donne hanno perso la vita nella Repubblica Dominicana, e altrettante in Guatemala.
Il machismo, la povertà, ma soprattutto l’impunità sono le cause delle atroci violenze subite dalle donne sudamericane. La coltre di omertà sotto cui si nascondono polizia e Governo lascia ben poco spazio a soluzioni concrete e credibili. Basti pensare che il governatore di Ciudad Juarez ha cercato di giustificare l’allarmante tasso di femminicidi con la scusa più abusata al mondo: la colpa è delle donne, perché si vestono in maniera troppo provocante.
Il provvedimento adottato in Argentina, invocato da Amnesty International e dalle associazioni per i diritti delle donne e favorito dalla presenza di una donna al potere (Cristina Fernández de Kirchner, attuale capo del Governo) rappresenta un passo importante nella lotta contro le violenze di genere. Sradicare una mentalità tradizionalista, violenta e maschilista non è impresa facile, soprattutto se amplificata dalla connivenza tra politica, forze dell’ordine e mafia, specie a livello locale. Le iniziative istituzionali non devono fermarsi qui, ma all’Argentina va il merito di aver aperto uno spiraglio: un Governo ha il dovere di garantire non solo la sicurezza e la difesa delle vittime di abusi, ma anche la punibilità senza se e senza ma dei loro carnefici.
Un murales contro la violenza sulle donne
Con 204 voti favorevoli e nessun contrario, la Camera dei deputati argentina ha approvato il disegno di legge per l’inserimento del femminicidio nel codice penale.
D’ora in poi verrà imposto il carcere o l’ergastolo per “chi uccide per odio di genere” e per “quanti uccidono un ascendente, discendente, coniuge o persona con la quale egli sostiene, ha mantenuto o ha provato senza successo ad iniziare una relazione”.
Si tratta di un provvedimento ritenuto fondamentale dopo i numerosi casi di omicidi di donne da parte del partner – 282 nel corso del 2011, secondo l’Osservatorio sugli omicidi di genere in Argentina.
Il termine “femminicidio”, inteso come la violenza fisica, psicologica, economica, istituzionale, rivolta contro la donna in quanto tale, è stato coniato proprio in America Latina, con riferimento alla strage delle donne di Ciudad Juarez, in Messico. In questa poverissima città, dove imperano le gang di narcotrafficanti, vengono ammazzate centinaia di donne ogni anno. Di molte non si trovano nemmeno i corpi, squagliati da un potente acido che la mafia messicana chiama “lechada”.
In tutto il Messico, dal 2006 al 2009, sono state assassinate 3.726 donne. Tutte le vittime subiscono lo stesso brutale trattamento: rapite mentre vanno a lavoro o tornano a casa, violentate, mutilate e uccise. Sono quasi sempre donne indigene, molto povere e quindi non in grado di coprire gli alti costi della giustizia.
Il Messico è la regione col più alto numero di vittime, ma l’intera America Latina può essere considerata la capitale del femminicidio. In Bolivia nel 2007 gli omicidi sono stati 420. In Nicaragua, solo nel 2010 sono state uccise circa 600 donne indigene. Nello stesso anno, a El Salvador, circa 500. Nel 2011 più di 200 donne hanno perso la vita nella Repubblica Dominicana, e altrettante in Guatemala.
Il machismo, la povertà, ma soprattutto l’impunità sono le cause delle atroci violenze subite dalle donne sudamericane. La coltre di omertà sotto cui si nascondono polizia e Governo lascia ben poco spazio a soluzioni concrete e credibili. Basti pensare che il governatore di Ciudad Juarez ha cercato di giustificare l’allarmante tasso di femminicidi con la scusa più abusata al mondo: la colpa è delle donne, perché si vestono in maniera troppo provocante.
Il provvedimento adottato in Argentina, invocato da Amnesty International e dalle associazioni per i diritti delle donne e favorito dalla presenza di una donna al potere (Cristina Fernández de Kirchner, attuale capo del Governo) rappresenta un passo importante nella lotta contro le violenze di genere. Sradicare una mentalità tradizionalista, violenta e maschilista non è impresa facile, soprattutto se amplificata dalla connivenza tra politica, forze dell’ordine e mafia, specie a livello locale. Le iniziative istituzionali non devono fermarsi qui, ma all’Argentina va il merito di aver aperto uno spiraglio: un Governo ha il dovere di garantire non solo la sicurezza e la difesa delle vittime di abusi, ma anche la punibilità senza se e senza ma dei loro carnefici.
giovedì 8 novembre 2012
Tutte le proposte sui temi Lgbt dei candidati alle #primarie2012 | [Grafico sintetico]
Oltra al grafico, basato per lo più su ciò che è scritto nei programmi presentati (verba volant, scripta manent), potete cliccare qui di seguito sui nomi dei cinque candidati per avere un quadro più esauriente della situazione. Per ognuno di essi ho sintetizzato le proposte sui temi Lgbt, inserendo link, video e dichiarazioni varie:
Pierluigi Bersani
Nichi Vendola
Matteo Renzi
Laura Puppato
Bruno Tabacci
Renzi e Bersani promettono due tipi diversi di unioni civili. In particolare, Renzi propone le Civil Partnership, come nel Regno Unito, e Bersani invece parla di modello tedesco. Ho provato a spiegare in cosa si differenziano queste due unioni civili, anche per capire quale delle due proposte possa considerarsi migliore o più avanzata. Tuttavia entrambe soffrono di un punto critico: avvalorano la discriminazione, come spiegato qui.
Renzi e Bersani. Oppure Vendola. Tra tutti, il programma del governatore pugliese è infatti quello che risponde al meglio alle tre principali richieste della comunità arcobaleno: matrimonio, genitorialità e lotta all’omofobia. Ma Vendola non è il solo a spingere un po’ più in là il centrosinistra: c’è anche Laura Puppato che sostiene il matrimonio e che apre un timidissimo spiraglio anche sulle adozioni dei circa 100.000 bambini che sono già figli di coppie gay e lesbo.
Grande assente di queste primarie è, però, il tema dell’omofobia. A parte Vendola, gli altri candidati non hanno ritenuto di scrivere nulla nei loro programmi. Renzi ammette perfino di non aver neanche pensato a questo problema, mentre Bersani si limita a dire che “è necessaria una legge“. E nient’altro. Che dire? Forse stanno tutti aspettando che ci scappi il morto, per poter fare poi gli eroi in Parlamento con il cadavere ancora tiepido. Contenti loro… e contenti i politici lgbt che li sostengono.
Io non so se andrò a votare. Ma se andassi, sarei un po’ indeciso tra due candidati e cioè tra Vendola e Renzi. SEL mi rappresenta molto, ma la vittoria di Renzi potrebbe condurre alla distruzione di questo Pd. La tentazione è forte. Molto forte. ;) Ma… in realtà come potrei votare per un candidato che non dice un Sì pieno ai miei diritti e quindi alla mia umanità, quando finalmente c’è chi ha deciso di intestarsi questa battaglia?
E, invece, voi? Se doveste scegliere, per quale candidato votereste? E perché?
Per quale candidato delle primarie voteresti?
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mercoledì 7 novembre 2012
In libreria "Oltre le Gabbie dei Generi " - Il Manifesto Pangender di Mirella Izzo
"Questo non è un libro per trans. Il fatto che io sia "transgender", che il titolo "pangender" richiami, nell'assonanza, il termine che descrive la mia condizione personale, potrebbe fare pensare a un libro di nicchia, riservato ainaturali utenti del mio "gruppo di appartenenza". Quel che, invece, spero è che i lettori straight capiscano quanto queste pagine siano anche - forse soprattutto - per loro. Credo che, proprio per questi ultimi, la lettura potrebbe garantire un lascito di nuovi interrogativi, punti di vista e risposte che li riguarda da vicino. Per farla breve, nonostante gli indizi forniti dal titolo, dall'autrice e dalla matrice transgender da cui principalmente traggono spunto le idee qui espresse, questo è un libro per tutti (chiunque voi siate o sentiate d'essere, incluse, ovviamente, le persone transgender)".
Come annuncia l'autrice, questo è un libro per tutti. Parte dalla condizione "transgender" per esplorare stereotipi, differenze, vere e culturali, dell'identità di ogni essere umano. Potrà sorprendere per alcuni approcci e ragionamenti non consueti, originali. La tesi dell'autrice è esplicita: l'identità sessuale delle persone è data dalle identità di genere, dagli orientamenti sessuali, ma anche dai ruoli e stereotipi imposti dal contesto socio-culturale. Si tratta di un intreccio non riassumibile nella sola identità separata maschile e femminile, che rimanda necessariamente a molte possibili identità, riunite nel termine "pangender". Un intreccio che merita un apposito Manifesto.
Mirella Izzo nasce nel 1959 di sesso maschile e, a 39 anni, transiziona al femminile. Nel 1999 fonda e presiede la ONLUS Crisalide AzioneTrans . Dal 2000 al 2003 collaboracon il Settore Nuovi Diritti della CGIL. Nel 2006 abbandona,per ragioni di salute, incarichi e attività pubbliche, ma prosegue nel lavoro su identità di genere, genderstudies e transgender sul web (attraverso il blog De/Generi e Facebook) e con pubblicazioni (da ultimo collaborando al volume collettaneo Lavori in corpo, pratiche ed estetichedi identità, a cura di L. Stagi, Franco Angeli, 2011).
Secondo il sito lafeltrinelli.it il libro Oltre le gabbie dei generi - il Manifesto Pangender - è disponibile certamente a Genova (ampia disponibilità), Roma, Torino, Milano, Firenze, Bologna, Bari (disponibilità limitata). Non è disponibile né a Napoli, né a Palermo, né a Catania e capoluoghi più piccoli
Informazioni:
Tel. 011/3859500
Fax. 011/389881
www.gruppoabele.org
Informazioni:
Tel. 011/3859500
Fax. 011/389881
www.gruppoabele.org
Ti svegli un mattino e 4 paesi hanno esteso il matrimonio alle coppie gay. In Italia una parte delle forze politiche Pdl, Lega e Udc , sono state capaci di bocciare una norma contro la violenza omofoba e transfobica.
Giornata storica: ieri la Spagna, questa notte gli Stati Uniti, questa mattina la Francia.
Nei referendum indetti in contemporanea con le presidenziali che hanno eletto Obama gli americani approvano per la prima volta alle urne i matrimoni tra omosessuali.
Referendum, l’America dice si alle nozze gay Via libera ai matrimoni omosessuali negli Stati di Washington, Maryland e Maine. Dove gli elettori oltre a scegliere il presidente americano erano chiamati a pronunciarsi sulle nozze tra persone dello stesso sesso. Esito identico per lo stato del Maryland, che ha approvato la legalizzazione del matrimonio omosessuale. Il "sì" al referendum ha ottenuto il 52% delle schede, secondo le stime diffuse dalla Cnn e dalla Nbc sul 93% dei voti scrutinati. I matrimoni omosessuali sono legali anche nello stato di Washington.
La sentenza è stata celebrata in diretta da un concentramento organizzato dai collettivi di omosessuali, al quale hanno partecipato famiglie e gente comune, a Puerta del Sol, fra sventolii di bandiere arcobaleno.
Oltre 4.573 coppie gay si sono sposate nel solo 2006 e, da allora, una media di 3.000 l’anno, secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica. La media è aumentata del 21,5% lo scorso anno, fino a quota 3.880, dal momento, per il timore che potesse prosperare il ricorso davanti alla Corte Costituzionale. «Il minimo è che il Pp chieda scusa per la minaccia velata, permanente, che ha fatto gravare sui cittadini», ha dichiarato la portavoce del Psoe, Elena Valenziano, nel commentare la sentenza con i media. «È una sentenza giusta e rappresenta un grande passo avanti, senza ritorno, sulla strada dei diritti civili», ha commentato alla radio Cadena Ser Ernesto Gasto, consigliere socialista di San Sebastian, nel Paese Basco, che è stato il primo politico spagnolo a convolare a nozze con il consigliere socialista Inigo Alonso, di Lasarte, in Guipuzocoa, nel settembre del 2005. «Abbiamo diritto ad essere felici. Questo è un grande giorno per il nostro Paese», ha assicurato Gasto, senza poter trattenere lacrime di commozione.
Il governo francese ha approvato oggi il progetto di legge che legalizza il matrimonio omosessuale. Il provvedimento, che dovrà essere esaminato dal parlamento, prevede la formula del "matrimonio per tutti".
In pratica, la definizione del codice civile cambierà da unione "fra un uomo e una donna" a quella di unione "fra due persone". Di conseguenza i coniugi gay avranno esattamente gli stessi diritti e doveri degli eterosessuali, potranno adottare figli ed erediteranno dal partner.
La legalizzazione dei matrimoni gay era una delle promesse elettorali del presidente francese Francois Hollande. Secondo la portavoce del governo, Najat Vallaud-Belkacem, il provvedimento rappresenta "un progresso per l'intera società, non solo per pochi". Il 65% dei francesi, afferma oggi un sondaggio Ifop, sostiene i matrimoni omosessuali, ma la percentuale si riduce al 52% per l'adozione. Ma l'opposizione, a partire dall'Unione per un Movimento popolare dell'ex presidente Nicolas Sarkozy, intende dare battaglia sul provvedimento, decisamente avversato dalla Chiesa cattolica. La settimana scorsa, il cardinale André Vingt Trois ha aperto a Lourdes la riunione della conferenza episcopale da lui presieduta con un duro attacco al matrimonio omosessuale, definito una "frode" che rischia di minare le fondamenta della società. Contro le nozze gay si sono schierati anche i leader religiosi ebraici e musulmani.(http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Matrimoni-gay-anche-la-Francia-dice-si-Approvata-la-legge-per-legalizzare-le-unioni_313869318072.html)
In pratica, la definizione del codice civile cambierà da unione "fra un uomo e una donna" a quella di unione "fra due persone". Di conseguenza i coniugi gay avranno esattamente gli stessi diritti e doveri degli eterosessuali, potranno adottare figli ed erediteranno dal partner.
La legalizzazione dei matrimoni gay era una delle promesse elettorali del presidente francese Francois Hollande. Secondo la portavoce del governo, Najat Vallaud-Belkacem, il provvedimento rappresenta "un progresso per l'intera società, non solo per pochi". Il 65% dei francesi, afferma oggi un sondaggio Ifop, sostiene i matrimoni omosessuali, ma la percentuale si riduce al 52% per l'adozione. Ma l'opposizione, a partire dall'Unione per un Movimento popolare dell'ex presidente Nicolas Sarkozy, intende dare battaglia sul provvedimento, decisamente avversato dalla Chiesa cattolica. La settimana scorsa, il cardinale André Vingt Trois ha aperto a Lourdes la riunione della conferenza episcopale da lui presieduta con un duro attacco al matrimonio omosessuale, definito una "frode" che rischia di minare le fondamenta della società. Contro le nozze gay si sono schierati anche i leader religiosi ebraici e musulmani.(http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Matrimoni-gay-anche-la-Francia-dice-si-Approvata-la-legge-per-legalizzare-le-unioni_313869318072.html)
MADRID.
Una sentenza storica e lungamente attesa, salutata con sollievo dalle oltre 22.442 coppie omosessuali sposate dall’entrata in vigore della normativa pioniera in materia, che nel 2005 divenne il simbolo delle politiche di uguaglianza e della protezione dei diritti di cittadinanza del primo esecutivo socialista di Zapatero.
La Spagna fu allora il quarto Paese nel mondo a riconoscerle, dopo Olanda, Belgio e Canada e il suo esempio è stato seguito da una decina di Paesi. Il Partito Popolare, con l’allora leader dell’opposizione, Mariano Rajoy, attuale premier, presentò il ricorso alla suprema corte sia contro la polemica riforma del codice civile che riconosceva le nozze fra coppie dello stesso sesso che contro il diritto all’adozione, introdotto dalla normativa.
La sentenza della Corte costituzionale, coi voti a favore di 8 magistrati e 3 contrari, con una maggioranza più ampia di quella attesa, avalla in toto la normativa, anche se le motivazioni saranno rese note nei prossimi giorni.Immediata la reazione del ministro di Giustizia, Alberto Ruiz Gallardon, che in dichiarazioni ai media ha assicurato che il governo del Pp «si atterra’ alla sentenza della Corte Costituzionale, non modificherà la vigente legge e, pertanto, lascerà esattamente la regolazione che i giudici togati hanno avallato». Il ministro ha riconosciuto che la sentenza «convalida che l’unione fra persone dello stesso sesso rientra nella concezione di matrimonio raccolta nel testo costituzionale, stabilendo una dottrina vincolante».
Una sentenza storica e lungamente attesa, salutata con sollievo dalle oltre 22.442 coppie omosessuali sposate dall’entrata in vigore della normativa pioniera in materia, che nel 2005 divenne il simbolo delle politiche di uguaglianza e della protezione dei diritti di cittadinanza del primo esecutivo socialista di Zapatero.
La Spagna fu allora il quarto Paese nel mondo a riconoscerle, dopo Olanda, Belgio e Canada e il suo esempio è stato seguito da una decina di Paesi. Il Partito Popolare, con l’allora leader dell’opposizione, Mariano Rajoy, attuale premier, presentò il ricorso alla suprema corte sia contro la polemica riforma del codice civile che riconosceva le nozze fra coppie dello stesso sesso che contro il diritto all’adozione, introdotto dalla normativa.
La sentenza della Corte costituzionale, coi voti a favore di 8 magistrati e 3 contrari, con una maggioranza più ampia di quella attesa, avalla in toto la normativa, anche se le motivazioni saranno rese note nei prossimi giorni.Immediata la reazione del ministro di Giustizia, Alberto Ruiz Gallardon, che in dichiarazioni ai media ha assicurato che il governo del Pp «si atterra’ alla sentenza della Corte Costituzionale, non modificherà la vigente legge e, pertanto, lascerà esattamente la regolazione che i giudici togati hanno avallato». Il ministro ha riconosciuto che la sentenza «convalida che l’unione fra persone dello stesso sesso rientra nella concezione di matrimonio raccolta nel testo costituzionale, stabilendo una dottrina vincolante».
La sentenza è stata celebrata in diretta da un concentramento organizzato dai collettivi di omosessuali, al quale hanno partecipato famiglie e gente comune, a Puerta del Sol, fra sventolii di bandiere arcobaleno.
Oltre 4.573 coppie gay si sono sposate nel solo 2006 e, da allora, una media di 3.000 l’anno, secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica. La media è aumentata del 21,5% lo scorso anno, fino a quota 3.880, dal momento, per il timore che potesse prosperare il ricorso davanti alla Corte Costituzionale. «Il minimo è che il Pp chieda scusa per la minaccia velata, permanente, che ha fatto gravare sui cittadini», ha dichiarato la portavoce del Psoe, Elena Valenziano, nel commentare la sentenza con i media. «È una sentenza giusta e rappresenta un grande passo avanti, senza ritorno, sulla strada dei diritti civili», ha commentato alla radio Cadena Ser Ernesto Gasto, consigliere socialista di San Sebastian, nel Paese Basco, che è stato il primo politico spagnolo a convolare a nozze con il consigliere socialista Inigo Alonso, di Lasarte, in Guipuzocoa, nel settembre del 2005. «Abbiamo diritto ad essere felici. Questo è un grande giorno per il nostro Paese», ha assicurato Gasto, senza poter trattenere lacrime di commozione.
In Italia, una parte delle forze politiche del paese sono state capaci di bocciare una norma contro la violenza omofoba e transfobica. Oggi infatti e’ stato bocciato in Commissione Giustizia alla Camera il testo base contro l’omofobia e la transfobia, che prevedeva l’estensione della legge Mancino. Pdl, Lega e Udc hanno votato contro, con le sole astensioni di Carfagna e Ria; mentre il Partito Democratico e l’Italia dei Valori, che avevano proposto lo stesso identico testo normativo, hanno votato a favore”.
martedì 6 novembre 2012
A Rio di Janeiro eletta la sua Miss T Brasil 2012.
Scopo dell’evento, denominato Miss T Brasil 2012, non è soltanto quello di celebrare la bellezza transessuale, ma anche e soprattutto di “rompere un tabù e dimostrare al mondo che le transessuali hanno lo stesso diritto delle altre donne di partecipare a concorsi di bellezza”, come specificato da una delle organizzatrici.
Si chiama Marcela Ohio 22enne, viene da Brasilia ed è stata selezionata tra 23 concorrenti che hanno sfilato davanti alla giuria in abiti da sera e in bikini, la vincitrice del concorso di bellezza per trans in Brasile, a Rio de Janeiro.
Marcela adesso andrà a rappresentare il Paese sudamericano a 'Miss International Queen', la competizione internazionale per trans che si svolge in Thailandia, Paese leader per numero di operazioni per cambiare sesso. Recentemente, anche il mondo fashion ha deciso di investire in modelle transex: tra le più famose, Lea T., figlia transessuale del calciatore Toninho Cerezo, scoperta dalla maison Givenchy, che ha sfilato per Philipp Plein alle ultime passerelle milanesi.
La notte di Martedì (30) è stato speciale per le transessuali di tutto il Brasile. Il concorso di Miss T Brasile 2012, tenuto a Rio de Janeiro , ha scelto la transessuale più bella del paese.
L' evento che si e svolto nel Teatro João Caetano, centro di Rio, condotto dall'ex BBB Ariadna, la prima transex a partecipare a un reality show in Brasile.
La seconda classificata del concorso è stata la candidata del Stato del Ceará, Roberta Olanda e il terzo posto è andato a Miss San Paolo, Rafaela Manfrini.
Una manifestazione coloratissima e piena di energia per la nomina di "Miss T Brasil 2012", la transessuale brasiliana più bella dell'anno. L'evento, organizzato dall'Astra (associazione di travestis e transessuali di Rio) è fatto non solo di performance musicali, sfilate in abito da sera e in bikini, ma anche di lezioni in materia di diritti umani e diversità sessuale.
Roberta Olanda // Rafaela Manfrini
Come nel tradizionale concorso di Miss, le partecipanti sono stati confinati cinque giorni in un hotel, nel centro di Rio, dove hanno ricevuto lezioni di passerella , consigli per il trucco, e frequentato lezioni sui diritti umani e la diversità sessuale.
Per la Presidente dell'Associazione dei travestiti e transessuali di Rio de Janeiro, Barbara Aires, il concorso attirerà visibilità per la categoria. "E 'un fatto che le transessuali attirano l'attenzione, suscitano curiosità, e dobbiamo portarlo a favore della cittadinanza. In generale, le transessuale sono associate alla prostituzione di strada. Vogliamo dimostrare appunto che le persone transessuali devono essere riconosciuti dai loro nomi sociali e dalle loro professioni, e che con la riduzione del pregiudizio sono più probabilità di accedere all'istruzione superiore e entrare nel mercato del lavoro ", ha sottolineato Barbara.
"Questo concorso sarà una celebrazione dell'identità transessuali. Dobbiamo dimostrare che possiamo essere avvocati, insegnanti, e tante altre professioni, infine, i noi vogliamo essere. Devono rispettare le identità e generi. devono essere rimossi le transessuale dalle strade e dimostrare che possono sfilare in passerella, o di un palcoscenico di un teatro, dove si sono esibiti grandi artisti ", conclude Majorie Marchi, che agisce come coordinatore del Centro LGBT di riferimento del governo dello stato di Rio de Janeiro.Evviva la diversità!!! No ai pregiudizi!!!Questo è il nostro messaggio.
Spagna, il matrimonio è same-sex per la Corte costituzionale
Il matrimonio tra persone dello stesso sesso è in vigore in Spagna dal 2005. Solo oggi però la Corte costituzionale emetterà una sentenza, attesa da 7 anni, sulla legittimità costituzionale della legge approvata da Zapatero. Il verdetto, che secondo El Pais ha già ottenuto la maggioranza, porrà finalmente fine alla diatriba, generata dal ricorso promosso dal Partito Popolare, sulla compatibilità della legge in parola con l’art. 32 della Costituzione spagnola, ai sensi del quale “El hombre y la mujer tienen derecho a contraer matrimonio con plena igualdad jurídica“.
Pur non avendo ancora a disposizione la motivazione della pronuncia, è possibile fare alcune osservazioni.
In primo luogo, viene finalmente fatta giustizia di una concezione molto diffusa, secondo la quale la definizione di matrimonio scritta nella costituzione (di qualunque paese) sarebbe sacra e inviolabile. Questo modo di pensare è tipico di chi intende il matrimonio come l’istituto del diritto canonico,celebrato in chiesa davanti a un prete, e pretende di estendere quel concetto anche a chi non ci crede. E’ utile ricordare, al riguardo, che il matrimonio è un istituto del mondo del diritto, che non ha niente di naturale e, quindi, non è immutabile ma cambia col mutare della sensibilità della società. Una volta era la condizione della donna, oggi è il genere degli sposi.
Secondo, è ipocrita usare la Costituzione come un’arma contro il riconoscimento di nuovi diritti. Ovviamente, se si fa leva sull’argomento storico, cioè sull’intenzione di chi la Costituzione l’ha scritta, il risultato sarebbe facile da raggiungere: i costituenti hanno certamente inteso il matrimonio come l’unione tra uomo e donna. Ma sta proprio qui il punto: l’intenzione dei costituenti non è mai decisiva quando si tratta di interpretare le norme costituzionali, perché la società evolve ben oltre il tempo, mentre è sempre vero l’argomento contrario, per cui non tutto ciò che era vero ieri è vero oggi, così come non tutto ciò che è vero per i credenti, è tale anche per il resto del mondo.
Spesso si dice che il matrimonio è in crisi e che non ha senso estenderlo alle coppie gay e lesbiche. Niente di più falso. Occorre rendersi conto che il matrimonio è in crisi non per colpa degli omosessuali ma per colpa degli eterosessuali, che in tanti secoli non son mai riusciti a coltivarlo per fondare un modello di famiglia accettabile per tutti. Offrirlo anche agli omosessuali, anzi, potrebbe aiutare a capirne le funzioni. L’amore, il sostegno reciproco, la comunione materiale e spirituale sono ormai patrimonio anche delle coppie e delle famiglie omosessuali: privarle di questo diritto è, più che un imperativo morale, una violenza vera e propria.
Andrew Sullivan scriveva nel 1994 che privare le coppie gay del loro diritto al matrimonio “è il più grave affronto possibile alla loro uguaglianza”. Aveva ragione. Ma lo diceva nel 1994. Ci è voluta una generazione per accorgerci di quanto tale frase sia vera. Gli spagnoli ci sono arrivati ieri.
Noi italiani dovremo attendere la prossima generazione?
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