Un murales contro la violenza sulle donne
Con 204 voti favorevoli e nessun contrario, la Camera dei deputati argentina ha approvato il disegno di legge per l’inserimento del femminicidio nel codice penale.
D’ora in poi verrà imposto il carcere o l’ergastolo per “chi uccide per odio di genere” e per “quanti uccidono un ascendente, discendente, coniuge o persona con la quale egli sostiene, ha mantenuto o ha provato senza successo ad iniziare una relazione”.
Si tratta di un provvedimento ritenuto fondamentale dopo i numerosi casi di omicidi di donne da parte del partner – 282 nel corso del 2011, secondo l’Osservatorio sugli omicidi di genere in Argentina.
Il termine “femminicidio”, inteso come la violenza fisica, psicologica, economica, istituzionale, rivolta contro la donna in quanto tale, è stato coniato proprio in America Latina, con riferimento alla strage delle donne di Ciudad Juarez, in Messico. In questa poverissima città, dove imperano le gang di narcotrafficanti, vengono ammazzate centinaia di donne ogni anno. Di molte non si trovano nemmeno i corpi, squagliati da un potente acido che la mafia messicana chiama “lechada”.
In tutto il Messico, dal 2006 al 2009, sono state assassinate 3.726 donne. Tutte le vittime subiscono lo stesso brutale trattamento: rapite mentre vanno a lavoro o tornano a casa, violentate, mutilate e uccise. Sono quasi sempre donne indigene, molto povere e quindi non in grado di coprire gli alti costi della giustizia.
Il Messico è la regione col più alto numero di vittime, ma l’intera America Latina può essere considerata la capitale del femminicidio. In Bolivia nel 2007 gli omicidi sono stati 420. In Nicaragua, solo nel 2010 sono state uccise circa 600 donne indigene. Nello stesso anno, a El Salvador, circa 500. Nel 2011 più di 200 donne hanno perso la vita nella Repubblica Dominicana, e altrettante in Guatemala.
Il machismo, la povertà, ma soprattutto l’impunità sono le cause delle atroci violenze subite dalle donne sudamericane. La coltre di omertà sotto cui si nascondono polizia e Governo lascia ben poco spazio a soluzioni concrete e credibili. Basti pensare che il governatore di Ciudad Juarez ha cercato di giustificare l’allarmante tasso di femminicidi con la scusa più abusata al mondo: la colpa è delle donne, perché si vestono in maniera troppo provocante.
Il provvedimento adottato in Argentina, invocato da Amnesty International e dalle associazioni per i diritti delle donne e favorito dalla presenza di una donna al potere (Cristina Fernández de Kirchner, attuale capo del Governo) rappresenta un passo importante nella lotta contro le violenze di genere. Sradicare una mentalità tradizionalista, violenta e maschilista non è impresa facile, soprattutto se amplificata dalla connivenza tra politica, forze dell’ordine e mafia, specie a livello locale. Le iniziative istituzionali non devono fermarsi qui, ma all’Argentina va il merito di aver aperto uno spiraglio: un Governo ha il dovere di garantire non solo la sicurezza e la difesa delle vittime di abusi, ma anche la punibilità senza se e senza ma dei loro carnefici.
Nessun commento:
Posta un commento